La retorica è l'arte di convincere. Ma l'esperienza mostra che il mero dominio di questa tecnica può rivelarsi addirittura dannoso per l'oratore, che corre il rischio di vedersi sospettato di manipolazione. La retorica è un paradosso: quanto più la dominiamo, tanto più ci si rivolta contro. È vero? Dal punto di vista tecnico, sì; ma, fortunatamente, la retorica è più profonda: per convincere qualcuno bisogna prima entrare in contatto con lui, non soltanto col suo intelletto, ma anche - e fondamentalmente - con le sue emozioni, che ne rafforzano la libera decisione. Ma siccome il ricevente ha la sua sensibilità e non si lascia ingannare tanto facilmente, è fondamentale che l'emittente esamini le proprie intenzioni comunicative: quanto più esse sono sincere e rispettose, tanta più fiducia indurrà e, di conseguenza, tanto più efficace sarà la comunicazione. Nel presente libro si studia una retorica dei valori con un fondamento ecologico, basato sulla responsabilità e sulla solidarietà, in cui occupa un ruolo centrale la riflessione sulla qualità umana del relatore, perché soltanto una persona convincente saprà convincere con efficacia.
Internet ci rende stupidi? Abituati alla velocità con cui accediamo alle informazioni scivolando, come su una tavola da surf, da un sito all'altro, viene meno in noi la pazienza richiesta da un libro o da un articolo lungo e complicato. Dopo una pagina o due ci innervosiamo, perdiamo il filo, avvertiamo l'esigenza di occuparci d'altro, di cambiare attività. La concentrazione nella lettura ci è divenuta estranea. Oggi l'umanità è totalmente connessa. E quindi: che fare con la novità rappresentata dalla rete, e in generale dalla civiltà digitale? Accettarla o rifiutarla? Per rispondere a questa domanda dobbiamo compiere un viaggio di duemila anni. Ermanno Bencivenga ci accompagna lungo questo cammino nella storia del pensiero occidentale: Platone è la nostra guida, Kant la stella polare. È un tragitto di secoli e millenni di idee e scoperte straordinarie e addirittura scandalose, eppure capaci di conquistare la normalità e tradursi in visioni del mondo universali. Così scopriamo che la nostra identità è stata messa in discussione ad ogni rivoluzione tecnologica. Ciascun cambio di paradigma sconvolge e rinnova la radice delle nostre consuetudini e dei nostri desideri. Ogni giudizio di valore è subordinato a una particolare fase del tempo, del mondo e della Storia. Allora, la domanda va riformulata: la rivoluzione digitale non ci rende più stupidi o più intelligenti, ma cambia profondamente la nostra postura nei confronti di noi stessi e del mondo. E ogni cambiamento radicale è un'occasione preziosa e insostituibile per chiederci chi siamo.
La salute umana sempre più ha necessità di adottare soluzioni digitali per prevenire, diagnosticare e curare le malattie del nostro tempo. Dall’attuale pandemia da coronavirus fino alle patologie più comuni, la medicina cerca urgentemente soluzioni high-tech che permettano di analizzare enormi quantità di dati clinici e radiologici e che forniscano risposte a bassissimo tasso di errore. In medicina digitale oggi prende forma il gemello digitale, o digital twin, che accompagna l’essere umano durante la sua esistenza e fornisce ai server remoti tutte le informazioni necessarie per prevenire e curare. Di fronte a una possibile invasione della sfera privata da parte di supercomputer straordinariamente abili e all’aumento travolgente della complessità tecnico-scientifica di cui siamo testimoni, l’individuo è oggi in balia di tecnologie a lui perlopiù estranee. Questo libro racconta delle molteplici possibilità che si aprono nel mondo della salute personalizzata ma anche, e soprattutto, delle incertezze che l’“eroe Antonio” deve affrontare per comprendere ciò che lo circonda.
Note sull'autore
Simone Melchionna, laureato in Fisica presso l’Università La Sapienza di Roma, è esperto internazionale di supercalcolo e metodi algoritmici applicati alla biomedicina, alla fisica e alla chimica. Ha lavorato presso l’Università di Cambridge, l’École Polytechnique Fédérale di Losanna e l’Università di Harvard, pubblicando centinaia di articoli scientifici, brevetti e software impiegati in ambiti scientifici e industriali. È ricercatore presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche, insegna presso l’Institute for Advanced Computational Studies dell’Università di Harvard e collabora con istituti di ricerca e ospedali internazionali. I suoi metodi d’avanguardia sono usati in medicina di precisione nell’ambito della diagnostica e prognostica polmonare e cardiovascolare. Grazie alle sue scoperte, due società operanti in Italia (MedLea Srls) e negli Stati Uniti (Lexma Technology LLC) producono piattaforme software per l’ingegneria e per la biomedicina.
