
Uscita dal ventennio della dittatura fascista e dalla tragedia della guerra, tra la liberazione, la scelta per la Repubblica, la stesura e approvazione della Costituzione e l'avvio della vita democratica, l'Italia visse anni di tensioni. Il nostro Paese ospitava il più seguito Partito comunista dell'Europa occidentale e si avviava lentamente verso una nuova fase della modernizzazione del suo sistema sociale, della sua economia e della sua cultura. In quest'epoca di cambiamenti, la Chiesa svolse un ruolo attivo: sotto la guida attenta di Pio XII essa cercò di imporre la costruzione di una nuova "società cristiana", che avrebbe dovuto fare da modello per tutte le nazioni d'Europa e del mondo. Questo disegno fu perseguito a più livelli e con diversi interventi. La Democrazia Cristiana dava visibilità e influenza alla cultura cattolica, largamente diffusa, ma a un certo punto rivendicò la sua autonomia dalle direttive del Vaticano e dell'episcopato, non senza aspri confronti, veti e ingerenze. Leggendo e presentando anche fonti d'archivio da poco tempo disponibili agli studiosi, Catananti racconta passo passo quella stagione, offrendoci un quadro delle origini dell'Italia contemporanea interessante, istruttivo e persino curioso, che fa luce su una questione ancora aperta: qual è il contributo che la fede di molti e la Chiesa possono e devono svolgere nella costruzione e nello sviluppo della vita democratica?
La testimonianza di come l'impegno e l'assunzione di responsabilità da parte di una comunità, che si riunisce intorno a una motivazione di giustizia, vissuta sia in chiave cristiana sia civica, può davvero generare un cambiamento sociale, culturale e educativo. Nei comuni della cintura sud-ovest di Milano, si conta un bene confiscato ogni mille abitanti. È un dato che dice chiaramente quanto la presenza della criminalità organizzata è forte, reale, pervasiva. Una presenza che sottrae risorse alla comunità e impatta su tutti. Pensiamo alla fatica che devono fare tante aziende sane per competere con chi non rispetta le regole, anzi le infrange ricorrendo a minacce e violenza. Se da un lato la criminalità toglie, dall'altro i beni confiscati devono essere in grado di restituire, cioè diventare volano di solidarietà, inclusione, accoglienza. In primo luogo, restituire senso di giustizia. E per vincere davvero, lo Stato, inteso come comunità che vive e abita un territorio, deve essere in grado di far generare qualcosa di positivo da quel bene, mettendolo a disposizione di chi ha più bisogno. Ecco che cosa racconta Libera Masseria: un bene confiscato, oggi "liberato", che testimonia come l'impegno e l'assunzione di responsabilità da parte di una comunità possono davvero generare un cambiamento sociale, culturale e educativo. «Ecco cosa accade quando un sogno incontra la giustizia! E don Massimo è uno abituato a sognare in grande. Grande come un edificio in stato di abbandono che un giorno scopre esistere nel comune di Cisliano, cintura sud di Milano. Si tratta di un immobile appartenuto a una famiglia della 'ndrangheta, giunto quasi al termine di un processo di confisca e il cui destino è ancora incerto. Per fortuna, la consapevolezza dei problemi da affrontare non basta a scoraggiare le persone come don Massimo, né le centinaia di associazioni e gruppi impegnati nel recupero e nella riconversione dei beni mafiosi. Tutte queste realtà hanno capito una cosa fondamentale: l'importanza di mandare segnali di concretezza alle popolazioni colpite dalla prepotenza mafiosa. Segnali senza i quali tutti i discorsi sulla legalità, la responsabilità e la partecipazione civica rischiano di suonare sempre più vuoti e retorici. Questo è un libro che merita di essere letto, perché, nel raccontare una singola storia, ci parla di molte questioni cruciali dell'Italia di oggi.» (don Luigi Ciotti).
