
I due autori navigano nel mare, piuttosto agitato, dei «disagi dell’anima», affrontando una serie di malesseri allarmanti.
Don Silvio Zonin – parroco, docente di teologia liturgica e da qualche anno «ministro della consolazione» nella diocesi di Verona – racconta le prime scoperte che un prete post-conciliare fa addentrandosi nel mondo sconosciuto dell’esorcismo, un ministero a cui si fa sempre più ricorso e richiede impegno e competenze poliedriche. L’autore lo inquadra anzitutto in una concreta storia e tradizione e lo rivede alla luce della prassi liturgica della Chiesa. Questo permette il ridimensionamento di un’antropologia eccessivamente dualistica e la correzione di una religiosità segnata da un certo razionalismo, con la conseguente riscoperta del valore della Parola e dell’esperienza sacramentale.
Alberto D’Auria – psicologo, psicoterapeuta e consulente educativo – offre la sua competenza maturata in anni di professione e di collaborazione con il «ministero della consolazione». Nel suo contributo affronta aspetti ormai indispensabili anche nella pastorale ordinaria, quali: la relazione interpersonale tra operatore e «paziente», la comunicazione con le sue diverse componenti, la necessità dell’ascolto attivo e dell’empatia, le tecniche e la struttura del colloquio, l’accompagnamento nel proseguo della vita interiore e la direzione spirituale, in vista di un cammino costante di riconciliazione con se stessi, con gli altri e con Dio.
Una meditazione sulla sofferenza chiude questo lavoro, che viene messo a disposizione di quanti sono attenti e impegnati, in diversi modi, nel difficile compito di curare i disagi dell’anima.
E se tra noi esistessero le presenze silenziose dei defunti?
La paura che i morti possano tornare a tormentare i vivi ha ossessionato gli uomini dagli albori della civiltà, portando alla creazione di rituali, cerimonie e scongiuri. Secondo le credenze popolari, le anime inquiete dei defunti, che infestano luoghi o perseguitano gli sventurati che si imbattono in loro, hanno di solito una morte violenta o prematura alle spalle. Secondo alcune tradizioni sarebbero stati sepolti in modo inadeguato o dovrebbero scontare le colpe di cui si sono macchiati in vita. Si tratta delle cosiddette anime erranti o vaganti, note anche come «presenze» o «fantasmi». Esiste una tradizione millenaria che affonda le proprie radici nell’animismo e nello sciamanesimo che tramanda una realtà completamente diversa da quella a cui l’uomo occidentale crede e che è stata rielaborata anche dall’ebraismo, dall’islamismo e dal cattolicesimo.
Il libro, unico nel suo genere, ricostruisce da un punto di vista antropologico e storico-religioso questo fenomeno delicato e controverso, partendo dall’animismo e arrivando ad analizzare l’esistenza di spiriti intermedi e delle anime vaganti nei tre monoteismi. Un’ampia parte è dedicata al dibattito teologico tra sacerdoti ed esorcisti cattolici, in particolare tra esorcisti «possibilisti» e «negazionisti».
Difendere e promuovere la legge e il diritto naturale senza riconoscere l'autore della legge naturale è impossibile, come è impossibile praticare la legge naturale senza amarne l'autore, anche perché è la stessa legge naturale a condurre l'uomo a Dio.
Considerato unanimemente figura normativa di vita spirituale, quello che i contemporanei chiamarono "Meister", ovvero maestro, per eccellenza, il domenicano tedesco Eckhart (1260-1327 ca.) porta a compimento la grande lezione dei filosofi pagani, "che conobbero la verità prima del cristianesimo". La grande lezione è la via del distacco, ovvero dell'abbandono di tutto ciò che è inessenziale, per trovare il nostro vero essere, il "fondo dell'anima", che non è l'ego psicologico particolare, ma l'universale spirito, Dio stesso. Per il cristiano Eckhart, la via del distacco della filosofia antica è quella stessa insegnata dal Cristo: "Chi vuole essere mio discepolo, rinunci a se stesso", e conduce a condividere l'essenza del figlio di Dio, del logos, che nasce nell'anima nostra e la porta a beatitudine infinita. Un insegnamento tanto sconvolgente quanto inconsueto, che non a caso fruttò al Meister l'accusa di eresia e la rimozione, per secoli, dal patrimonio comune del mondo cristiano. Questa antologia, curata da Marco Vannini, traduttore italiano dell'intera opera di Eckhart, offre al lettore un quadro sufficientemente ampio della dottrina del maestro domenicano.
Il testo si presenta come un possibile percorso, attraverso un dialogo con Paul Beauchamp, che conduce verso una maggiore comprensione di ciò che è stata definita esegesi esistenziale: restituire al lettore la responsabilità e la dignità di interprete, tanto del testo biblico quanto della sua vita. "...Questo lavoro si distingue sia per una accentuata conformità al tenore dell'opera dell'autore amato e studiato, sia per una sorta di pratica diffusa di rendicontazione di una attività in corso, per la quale la denominazione provvisoria di esegesi esistenziale risulta quantomai appropriata non solo per Beauchamp ma per l'autrice stessa. Il lettore italiano che verrà così a contatto con il famoso biblista d'Oltralpe o il giovane studioso che desideri approfondire la conoscenza di un nome o di un commento che ha potuto appena sfiorare e per cui ha provato curiosità, potrà entrare in quell'opera e in quel mondo con immediatezza e con i riferimenti essenziali" (dalla Prefazione di Gian Domenico Cova).
Due dei più noti studiosi italiani di liturgia si interrogano, a partire da prospettive differenti, su chi sia l'uomo della liturgia, su quale affinità esistenziale esista tra l'uomo di oggi e il «fatto» della liturgia cristiana. Queste pagine, nate da conversazioni tenute a giovani universitari, offrono ad ogni lettore interessato e in ricerca un'introduzione chiara e autorevole alla liturgia e alla ricchezza antropologica di cui essa è maestra.
