
Il XX secolo ci ha lasciato un'eredità impegnativa: il progetto di una giustizia sociale democratica che garantisca al cittadino una vita dignitosa e che si ponga come ideale in base al quale regolare la vita sociale e legittimare l'ordine politico. Di fronte alle sfide del nuovo secolo si avverte con particolare urgenza la problematicità di questo ideale e l'esigenza di capire se esso trovi spazio nella vita collettiva, in particolare presso le nuove generazioni nelle quali è riposto il futuro delle nostre società.
Martha Nussbaum è da anni impegnata a costruire un nuovo progetto etico-politico, volto a dare un effettivo spessore al concetto di dignità umana e di giustizia sociale. Anche nella più equa delle società contemporanee, destinatario dei diritti individuali è l'individuo razionale, consapevole e indipendente. Ma la realtà, ci mettono ogni giorno sotto agli occhi molte situazioni in cui gli individui non possono contare sulle stesse abilità nell'utilizzare le proprie risorse. Bambini, anziani, persone non autosufficienti, disabili rischiano di non poter esercitare diritti fondamentali di cui pure sono nominalmente titolari. E il problema si complica ulteriormente quando ci occupiamo di culture non-occidentali.
Deportazioni, torture, pulizia etnica, esecuzioni di massa: solo nel XX secolo la comunità internazionale ha progressivamente elaborato norme per affermare che certi comportamenti sono crimini e per disporre la punizione dei responsabili. L'autore del volume illustra tutto il percorso che, a partire dal processo di Norimberga, ha condotto al passaggio da una logica di emergenza alla istituzionalizzazione della giustizia penale internazionale.
Un percorso esistenziale singolare, quello di Giuseppe Dossetti, segnato dal tema della "riforma": riforma di se stessi attraverso l'ascesi religiosa, ma anche riforma della Chiesa e - ciò che è oggetto di questa indagine - riforma della politica. Una vicenda che attraversa diversi momenti cruciali: si va dalla dissoluzione del regime fascista e dall'esperienza della Resistenza alla scrittura della nuova Costituzione repubblicana; dal problema di dar forma a un partito che risponda alle "attese della povera gente" alla chiamata al sacerdozio e all'attiva partecipazione al Concilio Vaticano II, cui segue il ritiro nella vita monacale. Ma non sarà un abbandono: negli anni Ottanta Dossetti tornerà a riflettere, con spunti di straordinaria lucidità, sulla crisi del mondo e su quella della politica italiana in particolare.
Nei dibattiti sul cattolicesimo democratico e sulla Democrazia Cristiana, spesso il Dossetti politico riemerge quasi come una figura mitologica giudicata o in maniera polemica oppure enfatizzata positivamente. Studiare criticamente il Dossetti politico in quest'ora drammatica per la politica italiana è importante. Assistiamo all'emergere sempre più evidente di un'instabilità della vita politica del nostro Paese che probabilmente non ha pari nella storia nazionale. Sarebbe inutile affermare che se ci fossero uomini come Dossetti la situazione politica sarebbe migliore. A noi compete leggere fra le righe della storia di uomini come Dossetti per capire che non è sempre stato così e che un'alternativa è possibile. Il libro di Gumina ripercorre la parabola politica di Dossetti attraverso il recupero della sua tensione esistenziale e credente che genera uno sguardo critico per la lettura dell'odierno scenario. Così il volume si presenta come un'opportuna e urgente occasione per tornare a pensare alla luce di una delle figure più straordinarie, e oggi dimenticate, del cattolicesimo italiano.
"Se Dossetti avesse continuato a fare politica, la DC si sarebbe spezzata". È l'explicit lapidario che Gianni Baget Bozzo appose nel 1977 a una storia iniziata quattro decenni prima e conclusa da tempo. Quando venivano scritte queste parole, Giuseppe Dossetti era ormai un monaco di sessantaquattro anni votato allo studio e alla preghiera. Ma nell'immediato dopoguerra, da laico, fu il protagonista di una stagione di rinnovamento che coinvolse le forze più vive del cattolicesimo politico italiano e il partito in cui cercarono rappresentanza. Sembrava che di quel tentativo si conoscesse ogni singola mossa, ogni retroscena. Non è così. Lo si scopre nel saggio di Fernando Bruno, che ha il merito di guardare all'intera vicenda da un punto di osservazione finora non abbastanza messo a profitto: la rivista "Cronache Sociali" (1947-51), organo politico quindicinale del gruppo dossettiano, ossia della sinistra democristiana nella sua espressione più alta e sognoficativa. Gli articoli di Dossetti, Lazzati, La Pira, Caffè, le grandi inchieste, l'osservatorio interno e internazionale erano modelli di un giornalismo civile, colto e incalzante, dove veniva allo scoperto l'alternativa alla leadership di De Gasperi. Al tatticismo degasperiano risucchiato nella "manovra governativa" e nel "patteggiamento di gabinetto", e sospinto a destra, Dossetti contrappose un'azione "formativa e suscitatrice, in strati sempre più vasti, di uno slancio collettivo vitale".
