
Nascere e crescere all'ombra tenace dell'olmo Facchetti è stata per Gianfelice una grande fortuna, ma anche una sfida stimolante e non sempre facile. Ripercorrendo la vita del padre Giacinto, leggenda calcistica e straordinario esempio di integrità, Gianfelice ci mostra che correndo ostinatamente dietro i propri sogni si può costruire una vita esemplare. Scorrono così, in un'emozionante moviola, le immagini del capitano dell'Italia che ha battuto la Germania 4 a 3, i grandi derby con la maglia dell'Inter, le sfide con il russo Cislenko, il magico mondo delle figurine e il calcio eroico di una volta. A Gianfelice tocca anche il compito di difendere il padre dall'attacco del sottobosco calcistico, e lo fa con sanguigna passione di figlio. E mentre i tristi giocolieri del fango svaniscono nel nulla, a stagliarsi esemplare all'orizzonte resta solo il gigante Facchetti, con il suo tronco tenace e il suo sorriso gentile protetto da una chioma sempre perfettamente pettinata. Perché si arrivi a segnare, la palla bisogna passarsela: questo libro è un lungo assist tra un padre e un figlio e tra il figlio e i lettori. Il pallone che ci arriva è fatto di dignità, coscienza e lealtà, resistenza e pudore. Tocca a noi, adesso, saperlo giocare; per poi, un giorno, ripassarlo.
"Mirador" non è una semplice biografia di Irène Némirovsky. È la scrittrice stessa che, attraverso la voce della figlia, Élisabeth Gille, ci racconta in prima persona di sé e della propria vita. E rievoca con accenti intimi e originali la Russia lacerata e suggestiva dell'infanzia e dell'adolescenza. Poi, dopo l'esilio seguito alla Rivoluzione d'Ottobre, sono la Francia e Parigi lo scenario in cui Irene spicca il volo e diventa famosa. Infine la provincia francese è il teatro che vede svolgersi l'ultimo atto della sua esistenza, che è anche l'ultimo atto di una borghesia colta ma incapace di cogliere i segni premonitori della tragedia che si sta abbattendo sull'Europa e che troppo tardi si accorge della furia che travolgerà milioni di persone, come la stessa Irène, deportata nel 1942 ad Auschwitz, dove morì di tifo un mese dopo. "Mirador" è uno sguardo intimo e privilegiato sui suoi legami con il padre e la madre, il marito e le figlie, la fatica della continua fuga fino alla drammatica fine. Numerosi sono i nodi affrontati - la fama e le sue illusioni, il giudaismo e la Shoah -, ma è il tema fondamentale della vita familiare e della maternità a dominare la narrazione. Il rapporto tormentato, seppur breve, tra Elisabeth e la madre Irène è il filo rosso che lega ogni vicenda di questo racconto... Prefazione e intervista di René de Ceccatty.
"C'era una donna quindici secoli fa ad Alessandria d'Egitto il cui nome era Ipazia." Fu matematica e astronoma, sapiente filosofa, influente politica, sfrontata e carismatica maestra di pensiero e di comportamento. Fu bellissima e amata dai suoi discepoli, pur respingendoli sempre. Fu fonte di scandalo e oracolo di moderazione. La sua femminile eminenza accese l'invidia del vescovo Cirillo, che ne provocò la morte, e la fantasia di poeti e scrittori di tutti i tempi, che la fecero rivivere. Fu celebrata e idealizzata, ma anche mistificata e fraintesa. Della sua vita si è detto di tutto, ma ancora di più della sua morte. Fu aggredita, denudata, dilaniata. Il suo corpo fu smembrato e bruciato sul rogo. A farlo furono fanatici esponenti di quella che da poco era diventata la religione di stato nell'impero romano bizantino: il cristianesimo. Perché? Con rigore filologico e storiografico e grande abilità narrativa, Silvia Ronchey ricostruisce in tutti i suoi aspetti l'avventura esistenziale e intellettuale di Ipazia, inserendola nella realtà culturale e sociale del mondo tardoantico, sullo sfondo del tumultuoso passaggio di consegne tra il paganesimo e il cristianesimo. Partendo dalle testimonianze antiche, l'autrice ci restituisce la vera immagine di questa donna che mai dall'antichità ha smesso di far parlare di sé e di proiettare la luce del suo martirio sulle battaglie ideologiche, religiose e letterarie di ogni tempo e orientamento.