I cinque anni trascorsi dalle due prime edizioni di questo trattato (2012) hanno visto la crescente egemonia culturale esercitata dalla falsa teologia dialettica sulla cultura cattolica e anche sul linguaggio di alcuni documenti del Magistero.
Ciò ha reso ancora più necessaria la critica epistemologica che qui viene condotta, senza pregiudizi ideologici e con estremo rigore scientifico, per dimostrare come siano teologicamente infondate tutte quelle ri-formulazioni della fede cristiana che, per motivi meramente pragmatici, mettono da parte la logica del realismo metafisico e assumono come esclusivo paradigma l’immanentismo storicistico della filosofia religiosa di Kant, di Hegel, di Schelling, di Kierkegaard, di Heidegger.
In questa terza edizione del trattato viene messo anche in evidenza come la falsa teologia cattolica abbia incautamente recepito l’immanentismo e lo storicismo di quei sistemi filosofici attraverso il diretto influsso da essi esercitato sui maggiori teologi protestanti del Novecento (Paul Tillich, Karl Barth e Rudolf Bultmann).
"Il 'beato' cristiano è colui che leva lo sguardo verso l'alto, verso l'eterno e l'infinito e ascolta un messaggio controcorrente, sconcertante e fin provocatorio. Poveri, sofferenti, miti, affamati e assetati, misericordiosi, puri, artefici di pace, perseguitati sono convocati da Cristo come suoi discepoli, chiamati a edificare quel Regno di Dio da cui sono esclusi coloro che conoscono solo la frenesia del piacere, del potere e del possesso." È questo il contenuto rivoluzionario delle Beatitudini, nucleo centrale della "buona novella", paradosso che sconvolge le fragili certezze del senso comune. Un affascinante "mondo alla rovescia" in cui si addentra il cardinale Gianfranco Ravasi, partendo da una rigorosa analisi del testo originale, nelle due diverse versioni di Matteo e di Luca. A chi sono destinate le Beatitudini? Come dobbiamo leggerle? In una prospettiva squisitamente religiosa o di emancipazione sociale? L'autore ricorda l'universalità dell'impegno di vita che le parole di Cristo propongono e sottolinea come le legittime istanze di giustizia terrena che evocano vadano ricondotte a una visione d'insieme trascendente. La dimensione antropologico-sociale non può prescindere, quindi, da quella teologico-spirituale. Seguendo queste coordinate, Ravasi esplora i più suggestivi sentieri dello spirito, cercando le tracce delle Beatitudini già tra le righe dell'Antico Testamento, e proponendo uno stimolante confronto con le Beatitudini ebraiche.
Il discorso sulla Chiesa è sempre attuale, sia quanto alle sue origini, sia quanto alla sua natura, sia quanto alla sua esistenza... Questa "Sintesi" aiuta a mettere a fuoco le delicate questioni che riguardano la Chiesa (natura, fondamenti, struttura, uffici, caratteristiche, ecc.), con particolare riferimento al documento conciliare Lumen Gentium.
Come trasmettere la saggezza accumulata durante tutta una vita? Come assicurarsi che un'opera valida sia continuata e non tralasciata, poi abbandonata e consegnata all'oblio? Il problema di ciò che sopravvive alla nostra scomparsa e si trasmette da una generazione all'altra è ancora più acuto nel caso della successione di un fondatore. La posta in gioco è elevata poiché il futuro di tutta la catena dipende dalla solidità del primo anello. Przemyslaw Adam Wisniewski affronta il problema in un campo ben preciso della letteratura veterotestamentaria, il sacerdozio, un'istituzione che cresce d'importanza soprattutto quando scompare la monarchia e la speranza della sua restaurazione. Interrogarsi sulla successione di Aronne significa pertanto porre una domanda fondamentale a proposito del sacerdozio nell'Antico Testamento. Il libro si legge come un vero giallo. In effetti, tutto sembrava indicare che la successione di Aronne dovesse svolgersi secondo copione. Il racconto dell'Esodo lascia presagire che i successori di Aronne saranno i suoi figli, nell'ordine di nascita: il primogenito Nadab con il secondogenito Abiu. Accade, però, un evento inaspettato: la misteriosa sparizione dei due eredi predestinati alla successione. Muoiono entrambi, bruciati dal fuoco dell'altare mentre offrono incenso a Yhwh. È stato un semplice incidente? O il racconto prova a coprire, anzi, giustificare il loro allontanamento? Chi approfitta di questa scomparsa? E perché il successore di Aronne diventa il terzogenito Eleazaro? Dopo un'inchiesta minuziosa, Przemyslaw Adam Wisniewski riesce a dipanare la matassa di un caso intrigante.
«Ciò che è umanamente impossibile, è possibile altrimenti».Un filo rosso collega tre capolavori del Quattrocento: due Madonne Annunciate di Antonello da Messina, oggi conservate a Monaco di Baviera e a Palermo, e un compianto in terracotta di Niccolò dell'Arca custodito in una chiesa di Bologna. Il raccoglimento delle due Annunciate esprime visivamente che Maria si è lasciata coinvolgere nell' annuncio, mentre l'annuncio si è compiuto in lei. Nel Compianto sul Cristo morto, invece, i visi delle pie donne, il loro protendersi verso il cadavere e le mani annodate della Madonna dicono che tutti reputano inappellabile la morte del Maestro e non sperano più in nulla, non sperano più in lui. Fino alla scoperta che l'annuncio per antonomasia è quello della risurrezione.
Atti del XIX Convegno di Studi Veterotestamentari (Napoli, 7-9 Settembre 2015).