
Lo sport rappresenta oggi uno dei fenomeni culturali di maggiore complessità e diffusione nella società contemporanea. La sportivizzazione della società e della cultura è un processo inarrestabile che presenta profonde implicazioni educative e richiede lo sguardo attento e critico della pedagogia quale scienza umana per essere compreso. Utilizzando un approccio ermeneutico volto a fare emergere le valenze, le contraddizioni e i paradossi del rapporto tra pedagogia e sport, il volume rintraccia la genesi storico-culturale della pratica sportiva evidenziando come essa sia, sin dalle sue origini, profondamente educativa. Dopo una prima parte dedicata a un'approfondita analisi critica della dimensione scientifica, formativa e antropologica dello sport, l'autore sviluppa una riflessione sui valori intrinseci della pratica sportiva (inclusione, diritti umani, democrazia e pace). Lo sport quale universale culturale è portatore di valori e virtù educative molto profonde che però non possono emergere da soli. Hanno infatti bisogno di un complesso processo di estrinsecazione che solo una scienza normativa e progettuale quale appunto la pedagogia può portare a compimento nella sua pienezza. Questa estrinsecazione trova la sua concreta attuazione nell'azione consapevole e critica degli agenti educativi dello sport (primi tra tutti la famiglia, l'allenatore e gli insegnanti di scienze motorie) che, attraverso una formazione più efficace, dovranno essere aiutati a svolgere nel miglior modo possibile il complesso compito etico ed educativo al quale sono chiamati dalla società e dalle nuove generazioni.
Il collezionismo d’arte è un primato italiano. Ma tantissimi fra i gioielli più pregiati delle raccolte create nella penisola durante i secoli li possiamo ormai ammirare soltanto fuori dai nostri confini, o quando vengono prestati per qualche mostra. Una diaspora terribile, mai raccontata per intero.
Quadri, statue e sculture, libri e intere biblioteche, codici miniati, porcellane, mobili, manufatti pregiati: l’Italia ha sempre venduto la propria arte. Perché mutano i gusti, o perché i patrimoni vanno in rovina, e a chi per secoli ha commissionato o posseduto i capolavori spesso non resta che il blasone. È una storia che vale la pena di narrare, al di là delle catastrofi causate dai conflitti, sempre irrispettosi dell’arte, o dei criminali scavi archeologici che alimentano i lucrosi mercati internazionali. Questa grande fuga ha condotto infinite opere di valore fuori dal nostro paese: a poco vale consolarsi con il tantissimo che ci è rimasto, se non si riflette sul moltissimo che è sparito.
Si direbbe che la storia italiana dal 1969 al 2010 e oltre abbia fatto propri i tratti della fiction e del thriller. Il 12 dicembre 1969, con l'esplosione della bomba alla Banca nazionale dell'agricoltura in piazza Fontana a Milano, si fa largo il sentire diffuso che forze occulte, magari anche straniere, abbiano dato il via alla «strategia della tensione». Seguiranno 50 anni di diffidenze e sospetti verso la politica e le istituzioni, scanditi da una serie di eventi luttuosi e non solo che renderanno iconici molti luoghi della penisola: fra tutti, piazza della Loggia a Brescia, la stazione di Bologna, via Fani a Roma, la base di Gladio ad Alghero. Ripercorriamo allora la mappa topografica di quei tempi difficili, in cui azione politica e condotte opache si sono spesso confuse, in un intreccio ancora indistricato fra terrorismo, servizi segreti, P2, caso Sindona, Banco ambrosiano.
