
Che tipo di uomo era Gesù di Nazaret? Come ha interagito dinamicamente con le fondamentali condizioni dell'esistenza umana? Accostando i Vangeli con lo strumento della psicoanalisi emerge che Gesù ha incarnato e proposto un'arte di vivere, una pratica di umanità, che spesso non è stata colta dai suoi stessi seguaci e da coloro per cui la vita religiosa è austerità, ascetismo, mortificazione, lotta contro le passioni. Egli si è lasciato interrogare dalle dimensioni in cui si snoda la vita umana: l'essere padri, madri, figli, fratelli, amici, discepoli interagendo con esse, lasciandosene arricchire e arricchendole a sua volta introducendo nuovi punti di vista. La sua umanità-prototipo è accogliente, non preservata a priori dalle intemperie della vita, è sapiente e ricca, capace di amicizia con la vita e con "le cose" della vita, capace di bellezza. Essa lotta contro ciò che avversa l'uomo, e per il primato dell'amore; difende le prerogative del Padre suo, e libera dai falsi involucri della religiosità di facciata. La sfida di chi si accosta ai testi biblici con la prospettiva di una lettura psicoanalitica sta proprio in questo: esplicitare i dinamismi interiori che si sono generati negli incontri tra Gesù e alcuni suoi interlocutori, le dinamiche che hanno portato a una rilettura dei comportamenti reciproci; la rivisitazione di ruoli e modelli standardizzati, la liberazione del desiderio di essere uomini e donne, padri, madri, figli, amici e seguaci in modo diverso.
Un ebreo cristiano parla degli ebrei, di come intendono se stessi, di come la Chiesa li ha intesi, di quali siano i rapporti attuali tra cattolici ed ebrei, del valore della terra per gli uni e per gli altri, di Israele oggi, di chi siano gli ebrei messianici, dei rapporti tra messianici e cattolici. Il dialogo iniziato con il Concilio tra cattolici ed ebrei ora continua.
In una serie di saggi p. David ci introduce nel mondo della Bibbia, sia Antico che Nuovo Testamento: la teologia del sacerdozio nella Torah, la caduta di Gerico, le profezie di Isaia, poi Matteo e infine Paolo. Ecco come un ebreo cristiano legge a Gerusalemme le pagine sacre per le due religioni. Il volume è rivolto agli amanti della Scrittura e a chiunque si voglia accostare alla Bibbia anche senza una formazione particolare.
Il libro di Giona è tra i testi più brevi della Bibbia. Eppure, è uno dei più conosciuti e sorprendenti, tanto da sembrare una "favola": la storia appare così semplice che persino i bambini l'ascoltano a bocca aperta. Duemilacinquecento anni dopo la sua redazione, questo libro parla ancora, impassibile all'usura del tempo e accessibile a tutti, al punto che la Parola si palesa in modo assolutamente naturale: inalterabile, nuova come il primo giorno in cui fu scritta, la forza del suo fascino sull'anima del lettore è ancora intatta. Dal canto suo Gesù, rifiutandosi di dare ai Farisei il segno preteso, dichiarò a quanti lo ascoltavano che avrebbe dato loro invece il «segno di Giona». Questo testo così originale, se riletto alla luce del mistero di Cristo, offre una vivida luce e si fa rivelazione. Chi ha una certa dimestichezza con i Vangeli, sa bene che a Gesù piaceva parlare in parabole. Le sue sono parabole gustose condite di umorismo e, talora, perfino di ironia. Giona è una parabola di questo tipo. David-Marc d'Hamonville ci conduce alla scoperta di uno dei profeti apparentemente più irrilevanti e ambigui della Bibbia. Una figura con la quale, però, il Salvatore trovò un punto di contatto, e con cui finì in qualche modo per identificarsi.
L'autore con il metodo della lectio divina conduce il lettore passo dopo passo ad allinearsi al punto di vista di Gesù e ad assumere la logica paradossale delle sue parabole e dei suoi insegnamenti. Matteo Crimella rilegge il Vangelo di Luca con la scrupolosa adesione di un esegeta moderno e la interpreta convinto che la Scrittura riceva il suo vero senso in una lettura simbolica e spirituale.
Questo libro è una guida preziosa per inquadrare il racconto biblico nelle sue coordinate storico-geografiche, alla scoperta delle origini di Israele: dal patto di Alleanza con Dio, attraverso episodi salienti come la schiavitù in Egitto, l'insediamento in Canaan, l'epoca dei grandi re, la distruzione di Gerusalemme e l'esilio a Babilonia, fino alla dominazione romana e al suo epilogo, alle radici della diaspora che ha segnato la storia del "Popolo eletto" fino al Novecento. Una sintesi utile anche a quanti si avvicinano per la prima volta all'Antico Testamento, e desiderano uno strumento che li aiuti a superare le prime difficoltà poste dalla datazione e dalla natura dei testi biblici. Il volume non si limita a una semplice successione dei fatti: ogni capitolo inizia con l'esposizione dei libri del Testo Sacro in cui sono narrati, proponendo poi un confronto con le fonti extra-bibliche e i risultati delle ricerche storico-archeologiche. Prefazione di Massimo Pazzini.
