
Le vicende interne della chiesa e le controversie teologiche fino al V secolo
Confessioni di fede e posizioni rifiutate
Selezione di fonti e testi utilizzati nella ricostruzione storica
L'opera è una felice sintesi in due volumi dello sviluppo del pensiero cristiano dei primi cinque secoli: un primo volume sulla chiesa delle origini che alla storia unisce lo sviluppo della riflessione teologica; un secondo volume in cui sono raccolti documenti storici e teologici.
Questo secondo volume dell'opera sulla chiesa delle origini propone una ricca antologia di testi - fonti storiche e teologiche ormai divenute classiche nel mondo universitario - utilizzati da Stuart G. Hall nella ricostruzione dell'evoluzione del cristianesimo dei primi cinque secoli.
Secondo la migliore storiografia, è proprio sulla documentazione storiografica - documenti scritti, autori del tempo, epigrafi, monumenti vari ecc. - che si basano la ricostruzione e l'interpretazione storica, specie quella del lontano passato.
I testi selezionati sono accompagnati da preziose note introduttive.
Roma e i suoi papi sono inscindibilmente legati l’una agli altri da un millenario rapporto di reciproca dipendenza, quasi di amore e odio. È impossibile pensare alla città e alla sua storia, ai suoi splendori e alle sue miserie, senza considerare questa viscerale relazione. Così come, del resto, non sarebbe storicamente coerente ricostruire le molteplici vicende pontificie senza cercarne cause, conseguenze e tracce nell’urbanistica e nella cultura romane. Le pagine di questo volume ripercorrono gli interventi artistici, architettonici e urbanistici promossi da quattordici papi così come i momenti più salienti delle biografie di questi sovrani, politici, costruttori, nepotisti, filosofi, santi, collezionisti, ingordi o frugali personaggi. Un libro che accompagnerà la vostra visita alla città: una guida per seguire tracce e indizi di una Roma segreta e accattivante, modellata dagli interventi papali, che si rivelerà al vostro sguardo curioso mentre la percorrerete.
Tra le storie segrete:
• Il «maggior Piero»: i primi passi di un lungo cammino (30-67)
• Silvestro I, domatore di draghi (314-335)
• Leone I Magno e gli incubi di Attila (440-461)
• Gregorio Magno, monasteri e processioni (590-604)
• Niccolò III Orsini e il Magister Cosmatus (1277- 1280)
• Paolo II Barbo, un ghiotto collezionista (1464-1471)
• Sisto IV Della Rovere e la renovatio urbis (1471-1484)
• Gregorio XIII Boncompagni e la cartografia (1572-1585)
• Alessandro VII Chigi e il «mal della pietra» (1655-1667)
• Pio IX Mastai Ferretti e i lavori pubblici (1846-1878)
• Francesco: da Buenos Aires a Santa Marta (2013 - )
La religione - in particolare il cristianesimo - è sul viale del tramonto? Apparentemente sì. In Occidente, soprattutto in Europa, seminari, chiese e parrocchie si svuotano ogni anno di più. Gli scandali che hanno per protagonista il clero emersi in molte nazioni - i crimini della pedofilia, ma non solo - minano dalle fondamenta la struttura della Chiesa, indebolendo l'eredità millenaria del messaggio di Cristo. Parallelamente, nella società civile si radica e diffonde l'idea secondo la quale chi si dichiara credente e praticante merita la patente di oscurantista e retrogrado. La forza culturale del cristianesimo è dunque messa in discussione da una laicità che sempre più trova nel progresso tecnologico la chiave per rivoluzionare i concetti stessi di vita, verità, civiltà e progresso. Ebbene, questo libro propone una tesi di fondo opposta. Dati alla mano, dimostra che nel mondo le grandi religioni non solo non arretrano, ma avanzano. Nei numeri e nella vita quotidiana di milioni di persone, che di fatto restano credenti - talvolta in modo sorprendente - perfino in Paesi dove la secolarizzazione sembra trionfare. Soprattutto la fede cristiana ha ancora molto da dire agli uomini e alle donne di oggi, anche perché veicola fiducia nella ragione, promuove la pace e la concordia, valorizza l'altruismo, rafforza i legami familiari, propone valori preziosi per la crescita dei giovani. Persino la pandemia non ha eliminato il bisogno di pregare. Ci sono insomma tutte le premesse per immaginare che quello del futuro sarà un mondo religioso.
Poche realtà possono contare su una istituzione così immutabile ma allo stesso tempo sempre efficace come il Conclave, il “luogo chiuso in cui si riuniscono i cardinali per eleggere il Pontefice”. Nel volumetto una breve storia dei Conclavi, alcune curiosità e le norme per eleggere il papa aggiornate all’ultima modifica apportata dal motu proprio di Benedetto XVI “Normas Nonnullas”, firmato il 22 febbraio 2013.