La figura di Garibaldi ovvero l'incarnazione della contraddizione. Amato e odiato, celebrato e vilipeso, emulato e disprezzato; il susseguirsi e il sovrapporsi di opposti atteggiamenti testimoniano l'esistenza di diversi Garibaldi: c'è un Garibaldi "di destra" e un Garibaldi "di sinistra", un Garibaldi "nazional-fascista" e un Garibaldi "brigatista ante litteram". Ecco perché Mario Isnenghi prova oggi a rileggere la vicenda di Garibaldi alla luce del nostro contraddittorio e conflittuale presente. Il Garibaldi di Isnenghi, dunque, è innanzitutto il fondatore dello stato, capace di accettare pro tempore che lo stato sia monarchico pur non nascondendo di preferirlo repubblicano. E cento anni dopo, nel 1946, l'Assemblea costituente repubblicana segna la vittoria di Mazzini e di Garibaldi. In secondo luogo, Garibaldi è il fondatore dello stato con la partecipazione attiva e critica di cittadini non più sudditi, che si mobilitano e fanno politica. Garibaldi è infatti un grande internazionalista libertario, e non un semplice nazionalista. Ecco uno dei tanti lati in ombra che Isnenghi tratteggia in queste pagine: la portata internazionale e internazionalista di Garibaldi.
Quando Verdi conseguì il primo importante successo col "Nabucco", il genere di melodramma che s'era imposto era di origine francese, pur se fondato in prevalenza da italiani: il Grand-Opéra. La creazione di tale modello si deve ai sommi Cherubini, Spontini, Rossini; esso viene raccolto da Auber, Meyerbeer, Halévy, Donizetti. Ma Verdi ha una personalità di ferro. Pur influenzato dai predecessori, adotta il modello quale cornice esterna e lo riempie di contenuti stilistici, drammatici e psicologici soltanto suoi. Poi addirittura lo rovescia. Al tipico, al «caratteristico» e al diversivo sostituisce la sintesi, il nesso e la velocità drammatici. Al carattere stereotipo dei personaggi contrappone la irreproducibilità e la ricerca del Vero drammatico: non imitato bensì trasceso per mezzo dell'arte: la sua formula è «inventare il Vero». In ciò la sua creazione è coerente per decennî. Il suo successo lo fece quasi subito desiderare dall'Opéra di Parigi. Il maestro si concesse di rado a partire dal 1847, ma in francese sono alcuni dei suoi capolavori. Questo libro parte dai rapporti di Verdi con l'Opera francese, la cultura, l'ambiente e la società francesi, per tentare di fare del compositore un ritratto generale, estetico e anche politico: e di molti capolavori in qualche modo connessi con la Francia, a partire dalla "Traviata", fa una distesa narrazione e interpretazione.
Paolo Isotta è famoso pur non andando in televisione. È storico della musica e fa il critico musicale al "Corriere della Sera" ma è scrittore completo. Con questo libro fa una summa della sua esperienza umana, prima, artistica, poi. "La virtù dell'elefante" (che è quella di avere una mente robusta per sopportare una mole di sapienza) non è un'autobiografia perché non racconta la vita di Paolo Isotta secondo una sequenza cronologica: la sua vita discende dalla favola di Napoli e dei grandi personaggi, certo non solamente della musica, che egli ha incontrati. Senza aver letto questo libro è impossibile capire che cosa sia Napoli, città che si offre con aspetto lusinghiero e ingannevole, ingannevole nelle prospettive di gioia come nella querimonia perpetua. Qui un napoletano rivela che cosa si nasconda dietro la maschera. Paolo Isotta vive da quasi sessant'anni in simbiosi con la musica. Nessuno può oggi vantare un'esperienza umana e artistica pari alla sua. Così le sue memorie investono una lunghissima serie di colossi, della musica e della vita; ne sono glorificati molti, e richiamati alla mente di un'età atta all'oblio; alcuni falsi miti vengono sfatati. Anche tanti geniali, o non geniali, poveri cristi, di quelli che ogni giorno si arrampicano sugli specchi per sopravvivere; e alcuni esseri furbissimi e cattivi: raccontano le memorie. E le memorie toccano tanto musica e compositori quanto interpreti e interpretazioni.
