
Non ci sarà forse qualcuno che crede ancora alle definizioni del vecchio catechismo? O che le vicende narrate nei Vangeli siano fatti reali? O che l'obbedienza all'autorità di un incolto valga più delle sottili diagnosi di un intellettuale? Nella brillante Parigi del 1910 gli uomini di cultura potevano ammettere che il cristianesimo fosse seguito da popolane attaccate alla tradizione, o da fanciulle in crisi adolescenziale, ma che lo abbracciasse il giovane dal mai rinnegato passato socialista, il tenace editore di una rivista piccola ma di altissima levatura, lo scrittore candidato al più prestigioso premio letterario della capitale, Charles Péguy insomma, era troppo. Bisognava rimettere le cose al loro posto, magari con una recensione critica del Mistero della carità di Giovanna d'Arco. Quegli intellettuali non immaginavano con quanta forza Péguy avrebbe reagito per difendere la sua fede. E la forza delle pagine di questo cahier, finora inedito in italiano.
Il matrimonio, a partire dal linguaggio del corpo che esso contiene, costituisce la base creaturale per avvicinarsi a tutti i sacramenti. La sacramentalità del matrimonio, infatti, è la chiara testimonianza che i sacramenti cristiani toccano la carne concreta delle persone, accompagnano il loro percorso vitale e si mettono al servizio del bene comune, dando forma alla vita in società. Partendo da questa feconda intuizione, il presente volume intende illuminare l'insieme dell'economia sacramentaria.
Da tempo si stanno diffondendo varie modalità di avere un figlio che prescindono dalla relazione fra due genitori naturali, mediante tecniche di laboratorio che combinano i gameti maschili e femminili ricevuti da varie persone. Ci si chiede allora: in queste condizioni, chi o che cosa genera un figlio? Chi è 'genitore'? Lo è chi dona il materiale biologico, o lo sono i tecnici del laboratorio, o chi si assume il compito di prendere con sé e allevare il nascituro? La risposta, dice Donati, deve essere data dal punto di vista del figlio, e non solo dal lato della genitorialità. L'identità personale del figlio giace nella relazione fra coloro che lo hanno generato. Chi genera non sono gli individui come tali; chi genera è la loro relazione. Questo è il punto che bisogna comprendere. Ciò che qualifica come umana la generazione di un figlio è la struttura uomo-donna e la qualità intersoggettiva di quella relazione.
Carlo Maria Martini ci offre un'intensa catechesi sui sacramenti per cogliere la relazione tra i diversi modi con cui Dio si comunica all'uomo. Attingendo sempre alla ricchezza della Parola di Dio, il Cardinale spiega il significato e il valore di questi gesti che la Chiesa compie e che rendono presente e operante la grazia di Dio nei passaggi fondamentali della vita. Con un linguaggio molto semplice le sue parole arrivano dritte al cuore e possono rappresentare uno spunto utile per una catechesi parrocchiale, per la meditazione personale o anche per un primo approccio alla religione cristiana e ai suoi riti. Segue poi una bellissima meditazione sulla preghiera: «Ciascuno di noi - dice Martini - ha una propria, irripetibile situazione di preghiera; irripetibile non soltanto perché è "mia", di me come persona diversa da un'altra, ma anche perché è mia in questo momento e quindi è anche irripetibile nel tempo».
«Accade talvolta che il cristianesimo venga assimilato ai miti e considerato un relitto del passato, destinato a scomparire con il tempo; è parso allora bene a me, povero cristiano, di esporre per ordine il racconto della fede: la memoria, la promessa, la legge con cui la fede dà forma all' esperienza dell'uomo. Spero di testimoniare così che il vangelo di Cristo è uno stimolo a vivere umanamente, non un impedimento; che provoca ad aprirsi agli altri con fiducia, non a chiudersi nella torre d'avorio delle proprie convinzioni; che sollecita ad amare e non odiare, a perdonare e non a vendicarsi, ad accettare lealmente la verità così come s'impone alla ragione e non a deformarla per paura o per interesse».
Il pontificato di Francesco ha comportato diverse novità sul piano linguistico, pastorale e dottrinale, suscitando per lo più simpatia, entusiasmo e consenso, ma anche, in misura notevolmente minore, attendismo, riserva e dissenso. Sul terreno etico, per esempio, non siamo di fronte a una «nuova morale», ma più propriamente a nuove accentuazioni prospettiche poste su contenuti non certo negati in passato, ma non adeguatamente sottolineati e valorizzati come avviene ora. Questo discernimento selettivo, che si rifà a consolidate pratiche ecclesiali, costituisce la singolarità e la novità del servizio che Francesco offre oggi alla Chiesa, coinvolgendo radicalmente la sua specifica responsabilità pastorale in una lettura autorevole sia del «nostro tempo», sia della realtà ecclesiale. In questo contesto la riflessione teologico-morale è ripetutamente invitata a modularsi secondo la specifica prospettiva proposta dal pontefice. Attraverso un'analisi delle motivazioni e delle argomentazioni, il libro si propone di cogliere gli orientamenti complessivi del pontificato «francescano» sullo specifico terreno della riflessione etica.
