
Don Sirio Politi fu uno dei primi preti operai italiani. A differenza di altre analoghe esperienze, la sua attività lavorativa nella darsena del porto di Viareggio, non inquadrabile in schemi ideologici, fu portata avanti in pieno accordo con il vescovo di Lucca, mons. E. Bartoletti. Accanto a don Sirio, alla chiesetta del porto si formò una comunità che per oltre un decennio curò il periodico Lotta come amore.
«Don Sirio è stato e rimane, anzitutto, una zolla di terra. Una zolla della Chiesa di Lucca con la sua Versilia. Ripubblicare il suo primo libro, Una zolla di terra, a vent’anni dalla sua morte avvenuta il 19 febbraio 1988, non è solo rinnovare la memoria di un testimone appassionato e profetico dell’amore di Dio e della causa dei poveri, ma è trasmettere anche alle nuove generazioni un mistero, una visione, una passione» (dalla Prefazione di mons. M. Brunini, vicario generale dell’arcidiocesi di Lucca).
Scritto nel 1961, Una zolla di terra testimonia la profonda dimensione contemplativa che ha sempre animato la vita di impegno di don Sirio.
Luisito Bianchi, autore dell’introduzione, è anch’egli uno tra i primi preti operai.
Sommario
Prefazione (M. Brunini). Cronologia di Sirio Politi. Bibliografia di Sirio Politi. Introduzione (L. Bianchi). Una zolla di terra.
Note sull'autore
Don Sirio Politi (1920-1988), presbitero della Chiesa di Lucca, inizia nel 1956 la sua avventura di prete operaio in un cantiere navale di Viareggio. Più tardi fonda una piccola comunità di uomini e donne ispirata agli ideali evangelici. Negli anni ’70 e ’80 diventa punto di riferimento nazionale dei movimenti per la pace e della lotta contro il nucleare, assumendo anche la presidenza del Movimento internazionale di riconciliazione.
Note sulla curatrice
Maria Grazia Galimberti nasce a Roma nel 1943. Nei suoi anni giovanili si trasferisce a Viareggio per far parte della comunità formatasi intorno a don Sirio Politi. Attualmente lavora come pubblicista specializzata nella divulgazione di economia e di diritto per Il Sole 24 Ore e per l’Enciclopedia Treccani.
Il silenzio attraversa ogni cosa e testimonia sia l'eccedenza sia la mancanza. Fare silenzio è un rito che interpella il parlare e l'ascoltare, ma anche il pensiero, l'immaginazione e tutto il corpo.Fare silenzio è un'azione che affascina e, al contempo, crea disagio, esperienza ricercata e anche temuta.Il silenzio custodisce le profondità dell'umano e quelle del divino; per questo prendersi cura del silenzio significa occuparsi di tutte le relazioni, con le persone, con la vita, con Dio.
Si può parlare con il silenzio? Può il silenzio essere un’alternativa all’eccesso verbale, alle parole vuote, ripetitive, aggressive, urlate? Che ruolo ha il silenzio nella società contemporanea, dove siamo tutti iperconnessi, dove ogni giorno consumiamo centomila parole fra tablet, cellulari, social e siti? Quali orizzonti apre alla letteratura e alla poesia, alla natura e alla scienza, alla psicoanalisi e all’antropologia, al cinema e al teatro, alla musica e alla linguistica? Quando è una scelta consapevole, il silenzio ci conduce dal dire autoreferenziale al dialogo inteso come ascolto, come contrappunto fecondo di pieni e di vuoti. Perché il silenzio è il linguaggio dei sentimenti e delle passioni forti, è un potente strumento di relazione autentica, indispensabile alla comunicazione. Offre al ritmo quotidiano dell’esistenza il ristoro di una pausa, la dimensione del mistero, il privilegio di potersi fermare. Per andare più a fondo, più lontano.