Come ha potuto quest'ebrea di appena ventisette anni, resistere dentro ai campi di concentramento alla violenza che abbrutisce e uccide? Il saggio chiarisce i successivi momenti di questo cammino di costruzione di sé: gli incontri, le amicizie, le letture e le prove attraverso cui è maturato fino a sciogliersi in un inno di lode alla vita.
Questa non è una normale biografia, ma nemmeno una semplice guida geografica. È entrambe le cose: una sorta di "pedinamento storico" sulle tracce di Indro Montanelli, un'inedita caccia all'uomo condotta attraversando i decenni e i continenti. I luoghi di Indro Montanelli tracciano il cammino della nostra storia recente. È un lungo viaggio a ritroso, alla scoperta di vicende dimenticate e antiche foto ingiallite. Roma, Milano, Firenze e Parigi, ma anche Fucecchio, New York e Addis Abeba: ogni luogo ha la sua storia, e questo libro ce le racconta tutte.
Interamente dedicato a Edward Goldsmith, fondatore dell'Ecologist e figura primaria nel panorama ecologista mondiale, deceduto lo scorso agosto, il volume contiene una raccolta di riflessioni uscite scritte nei giorni successivi alla sua morte dai collaboratori più stretti e dagli amici più intimi, come Vandana Shiva, Jerry Mander, Alain De Benoist, Paul Craig Roberts, Peter Bunyard ecc.
"Eugenio Garin oggi deve essere considerato, oltre che come un classico della storiografia, come un testimone, e una 'fonte', di un'epoca che va riconsiderata in termini nuovi, al di là delle prospettive illuminate nei suoi stessi lavori". Michele Ciliberto - che ne è stato prima allievo e assistente, poi successore all'Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento e alla Scuola Normale Superiore di Pisa - delinea un profilo originale di Garin intrecciando tematiche filosofiche con aspetti della sua personalità. In particolar modo si sofferma sull'interpretazione del Rinascimento, la posizione nei confronti delle grandi correnti filosofiche e politiche del Novecento e la sua vocazione di maestro. L'itinerario intellettuale di Garin emerge così in tutta la sua complessità, dalla philosophie de l'esprit giovanile al rapporto con Gramsci, fino ai lavori degli ultimi anni in cui dominano motivi di tipo nichilistico. In queste pagine, Michele Ciliberto ha scelto di valorizzare in primo luogo i testi di Garin meno noti, se non addirittura usciti dalla circolazione, come è avvenuto alla gran parte dei lavori pubblicati dalla seconda metà degli anni Trenta fino alla seconda metà degli anni Quaranta. Ciliberto indaga l'opera gariniana anche alla luce di nuovi materiali depositati nell'Archivio Garin della Scuola Normale Superiore di Pisa, dove sono raccolti circa 20mila fra lettere e documenti dagli anni '30 fino agli inizi del 2000.
Nell'immagine di Céline convivono due opposte fisionomie, l'autore di grandi romanzi come "Viaggio al termine della notte" o "Morte a credito" e il pornografo antisemita di "Bagatelle per un massacro". Fuggito nel '44, arrestato e recluso in Danimarca per collaborazionismo, poi amnistiato, Celine torna in Francia nel 1951 rintanandosi a Meudon, nella banlieu a ovest di Parigi. In un villino diroccato sopravvive con sua moglie Lucette, la ballerina, e un'arca di animali domestici (cani, gatti, un pappagallo di nome Coco) che alleviano la sua clausura di misantropo, quando lo va a trovare Robert Poulet, lo scrittore belga che diviene il testimone oculare della sua ultima parabola. Per la prima e unica volta, Céline si racconta e mette a nudo la propria esistenza, la giovinezza avventurosa, la professione medica, i libri, le amicizie, gli amori, i segreti della scrittura, i trascorsi dell'autore di successo come dell'uomo messo al bando dalla società civile. Alternando in presa diretta gli spettri di una vita davvero inimitabile e le invenzioni di un immaginario deragliante, "Il mio amico Céline" corrisponde a un'autobiografia scritta per procura e ritorna come il testamento di uno dei più grandi letterati del Novecento.