In questo eccezionale libro inchiesta Marco Pizzuti fa il punto della situazione su ciò che sappiamo per certo riguardo alla rivoluzione tecnologica in arrivo, rivelandoci come un progresso promettente e "scintillante" possa nascondere anche degli aspetti inquietanti.
La nuova connessione di telefonia mobile, chiamata 5G in quanto giunta alla sua quinta generazione, correrà a velocità impensabili solo fino a qualche anno fa e soprattutto stabilirà una stretta relazione fra gli oggetti "smart" e l'intelligenza artificiale, facendoci compiere il salto evolutivo nella nuova era dell'"Internet delle cose". Saremo sicuramente più assistiti, ma anche più controllati; saremo più profilati, ma anche più bombardati da raffinate strategie di marketing; verremo catapultati in un ecosistema artificiale quasi totalmente interattivo e le nostre informazioni più intime saranno sempre e immediatamente note a tutti coloro che vi avranno accesso. Il 5G in buona sostanza è la tecnologia che può garantire il controllo individuale e collettivo sull'intera popolazione, trasformandosi nella versione contemporanea del Grande Fratello di George Orwell. La rivoluzione tecnologica porta con sé anche altri dilemmi che riguardano la nostra salute: da una parte il 5G permetterà, per esempio, di farci operare in remoto senza far spostare fisicamente il chirurgo; dall'altra molti scienziati denunciano la trasmissione delle onde del 5G come un grave pericolo per il nostro organismo e l'intero ecosistema. E a questo proposito il premio Nobel per la medicina Luc Montagnier ha persino avanzato il sospetto che l'epidemia di Coronavirus sia esplosa a Wuhan proprio perché si tratta della "smart city" 5G per eccellenza, con oltre 60.000 antenne a onde millimetriche già attive: secondo la sua controversa tesi, l'esposizione al 5G può avere indebolito le difese immunitarie della popolazione rendendo più gravi gli effetti patogeni del virus. Dossier 5G affronta anche le questioni di sicurezza e di carattere militare: come fa uno Stato ad assicurarsi che i big data generati dal 5G dei suoi cittadini non finiscano in mano a potenze straniere o, peggio ancora, a formazioni di stampo terroristico?
Le tecnologie dell'informazione hanno smesso di essere semplici mezzi di comunicazione e si sono trasformate nel nostro contesto esistenziale. L'ambiente digitale, affascinante e per molti aspetti ancora inesplorato, segnato da confini sempre più incerti tra reale e virtuale, è una vera e propria rivoluzione culturale. Essa condiziona l'esperienza individuale e sociale e deve essere compresa a fondo, se si vuole che le persone riescano ad attribuire un nuovo significato al silenzio e a riappropriarsi di uno sguardo più contemplativo sulla realtà. Con l'obiettivo di equilibrare l'ecosistema della comunicazione, donando profondità alla parola, spessore all'ascolto e autenticità al dialogo tra le persone.
Sul tracciato delle parole di papa Francesco, percorrendo i sentieri e i rivoli del suo Messaggio, «Perché tu possa raccontare e fissare nella memoria» (Es 10,2). La vita si fa storia, si rinnova anche quest'anno - alla quinta edizione - la proposta di riflessione e di approfondimento attraverso una prospettiva multidisciplinare che coinvolge accademici e giornalisti, intellettuali e teologi, artisti internazionali e grandi testimoni di impegno civile. Un "cortile dei gentili" pronto a dare riverbero alle parole del Papa, un invito a raccontare «il nostro essere parte di un tessuto vivo; che riveli l'intreccio dei fili coi quali siamo collegati gli uni agli altri», per individuare chiavi di lettura del Messaggio, per attivare raccordi con la vita quotidiana e la prassi pastorale.
