
La Prima lettera ai Corinzi, così chiamata perché destinata «alla Chiesa di Dio che è a Corinto» (1Cor 1,1), è uno dei sette scritti epistolari di sicura paternità paolina insieme alla Prima lettera ai Tessalonicesi, alla Seconda lettera ai Corinzi e alle lettere ai Filippesi, a Filemone, ai Galati e ai Romani. Ciò nonostante, non sviluppa alcuni temi tipici di altre lettere paoline, come quelli che caratterizzano le lettere ai Galati e ai Romani. Questo perché i problemi sorti all'interno della Chiesa corinzia erano diversi da quelli che Paolo dovette affrontare scrivendo ad altre comunità cristiane. Seguendo i criteri della Collana (Nuova versione della Bibbia dai testi antichi), il volume offre un'ampia introduzione, il testo antico, la nuova versione italiana, le note filologiche e il commento teologico al libro. La Prima lettera ai Corinzi in una nuova traduzione, con testo antico a fronte, introduzione, annotazioni e commenti.
«Questo non è un libro per specialisti o esperti conoscitori del pensiero di Martin Lutero (1483-1546). Non è nemmeno una biografia. Si tratta di un’introduzione semplice alla complessità del suo pensiero, scritta per chi, andando oltre i ricordi scolastici, sente il bisogno di saperne qualcosa di più, non in forma schematica e generica, ma mediante l’accostamento vivo ai suoi scritti.» Franco Buzzi parte proprio dai testi più significativi del monaco agostiniano per analizzarne il pensiero e giungere ad affermare che «la Riforma di Lutero nasce dall’interesse per l’Evangelo, dal suo amore incondizionato per la riscoperta della purezza dell’Evangelo, al quale egli ha aderito con fede. Lutero è stato un innamorato dell’amore che Dio ha per noi e che si rivela totalmente e definitivamente nella missione e nella persona di Gesù Cristo».
Affiancandosi ad altri metodi esegetici, l'analisi narrativa biblica intende sia fornire gli strumenti per entrare nel mondo del racconto di un Dio che non teme di intrecciare storie con gli esseri umani, sia mostrare come i narratori biblici dispieghino consapevolmente le risorse della narratività.
È ancora possibile pregare Dio dopo Auschwitz? Dio vorrà davvero esaudirci? E può farlo? Cioè è onnipotente di fronte alla sofferenza e al male? A questi e ad altri interrogativi - sempre attuali - Cullmann si sforza di dare una risposta fondata sul Nuovo Testamento, frutto di sessant'anni di riflessioni di uno dei più grandi teologi protestanti del Novecento.
Attraverso le sue lettere, Paolo risponde a situazioni concrete. Interpreta in modo sempre nuovo il vangelo condiviso dalle diverse comunità perché diventi "lieta notizia" gratuita ed esigente per i diversi ascoltatori della sua parola. La ricezione e la rilettura di queste lettere così fortemente vissute, e di tradizioni paoline, sono state all'origine di comprensioni di-verse e rinnovate del messaggio cristiano. «Nelle sue lettere, Paolo propone, del credo cristiano condiviso, un'interpretazione tale che i partners del dialogo scoprano il senso della loro esistenza. Una teologia viva e creativa, che non si accontenta di attingere a un deposito di fede da trasmettere, ma che si sforza di farlo fruttificare, dando senso alle situazioni variegate della vita comunitaria, permettendo di affrontare conflitti e sfide nuove. Questo pensare in dialogo, questa tensione tra fedeltà all'origine, al vangelo trasmesso dalle prime comunità cristiane, e pertinenza nell'attualità particolare ad ogni comunità, predispongono le lettere di Paolo, e le tradizioni sull'apostolo, a essere recepite, rilette, riscoperte in modo, certo fedele all'origine, ma an-che creativo e attento a nuove situazioni e sfide nella vita del credente». (Yann Redalié)
Il ruolo della propaganda nella composizione di questi libri
L'egemonia assira, l'esilio e il periodo persiano, il periodo del Secondo Tempio
In questo volume Römer si interroga - con approccio storico, letterario e sociologico - sul significato della cosiddetta letteratura deuteromistica, che egli reinterpreta con grande originalità e spirito innovativo.
Dalla quarta di copertina:
Contributo essenziale per lo studio e lo sviluppo della ricerca critica intorno alla "Storia deuteronomistica", questo volume riflette la grande capacità di Thomas Römer di interloquire a tutto campo con l'accademia europea e nordamericana.