Questo libro era nato come continuazione de "La virtù dell'elefante", che di nuovo ha fatto conoscere Paolo Isotta storico della musica e lo ha rivelato protagonista della letteratura italiana. Isotta avrebbe dovuto fare qualche correzione, parlare di qualche amico vecchio e nuovo, di qualche altro libro letto, di qualche film visto, di musica ascoltata. Però quando ha incominciato a scrivere non immaginava che quest'opera possedesse una volontà propria e, nel breve giro della stesura (da gennaio a luglio del 2015), la affermasse progressivamente. Così "Altri canti di Marte" è la serie di aggiunte e correzioni promessa; ma contiene anche le più profonde riflessioni dell'autore sulla musica: scritte adesso ed ex novo. Vi sono le pagine sui prediletti Alessandro Scarlatti, Haydn, Mozart, Beethoven, Schubert, Cajkovskij, Verdi; e una "lettura" del "Parsifal" di Wagner che apporta nuova luce sul capolavoro. Ma l'indagine di Isotta si è rivolta particolarmente al Novecento musicale: i capitoli più densi sono quelli su George Enescu, Karol Szymanowski, Franco Alfano, Ottorino Respighi e Gino Marinuzzi, che fin qui nessuno aveva considerato addirittura come fra i sommi compositori del Novecento.
Il «Rapporto Giovani» dell’Istituto Toniolo, giunto alla sesta edizione, si consolida come punto di riferimento per tutti coloro che sono interessati a capire come l’Italia stia cambiando, adottando il punto di vista delle giovani generazioni. Oltre a fornire un ritratto aggiornato di come si vadano modificando attese, orientamenti di valore, comportamenti nel percorso di transizione alla vita adulta, si occupa anche di esaminarne le implicazioni e sondarne più in profondità le motivazioni. Il volume è inoltre arricchito dai risultati dell’indagine mondiale online svolta in preparazione al Sinodo dei Giovani 2018, e da due focus territoriali sulla Lombardia e sulla Campania. La chiave di lettura di questa edizione, in particolare, è quella del presente, considerato come tempo di attesa che qualcosa accada nella propria vita, come tempo di piacere, svago e interazione, come tempo di scelte che impegnano positivamente verso la costruzione della propria identità adulta. Nel complesso, i dati e le analisi proposti evidenziano la persistenza di elementi di difficoltà oggettiva in un clima di bassa fiducia nelle istituzioni e alta insicurezza verso il futuro. La conseguenza è un tempo presente in cui i desideri faticano a diventare progetti di vita e in cui le nuove sensibilità stentano a trasformarsi in impegno collettivo a cambiare la realtà circostante. Gli esempi positivi non mancano e si ottengono riscontri incoraggianti quando si creano le condizioni adatte. A testimonianza di una energia vitale presente ma troppo spesso dissipata, anziché valorizzata, da un paese che vuole andare incontro a un futuro migliore.
Dalla possibilità di realizzare pienamente e con successo il passaggio alla vita adulta dipendono il benessere e la prosperità della società stessa. Se le nuove generazioni non riescono a trovare un lavoro e a formare una propria famiglia con figli, il problema non riguarda solo loro, è il paese stesso che mina strutturalmente le basi del proprio futuro. Nel dibattito pubblico è sempre presente il tema generazionale, ma poco si fa poi in concreto per dare vere risposte. Proprio perché mancano adeguati strumenti di conoscenza e interpretazione della realtà, il rischio è quello di alimentare luoghi comuni e fornire letture parziali che costituiscono un alibi alle carenze dell'azione pubblica. Per colmare tale lacuna l'Istituto Toniolo con la Fondazione Cariplo ha messo in campo un osservatorio - il cui asse portante è costituito da un'ampia indagine longitudinale -che si propone come uno dei principali punti di riferimento in Italia su analisi, riflessioni, politiche utili a conoscere e migliorare la condizione dei giovani. Questo volume è il primo Rapporto pubblicato a partire dai dati dell'indagine e tocca temi cruciali come quelli della famiglia e del rapporto con i genitori, del lavoro e della conquista di una propria autonomia, della sfera della partecipazione e dell'impegno sociale, oltre che dei valori e degli atteggiamenti. Uno strumento utile non solo a chi fa ricerca, ai decisori pubblici e a chi fa informazione, ma anche agli educatori, alle famiglie, ai giovani stessi.