Riprendiamo, con la pubblicazione del presente volume, il cammino dell'Academia Cardinalis Bessarionis, Cultus et lectura Patrum, che si era interrotto per qualche tempo, a causa di inevitabili passaggi strutturali e generazionali.
Nelle terre un tempo bianche le camicie verdi hanno impugnato il crocefisso. In quello che fu il regno della Dc sembra vincere un cristianesimo senza Cristo agitato da un partito che perfino la Chiesa, dopo aspri conflitti, ritiene ormai un legittimo interlocutore.
Perché il Carroccio si espande in quella Italia bianca in cui il cattolicesimo ha sempre avuto un peso rilevante? Perché incontra a lungo una sola resistenza nel territorio: quella della Chiesa? Perché, dopo il periodo neopagano, la Lega riscopre il cristianesimo? Perché oggi Carroccio e vertici ecclesiali sembrano avviati verso strade meno conflittuali?
«Quella tra Lega e Chiesa non è certo una sfida per la salvezza delle anime, quanto per la definizione di un'identità strettamente legata alla religione, a un cattolicesimo che il Carroccio vuole locale e localista e declinato in chiave etnoidentitaria, in antitesi al messaggio universale della Chiesa. Un conflitto che si alimenta anche perché entrambe ambiscono, in maniera diversa, a dare forma a una società locale che di cattolicesimo si è nutrita per secoli e che della religione ha fatto uno strumento di orientamento e di senso.»
Il volume è un piccolo manuale sul tema della presenza dei cattolici nel sociale e nella politica, utilissimo ad esempio nelle scuole di formazione politica dei giovani.
Presenta le figure più rappresentative del cattolicesimo democratico italiano impegnato in politica, mentre gli ultimi due capitoli aprono ad una attenta riflessione sul presente.
Il personaggio di Malachia deve la sua celebrità soprattutto alle profezie sui papi che gli vengono attribuite: una serie di brevi oracoli che descrivono i papi e la successione dei pontificati. - Queste profezie sono attendibili? Malachia è il vero autore o si tratta di un clamoroso falso? - Il libro si focalizza sulla grande riscoperta delle Profezie di Malachia in seguito all’elezione di Papa Francesco e vaglia tutte le documentazioni, fino a formulare interessanti ipotesi sul destino del mondo e della Chiesa.
In Medio Oriente, le crescenti persecuzioni spingono i cristiani a fuggire dalle terre dove il cristianesimo è nato. Nel Maghreb, nell’Africa subsahariana e perfino in Estremo Oriente essi sono ridotti al silenzio e assassinati a migliaia. Il saccheggio di chiese e abitazioni e la profanazione di cimiteri sono all’ordine del giorno, così come crocifissioni, roghi di persone vive, mutilazioni, decapitazioni a colpi di accetta. Poco lontano dai nostri confini contro di loro vengono proclamate fatawa e condanne inesorabili. Tutto ciò accade nel silenzio della comunità internazionale, dimentica del fatto che «la libertà di pensiero, di coscienza e di religione» è sancita dalla Dichiarazione dei diritti dell’Uomo.
Anche gli ebrei e i musulmani sono perseguitati, ma il riconoscimento delle loro sofferenze non deve avvenire al prezzo della negazione di quelle dei cristiani. Vi sono forse vittime buone e vittime cattive, vittime di cui si deve parlare e altre riguardo alle quali si deve tacere?
René Guitton, basandosi su fonti di assoluta attendibilità, su una meticolosa ricerca condotta in loco e sulle testimonianze dirette dei protagonisti – leader politici e religiosi, missionari, operatori umanitari, ma pure gente comune conosciuta nei suoi innumerevoli viaggi –, redige un vero e proprio "libro nero della cristianofobia", che è in pari tempo un grido di dolore e di ribellione, un appello alla mobilitazione di tutti e una lezione di fratellanza. Perché, come osserva l’autore, «il nostro silenzio ricorda altri silenzi di sinistra memoria, e nel giro di due o tre decenni provocherà forse nuovi imbarazzati appelli al pentimento e dichiarazioni di rimpianto per non aver voluto far affiorare una verità che doveva essere resa nota a tutti».
