
La lettura delle Scritture sante guidata dallo Spirito (lectio divina) consente d'incontrare e di ospitare nella nostra vita Gesù, il veniente, la Parola di Dio che si è "abbreviata" nel seno di Maria e nel libro della Sacra Scrittura. Le meditazioni dei testi evangelici dei tempi di Avvento e Natale consentono di riconoscere ed accogliere Gesù, la Parola che "è venuta nell'umiltà della nostra natura umana", che "verrà di nuovo nello splendore della gloria" e che viene ora "per invitarci ed ammetterci alla comunione con sé e con il Padre". Con suggerimenti e domande per "vivere la Parola" nella propria vita quotidiana.
Alla luce dei grandi cambiamenti linguistici, la Bibbia è ancora un testo attuale? Gli autori dimostrano come i mutamenti culturali non mettano fuori gioco la Bibbia che, anzi, pone alla luce tutta la sua contemporaneità, esalta il suo singolare modo di significare la realtà e di trasformarla. La Bibbia è Parola viva in cui, anche l'uomo di oggi, riesce a trovarne il significato nella sua quotidianità. Un testo che pone in evidenza il carattere assolutamente originale e unico del modo di operare del linguaggio biblico. Attraverso una rassegna storico-critica del mutamento linguistico, gli autori dimostrano come il linguaggio biblico rimane significativo sempre e sia qualcosa di assolutamente unico e autentico nella storia dell'umanità.
La narrazione biblica dell'Esodo - dall'Egitto al deserto e alla terra promessa - è stata interpretata per secoli come una grande metafora dei processi di liberazione e rivoluzione. L'Esodo è una grande "storia", la cui eco ha reso possibile il racconto di altre "storie politiche", da Savonarola a Calvino, da Cromwell e i puritani alla Teologia della liberazione. Michael Walzer, uno dei maggiori filosofi politici americani, presenta in questo libro affascinante il suo commento al testo: decifra la famiglia di "significati" dell'Esodo proiettando una luce nuova su questa importante tradizione del radicalismo politico. Walzer discute la natura dell'oppressione (Egitto), i dilemmi dell'affrancamento come apprendimento della libertà (le mormorazioni nel deserto), il ruolo delle scelte individuali per il contratto sociale che definisce diritti, doveri e regole per la vita collettiva (l'alleanza) e, infine, la natura della terra promessa. Contro l'immagine canonica del messianismo politico, che interpreta la terra promessa come il paradiso della società perfetta, Walzer ritiene invece che l'Esodo sostenga una soluzione più sobria. La terra promessa è "semplicemente" un posto dove vivere migliore dell'Egitto. Senza dubbio, c'è un posto migliore. Ma la strada che vi conduce attraversa il deserto. E c'è un solo modo per raggiungerla: prenderci per mano e marciare.
Nel Vangelo di Matteo il tema dell'amore-misericordia riveste grande rilievo e ricorre in più occasioni. In particolare, due brani sono collegati tra loro da una citazione del profeta Osea: "Perché voglio l'amore e non il sacrificio, la conoscenza di Dio più degli olocausti". Nell'Antico Testamento la misericordia è innanzitutto prerogativa divina, segno dell'amore fedele per l'uomo e parametro di comportamento. E poiché nella Scrittura l'imperativo viene sempre dopo l'indicativo, il credente sperimenta il volto misericordioso di Dio e solo successivamente è chiamato a comportarsi di conseguenza. Gesù stesso nel Vangelo di Luca rimanda a tale principio, quando afferma "Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso".