Trenta riflessioni sul Cuore di Gesù a partire da episodi evangelici significativi in questo senso. Sono meditazioni profonde e immediate che aiutano il lettore a "collegare" il Cuore di Gesù e noi, il mistero e la quotidianità: spunti per una profonda meditazione personale e per una efficace predicazione.
Saggio sull’odierna «crisi della civiltà», dovuta, secondo l’autore, a un «mostro» che impedisce di realizzare un’esistenza buona,orientata al bene degli altri. Il mostro si chiama disamore: impotenza di amare e precisa volontà di non amare che incatena uomini grandi,politici,manovratori di ricchezze,potenti ambiziosi. Tale mostro va smascherato,rovesciando la logica della storia e rimettendosi a cercare la via umana per vivere. La risposta a questa ricerca è Gesù Cristo,uomo e Dio. Egli è l’unico che ha incarnato quello che desideravamo,e continuiamo a desiderare:l’esistenza come progetto,metodo inedito e coerenza incontestabile di amore,puro e semplice; volontà di prendere atto degli altri considerandoli persone degne di bene e di felicità. «Dio che è carità», a coloro che credono in Cristo, chiede di sollevare oggi,per mezzo del suo Spirito,quel disamore che disfa la civiltà,per sostituirvi quell’amore che,solo,ricrea e trasforma la storia.
IL NOSTRO CUORE RECLAMA ORMAI IL DIRITTO DI FIRMARE DI SUA MANO LA STORIA FUTURA,DI EVITARE LUTTI E ASCIUGARE LACRIME,DI RIDARE SENSO A QUESTO ENORME INTERROGATIVO CHE È OGGI LA STORIA.
AUTORE
Giuseppe Pollano, sacerdote di Torino, vive in questa città presso il santuario mariano della Consolata. Èstato docente di teologia spirituale presso la Sezione torinese della Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale e Delegato arcivescovile per la pastorale della cultura. Fra le sue pubblicazioni: Come in cielo (Casale 1955-84-89), Città riconciliata (Milano 1983),Dio presente e trasformante:saggio di teologia spirituale (Leumann-Torino 1993), Gesù ogni giorno (Casale 1994), Cultura e santità (Casale 1995), Maria: persona e grazia (Milano 2002); Per una nuova cultura di carità (Roma, 2003), La Chiesa è carità (Roma, 2006), Via Mystica (Cantalupa,2007).
«Il XX secolo è alla fine arrivato, con determinazione mai prima così consapevole nella storia del pensiero, alla dichiarazione della finitezza come nostra peculiarità. Intesa non come condizione relativa ad un altro essere, ma in se stessa e basta. Non ente creato, dunque, ma ente puro e semplice che non mendica spiegazioni, e si limita ad esistere in se stesso, su se stesso e per se stesso, fino ad annullamento. La questione non è soltanto filosofica: essa s’incarna continuamente nel finire che costituisce l’esistenza impastata di carne e sangue, con tutto l’ornamento di speranze, ideali, emozioni e commenti che vanno poi a morire, e che continuiamo a chiamare vita. Nel finito, chiamato con più eleganza finitudine, ma sempre uguale a se stesso nella sua banalità ultima, si mangia e si beve, ci si sposa e ci si marita, si compra e si vende, si pianta e si costruisce, per dirlo con l’evangelista Luca, e poi si sparisce dal mondo. […] Ecco perché, a consolare questa nostra finitezza, noi annunciamo con franchezza e gioia l’evento che è Gesù Cristo. Uomo storico, dalla cui umanità possiamo però risalire all’essere non storico che è Dio, precisamente nella figura di Logos e Figlio di Dio, e Dio egli stesso. Risalita che ci salva, com’è intuibile. Risalita che esige di ricostruire la filosofia come amore alla sapienza, che aggiunge alla intelligenza la umiltà».