In primo luogo l'Autore presenta una panoramica della storia della ricerca sul "Deuteronomista" e - ripercorrendo le principali tappe dell'indagine critica sui libri da Giosué a II Re - evidenzia fondamentali questioni di metodo e interrogativi aperti.
Römer avanza poi un'ipotesi originale sulla genesi ela composizione della Storia deuteronomistica postulandone tre diverse edizioni: una versione all'epoca di Giosia e nel quadro dell'imperialismo assiro, quindi un'edizione esilica, infine una in epoca persiana.
Spesso evitato dai cristiani per la rappresentazione di un Dio iroso e vendicativo che punisce con terribili sventure il suo popolo per essersi allontanato da lui, "Giudici" è tuttavia per J. Clinton McCann il più attuale dei testi veterotestamentari. Affrontando tensioni e conflitti tra gruppi rivali, dispute per la terra e il territorio, abusi sui bambini, molestie contro le donne, brama di potere, disordine morale e caos sociale, Giudici sembra infatti descrivere il mondo di oggi quanto quello di Israele antico. Ma per McCann l'importanza del libro va oltre: mentre sperimenta la punizione divina per le proprie colpe, Israele - e noi con lui - conosciamo infatti anche un Dio misericordioso, che ammonisce, giudica e insieme concede speranza e grazia.
Ambiguo e contraddittorio almeno quanto scettico e disperato, Qohelet sembra scoraggiare ogni tentativo di commento, a maggior ragione tradizionale, soprattutto se volto alla ricerca di una precisa coerenza interna che ne difenda l'autorevolezza testuale. Il carattere provocatorio di questo libro biblico così spesso incompreso e svalutato nonché la sua saggezza non di rado iconoclasta sembrano piuttosto invitare allo scontro critico e all' opposizione, nel tentativo di arginarne gli elementi più problematici. Per William P. Brown, tuttavia, un commento fedele all'essenza di "Qohelet" deve porsi lungo una sottile linea di dialogo tra una spiegazione del testo che non debba necessariamente difenderlo e una critica che non lo rifiuti in toto, lasciando che esso diventi fonte di interrogativi che stimolano la riflessione esistenziale e teologica.
Sono riuniti in un unico volume articoli che, nel corso degli anni, hanno arricchito la ricerca sulle lettere paoline di Stefano Romanello. «Il frutto più evidente di questa pubblicazione è quello di mostrare come la riflessione teologica dell'apostolo Paolo sia inseparabile dai mezzi retorici con cui si esprime. Come egli stesso dice nella sua introduzione, "La retorica non è un metodo da assolutizzare, ma è una tappa del processo esegetico su lettere paoline. Al contempo ne è la tappa decisiva, in quanto permette di illustrarne l'intento comunicativo che ne ha governato la scrittura"» (dalla prefazione).
La Lettera ai Romani è lo scritto che, dopo i Vangeli, ha esercitato una più profonda influenza sulla cultura religiosa occidentale. Al suo centro vi è il grande tema della libertà del cristiano, presentata come il presupposto di una nuova idea di religione. In questo volume Schmithals evidenzia la portata innovatrice dell’epistola analizzando la funzione che essa doveva assolvere nella Chiesa antica, soprattutto per quanto riguardava la questione fondamentale dei rapporti tra cristianesimo e giudaismo.
Paolo indirizza infatti il suo scritto dottrinale ai cristiani di Roma. In esso egli espone il tema dell’universalità della giustizia per fede, e illustra gli elementi specifici del suo messaggio: se la fede porta la giustizia di Dio a tutti i popoli, senza alcuna distinzione, i cristiani di origine pagana non hanno nessun bisogno di rompere con i loro connazionali, di porsi sotto la legge ebraica e di raccogliersi nelle sinagoghe.
L’intento di Paolo è di conquistare i pagani «timorati di Dio» e, dopo aver posto fine a quella che considera una loro eccessiva disponibilità nei confronti del giudaismo, di riunirli in una comunità di cristiani di origine pagana che si richiami al vangelo paolino.
Nell’interpretazione di Walter Schmithals – uno dei rappresentanti più insigni dell’esegesi tedesca contemporanea – diventa chiaro perché non è esagerato affermare che senza la Lettera ai Romani la diffusione del cristianesimo nel mondo antico avrebbe avuto una storia totalmente diversa.
L'AUTORE
WALTER SCHMITHALS, teologo, è rettore della Kirchliche Hochschule di Berlino. Il suo ultimo volume, pubblicato nel 2004, si intitola Paulus, die Evangelien und das Urchristentum [Paolo, i Vangeli e il cristianesimo primitivo].