"Scrivere su san Giuseppe significa da un lato attingere alla fonte del vangelo, dall'altro tenere perlomeno conto di ciò che attraverso la storia è sorto e si è riflettuto su di lui. Di primo acchito si può dire che il vangelo è molto parco nel parlare di san Giuseppe, non facendogli peraltro dire alcuna parola. E nessun riferimento se ne fa negli altri scritti del Nuovo Testamento. Se tuttavia è vero che il racconto evangelico gli dedica poche pagine, non è dalla scarsità delle informazioni che ne deriva necessariamente una minore rilevanza. Le cose essenziali possono dirsi, infatti, con brevi parole. Il fine di queste meditazioni è così poter riscoprire san Giuseppe a partire dal testo sacro. In fondo la sua missione, unica nella storia, è quella di chi ha accolto la custodia della santa Famiglia conducendola sulle strade spesso impervie e faticose della sua esistenza, e offrendole un umile servizio." (dalla Introduzione)
Commenti ai Vangeli dell'Anno C con uno stile sobrio, legato all'esegesi della pagina evangelica, attualizzata in stile francescano.
Con un semplice "Ciao carissimi!" un parroco si rivolge ai suoi fedeli, all'inizio di ogni omelia della Messa della domenica. Questa raccolta di riflessioni sui Vangeli festivi dell'anno C (in cui si legge il Vangelo di Matteo) nasce con l'obiettivo di creare, dentro di noi, uno spazio ancora più grande da destinare alla Parola di Dio, attraverso cui la nostra fede è continuamente illuminata.
È vero, su Giuseppe, artigiano di Nazareth, i Vangeli non ci offrono molte informazioni. Ma ci dicono l'essenziale: che fu un uomo giusto, che fu lo sposo di Maria, che fece da padre a Gesù, dai contemporanei ritenuto suo figlio a tutti gli effetti. Proprio la considerazione dei lunghi anni da lui vissuti con Maria e con Gesù, nella partecipazione alla vita di una famiglia umanamente ricchissima per la qualità delle persone che la componevano, permette all'autore di delineare con efficacia e profondità la fisionomia di san Giuseppe. Un uomo capace di integrare nel suo progetto di vita la dimensione del dialogo con il Mistero; di accogliere il compito della paternità esercitandolo in modo inatteso e inedito, eppure verissimo; di accettare la verginità come sfida ad una intensità ancora più totalizzante per il suo amore sponsale nei confronti di Maria e del suo amore paterno nei confronti di Gesù. Ne risulta un quadro lontano da ogni fantasioso sentimentalismo, che fa di Giuseppe una figura nella quale è utile a ciascuno di noi rispecchiarsi, per ritrovare il desiderio di una solida e reale umanità.
"In questo libro il carisma salesiano (Maffei) insieme a quello ignaziano (Servais) aprono un accesso ad una delle figure più grandi del pensiero filosofico cattolico del XX secolo. La posta in gioco è altissima. Si tratta del discernimento di ciò che salva l'uomo e il suo pensiero: l'amore (dono e perdono) come criterio ultimo dell'essere umano e finito. Chi vorrà addentrarsi nella lettura del presente saggio potrà scoprire la fecondità di un pensiero, così come emerge nell'interpretazione ontologica della parabola forse più conosciuta e coinvolgente, quella che racconta di un padre che aveva due figli..." (Roberto Graziotto). Con un saggio di Jacques Servais.
L'autore è convinto che la Sindone sia autentica in quanto, confrontando quello che è scritto nei Vangeli sulla sepoltura e sulla resurrezione di Gesù e i suoi esperimenti, constata che c'è perfetta corrispondenza fra quello che è scritto e i risultati da lui ottenuti. Tutto comincia dall'interpretazione dei dati forniti dai quattro Evangelisti, che non sono affatto in contraddizione fra loro. V'è, in essi, la presenza certa di un lenzuolo funebre, detto in greco sindòn, di una quantità esorbitante di migma (che vuol dire mistura) di mirra e aloe, di un sudario e di una o più bende. Ebbene, se questi furono gli elementi fisici usati, adoperandoli noi oggi, potremmo ottenere, per ipotesi, quella particolarissima immagine corporea che noi vediamo sulla Sindone. È quello che di fatti avviene. Il migma di mirra e aloe, in presenza di umidità, diventa resina. La resina, così ottenuta, si attacca al tessuto. Il tessuto, in presenza di questa resina, si modifica chimicamente, colorandosi di ambra. La presenza del sangue sulla Sindone è dovuta ugualmente alla presenza di mirra e aloe, le quali riescono a rendere di nuovo liquide le numerose croste presenti sul corpo, facendo penetrare così il sangue in profondità nelle fibre, fino alla parte opposto del lino. L'aspetto più difficile da decifrare di quest'immagine è la sua tridimensionalità sul piano. L'autore riesce a spiegarla mediante la sua scoperta di quello che lui chiama "rilievo di carne di tipo gotico". Il corpo di Gesù, infatti, all'interno della Sindone, era talmente coperto di mirra e aloe, avanti, indietro e soprattutto di lato, che emergevano fuori dal migma solo la parti anteriori e posteriori del corpo. Queste parti soltanto riuscirono a riprodursi sul lino.