Per questo libro René Guitton ha ricevuto, in Francia, il Premio dei Diritti Umani
L'Autore
René Guitton, infaticabile viaggiatore tra Oriente e Occidente, si batte per il dialogo tra le culture e le civiltà, contro il razzismo e l’antisemitismo. È autore di diversi volumi, tra i quali ricordiamo: Il principe di Dio. Sulle tracce di Abramo (edito in Italia nel 2009), Abraham, le messager d’Haran e Si nous nous taisons… Le martyre des moines de Tibhirine, vincitore di numerosi premi. È membro del comitato di esperti dell’Alleanza delle civiltà delle Nazioni Unite.
Una ricca rassegna stampa (in francese) sul sito internet: www.rene-guitton.fr
Traduzione dal francese di Gianluca Perrini.
Dal Libro
Il mondo del silenzio
I cristiani del Maghreb, dell’Africa subsahariana, del Medio e dell’Estremo Oriente sono perseguitati, muoiono o scompaiono in una lenta emorragia, vittime del crescente anticristianesimo.
La cristianofobia è multiforme e si nutre di motivazioni tra loro assai diverse: tuttavia, ogni anno fa parecchie centinaia o addirittura migliaia di morti. In alcuni casi essa è frutto dell’adozione di una politica ispirata a idee di «pulizia» etnica e religiosa il cui scopo è cacciare dalla culla del cristianesimo le popolazioni cristiane, ostinatamente fedeli al credo dei loro antenati.
Il nostro silenzio in proposito ricorda altri silenzi di sinistra memoria, e nel giro di due o tre decenni provocherà forse nuovi imbarazzati appelli al pentimento e dichiarazioni di rimpianto per non aver voluto far affiorare una verità che doveva essere resa nota a tutti.
Nel corso di anni di ricerche mi è capitato di incontrare, in Occidente, numerosi cristiani, cresciuti in famiglie cristiane, benché non praticanti, i quali non erano minimamente turbati dagli attacchi contro i loro fratelli. Sembrava che quelle persone fossero affette da cecità o amnesia. E quando ho presentato il dossier da me raccolto, quando ho tirato fuori fotografie e ritagli di giornali citando statistiche, bilanci e rapporti, mi sono trovato di fronte al rifiuto, talvolta cortese, di ascoltare quanto avevo da dire. Non ero credibile e, soprattutto, non ero «moderno».
Agli occhi dei miei interlocutori avevo il grande torto di predicare per la mia parrocchia, i cui valori sono rigettati e condannati senza appello.
Dapprincipio ho ingenuamente ritenuto che la colpa di questa situazione fosse da addebitare all’ignoranza. Ma essa non basta a spiegare tutto, anzi. Combattere l’antisemitismo e il razzismo, battaglie alle quali mi dedico con forza da decenni, non richiede necessariamente una conoscenza approfondita della letteratura rabbinica o della storia dello schiavismo. Non c’è alcun bisogno di avere un’empatia particolare con colui che soffre a causa della propria origine, vittima di una giustizia negata, per aver voglia di prendere le sue difese denunciando a gran voce il silenzio e l’oblio che circondano la sua condizione. Sono in ballo la dignità e i diritti umani.
Una delle ragioni del silenzio e dell’oblio che circondano le minoranze cristiane è da ricercare nella loro progressiva emarginazione e nella continua perdita di peso politico e demografico da cui sono afflitte.
I cristiani d’Oriente sono emigrati o stanno emigrando in massa; sono sempre meno numerosi e in mancanza di meglio sostengono i regimi al potere (ritenendoli preferibili all’avvento di regimi fondamentalisti); in pratica non hanno più alcun ruolo politico nei paesi in cui risiedono.
In più, devono fare i conti con un circolo vizioso: sono emarginati in quanto cristiani, e, in quanto emarginati, di loro si parla sempre meno.
Il loro isolamento è aggravato dal fatto che le persecuzioni contro i cristiani non sono generalmente menzionate nelle denunce delle violazioni dei diritti umani, per una ragione molto semplice: perlomeno in Occidente i cristiani faticano ad associare al cristianesimo il concetto di minoranza.
La difesa dei diritti dell’uomo si è sviluppata a partire dalla lotta per la protezione delle minoranze religiose o etniche un tempo soggette a persecuzioni. Gli ebrei, i neri o i musulmani in Europa e in America rientrano in questo schema. La mobilitazione in loro favore è resa ancora più incisiva dal senso di colpa prodotto dal coinvolgimento delle Chiese cristiane nello sviluppo dell’antisemitismo, nello schiavismo e nel colonialismo (portatore di una visione umiliante per i musulmani).
In Occidente prendere le difese dei cristiani equivale a schierarsi dalla parte della maggioranza.
Il sempre più scristianizzato Occidente fa fatica a concepire che i cristiani possano essere perseguitati in quanto cristiani, perché essere tali, secondo uno slogan semplicistico che si sente ripetere spesso, significa stare dalla parte del potere.