Per Giuseppe Dossetti la politica è stata un impegno esigente e virtuoso, una missione al servizio dei più deboli e bisognosi secondo un’idea di democrazia sostanziale in grado di rendere testimonianza della presenza del cristiano nella storia. Con questa visione ha attraversato da protagonista le vicende del Novecento. Il volume ricostruisce attentamente il suo percorso: dall’avvento del fascismo alla Seconda guerra mondiale e alla Resistenza, durante la quale fu comandante partigiano; dalla Costituente alla militanza nella Democrazia cristiana nel periodo riformistico del centrismo, fino al Concilio ecumenico Vaticano II, dove si spese per una Chiesa impegnata in un rigoroso rinnovamento nel segno della povertà e della pace. Gli anni Novanta lo videro di nuovo attivo in difesa del testo costituzionale, insidiato, soprattutto nella prima parte, da iniziative di riforma improvvisate e pericolose per la tenuta dell’unità nazionale.
Con la prefazione di Enrico Galavotti, biografo di Dossetti, il racconto esauriente, ma agile e "per tutti" di una vita straordinaria e irripetibile. Il ritratto avvincente e documentato di un protagonista della storia politica ed ecclesiale italiana dal dopoguerra in poi, che continua a suscitare passioni e opposte valutazioni.
In vista del centenario della nascita di Giuseppe Dossetti (Genova, 13 febbraio 1913), Fabrizio Mandreoli, teologo e storico, ne ricostruisce la vita con rigore e misura, con profondità e sobrietà. Il racconto si distende dagli anni della formazione all'insegnamento universitario, dall'esperienza partigiana al contributo per la stesura della Carta Costituzionale, dalla militanza critica nella Democrazia Cristiana al ritiro dall'attività politica per intraprendere la via del sacerdozio, la partecipazione al Concilio e, infine, la fondazione di una piccola comunità monastica aperta verso l'Oriente europeo e asiatico.
Una vita fitta di incontri, di amicizie (tra tutti, La Pira, Lazzati, il cardinale Lercaro), apparentemente caratterizzata da improvvise cesure e cambi di rotta, ma in realtà percorsa - come mostra Mandreoli - da un'incessante e "semplice" ricerca di conformità al Vangelo dentro la complessità riconosciuta della storia. In fondo, Dossetti coltivava un unico desiderio: "diffondere quella pace che è un bene universale, diffonderla non a parole, ma col silenzio e con i fatti, quelli più profondi, più duraturi e più umili, più puri da ogni clamore"
Chi è davvero Giuseppe Conte? Come è stato possibile che un anonimo professore universitario sia diventato il premier «buono per tutte le stagioni», osannato dalle cancellerie europee? Maurizio Belpietro svela con Antonio Rossitto tutti i segreti della carriera del professor Conte. La vicinanza agli ambienti vaticani, fondamentali per la sua ascesa politica. Gli incroci accademici e lavorativi con il suo mentore, Guido Alpa. Le trame internazionali. E poi i rapporti con i servizi segreti e gli 007 americani, mentre esplode il Russiagate.
Il libro evidenzia nel profilo biografico di Pastore (1902-1969) uno dei temi centrali e permanenti del suo impegno civile: assicurare l’emancipazione delle lavoratrici e dei lavoratori rendendoli partecipi protagonisti dei processi di formazione delle decisioni socio-economiche. Il maturare di questa aspirazione accompagnò l’itinerario di Pastore, uomo del Novecento,
nelle sue principali esperienze pubbliche: giovane operaio autodidatta, militante del cattolicesimo sociale, attivista del PPI, giornalista antifascista, organizzatore della Gioventù cattolica, leader sociale nella DC, innovatore del sindacato italiano e internazionale, ministro per il Mezzogiorno e per le aree depresse del Paese. Come fondatore della CISL egli promosse una rappresentanza sindacale in grado di dare un apporto positivo allo sviluppo della democrazia in Italia e come uomo di governo della giovane Repubblica Italiana sostenne il pieno riconoscimento del sindacato quale attore sociale di fronte al sistema dei partiti. Per consentire di ripercorrere agevolmente la riflessione di Giulio Pastore intorno alle relazioni tra rappresentanza sociale e rappresentanza politica in uno Stato democratico, il volume offre ai lettori un’ampia scelta di interventi e di articoli proposti in diverse occasioni tra il 1925 e il 1969.
Il 12 dicembre 1969, la bomba di piazza Fontana a Milano. La polizia arresta Pietro Valpreda. Pino Pinelli è convocato in Questura per accertamenti e vola dalla finestra dell'ufficio del commissario Luigi Calabresi. Lotta Continua comincia una campagna contro Calabresi per l'omicidio Pinelli. Il 17 maggio 1972, Calabresi viene ucciso a colpi di pistola. Nel 1988 Leonardo Marino confessa di aver preso parte all'omicidio Calabresi chiamando come corresponsabili: Giorgio Pietrostefani, Adriano Sofri e, come esecutore materiale, Ovidio Bompressi. Inizia così l'odissea dei processi. Lo storico Carlo Ginzburg ha analizzato i documenti in un pamphlet pubblicato da Einaudi nel 1991 e qui riproposto in un'edizione aggiornata.