Il Digital Age è una nuova epoca nella storia dell'uomo: a causa del potere della tecnologia sta davvero cambiando tutto ed è bene comprendere quanto ci sta trasformando. Questo testo descrive: 1. il cambiamento avvenuto e ancora in corso; 2. le caratteristiche della cultura contemporanea; 3. le nuove coordinate esistenziali - e le sfide aperte - che la nuova epoca ci suggerisce, in primo luogo a proposito delle nostre relazioni fondamentali. Nella prima parte l'autore delinea la teoria del cambio d'epoca: in che mondo viviamo? Quali i suoi strumenti? Quali i suoi linguaggi? Quale la nuova cultura che preme sulle nostre tradizioni e abitudini e ci costringe a cambiarle profondamente? Chi è l'uomo nuovo del Digital Age? Nella seconda parte si affrontano alcune questioni decisive: i nuovi valori, il rapporto tra la tecnologia e la qualità della vita, le caratteristiche della cultura pop di oggi, i giovani e la famiglia ecc. Al termine di ogni capitolo della seconda parte, l'autore sintetizza e raccoglie le sfide che maggiormente emergono nell'ambito del vivere concreto che il capitolo stesso analizza.
Cosa significa guardare ai media con un approccio ecologico? Ce lo spiega Fausto Colombo, uno dei nostri più autorevoli sociologi della comunicazione, in questo suo libro dove analisi critica e prospettiva etica si integrano in un discorso puntuale e suggestivo insieme. I media nel loro complesso appaiono un ecosistema in continua evoluzione. Come ondate sempre più potenti, si riversano sul mondo prima i mezzi a stampa, poi la radio e la televisione, poi ancora la prima digitalizzazione e l'utopia di internet, per arrivare oggi alle grandi piattaforme, macchine algoritmiche la cui benzina è costituita dai comportamenti degli utenti. Un ecosistema, quest'ultimo, che produce effetti sulla vita sociale e che, oltre a offrire straordinarie opportunità, può anche letteralmente inquinare il nostro universo simbolico, come fanno i discorsi d'odio e le false verità circolanti sui social, che le piattaforme non sembrano completamente in grado di limitare. Ma praticare un'ecologia dei media significa anche preoccuparsi di agire per migliorare le relazioni interpersonali e il rapporto con il mondo attraverso i media, non limitandoci a seguire, in modo spesso ingenuo, le impronte del progresso tecnologico o delle leggi del mercato e cercando invece di reagire alla saturazione dei nostri tempi e dei nostri spazi vitali. Perché è arrivato il momento di fermare la frenesia 'social' e di guardare come i nostri avatar o nickname ci parlano di noi stessi in quanto umani. Dopo averci guidato attraverso le riflessioni teoriche e le pratiche quotidiane che promuovono una rinnovata sensibilità etica nell'uso dei media, Colombo ci propone un 'manifesto per una comunicazione gentile', dove gentile sta certamente come invito ad abbassare i toni tornando al garbo della conversazione faccia a faccia e al rispetto degli interlocutori, ma sta anche e soprattutto come richiamo alla gens cui tutti apparteniamo, alla nostra unica famiglia, la specie umana, che, sola fra tutte le specie, attraverso la comunicazione può pensare se stessa oltre il presente, in continuità con le generazioni passate e con lo sguardo aperto sulle future. Una possibilità straordinaria e preziosa, e ora fragile più che mai nelle nostre mani.
Siamo entrati nella nuova era della civiltà digitale e stiamo imparando, anche in modo drammatico, come «usarla». La rivoluzione della data economy investe e investirà profondamente la nostra stessa cultura e cambierà - non sempre in meglio - i nostri modi di lavorare, informarci, studiare, muoverci, produrre beni e servizi, creare nuove opere, vendere, comprare, coltivare relazioni personali. Ma non possiamo arrenderci di fronte allo straniamento che si prova tra boom del commercio online e chiusura dei negozi, robotizzazione e caduta dei posti di lavoro, trionfo dei social network e «fine della privacy». La sfida è reagire e «vivere» il cambio dei modelli di vita, di lavoro, di socialità. Mettere la tecnologia al nostro servizio senza esserne sopraffatti, imparare ad affrontare la novità come in passato abbiamo fatto con le altre grandi rivoluzioni scientifiche dalla comparsa delle macchine a vapore, del treno, dell'elettricità, dell'automobile. E per farlo occorre mettere in campo proposte e correttivi concreti che gli autori avanzano in queste pagine ricche di esempi e dati. Un pamphlet provocatorio e costruttivo al tempo stesso su come affrontare la più grande discontinuità nella storia recente dell'uomo.
