
Il 12 dicembre 1969 scoppia la bomba di piazza Fontana a Milano. Il ferroviere anarchico Pino Pinelli è convocato in Questura per accertamenti e dopo tre notti il suo corpo vola dalla finestra dell'ufficio del commissario Luigi Calabresi, contro cui Lotta Continua inizia una violenta campagna. Nel 1972 Calabresi viene ucciso a colpi di pistola sotto casa. Sedici anni dopo un ex operaio della Fiat, già militante di Lotta Continua, Leonardo Marino, si costituisce e confessa al sostituto procuratore Ferdinando Pomarici di aver preso parte all'omicidio Calabresi chiamando come corresponsabili Giorgio Pietrostefani, Adriano Sofri e, come esecutore materiale, Ovidio Bompressi. Inizia così l'odissea dei processi.
Siamo circondati, sommersi dalle immagini. Dagli schermi dei computer e degli apparecchi televisivi, dai muri delle strade, dalle pagine dei giornali, immagini d'ogni genere ci seducono, ci impartiscono ordini (compra!), ci spaventano, ci abbagliano. Questo libro ci invita a guardare le immagini lentamente, attraverso alcuni esempi, notissimi e meno noti: Guernica, il manifesto di Lord Kitchener con il dito puntato verso chi guarda, il Marat di David, il frontespizio del Leviatano di Hobbes, una coppa d'argento dorato con scene della conquista del Nuovo Mondo. Immagini politiche? Sì, perché ogni immagine è, in un certo senso, politica: uno strumento di potere. Siamo soggiogati da menzogne di cui noi stessi siamo gli autori, ha scritto Tacito e sono parole indimenticabili. È possibile infrangere questo rapporto?
Machiavelli, Pascal: un accostamento inatteso, per più versi sorprendente. Machiavelli, frugando nella biblioteca di suo padre, scopre la casistica medievale e mette il rapporto tra la norma e l'eccezione al centro di un mondo inventato (la "Mandragola") e di quello in cui vive e agisce ("Il Principe"). Pascal, feroce avversario della casistica (soprattutto quella dei gesuiti), legge Machiavelli attraverso la lente di Galileo, e la realtà del potere attraverso Machiavelli. Un viaggio negli intrichi della lettura, sulle tracce di due lettori straordinari - e dei loro interlocutori, avversari, seguaci. Vi si affacciano personaggi famosi (Campanella, Galileo) visti dal loro censore, il domenicano Niccolò Riccardi, detto «Padre Mostro»; e personaggi meno noti, come Johann Ludwig Fabricius, al quale una lettura obliqua delle "Provinciali" di Pascal consente di proporre un'immagine inedita del «religiosissimo» Machiavelli. Un invito a leggere tra le righe, lentamente, testi cifrati, spesso criptici. Per anni Carlo Ginzburg ha lavorato su casi molto diversi tra loro, tutti però fortemente anomali. L'incontro con la casistica - ossia la tradizione, all'incrocio tra teologia e diritto, che riflette sulla tensione tra norma e anomalia, a partire da casi specifici - era forse inevitabile. Un tema insieme lontanissimo e vicino: ferita a morte da Pascal e resuscitata dalla bioetica, la casistica non smette di interrogarci, nei suoi risvolti tragici o grotteschi.
Di fronte alla varietà dei temi discussi in questi saggi ci si potrà chiedere se esista un filo che li leghi. Il titolo del libro ne offre uno. «La lettera uccide, lo spirito dà vita» disse Paolo di Tarso, contrapponendo alla legge giudaica in cui era nato la nuova fede - il cristianesimo - di cui fu il fondatore. «Uccide», «dà vita» sono metafore, che non vanno prese alla lettera. Ad esse si può rispondere con un'altra metafora: la lettera uccide chi la ignora. Dall'analisi ravvicinata di casi specifici emerge una versione della microstoria, qui presentata in una prospettiva inedita. Al centro di questi casi ci sono personaggi famosi (Machiavelli, Michelangelo, Montaigne) o semisconosciuti (Jean-Pierre Purry, La C.***); un testo o un'immagine; un tema (la rivelazione) o una lettera dell'alfabeto. E un elemento ricorrente: la riflessione sul metodo, sugli intrecci tra «caso» e «caso» - tra studi di caso ed elementi casuali, spesso prodotti deliberatamente. «Il libro di cui hai bisogno si trova accanto a quello che cerchi»: chi legge potrà scoprire i risultati, spesso imprevedibili, di questa affermazione di Aby Warburg.