Negoziare con il nemico è un segno di debolezza o una necessità per fermare le guerre? Pierre Hazan ci accompagna nel complesso mondo della mediazione internazionale nei conflitti armati, dove la diplomazia si scontra con la realpolitik e il confine tra giustizia e compromesso diventa labile. Attraverso casi reali - dal conflitto russo-ucraino alle guerre in Medio Oriente e Africa - l'autore analizza il ruolo di mediatori, governi e organizzazioni internazionali, svelando i retroscena delle trattative con dittatori, terroristi e signori della guerra. In un'epoca segnata da nuove tensioni geopolitiche e dall'indebolimento del diritto internazionale, Hazan ci mostra come il dialogo, per quanto controverso, sia spesso l'unica via per limitare il caos globale. Un'opera sincera, imprescindibile e unica per comprendere le dinamiche della pace nel XXI secolo e il delicato equilibrio tra morale, potere e necessità politica; il libro essenziale per chi vuole comprendere le sfide e le decisioni critiche dietro ogni trattativa nei conflitti armati globali.
Ottant'anni dopo la Liberazione dal fascismo, l'Italia è governata da un partito che di quella storia è erede. Cosa significa? Che effetti concreti ha sulle politiche del governo? E cosa ci dice del rapporto tra Fratelli d'Italia e la memoria di questo paese? Dall'autonomia differenziata al decreto sicurezza, dall'attacco ai magistrati alla torsione autoritaria su diritti e libertà, il governo Meloni si muove tra nazionalismo identitario e liberismo, repressione del dissenso e retorica populista. Il volume esplora le contraddizioni e i rischi di questa stagione politica, tracciando un bilancio - molto preoccupante - dell'Italia per come è e per come potrebbe diventare.
«Al dibattito odierno a noi sembra mancare il filo, la trama, il contesto che legano il passato all'avvenire. Soprattutto quando si riforma, bisogna trasmettere lo spirito della Costituzione». Dopo un lungo silenzio, le riforme costituzionali sono tornate sulla scena della politica. Accade perché è un dibattito ineludibile, cominciato subito dopo la Costituente. Questa volta, però, il contesto è inedito, sia sul piano interno che internazionale. Data la delicatezza del momento, gli autori si collocano volutamente al di fuori dallo scontro ideologico e cercano di fornire le basi fondamentali a una discussione che deve essere ben posta: attenta ai bisogni di riforma che emergono dai mutamenti in atto, ma senza mai trascurare la perdurante vitalità della nostra Carta e la sua ispirazione originaria.
I trattati internazionali non riescono più a frenare i crimini di guerra: i conflitti esplosi dalla prima pubblicazione di questo libro, nel 2011, confermano ogni giorno questa amara constatazione di Antonio Cassese. Una dolorosa ammissione, da cui muove una antieroica, indimenticabile e irrinunciabile conversazione sull'«esperienza del male». Come scrive Micaela Frulli nella postfazione, Antonio Cassese ha dedicato la propria vita all'affermazione del diritto, ma in questa ultima conversazione non ha temuto di mettere a nudo le debolezze del proprio credo. Da questo paesaggio umano dolente, da questa indagine sui fondali oscuri della nostra convivenza civile, emerge però con forza una luce: il ruolo decisivo dell'opinione pubblica internazionale, quella che l'autore intende qui risvegliare raccontandoci, con la memoria degli occhi ma anche con la generosità del cuore, la sua esperienza di giudice internazionale.
Attraverso tredici interviste ad altrettante personalità di spicco di tradizioni politiche e culturali diverse, il volume intende mostrare come l'impulso messianico, cioè la presenza del regno di Dio nella vita concreta, e quindi anche nella politica, sia fortemente attivo lungo tutta la nostra storia, sebbene spesso sia stato mascherato o controfigurato. Gli intervistati sono: Fausto Bertinotti, Enzo Bianchi, Guidalberto Bormolini, Luigino Bruni, Chiara Giaccardi, Agostino Giovagnoli, Raniero La Valle, Mauro Magatti, Marinella Perroni, Geminello Preterossi, Paolo Ricca, Lucetta Scaraffia, Marcello Veneziani. Fra le tematiche affrontate: Dio e il capitalismo (Bruni); la differenza cristiana nell'agire politico (Bianchi); la missione dei cristiani oggi (Ricca); il rapporto tra cristianesimo e marxismo (Bertinotti).