Occorre combattere la gravissima disinformazione che affligge l’opinione pubblica occidentale a proposito della situazione dei cristiani nel mondo e in particolare nelle regioni dove essi sono minoritari, come nel Maghreb, nell’Africa subsahariana, in Medio Oriente e in Estremo Oriente.
L’esistenza dei cristiani orientali è poco nota. Coloro che non la ignorano ne danno spesso una valutazione troppo riduttiva, che tende a fare delle comunità cristiane d’Oriente una sorta di appendice del cristianesimo occidentale, o la conseguenza dell’espansione coloniale. In altre parole, i cristiani d’Oriente non sono considerati autoctoni, ma un elemento importato.
Si dimentica che il cristianesimo è nato in Oriente dove si è sviluppato ben prima che l’Europa diventasse quasi completamente cristiana.
Secondo il punto di vista occidentale, le persecuzioni a cui sono sottoposti i cristiani in quei luoghi lontani colpirebbero il cristianesimo non in quanto tale, ma nella sua qualità di emanazione dell’Occidente. Inoltre, poiché in Occidente il cristianesimo è maggioritario, non può aspirare allo status di minoranza in Oriente.
Questo ragionamento sortisce l’effetto di negare implicitamente la sofferenza delle minoranze cristiane e di frenare la mobilitazione in loro favore. Al tempo stesso, iniziative a sostegno delle popolazioni cristiane d’Oriente sono scoraggiate, in quanto potenzialmente controproducenti: trasformare i cristiani orientali in «protetti» dell’Occidente potrebbe esporli a rischi ancora più gravi.
Tuttavia, questa preoccupazione deve forse esonerarci dall’intervenire, dal momento che proprio noi parliamo di «dovere di ingerenza»? E l’indifferenza non apre forse la via all’oscurantismo?
Le guerre di religione o i fenomeni religiosi ci sembrano appartenere a una lontana preistoria: da ciò deriva la radicale incapacità, da parte dell’Occidente, di affrontare la questione in tutti i suoi aspetti.
Per esempio, nella nostra società, la difesa dei cristiani di altre parti del mondo è spesso vista come un tentativo di favorire il ritorno del religioso o di imporre i principi cristiani, che non sono più considerati valori fondamentali; ne consegue che coloro che si preoccupano della sorte delle minoranze cristiane sono guardati con gran sospetto: nella migliore delle ipotesi sono etichettati come ultraconservatori.
Nel silenzio cristiano si deve scorgere altresì l’effetto di una svalutazione implicita e sistematica del cristianesimo, largamente incoraggiata da un laicismo ottuso e aggressivo, che spesso si manifesta nel modo in cui i media trattano le vicende che coinvolgono i cristiani.
Tra fine novembre e i primi di dicembre del 2008 due avvenimenti legati alle tensioni interreligiose hanno fatto parlare di sé attirando l’interesse dei grandi media internazionali in modo assai diseguale: ci riferiamo al massacro compiuto a Mumbai da un gruppo di mujaheddin, che hanno ucciso 172 persone e ne hanno ferite circa 300, e alle sommosse anticristiane verificatesi in Nigeria, dove alcuni gruppi musulmani locali hanno attaccato i cristiani, uccidendone più di 300, saccheggiando i loro beni e devastando le loro chiese. Nel 2004 si erano scatenate violenze simili, che avevano lasciato sul terreno i cadaveri di oltre 700 cristiani.
I fatti di Mumbai hanno occupato le prime pagine di quotidiani e telegiornali, mentre l’altro episodio è stato appena menzionato, sebbene l’ammontare delle vittime fosse assai più elevato e le distruzioni nettamente più gravi.
Questo trattamento differenziato da parte dell’informazione è emblematico della difficoltà di sensibilizzare l’opinione pubblica, persino la più accorta, riguardo alle persecuzioni che colpiscono i cristiani in numerose regioni del mondo.
Si usano due pesi e due misure; se qualcuno protesta, viene accusato di essere a favore della censura, contro la libertà di informazione e di essere un bigotto e un baciapile.
Ho avuto occasione di sperimentare personalmente questo disprezzo a Parigi, nell’agosto del 1997, in occasione della Giornata mondiale della gioventù, che aveva riunito giovani giunti da ogni parte del globo.
Prima della manifestazione la grande stampa internazionale aveva pressoché ignorato l’evento. Se n’erano occupati soltanto alcuni editorialisti, i quali avevano previsto che quel tentativo di «irreggimentare» e «manipolare» la gioventù si sarebbe risolto in un insuccesso. Durante la manifestazione un certo numero di giornalisti si è limitato a sottolineare i gravi disagi al traffico cittadino causati del raduno.