Dall’Introduzione
Giuseppe Pollano, presbitero della diocesi di Torino, è nato il 20 aprile 1927 ed è morto il 2 gennaio 2010, nel cuore dell’anno sacerdotale. È vissuto e ha esercitato ininterrottamente il suo ministero nel Santuario della Consolata di Torino, ricoprendo in diocesi vari incarichi: docente di Teologia Spirituale presso la sezione torinese della Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale; delegato arcivescovile per la Pastorale della cultura; responsabile della Pastorale della scuola e dell’Università, ambiti nei quali ha collaborato con l’Ufficio Nazionale della Conferenza Episcopale Italiana; coordinatore del Forum Chiesa-Città, incontro periodico dell’Arcivescovo con i principali responsabili della società civile. In questa collana ha pubblicato: Per una nuova cultura di carità. Amare come Dio (2003) e La Chiesa è carità (2006).
«La vergine si chiamava Maria» (Lc 1,27). Di Maria ci è dato il nome: è tutto ciò che di lei sappiamo. In questo paradosso, che cioè la donna più nominata e amata del mondo sia tanto sconosciuta, c'è l'insegnamento di base: nella realtà d'una persona, nella sua vita e nel suo essere, non conta molto chi essa è, come è o quando è o dove è: conta ciò che Dio opera in lei, e ciò che essa consente che egli operi in lei. In queste pagine sono ripercorsi i versetti del vangelo che parlano di Maria, traendone freschissime ispirazioni per la vita dei cristiani di oggi. Trentuno meditazioni che permettono, volendo, di trascorrere un mese in compagnia di Maria, per imparare da lei a stare con Gesù nella nostra vita e chiederle di starci accanto nel cammino. «Maria del primo sguardo a Gesù nato, conduci i nostri pensieri nel tuo silenzio. Insegnaci la nostalgia di colui che ancora non abbiamo visto. Rendici comprensivi del primato dell'amore che svela tutto il messaggio di Dio. Vergine che hai finalmente visto tuo figlio, facci partecipi della tua impazienza di contemplazione, ora e sempre».
Le pagine di questo libro parlano dell'amore di Dio, non con un taglio da saggio di teologia spirituale, ma attingendo dalla Parola di Dio e dalla mistica cristiana per indicare una via percorribile e concreta per vivere la carità che, come scrive san Tommaso, è la virtù teologale che «raggiunge Dio in se stesso, proprio come egli è».
Nel volume vengono analizzate e commentate le nuove costituzioni cappuccine. Il commento si propone di lasciar parlare i testi e le fonti. Il linguaggio è sobrio, quasi un invito al lettore a prendere lui stesso, in modo personale, le necessarie decisioni. Si tratta di testi che richiedono una "rilettura attenta, meditativa e orante, fatta personalmente e comunitariamente", come dice Mauro Jöhri, Ministro generale dei frati Minori Cappuccini. In questo modo, queste riflessioni acquistano un valore universale, in questi momenti difficili che richiedono un cammino su fondamenti sicuri.
«Detesta il fariseismo delle apparenze e fa’ sì che il tuo cristianesimo penetri fino alle midolla di te stesso».
Una grande lezione di spiritualità da uno dei maestri più apprezzati del nostro tempo, certosino, grande predicatore e direttore spirituale. La vera religione come unione con Dio, la mistica e l’ascesi, la preghiera, la meditazione e la contemplazione sono i grandi capitoli di un libro liberante, che riporta il cristianesimo alle radici più profonde della mistica e indica una pedagogia dell’anima vicina alla vita di ogni uomo libero.
François Polliennasce il 1° agosto 1853 a Chèvenoz, presso Annecy (Savoia). Viene ordinato sacerdote il 26 maggio 1877; nominato cappellano delle Opere diocesane della città, esercita il suo mi nistero soprattutto in mezzo ai giovani. Nell’ottobre 1884 entra nella Grande Certosa di Grenoble. Con fessore, direttore di esercizi spirituali e priore in diverse Certose. Muo re il 12 febbraio 1936 nella Certosa di Serra San Bruno in Calabria.