Mario Meunier in Apollonio di Tiana ha voluto rendere accessibile e fare rivivere con lo stesso spirito della sua pia leggenda, la curiosa e attraente figura di uno degli ultimi rappresentanti della sapienza antica e dell’ascetismo aristocratico e mistico del saggio di Samo, Pitagora. La storia della vita, dei viaggi e dei prodigi di Apollonio di Tiana ci è giunta soprattutto attraverso il racconto, in otto libri, che ci ha lasciato Filostrato (III secolo d.C.). La Vita di Apollonio sembra essere stata composta per incarnare in un uomo un ascetismo rigoroso, rari doni di chiaroveggenza, di guarigione e di divinazione, l’ideale stesso che ci si faceva allora di un pitagorico. Filostrato, in effetti, ha rappresentato il saggio di Tiana come l’erede della dottrina, della regola di vita e della scienza taumaturgica e mistica del divino Pitagora. Malgrado tutti i suoi difetti, il romanzo filosofico o, per essere più esatti, la vita romanzata di Apollonio di Tiana scritta da Filostrato, getta dunque la più viva luce sui costumi, le idee, le credenze di un secolo interessante; costituisce un documento di prim’ordine sull’ideale che si facevano, all’inizio del III secolo, del saggio e del santo le anime e i circoli che aspettavano la loro salvezza da un paganesimo purificato, da una rigenerazione spirituale delle tradizioni pitagoriche e da una comprensione più filosofica e più corretta delle dottrine, dei miti e dei riti delle religioni del passato. “L’anima è immortale; essa non ti appartiene, ma appartiene alla Provvidenza. Quando il corpo si è estinto, come un cavallo da corsa rapidamente liberato dai suoi legami, essa si slancia facilmente e sale a mischiarsi con l'aria pura e leggera, fuggendo dalla sua pesante e triste servitù. Il bene che questa sorte deve riservarti, tu lo conoscerai quando non ci sarai più. Perché allora cercare di saperlo, finché ti annoveri nel numero dei viventi?”
Asia Bibi vive con il marito Ashiq e i cinque figli in un piccolo villaggio del Punjab, una regione del Pakistan orientale. È analfabeta, ma determinata a garantire ai suoi figli un futuro migliore, permettendo loro di studiare. Per questo, insieme al marito accetta di svolgere lavori umili e pesanti, E proprio mentre fatica con altre donne, stanca e assetata, Asia raggiunge il pozzo vicino, vi cala il secchio e riempie un bicchiere, dal quale beve a grandi sorsi un po' d'acqua fresca. Ma, inaspettatamente, quel gesto banale scatena l'ira delle sue compagne: lei, cristiana, ha osato contaminare l'acqua che spetta di diritto alle donne musulmane. Nel litigio che si scatena, d'improvviso esplode un insulto: "Blasfema!". In Pakistan, un'accusa simile significa morte certa e il destino di Asia è segnato. Il 14 giugno 2009 la donna viene incarcerata e, nel giro di un mese, un tribunale la condanna all'impiccagione per aver offeso il profeta Maometto. La sua vicenda diviene presto di interesse pubblico: alcuni ministri e politici pakistani si impegnano per farle ottenere la grazia ma pagano con la vita il loro tentativo, assassinati da estremisti islamici, mentre papa Benedetto XVI lancia un appello per la sua liberazione. In questi terribili due anni Asia progressivamente acquisisce una consapevolezza nuova, perché si rende conto di essere ormai un simbolo per tutti coloro che in Pakistan e nel mondo intero lottano contro la violenza esercitata in nome della religione.