Nessuno si interrogava sulle motivazioni che animavano i partecipanti, né sul significato profondo di quel ritorno al religioso.
Di fronte a un giornalista che mi intervistava rivolgendomi domande sarcastiche sull’avvenimento, ho abbozzato una provocazione, domandandogli a mia volta quale fosse la sua reazione di fronte al pellegrinaggio islamico canonico alla Mecca (Hajj). Il mio interlocutore mi ha guardato stupito, come se le mie parole facessero di me un emulo degli antichi inquisitori.
Ho quindi capito quanto sia difficile perorare la causa dei cristiani che soffrono nel mondo e quanto essere cristiano, agli occhi di molti, rappresenti un’intollerabile mancanza di buon gusto, per non dire un handicap che sarebbe meglio tentare di nascondere.
Come si può chiedere all’opinione pubblica di mobilitarsi in favore dei cristiani d’Oriente, d’Africa, del Maghreb ecc., se il cristianesimo è la sola religione sottoposta a una sistematica denigrazione che si prefigge di snaturane lo spirito e il messaggio?
La Francia è forse l’unico paese occidentale in cui è buona norma stigmatizzare coloro che si dichiarano credenti, e di conseguenza anche le Chiese ufficiali alle quali li lega la fede.
Questo atteggiamento è evidente ogniqualvolta è tirata in ballo la laicité, principio legislativo che gode di un consenso quasi unanime e di cui nessuna associazione religiosa ufficialmente costituita chiede l’abolizione. Anche i cristiani d’Oriente si richiamano alla laicità. Inchieste e sondaggi hanno dimostrato che i cattolici francesi, praticanti compresi, erano favorevoli alla legge del 1905, la quale è ormai sul punto di diventare quasi un testo sacro, almeno a giudicare dagli strepiti che provengono da certi ambienti dell’integralismo laicista quando si affronta l’argomento. La legge del 1905 è probabilmente il solo documento mai votato a Palazzo Borbone che sia considerato scolpito nella pietra. Chiunque osi suggerire l’idea di una sua revisione si attira l’accusa di minacciare le fondamenta stesse della République.
Nella loro miopia, i campioni della ragione, del libero esame e della critica rifiutano ostinatamente di applicare queste virtù alla propria causa. Chi commette il sacrilegio di non pensarla come loro è regolarmente denunciato come un novello inquisitore!
I conflitti politici sono resi ancor più aspri dal fatto che per lungo tempo hanno riguardato la religione: il castello contro il municipio, il curato contro il maestro pubblico ecc. L’adesione alla Repubblica della quasi totalità dei cristiani ha semplicemente cambiato i termini del confronto, spostandolo sul terreno della scuola: di qui le grandi crisi provocate, nel corso del XX secolo, dai progetti di riforma delle leggi che regolano i rapporti tra lo Stato e l’insegnamento confessionale. Mentre le manifestazioni del 1° maggio mostravano segni di logoramento, quelle a favore della scuola laica o confessionale del 1984 hanno richiamato in piazza centinaia di migliaia di persone.
Sembra quasi che la Repubblica sia costantemente minacciata dalle oscure trame dei bigotti. Provate a parlare di «laicità positiva» e scatenerete immediatamente una bufera difficilmente comprensibile per gli osservatori stranieri, che si stupiscono nel vedere quanto facilmente noi francesi ci crogioliamo in vecchie questioni «fratricide».
Gli anticlericali di un tempo hanno lasciato il posto ai nuovi professionisti dell’anticristianesimo, intolleranti e irrispettosi delle credenze di coloro che hanno la sfortuna di non pensarla come loro. La società francese continua a essere impregnata del tanfo di un anticlericalismo primario che si ripresenta ogniqualvolta si discute a proposito di laicità.
Se vi azzardate a far notare la cosa sarete etichettati come «baciapile», e vi sarà quasi certamente sbattuto in faccia l’affare delle vignette danesi sul profeta Maometto.
Peraltro, le prime vittime di quelle caricature non sono stati gli anticlericali e i laicisti d’Europa ma i cristiani del Pakistan e della Nigeria, che hanno pagato con la vita l’«errore» dell’Occidente, il quale tanto per cambiare non ha mosso un dito.
Opera di Guigo il certosino (XII secolo), la Lettera è il suo insegnamento circa la necessità per i monaci e per i cristiani tutti di uno spazio di silenzio orante, della solitudine e della separazione dalla vita esterna, per costruirsi una cella interiore dove esercitarsi nella vita spirituale e giungere all'unione con Dio.