Come scrive Tito Orlandi nella presentazione del volume, "quello che lo distingue da trattati per alcuni versi similari è il suo essere concepito come esposizione sistematica dei problemi per le persone colte interessate, ma anche e forse soprattutto come manuale ampio ed esauriente rivolto all'insegnamento e all'apprendimento universitario. L'esigenza è oggi sentita, ed è un grande merito che sia stata colmata. Non sta naturalmente a me di illustrare il contenuto e le caratteristiche del libro; tuttavia accennerò, perché mi hanno particolarmente colpito, la trattazione dei due modi di vedere l'informatica umanistica, la quantità di informazioni su siti web e software utili all'utente, l'insistenza sui concetti di base, il coraggio nell'invitare a scegliere software difficili ma seri". Il volume cerca di muoversi tra teoria e prassi, secondo la prospettiva della 'scuola romana' che riconosce appunto in Orlandi il suo ispiratore fondamentale, e di ricondurre lo sviluppo dell'informatica umanistica, e principalmente dell'informatica testuale, a esigenze profondamente radicate nella storia della filologia e della cultura occidentale, dal mondo ellenistico, alle indicizzazioni bibliche medievali, alla filologia 'quantitativa' otto-novecentesca.
Quando uscì nel 1997, Homo videns di Giovanni Sartori suscitò un ampio dibattito sull'onda delle preoccupazioni causate dalla nuova configurazione del sistema mediatico. La televisione aveva realizzato il suo processo di egemonizzazione del contesto comunicativo, mettendo in secondo piano o ai margini gli altri media. Si parlava di videocrazia, di un'invasività della presenza dell'immagine televisiva in grado di condizionare o addirittura cancellare ogni altra esperienza. La radicalità della tesi sartoriana ha suscitato consensi e critiche, ma ancora oggi, a oltre vent'anni di distanza, Homo videns offre spunti di riflessione sui principi a cui le tecniche e le pratiche giornalistiche si ispirano e sulle ricadute che producono sulla società. Da tempo, il grande strumento di comunicazione in grado di incidere sull'opinione pubblica non è più la televisione, ma la Rete. Le riflessioni di Sartori si possono tuttavia estendere ai media che l'hanno sostituita in quel ruolo egemone e pervasivo? Per verificarlo, le analisi esposte in Homo videns sono state qui sottoposte alla rilettura di prestigiosi giornalisti e intellettuali (Luciano Fontana, Peter Gomez, Giuseppe Laterza, Venanzio Postiglione, Barbara Stefanelli, Sergio Romano), che in queste pagine fanno luce sui rapporti tra media e società contemporanea.
Viviamo nell'era del digitale, è un dato di fatto, e gli schermi sono ovunque: in ufficio, a scuola, a casa, nelle nostre tasche. Per dovere o per svago, gli occhi tornano sempre lì. Specie quelli dei più giovani, visto che li usano come principale - se non unico - canale d'intrattenimento. Qualche cifra? In Occidente, i bambini sotto i due anni trascorrono in media tre ore al giorno davanti a un monitor. Tra gli otto e i dodici anni le ore diventano cinque, e salgono a sette tra i tredici e i diciotto. Possibile che un'attività tanto pervasiva non impatti sul loro sviluppo? Per anni ci siamo lasciati cullare dal mito che vedeva nei nativi digitali i fortunati destinatari di un balzo evolutivo, da Homo sapiens a Homo numericus: multitasking, più attento e intuitivo, pronto a cogliere le infinite possibilità offerte dalla Rete. Una visione dorata diffusa anche da media, sedicenti «esperti» e divulgatori non meglio qualificati. Troppo a lungo gli interessi di pochi e l'accondiscendenza di molti ci hanno spinti a ignorare i messaggi allarmati della scienza, proprio come è successo per il tabacco, i cambiamenti climatici e gli alimenti pieni di zuccheri. Sì, perché le ricerche sono ormai concordi: tutto quel tempo passato davanti a uno schermo ha gravi conseguenze su salute, comportamento e capacità intellettuali dei nostri figli. Finalmente, in queste pagine, un neuroscienziato ci presenta i dati per come sono: preoccupanti, e tali da imporre un immediato cambio di rotta.