Il "Rapporto Giovani" dell'Istituto Toniolo mette a disposizione dati, analisi, riflessioni, proposte di intervento che consentono di migliorare la conoscenza e la capacità di azione sulla realtà giovanile, confermandosi strumento utile non solo ai ricercatori, ma anche agli stessi giovani, alle loro famiglie, agli educatori, ai giornalisti, agli imprenditori e ai decisori pubblici. Questa nuova edizione offre un quadro aggiornato del "capitale umano in formazione", illustrandone i valori, le aspettative, l'impegno sociale, le scelte formative, i percorsi professionali, e costituisce un prezioso punto di riferimento per chi vuole conoscere comportamenti e aspirazioni delle giovani generazioni nel nostro paese. In aggiunta, l'edizione 2016 propone approfondimenti specifici su temi rilevanti quali la sfida del confronto multiculturale, la fruizione del tempo libero, l'interesse per le startup innovative e per la sharing economy. Ne emerge un ritratto a tutto tondo dei giovani, fragili di fronte alle molte difficoltà del presente, ma anche "affamati" di opportunità e di occasioni per mettersi in gioco e fare esperienze di valore.
Il Rapporto Giovani dell'Istituto Toniolo, giunto alla quarta edizione, è diventato in questi anni un solido punto di riferimento sulla complessa e dinamica realtà giovanile. Oltre all'aggiornamento annuale sulle scelte formative, sui percorsi lavorativi, sulla progettazione di una propria famiglia, su valori, aspettative e atteggiamento verso le istituzioni delle nuove generazioni, il Rapporto 2017 contiene tre focus dedicati ad altrettanti temi chiave: il primo riguarda lo scenario post Brexit e le possibilità di rilancio di un processo in grado di superare nuovi timori e vecchi confini. Il secondo, dedicato alle nuove tecnologie di comunicazione e ai social network, analizza come stia mutando quantitativamente e qualitativamente il loro uso e quale sia l'impatto di tale mutamento sulla vita sociale e relazionale. Il terzo, infine, riguarda le condizioni di vulnerabilità e disagio, con un'analisi sia dell'aspetto emotivo sia di quello comportamentale, in connessione con il contesto familiare, sociale ed educativo. Il filo rosso che unisce i vari capitoli è il racconto di una generazione in equilibrio precario tra rischi da cui difendersi e opportunità a cui tendere, penalizzata da freni culturali e istituzionali che non permettono una piena valorizzazione di potenzialità troppo spesso misconosciute e sottoutilizzate.
Quanto valgono i giovani italiani? Che valore ha la loro formazione? Quanto sono valorizzati nel mondo del lavoro? Quali sono i valori trasmessi dalle generazioni precedenti? Quanto e come sono interiorizzati e rielaborati dalle nuove generazioni? Quali nuove sensibilità, invece, sono capaci di esprimere? Il confronto multiculturale, l’impegno civile, la dimensione sessuale e riproduttiva, la sfera spirituale, come sono da loro vissuti e interpretati? Il filo conduttore della quinta edizione del Rapporto Giovani è costituito dai valori, nella loro declinazione più ampia. Oltre ad aggiornare il quadro sulla condizione delle nuove generazioni, su come affrontano gli snodi della transizione alla vita adulta e le implicazioni sociali ed economiche che ne conseguono, la ricerca annuale condotta dall’Osservatorio dell’Istituto Toniolo continua a essere il principale riferimento empirico sul mondo giovanile. Asse portante ne sono i dati della principale indagine nazionale su desideri, atteggiamenti e comportamenti degli under 35. La prospettiva longitudinale, la dimensione internazionale, la combinazione tra survey rappresentative e social media data ne fanno un luogo privilegiato di riflessione sulla realtà complessa e in continuo mutamento dei giovani italiani ed europei.