Sono molti, e variegati, i temi affrontati in questa straordinaria raccolta di saggi: dalla stregoneria al divieto di conoscere ciò che sta in alto, inteso letteralmente e metaforicamente; dalle pitture erotiche di Tiziano all'«uomo dei lupi» di Freud, interpretato come un lupo mannaro mancato; da Aby Warburg e i suoi continuatori all'intreccio tra riflessioni sul mito e ideologia nazista negli scritti di Georges Dumézil. Che cosa lega ricerche così distanti tra loro? La prefazione alla prima edizione insisteva sulla morfologia, usata «come una sonda, per scandagliare uno strato inattingibile agli strumenti consueti della conoscenza storica». E alla morfologia si ritorna, in una prospettiva diversa, negli scritti inediti che ora si aggiungono, imperniati sulla nozione di «testo invisibile» (e perciò riproducibile) che era stata proposta in Spie. Radici di un paradigma indiziario. In questa nuova edizione Ginzburg rilegge il libro anche a partire da un tema fondamentale che, almeno in apparenza, in Spie mancava: il rapporto tra indizi e prove. È lecito supporre (come aveva fatto, in passato, lo stesso autore) che la ricchezza cognitiva degli indizi avesse indotto a trascurare l'importanza delle prove? Un dubbio da avvocato del diavolo, che ha portato a riesaminare da un'angolazione inattesa la sequenza che, partendo dalla triade Morelli-Freud-Sherlock Holmes, proietta il lettore da un lato verso i cacciatori del Neolitico, dall'altro verso il presente. E un invito a trasformarsi in cacciatori di indizi, per cercare di rispondere a questa e ad altre domande.
"In ogni pagina di questo libro c'è il modo di essere donna (di Natalia Ginzburg): un modo spesso dolente ma sempre pratico e quasi brusco, in mezzo ai dolori e alle gioie della vita... Tra i capitoli del volume si ricorda 'Ritratto d'un amico', certo la più bella cosa che sia stata scritta sull'uomo Cesare Pavese. E le pagine scritte subito dopo la guerra, che riportano con una forza più che mai struggente il senso dell'esperienza d'anni terribili (e sanno pur farlo, serbando, come 'Le scarpe rotte', un quasi miracoloso senso del comico). Poi, le prove (come 'Silenzio' e 'Le piccole virtù') d'una Natalia Ginzburg moralista, dove una partecipazione acuta ai mali del secolo sembra nascere dalla matrice d'un calore familiare. E soprattutto, perfetto capitolo d'una autobiografia in chiave obiettiva e ironica, 'Lui e io', in cui la contrapposizione dei caratteri si trasforma, da spunto di commedia, nel più affettuoso poema della vita coniugale." (Italo Calvino) L'edizione è corredata dal saggio di Domenico Scarpa "Le strade di Natalia Ginzburg" e da un apparato comprendente le Notizie sul testo, un'antologia della critica, una bibliografia e una cronologia della vita e delle opere. Prefazione di Adriano Sofri.
«Verga - scrive Gioanola - era stato per me la scoperta, davvero emozionante, della bellezza della letteratura: avevo diciotto anni e mi stavo preparando per l’esame di maturità, seduto sul sentiero della vigna di mio padre, e I malavoglia che mi accingevo svogliatamente a leggere, mi si rivelarono, di colpo, un’autentica meraviglia. In tutti gli anni del liceo, purtroppo, avevo accantonato ogni interesse per le cose letterarie, a causa del pessimo insegnamento della materia. Ritornando, dopo più di sessant’anni, sull’opera dal Verga, in tutta la sua completezza, mi sono accorto che l’autore ha vissuto una stagione creativa molto breve, pochi anni nella sua lunga attività letteraria, al centro dei quali brilla la stella purissima del grande romanzo, accompagnata da sette o otto novelle di altissimo valore poetico. Dopo c’è immediatamente la caduta dei racconti di Per le vie e quindi la ripresa faticosa, allontanata a motivo del successo teatrale di Cavalleria rusticana, del Mastro-don Gesualdo». Il libro, come accenna il titolo, è puntato essenzialmente sulle cose di assoluto rilievo, tutte racchiuse nel tempo brevissimo che va dal ritorno a Catania e la morte della madre alla decisione di risiedere a Milano, prima del lungo rifugio in patria. Quella morte decise l’autore a fare della Sicilia il solo vero epicentro della sua creatività, come se il lutto avesse acceso e spento insieme il suo talento.