«La scelta della vocazione monastica comporta che il bene che ci sarà dato di compiere non consisterà tanto in opere caritative, quanto piuttosto nel sacrificio della nostra vita, nella preghiera gratuita, nell' offerta di noi stessi. Tutto il monastero è da trattare come i vasi sacri dell'altare, perché tutto appartiene al Signore; noi stessi diventiamo un bene nelle mani di Dio, siamo come l'obolo della vedova gettato nel tesoro comune e la nostra vita deve essere un culto continuo a Dio, un'offerta generosa e gratuita, lieta e riconoscente».
Ci sono cose che abbiamo sempre sotto gli occhi, ma il loro valore si rivela solo quando le perdiamo. Quando tocchiamo con mano l'evaporare progressivo del senso di comunità. Di fronte ai terremoti e alle catastrofi naturali ci interroghiamo su Dio, ma dovremmo chiederci dov'è l'uomo, in che modo si confronta con la sua fragilità e dove si è rifugiata la sua responsabilità. Anche Dio, del resto, è fragile, debole e indifeso. Perché ama. E l'amore rende vulnerabili. Il Dio debole è il Dio crocifisso che costituisce, insieme alla risurrezione, il cuore della rivelazione cristiana.
La caratteristica di Armida Barelli, come ricordava padre Agostino Gemelli, è stata la fede; una fede semplice e audace, autentica e confidente, forte e tenera, capace di dare forma a tutta la sua vita ricca di opere, di incontri, di viaggi, di iniziative creative, di gioie e di dolori. La sua preghiera è quella di una donna appassionata, che segue il Signore vivendo nel mondo e che, per questo, impara a contemplare la presenza di Dio nei solchi della storia, nelle vicende della sua vita, del suo paese, della Chiesa. Le sue parole possono aiutare anche noi a pregare, vivendo da cristiani nel tempo che Dio oggi ci dona.
Questo libro, della collaudata collana «Cattedra del Confronto», affronta tre delle emozioni che più sembrano caratterizzare il nostro tempo. La paura - sociale, religiosa, etnica, affettiva - la rabbia - quotidiana, politica, televisiva, lavorativa - e lo stupore - che troppo spesso è sconcerto o semplice fascinazione. Attorno a queste tre, e ai legami che creano e distruggono, si confrontano gli autori di questo libro. Sono prospettive e voci differenti: lo psicanalista Luigi Zoja si confronta con la biblista Rosanna Virgili sulla paura, madre di tante emozioni e azioni; lo scrittore Paolo Nori ci provoca sulla rabbia, faccia a faccia con lo psicologo-teologo Stefano Federici che ci ricorda che l'ira è perfino divina; il filosofo Silvano Petrosino s'interroga sullo stupore e sulla bellezza incrociando la storica dell'arte e direttrice di Religion Today Katia Malatesta. «Le nostre relazioni con gli altri sono segnate dalle emozioni. L'incontro con l'altro non è mai semplicemente neutro. Gli altri si odiano o si amano, ci odiano o ci amano, ma la gamma delle emozioni è sterminata: gli altri possono essere noiosi, affascinanti, imbarazzanti, spaventosi, accoglienti, fastidiosi o rabbiosi, esasperanti o esasperati, inermi, divertenti, ingombranti, leziosi» (dall'introduzione di Andrea Decarli)
Il presente volume contiene i documenti della Congregazione per la Dottrina della Fede circa le Commissioni Dottrinali: l'Istruzione del 23 febbraio 1967 sulla necessità di istituire le Commissioni Dottrinali presso le Conferenze Episcopali, i Suggerimenti inviati il 10 luglio 1968 ai Presidenti delle Conferenze Episcopali per migliorare il servizio delle Commissioni Dottrinali e la Lettera del 23 novembre 1990 ai Presidenti delle Conferenze Episcopali, con la quale la Congregazione ha richiamato e precisato alcuni aspetti importanti in merito alla composizione e al funzionamento delle Commissioni Dottrinali. Nella seconda e terza parte del volume sono raccolte alcune conferenze di esperti centrate sul tema delle Commissioni Dottrinali e il rapporto conclusivo pubblicato al termine degli incontri tra i Superiori della Congregazione per la Dottrina della Fede e i Presidenti delle Commissioni Dottrinali di alcune Conferenze Episcopali.
La storia cristiana è la storia di coloro che hanno accolto l'invito a seguire Cristo secondo una molteplicità di applicazioni che testimonia della grande creatività della vocazione cristiana. Hanno avuto così origine gli ordini religiosi, le congregazioni, le associazioni, gli istituti, le confraternite. Tuttavia l'accelerazione temporale, tipica della nostra epoca, ha fatto emergere la relatività delle applicazioni rispetto alla centralità della vocazione. Ma come incarnare la vocazione cristiana ai nostri giorni? Il grande teologo svizzero Hans Urs von Balthasar ha cercato di rispondere con la vita e le opere (di cui la presente rappresenta la riflessione più matura) a questo interrogativo. Per Balthasar le forme, o stati di vita cristiana, sono sostanzialmente due: quella del cristiano chiamato alla santità nella vita familiare e quella della particolare sequela secondo i consigli di povertà, castità e obbedienza. In un periodo in cui la riflessione sulla vita cristiana e religiosa si limita molte volte all'impegno sociale o alla veste da indossare, un'opera che va al cuore della vocazione cristiana.