
È il Nemico supremo, che minaccia il cosmo, la cristianità, il Signore stesso. Preannunciato nelle Lettere di Giovanni e incastonato nella Trinità del Male dell'Apocalisse, è «inventato» da Ireneo, Ippolito, Tertulliano e Origene. Poi, dilaga nell'immaginazione del Medioevo. Questo terzo e ultimo volume completa la serie dedicata a quella che è forse la leggenda più grande dell'Occidente medievale: il Figlio della perdizione, colui che precede la seconda venuta di Cristo alla fine dei tempi. I secoli dal XIII al XV vogliono fare «scienza» del suo avvento. Pietro d'Ailly, per esempio, predica la concordanza quasi perfetta di astronomia e storia, elaborando un calcolo complesso per collocare la venuta dell'Anticristo attorno all'anno 1789 - quello della Rivoluzione francese - e sostenere che «a quei tempi secondo gli astronomi ci sarà un cambiamento di religione, e secondo loro dopo Maometto ci sarà qualcuno potente che stabilirà una legislazione vergognosa e fondata sulla magia, perciò si può credere con verosimile probabilità che dopo la religione di Maometto non ne arriverà nessun'altra, se non la legge dell'Anticristo». Chi è, infatti, l'Anticristo per gli studiosi del tardo Medioevo? È un eretico, un giudeo, un musulmano? O, addirittura, il papa di Roma, come suggeriscono tra gli altri Pietro di Giovanni Olivi e Ubertino da Casale, nonché l'inglese John Wyclif? Per scoprirlo, il Medioevo mette in campo tutta la sua scienza. Da un lato, decide che l'Anticristo è già nato. Dall'altro, cerca di costruirne la biografia, e impiega l'esegesi biblica (cioè la «scienza» della Bibbia) e la «scienza» astrologica per discuterne l'avvento. Così, Bernardino da Siena inscena, a partire dalla bolla «Exiit qui seminat» di Niccolò III, e dall'Apocalisse, un grandioso «concilio dei diavoli convocato da Lucifero in persona», in cui Ammone, il Diavolo dello sterminio, Belzebù e Asmodeo gli riferiscono «su quanto stanno mettendo in opera per preparare la venuta dell'Anticristo». Asmodeo viene poi incaricato di recarsi in paradiso a chiedere giustizia. Mentre Ruggero Bacone raccomanda l'uso della matematica per determinare il quando, il dove e il come l'Anticristo sorgerà. Abbiamo dunque sotto gli occhi un libro affascinante, che presenta gli incubi del Medioevo con chiarezza esemplare.
Cos'è il cristianesimo? «Non è un accessorio per il nostro stile di vita o un po' di collante sociale - risponde Timothy Radcliffe in questo libro -. È la pazza follia di essere raggiunti da un amore infinito. Senno, non è niente». Paradossalmente, questo spesso viene travisato della fede cristiana: la si pensa come un insieme di precetti morali, quando invece costituisce l'annuncio della bontà di Dio per ogni persona. A questo, del resto, tendono i fondamentalismi e i populismi: operare una riduzione del fatto cristiano a scopo politico. In queste pagine, dense di sapienza e di un confronto appassionato con la cultura, Radcliffe ci conduce al cuore della verità cristiana. In questo viaggio raggiungiamo una vetta da due strade diverse, complementari ma non alternative: quella della verità e quella del dialogo. L'autore ci presenta modelli di proclamazione del vero come Oscar Romero; ci fa conoscere testimoni di quell'approccio che esalta la differenza: un nome fra i tanti, Pierre Claverie. E se «la rivelazione è un avvenimento, una cosa che accade», ai cristiani tocca testimoniarla nella gioia, il tratto distintivo di chi ha conosciuto Gesù: «Se il XXI secolo sarà più laico del precedente, allora la gioia sarà la prima cosa che la gente dovrà vedere in noi e in tutti coloro che annunciano il vangelo».
"Quando si apre questo volume, il terzo della collana dei Quaderni dell'Istituto Superiore di Catechesi e Spiritualità Missionaria, si ha come l'impressione di essere presi per mano e condotti pian piano, attraverso la lettura dei diversi contributi che lo compongono, a comprendere il significato più pieno dell'espressione che ne costituisce il titolo: Spiritualità missionaria." (dalla Premessa della prof.ssa Mary Melone)
«La Chiesa non può essere se stessa senza la donna e il suo ruolo. La donna per la Chiesa è imprescindibile». Papa Francesco con queste parole fotografa bene la realtà: sono le donne che tengono in piedi la Chiesa, attraverso le più varie forme di partecipazione e impegno. Un esempio? I catechisti: in Italia l'8o per cento è femmina. Eppure, che siano religiose impegnate in parrocchia, laiche attive negli oratori o docenti negli istituti teologici, nella pratica delle realtà ecclesiali si scontrano quotidianamente con difficoltà, incomprensioni, disparità di trattamento. Ma loro come reagiscono? Che cosa pensano davvero, magari senza dirlo perché nessuno glielo chiede? Quindici donne attive nella Chiesa qui si confessano, qualche volta con critiche anche sferzanti nei confronti di una certa mentalità clericale, in altri casi offrendo idee utili al cambiamento, sempre con l'intento di valorizzare il meglio di una Chiesa alla cui verità e bellezza tutte tengono senza infingimenti né tornaconti. A loro la parola: ascoltiamole.
