
Un efficace inquadramento storico della terapia cognitiva, che sta affrontando una svolta decisiva. La metafora della mente come computer, adottata entusiasticamente dal cognitivismo clinico, è ormai considerata una forzatura nella scienza cognitiva non clinica. A questo cambiamento di paradigma corrisponde nel cognitivismo clinico l’apertura di nuove linee di ricerca sulle emozioni, sugli interventi di validazione e accettazione, sui livelli di padroneggiamento volontario degli stati mentali, fino ad arrivare agli studi sugli stati di coscienza.
Giovanni Maria Ruggiero, psichiatra e psicoterapeuta, è socio didatta della Società italiana di terapia comportamentale e cognitiva e autore di numerose pubblicazioni sul trattamento cognitivo dell’ansia e dei disturbi alimentari.
Le statistiche dicono che è sempre più difficile fare famiglia e sempre più facile separarsi anche in età matura. Ci vuole molto poco perché le cose, a un certo punto di una storia, non vadano più bene. A volte l'illusione di una felicità coniugale si sgretola giorno dopo giorno, rovesciandosi in una realtà cupa e oppressiva. Quella che un tempo era l'anima gemella", appare come il mostro da evitare o sconfiggere. A complicare le cose, spesso di mezzo c'è un bambino. Di fronte alla separazione dei genitori il bambino rimane disorientato, confuso, depresso, rischia di essere segnato da un dolore difficilmente domabile. Spesso, una buona separazione può rappresentare per tutto il nucleo familiare una "chance creativa", quando un eccessivo impoverimento sentimentale e comportamentale, nella relazione marito-moglie, rischia di produrre anche nei figli una pericolosa sterilità esistenziale. Coniugi che riescono a separarsi in tranquillità, rimanendo uniti e collaborativi come genitori, possono individualmente ritrovare la vitalità che un tempo possedevano, rinforzata, semmai, anche da nuovi legami sentimentali. Per riuscirci può essere necessario servirsi di una persona qualificata che aiuti i futuri coniugi o conviventi ad affrontare la vita a due con più consapevolezza. La proposta di queste pagine è innovativa: anticipare l'intervento mediativo prima possibile. Ossia, spingere i mediatori familiari verso una funzione "preventiva" rispetto ai conflitti coniugali.
Questo libro insolito analizza le forme in cui si realizzala cooperazione amorevole, per contrapporsi ai limiti del linguaggio e contrastare la tendenza all'oggettivazione assoluta del sapere scientista. La sfida è proporre un sapere altro, che attiene alle trasformazioni soggettive e alle relazioni, attraverso cui aprirsi a una nuova visione: il "sapere affettivo". Solo il recupero dell'intima connessione tra parola e affettività può restituire dinamismo creativo a un'epoca divenuta incapace di pensare e di sentire, recuperando l'antica dimensione di tensione interrogante e mistero inspiegabile.
Deumanizzare significa negare l’umanità dell’altro. È un fenomeno poliedrico, multiforme, flessibile. Si adatta ai luoghi, alle relazioni, alle persone singole come a intere popolazioni e assume di volta in volta i contenuti richiesti dal clima culturale del momento. Un primo gradino, ad esempio, di questo processo sono i pregiudizi, i luoghi comuni o le espressioni razziste con cui si pongono in contrapposizione dei gruppi di persone, creando un “noi” e un “loro”: “noi” che siamo i settentrionali, i bianchi, i cattolici, gli europei e “loro” che sono i meridionali, i negri, gli zingari. Già nel porre questa divisione si crea il germe di una presunta umanità un po’ diversa, che può essere stigmatizzata ed emarginata al di fuori di quella che viene ritenuta la reale dimensione umana. Andando indietro nella storia occidentale, lo sterminio delle popolazioni americane nel ’600 è sorretto da un’ideologia che appiattisce l’immagine dei nativi su quella delle bestie. Gli esempi di deumanizzazione dei nativi pervade le cronache della conquista e la saggistica successiva: i conquistatori li definiscono creature barbare, prive di intelligenza, cannibali e i filosofi spagnoli discussero a lungo se gli indiani fossero uomini o scimmie, semplici bruti o creature capaci di pensieri razionali e se Dio li avesse creati allo scopo di fornire schiavi agli europei. Chiara Volpato propone in questo volume una rassegna degli studi sui fenomeni di deumanizzazione con una prospettiva psicosociale. Analizza le diverse espressioni che può assumere questo processo – l’animalizzazione, la demonizzazione, la biologizzazione, l’oggettivazione, la meccanizzazione – attraverso una ricognizione delle loro manifestazioni storiche. Uno sguardo particolare è riservato al ruolo che hanno oggi i media nella diffusione e nel mantenimento di immagini e concetti deumanizzanti
Come si interroga un testimone? È possibile aiutarlo a ricordare in maniera più accurata? Quali tecniche abbiamo a disposizione? Tra le diverse strategie d’interrogatorio basate su ciò che sappiamo della memoria umana, la più affi dabile e riconosciuta è l’intervista cognitiva riveduta (ICR), utilizzata in vari ambiti, come quello forense, in paesi come Stati Uniti, Regno Unito e Canada. Nato da esperienze di ricerca e di training svolto con i maggiori esperti del settore, il libro si propone di illustrare il metodo e la tecnica dell’ICR, fornendo alcune linee guida per l’addestramento di coloro che entrano in contatto con un testimone.