Dal quartiere Trionfale di Roma rientravano i generali dell'impero dalle battaglie vittoriose. Nella stessa zona, in via Fani, il 16 marzo 1978 si consuma una delle più gravi sconfitte dello Stato italiano: alcuni militanti delle Brigate rosse attaccano la vettura che conduce il presidente della Democrazia cristiana Aldo Moro a Montecitorio per votare la fiducia al quarto Governo Andreotti. I carabinieri e i poliziotti dell'auto di scorta vengono massacrati. Il leader viene trascinato fuori dall'auto e rapito. Questo libro racconta gli ultimi cinquantacinque giorni di vita dello statista, che verrà assassinato il 9 maggio 1978. Nella prima parte Claudio Martelli ricostruisce quelle settimane drammatiche in cui affiancò Bettino Craxi nel tentativo politico di salvare la vita al leader democristiano: una lucida riflessione sulla «trattativa», che si contrappone alla linea della fermezza scelta dal governo e segna la profonda divisione del Paese in quel tragico passaggio. Nella seconda parte, Francesco De Leo indaga sui retroscena della vicenda nei dettagli, attraverso le testimonianze inedite di alcuni dei protagonisti di allora (Franco Piperno, Claudio Signorile, Aldo Tortorella, Giovanni Pellegrino, Massimo D'Alema, Luigi Zanda, Valerio Morucci), e ricorrendo a documenti come il memoriale di Craxi e il diario inedito di Amintore Fanfani, il presidente Dc del Senato che così scriveva in quei giorni: «In un momento assai delicato della vita nazionale e dei rapporti internazionali è stato eliminato con la violenza il più autorevole statista del nostro Paese».
"Questo libro parla dell’Italia del 2025. E prova a rispondere alla domanda: Giorgia Meloni è una leader capace di fare la differenza? Di avere una visione? Di condividere un sogno e non ossessioni, complotti, vittimismo? In questo Paese c’è ancora qualcuno che ritiene che no, che Giorgia Meloni non sia una leader ma una influencer che cerca il consenso nell'immediato ma non costruisce speranza, benessere, futuro. È una influencer perché pensa ai sondaggi, non alla pressione fiscale o al rapporto debito/PIL. È una influencer perché manda i video sui social, perché si accontenta dei like facili, non dei progetti difficili. È una influencer perché punta ai cuoricini su Instagram. Che non racconta come vuole uscire dalla crisi geopolitica ma solo come vuole uscire sui TG della sera. Questa è l'amara verità. Io non ho paura, mai avuta. Se c’è da fare una battaglia controcorrente, la faccio. Quando vedo ciò che sta facendo il governo dell'Influencer mi dico che non posso tacere. Che non posso girarmi. Che non posso far finta di non aver sentito. Allacciate le cinture. Qui trovate le cose che gli altri non hanno il coraggio di dire. Ma anche le proposte che Giorgia non trova il tempo di ascoltare. Con un'analisi spietata e documentata, ricca di particolari e rivelazioni su alcuni dossier molto caldi, Matteo Renzi non fa sconti all'attuale presidente del Consiglio, al suo governo e al suo partito. Un atto di accusa che rimette la verità al suo posto e che controbatte con forza alla narrazione dominante di questi tempi e a quello che la sorella della Garbatella vuole farci credere attraverso lo strumento che padroneggia meglio: lo storytelling".
Il secondo volume di Limes del 2025 verte sul Medio Oriente in fiamme. Complice la caduta del regime siriano di Bashar al-Asad, qui i riflessi del conflitto ucraino si sommano infatti all'onda d'urto della guerra tra Israele, Hamas e Hizbullah nel determinare un completo sconvolgimento degli equilibri regionali. Il volume analizza il momento attuale, segnato dalla fragile tregua in Palestina, nell'ottica dei tre attori centrali dell'area - Turchia, Iran e Israele - vertici di un "triangolo strategico" da cui dipendono in gran parte gli sviluppi futuri. La prima parte, "Il triangolo secondo Israele", descrive il conflitto a Gaza e il confronto con l'Iran, ma anche e sempre più con la Turchia per il controllo del destrutturato spazio siriano, dall'ottica israeliana. Analogo esercizio, ma dalla prospettiva di Ankara, è svolto nella seconda parte ("Il triangolo secondo la Turchia"), mentre la terza parte ("Il triangolo secondo l'Iran") prende in esame il punto di vista iraniano. La quarta parte ("Arabi in movimento: Sirie, Palestina, Arabia Saudita") si concentra sul teatro siriano, ma anche sulla situazione nella Striscia di Gaza e sulle mosse dell'Arabia Saudita, attore fondamentale nella prospettiva del dopoguerra. La quinta e ultima parte ("Le potenze esterne e noi") dà conto della posizione di Stati Uniti, Cina e Russia, nonché delle opportunità per l'Italia di svolgere un ruolo nei turbolenti sviluppi regionali.