Nella Scrittura tanti sono i cercatori di Dio e tra questi Mosè, che all'inizio dell'esodo chiede a Dio di mostrargli la sua Gloria, il suo volto. Si tratta di un desiderio impossibile che Dio non concede, tuttavia qualcosa gli è dato: «Io ti porrò nella cavità della rupe e ti coprirò con la mano, finché non sarò passato. Poi toglierò la mano e vedrai le mie spalle, ma il mio volto non si può vedere» (Es 33,23). Le «spalle di Dio» sono il sorriso di un amico, l'abbraccio di un bambino, il grido di chi soffre, gli occhi di chi si sente perduto. Le spalle di Dio sono tutto ciò che è stato creato e che rivela bontà e bellezza, capace di affascinare e sorprendere. Le spalle di Dio sono tutto ciò che, per grazia, anche l'uomo ha saputo realizzare nell'arte e nell'ingegno, restituendo pace e armonia. Ripercorrendo l'esperienza spirituale di Mosè, di Elia o della Maddalena, ci potremmo sorprendere anche noi tra i cercatori di oggi, con il dubbio di aver intravisto le sue spalle da qualche parte...
Il Vangelo di Giovanni è Vangelo «simbolico». Come decifrarne il senso profondo? La tunica e la rete sono simboli di un'unità che resiste a tensioni laceratrici. La tunica evoca la morte di Gesù, la rete l'azione di Pietro sul mare di Tiberiade. L'unità degli uomini è opera di Cristo e si attua in una correlazione inestricabile (le maglie della rete), in cui ciascuno ha bisogno dell'altro e tutti dipendono da una chiamata più alta. Nel quarto Vangelo tutto prende luce dalla preghiera di Gesù «perché siano una cosa sola come io e te siamo una cosa sola». Ogni episodio e i diversi simboli evocano una esperienza spirituale, insieme personale e comunitaria, a cui questo commento intende guidare.
«C'è qualcosa di più beato che possiamo fare nei riguardi della Trinità che contemplarla e imitarla: entrare in essa! Noi non possiamo abbracciare l'oceano, ma possiamo entrare in esso; non possiamo abbracciare il mistero della Trinità con la nostra mente, ma possiamo entrare in esso». Queste parole - prese dalla prima delle meditazioni tenute alla Casa Pontificia e qui raccolte - sono la miglior presentazione di questo libretto. Padre Raniero, attingendo alla teologia, alla spiritualità, all'arte, guida il lettore a contemplare e a «entrare» nel mistero della Trinità.
Laici in cammino è una delle principali opere pedagogiche dell’autore, che propone una serie di principi animatori per promuovere l’azione apostolica dei laici. Presenta la condizione del laico, che è quella di mettersi in ascolto dei segni dei tempi. L’autore, più che una visione teorica, propone un’esperienza di vita. Queste pagine, perciò, grondano di verità concrete, di avvenimenti sperimentati, di tentativi e proposte vagliate nel crogiolo della storia. Egli parla di incontri pastorali organizzati e di incontri casuali sull’autobus o sulla metro; parla di grandi ideologie più o meno disumane che andavano affermandosi e di singoli tragici eventi, come il suicidio giovanile; di rivoluzioni sociali e di cura delle minoranze. Se, a volte, qualche argomento può apparire datato e consegnato ai polverosi archivi frequentati dagli studiosi, il contenuto complessivo è di stringente attualità e riguarda la presenza della Chiesa nel mondo e lo stesso destino del mondo (dalla Prefazione del card. Angelo Becciu).
Sono colpito dal talento dell’uomo moderno di deturpare ciò che tocca. Guardiamo lo spazio: le immagini dei pianeti e delle stelle hanno una bellezza mozzafiato. Ogni cosa è al proprio posto. L’ordine dell’universo ispira la pace. Guardiamo il mondo, le montagne, i fiumi, i paesaggi, tutto ispira una serena bellezza. Guardiamo il viso di un bambino che riede di gusto, il viso di un anziano pieno di rughe per l’età. Dio ha plasmato la sua creatura con tanto amore da ispirare sempre una sensazione di nobiltà e bellezza. E poi guardiamo ciò che crea il mondo moderno!
«Alla radice della decadenza dell’Occidente c’è una crisi culturale e identitaria. L’Occidente non sa più chi è perché non sa più, e non vuole sapere, chi lo ha plasmato...».