Dall’ambizione alla consapevolezza; dall’ambizione al significato. Perché cercare di muoverci da una dimensione dell’esistenza umana a un’altra? Perché solo così facendo riusciremo a sopprimere la nostra sensazione di separatezza, a illuminare le nostre connessioni spirituali e a dirigerci dal mattino dominato dall’ego al pomeriggio della vita dove ogni cosa è influenzata in primo luogo dallo «scopo».
E mentre compiamo questo viaggio ineluttabile dal mattino della nostra esistenza al pomeriggio (e alla sera), ci capita di fare delle esperienze inconsuete. Sicuramente incontreremo un ostacolo, proveremo un fallimento, ma nel momento esatto in ci succede riusciremo a trovare l’energia che ci serve per allontanarci dall’ego e avvicinarci a una vita piena di significato. Il Cambiamento non significa che perdiamo la strada; significa invece che imbocchiamo una strada nuova. Prendiamo l’impegno a vivere una vita ispirata allo scopo, anziché sulle pretese infinite e le false promesse che sono il marchio di fabbrica dell’ego.
Il libro è una raccolta di interventi condotti dall’autrice in oltre tre anni di collaborazione al «Messaggero di sant’Antonio». L’autrice ha lasciato scorrere dinanzi ai suoi occhi piccoli e grandi interrogativi del vivere quotidiano guardandosi dalla tentazione di fornire ricette di qualsiasi tipo, mossa unicamente dal desiderio di scoprire il nocciolo delle cose.
Autore
ADA FONZI è professore emerito di psicologia dello sviluppo all’Università di Firenze. Ha condotto ricerche sul linguaggio, sul pensiero magico, sulle condotte prosociali e antisociali, affrontando per la prima volta in Italia lo studio del fenomeno del bullismo. All’attività scientifica ha affiancato un’intensa produzione narrativa, in cui ha saputo conciliare competenza psicologica e ideazione creativa.
Michael è diventato molto espansivo e vive in balia delle sue emozioni, senza filtri né pudori. Stuart non sa più cosa significhi amare, nulla lo interessa né lo appassiona. Un drastico cambiamento della personalità avvenuto in entrambi i casi in seguito a un grave incidente, che ha danneggiato irrimediabilmente una parte del loro cervello. Due lesioni simili, ma perfettamente speculari. Paul Broks, neuropsicologo, è il loro medico e quello di molti altri pazienti. Come Jeanie, convinta di essere morta, o il ragazzo-gusciod’uovo, ridotto a uno stato semivegetativo...
Interrogandosi sul significato e sui limiti del suo mestiere e della scienza, Broks ci accompagna in un viaggio affascinante nelle terre del silenzio, i luoghi spesso inesplorati della nostra mente, un sentiero lungo il quale i progressi delle neuroscienze si uniscono alle riflessioni e alle domande della filosofia: che cos’è la memoria, com’è possibile perdere il linguaggio, che cosa è davvero la personalità di un individuo, dove è collocabile la sua unicità? E la più difficile, ancora senza risposta: se c’è un’anima, dov’è?
Nella letteratura emergente sul fenomeno sempre più diffuso dello stalking, questo testo offre una visione particolarmente innovativa e gravida di spunti: non è infatti centrato sui soli aspetti comportamentali ma anche, e soprattutto, sulle caratteristiche psicologiche e di personalità dello stalker e della sua vittima, e sulla peculiare natura psicopatologica della relazione persecutore/vittima nei casi di stalking. I comportamenti ripetuti e morbosi di intrusione relazionale (IRO) nella vita della vittima attraverso pedinamenti, appostamenti, telefonate indesiderate, invio di lettere, e-mail, SMS, MMS o minacce scritte, verbali e fisiche, sono finalizzati a soddisfare una specifica motivazione, più o meno latente: ovvero quella di esercitare il potere e il controllo sulla vittima. Le osservazioni cliniche e i dati di ricerca suggeriscono che tali dinamiche relazionali non sono altro che la riattualizzazione di pattern relazionali appresi nel proprio ambiente familiare, contrassegnati da esperienze di disconoscimento, trascuratezza emotiva, violenza e in alcuni casi di abuso sessuale. Ciò che emerge dalla ricerca degli autori è che il tratto comune ai comportamenti di stalking non risiede tanto nella natura dello strumento di controllo utilizzato, quanto nella tipologia del comportamento impulsivo, che dà luogo a un bisogno ossessivo d'intrusione relazionale, di pedinamento e di molestia analogo a quello della caccia {to stalk) e del fare la posta.
Appare quasi un'operazione di magia ma è un evento del tutto naturale, si svolge come fosse una favola e tuttavia è un'esperienza percepita come reale: la life review, o visione panoramica, è un fenomeno di confine per cui, in determinati stati modificati di coscienza, una persona può rivedere se stessa agire nel proprio passato, rivisitandone sentimenti ed emozioni, come in un film. Un tempo oggetto di interesse soltanto per le discipline esoteriche, l'evenienza è oggi testimoniata in buona percentuale nell'ambito della casistica NDE (Near Death Experience, esperienza di premorte), che ha pertanto fornito materiale di studio a psichiatri, psicologi e appassionati del genere. In questo libro, il primo dedicato esclusivamente al tema, Fulvia Cariglia esegue un'accurata sintesi degli studi pubblicati e delle ricerche condotte sull'argomento ma, soprattutto, offre un ampio panorama di testimonianze in parte inedito. Sono storie di gente comune, la cui vita è stata rinnovata dall'eccezionale opportunità di guardare ai propri trascorsi con obiettiva facoltà di giudizio: coinvolta sentimentalmente ed emotivamente nei propri ricordi, da essi ha potuto rinascere. Prefazione di Raymond A. Moody.