L'esercizio di una funzionalità connessa a un ruolo, che non sia costantemente la rimodulazione del proprio servizio, può diventare un mero esercizio dispotico del potere. Talvolta abietto. È la Verità che deve formare e informare l'etica del ruolo. Siamo convinti che la dimensione del cittadino non confligge con l'essere credenti, anzi le esigenze della Verità e della Giustizia sono anche un patrimonio, oltre che civile e istituzionale, sicuramente religioso. Educando i cittadini al senso delle Istituzioni e le Istituzioni stesse al servizio esclusivo del bene comune si può realmente far fiorire la speranza oltre il dubbio, la generosità oltre gli interessi di parte, la giustizia oltre lo stravolgimento del diritto, la verità oltre la menzogna, la gioia oltre la disperazione, la fiducia oltre la paura. Solo così l'agglomerato umano non verrà percepito come la somma anonima d'individui, ma diventerà l'amalgama caleidoscopico delle diversità, le quali non risulteranno più essere un problema, perché sapranno relazionarsi come risorsa.
«La libertà non è qualcosa che una volta data esiste per sempre. Ogni generazione, a patto che le vengano garantite le condizioni per vivere in libertà e in democrazia, deve acquisire di nuovo una pratica con essa. Molti tedeschi dell'Est non hanno vissuto o non hanno percepito il salto verso la libertà come una liberazione. È questo che io chiamo shock da libertà». Ovunque in Europa le forze politiche che aspirano a un ritorno di strutture statali autoritarie stanno riguadagnando terreno. In Germania l'ascesa degli estremismi di destra e di sinistra - dall'Alternative für Deutschland (AfD) all'Alleanza di Sahra Wagenknecht - sembra inarrestabile, e in particolare nell'ex Germania Est ha assunto proporzioni dilaganti. Com'è possibile che la democrazia liberale venga messa in discussione soprattutto in quella parte del paese in cui, con la caduta del Muro, sembrava che si fosse realizzata una rivoluzione pacifica per la libertà? In questo vibrante e appassionato pamphlet Ilko-Sascha Kowalczuk, autorevole intellettuale nonché tra i maggiori esperti di Germania Est, rilegge la storia della Germania dal 1989 ai giorni nostri, mostrando come l'esperienza della dittatura vissuta dai tedeschi orientali plasmi ancora oggi gli atteggiamenti politici e il comportamento elettorale di larga parte del paese. Nella «più grande prigione a cielo aperto d'Europa dopo il 1945» - così l'autore definisce il regime della Repubblica democratica tedesca - la libertà era preclusa, ogni aspetto della vita quotidiana era inquadrato dallo Stato in un ordine monotono e oppressivo. Con la riunificazione, i tedeschi orientali hanno guadagnato la libertà e la democrazia, ma si sono trovati a fare i conti con le sfide che esse pongono in termini di impegno e responsabilità personale, generando un senso di frustrazione e di insicurezza che ha spinto molti a rimpiangere la vita «sicura» sotto il regime. Kowalczuk, tedesco dell'Est di origini ucraine, descrive con particolare vividezza quella dittatura, smontando le «leggende» su cui è stata costruita e che l'hanno alimentata, e racconta le promesse e le delusioni della riunificazione a Est e a Ovest. La tagliente analisi degli ultimi trentacinque anni di storia tedesca che l'autore conduce in questo libro è essenziale per comprendere non solo la realtà attuale della Germania, ma anche le questioni cruciali che l'Europa si trova a dover affrontare, in primo luogo il rapporto con la Russia di Putin e la gestione del conflitto in Ucraina. La Germania Est, in questo senso, viene vista come una sorta di laboratorio della globalizzazione, dove si manifestano, prima che altrove, tendenze e sviluppi che minacciano di dilagare in tutta Europa. Quello di Kowalczuk è dunque un inno alla libertà, unico argine contro le tendenze antidemocratiche. Senza la libertà nulla è possibile, neanche la pace.