L’affermazione del cardinale Robert Sarah esprime con precisione l’intenzione del suo terzo libro di conversazioni con Nicolas Diat. La conclusione a cui perviene è semplice e insieme impietosa: il nostro mondo è sull’orlo di un abisso. Crisi della fede e della Chiesa, declino dell’Occidente, relativismo morale, mondialismo sfrenato, capitalismo selvaggio, nuove ideologie, inaridimento della politica, derive da totalitarismo islamista... È necessario tentare una diagnosi senza invocare pretestuose attenuanti. Non si tratta però soltanto di prendere in esame il grande cambiamento cui è andata incontro la nostra epoca: richiamando l’attenzione sulla gravità della situazione che stiamo attraversando, il cardinale dimostra che è possibile evitare l’inferno di un mondo senza Dio, di un mondo senza uomo, di un mondo senza speranza.
In questa ambiziosa meditazione, il cardinale Sarah si impegna senza riserve nell’analisi delle diverse crisi del mondo contemporaneo.
Robert Sarah
Dal cuore dell’Africa al centro della Cristianità: così potremmo riassumere lo straordinario percorso di vita del cardinale Robert Sarah. Ordinato prete nel 1969; consacrato vescovo nel 1979 – il vescovo più giovane del mondo – chia- mato da Giovanni Paolo II nel 2001 a Roma come Segretario della Congre- gazione per l’Evangelizzazione dei Popoli; nominato da Benedetto XVI Presi- dente del Pontificio Consiglio Cor Unum nel 2010 e infine nel 2014 chiamato da Francesco a presiedere il Dicastero vaticano che si occupa della liturgia. Guardando il povero bambino di Ourous, figlio di contadini e attratto dalla vita dei missionari, nessuno poteva immaginare il piano di Dio ma si potrebbe affermare che certo Dio sapeva quel che faceva.
Il commento di Adela Yarbro Collins si distingue per affrontare il vangelo di Marco nell'ottica storico-critica più recente e per il rigore sempre esauriente con cui espone questioni anche controverse, come il rapporto del Marco canonico con il cosiddetto «vangelo segreto di Marco», argomento al quale è dedicato un lungo e documentato excursus. Il secondo volume del commento comporta ulteriori quattro excursus su problematiche fondamentali dell'interpretazione di Marco: il racconto della passione, la Galilea e Gerusalemme nella visuale del vangelo più antico, l'esegesi plurimillenaria del passo in cui si parla del giovane che sfuggì nudo alle mani della masnada inviata ad arrestare Gesù, e infine la risurrezione e la vita ultraterrena nelle culture antiche. L'opera si conclude con utili quanto nutriti indici: dei passi citati, biblici e non, delle parole greche, degli argomenti e degli autori moderni.
Uno dei motivi che spingono oggi ad approfondire il tema del Presbiterato è dato dall'attuale carenza di sacerdoti, che ormai obbliga la Chiesa a trovare delle soluzioni a questo problema. Nel contesto di questi tentativi, uno dei temi che maggiormente attrae l'attenzione degli interessati è il celibato ecclesiastico. Il volume offre uno studio sul significato dato dal Vaticano II al termine "celibato ecclesiastico" e sulla ricchezza dei suoi contenuti. Partendo dalla Costituzione dogmatica sulla Liturgia Sacrosanctum Concilium - il primo documento conciliare -, l'Autore segue lo sviluppo che questo tema ha avuto nel Concilio soprattutto con la Costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen Gentium e il Decreto Presbyterorum Ordinis, l'ultimo atto del Concilio che vi formula in modo organico il suo pensiero sul celibato ecclesiastico, con particolare riferimento al Presbiterato. L'autore sottolinea il grande merito che deve essere attribuito al Concilio Vaticano II nel collegare il celibato sacerdotale a tanti elementi teologici che normalmente vengono trascurati nei dibattiti tra gli interessati al tema, mentre sono essenziali per la retta comprensione del rapporto Presbiterato/celibato.
Lo studio, sviluppato in tre parti, partendo proprio dal "corridoio di Nazareth", rappresenta un contributo volto a tentare di formulare ipotesi che riguardino il luogo che potrebbe aver ospitato, sia pur brevemente, prima la Sindone e, successivamente o contemporaneamente, la santa casa della Theotokos. La presente ricerca intende ricostruire l'antica "Via degli Angeli", posta tra il Ducato di Atene, la Tessaglia e l'Epiro, uno dei quattro itinerari-il terzo,in ordine cronologico-seguito dalla traslazione della santa casa prima del suo arrivo a Loreto. Si pone, inoltre, l'obiettivo di fornire informazioni sul discusso passaggio della Sindone ad Atene, mettendo in evidenza gli elementi fondamentali che accomunano le due reliquie (la Sindone e la santa casa di Loreto). Lo studio fornisce nuovi termini di valutazione al fine di favorire la riflessione e la ricostruzione di possibili vuoti della storia, conoscere le antiche fortezze della Tessaglia, attraverso l'analisi e l'interpretazione degli antichissimi simboli presenti nei monasteri e nelle chiese bizantine dei secoli XII e XIII, tappe fondamentali nell'epopea della famiglia imperiale dei Comneno e, successivamente, degli Angelo Ducas Comneno.