Questo non è un libro specialistico ma, semplicemente, speciale. Non rientra nei normali canoni della critica letteraria e rileggendolo a vent'anni dalla prima edizione ci si rende conto che non è invecchiato. Soprattutto in Italia, non è mai morta la diffidenza nei confronti di ciò che, in senso largo, è definibile come biografico. Ebbene, questo libro indaga a fondo proprio sugli intrecci di vissuto e opera, nella convinzione che soltanto così si può condurre un'esplorazione il più possibile convincente di un universo inventivo come quello di Giacomo Leopardi, unico in Italia ad essere stato insieme grande poeta e grande pensatore. Inoltre, questo libro è speciale perché vuole aprire nuovi orizzonti interpretativi a partire appunto dalla stretta connessione tra elementi del vissuto e dati della scrittura, forma e contenuti, nel loro incontro e nel loro intreccio, in cui formano un tutto solidale dove vita e opera cooperano alla costituzione di uno degli universi poetici più ricchi e intensi della nostra letteratura.
A Sartre non piacevano "les textes purgés de leur auteurs". Non piacciono neanche a me, che ho sempre lavorato sulle connessioni profonde autore-opera, vissuto-scrittura. Ciò risulta difficile col Manzoni, che è uno scrittore senza io, del tutto privo di appigli psicologici. Con questo libro ho tentato l'operazione, inedita, del collegamento di una condizione nevrotica dichiarata con un'opera che nulla concede alle confessioni intime. La manzoniana angoscia del vuoto diventa ripudio di ogni forma di lirismo soggettivo, anche nei testi in rima, e adozione della prosa come sicurezza di appoggio sul terreno solido del reale e della storia. E così radicale la scelta del reale storico da portare l'autore alla condanna del genere romanzesco, da lui pure portato alla sua massima espressione e, alla fine, al rifiuto, come "cantafavola", del suo proprio capolavoro, per il credito concesso all'invenzione contro il nudo vero. In Manzoni tutto quanto sfugge alle certezze del reale storico, logico e religioso, viene inesorabilmente eliminato (per fortuna i Promessi sposi erano già in salvo).
Un'opera da leggere e non solo da studiare, un compendio della letteratura italiana dalle origini a oggi, capace di offrire al mondo della scuola uno strumento agile e completo nello stesso tempo. L'intenzione è quella di aiutare a capire i problemi senza semplificarli fino a sviarne la natura, con l'accento sui punti essenziali e con la dovuta attenzione alla specificità e originalità del fatto letterario rispetto alle altre componenti storiche. A ogni inizio di secolo, o periodo letterario di autonomo rilievo, vengono offerti ampi quadri introduttivi che forniscono un affresco compiuto dei fatti culturali di spicco, in modo che gli argomenti prettamente letterari trovino un'adeguata cornice storico-concettuale. Nel complesso, questa non è un'opera compilativa ma, se così si può dire, d'autore, perché non è rifatta su altre letterature, ha una sua organica linea interpretativa e anche un suo particolare stile espressivo, senza concessioni ideologiche e con molta attenzione posta alle metodologie critiche più innovative.
Un'opera agile e completa nello stesso tempo. A ogni inizio di secolo, o periodo letterario di autonomo rilievo, vengono offerti ampi quadri introduttivi che forniscono un affresco compiuto dei fatti culturali di spicco, in modo che gli argomenti prettamente letterari trovino un'adeguata cornice storico-concettuale. Particolarmente approfondita è la sezione relativa al Novecento, in genere piuttosto trascurata in gran parte dei manuali correnti: varcata la soglia del terzo millennio appare abbastanza assestato il quadro del secolo passato e molti degli scrittori e poeti di un periodo assai ricco trovano uno spazio adeguato alla loro importanza, mentre lo sguardo viene esteso anche agli ultimi decenni, secondo una prospettiva inedita. Nel complesso, questa non è un'opera compilativa ma, se così si può dire, d'autore, perché non è rifatta su altre letterature, ha una sua organica linea interpretativa e anche un suo peculiare stile espressivo, senza concessioni ideologiche e con molta attenzione posta alle metodologie critiche più innovative.
Fenoglio è scrittore epico, sia pure di un'epicità tragica, dominata dall'esposizione alla sconfitta e alla morte. Purtroppo egli ha subito vessazioni editoriali che lo hanno privato della possibilità di pubblicare, in forma completa e rifinita, il suo capolavoro, quello che uscì postumo col titolo "Il partigiano Johnny". Della grande saga (il «libro grosso» di cui Fenoglio scriveva a Calvino nel '57) fu pubblicata, vivente l'autore, solo la parte iniziale col titolo "Primavera di bellezza", che si conclude con la morte del protagonista e quindi con l'impossibilità di proseguirne le vicende. Ma Fenoglio è anche autore di un grande racconto ancora di ambito partigiano, "Una questione privata", dominato dal tema della disperata passione amorosa, e di alcune straordinarie narrazioni di ambiente langhigiano, confluite in parte nel precoce "La malora" e in "Un giorno di fuoco", uscito nell'anno della sua scomparsa, il 1963.