Le grandi masse e anche molta parte della classe dirigente delle società odierne continuano ad avvalersi di una spiegazione della realtà che si richiama al sistema simbolico forgiato dal cristianesimo in età antica e medievale. Nel suo sorgere, la modernità si è trovata in Europa di fronte a società in cui l'organizzazione urbanistica ruotava attorno ai simboli religiosi. Nella struttura cittadina, la centralità fisica della cattedrale e la disposizione spaziale delle chiese principali e degli edifici del potere esprimevano un'organizzazione gerarchica in cui il cristianesimo sanciva simbolicamente ogni aspetto. Il tempo era scandito da una complessa organizzazione cultuale e la stessa rappresentazione del cosmo aveva una struttura fisico-sacrale che abbracciava l'intero universo. Pur contrassegnando una svolta radicale rispetto a questa antica eredità, il mondo moderno ha dovuto creare un'incessante dialettica tra antico e nuovo nel continuo confronto con un tenace sistema simbolico religioso che non è riuscita a sostituire. In questo modo, il cristianesimo ha assorbito la modernità e ne è stato contemporaneamente assorbito.
Per la Chiesa di Roma l'italiano è una lingua di importanza maggiore rispetto alle altre e buona parte dei prelati cattolici stranieri - ma anche di molti sacerdoti e religiosi - lo parla in modo sufficientemente corretto. L'importanza del nostro idioma, d'altronde, si accresce tanto più quanto più si restringe nel mondo contemporaneo la capacità di comprensione del latino, tradizionalmente considerato lingua ufficiale della Chiesa e abbandonato dalla liturgia solo con il concilio Vaticano II. Ma il discorso può anche essere visto specularmente perché il cattolicesimo va senz'altro annoverato tra i fattori di promozione internazionale dell'italiano. Un simile sostegno alla diffusione all'estero è certo legato a filo doppio alle possibilità offerte dagli odierni mezzi di comunicazione, ma se si guarda indietro si può riconoscere che il nesso tra cattolicesimo e promozione dell'idioma nazionale è attivo già da tempo ed è stato parte rilevante del contributo che la Chiesa e i cattolici hanno dato alla storia d'Italia e alla costruzione dell'identità nazionale. Nella nostra storia linguistica, una parte fondamentale di tale contributo è da attribuire, in particolare, alla traduzione in italiano della Bibbia e alla predicazione religiosa tra Sette e Ottocento.
Il termine giubileo ha dentro di sé il suono del corno d'ariete che si udiva all'inizio di un anno particolare durante il giorno del Kippur. Esso rinvia a un rito, ma anche a qualcosa che si propone di incidere in modo profondo nell'esistenza del popolo ebraico evocando il riposo della terra, la remissione dei debiti, la liberazione degli schiavi, il pellegrinaggio, lo scandire del tempo e l'annuncio del Regno, cioè di un diverso ordine di rapporti. Il giubileo è per eccellenza la festa dei poveri, l'attesa dei diseredati e ha una delle sue insegne eccellenti nel tema del perdono. Assente dal Nuovo Testamento, il termine entra nella vita della Chiesa il 22 febbraio del 1300, quando Bonifacio VIII emana la bolla del primo anno santo, anche se la struttura fondamentale del rito viene definita nell'anno 1500 da papa Alessandro VI Borgia.
L'ultimo libro della Bibbia ha creato per la civiltà occidentale un mondo narrativo dotato di un inizio e di una fine. Ha creato sia un mondo futuro ricco di speranze e realizzazioni utopiche, sia un mondo colmo di fallimenti distopici e disperazione. La sua collocazione canonica al termine della Bibbia è il corrispettivo del Genesi al suo inizio. E chi regge la Bibbia tra le mani, tiene in mano il tempo e lo spazio racchiusi tra due copertine. L'Apocalisse di Giovanni ci riguarda anche se non l'abbiamo mai letta, anche se, avendola letta, non crediamo a nemmeno una parola, anche se la conosciamo davvero bene o non ne sappiamo nulla. In parte ciò è dovuto al fatto che, ovviamente, la narrazione biblica della creazione e della fine del mondo rappresenta a grandi linee ciò che è vero di qualunque vita che inizia con la nascita e si conclude con la morte. Ma a un livello più generale, l'Apocalisse ci fornisce un modello adatto alle più ampie aspirazioni della comunità e della società.
«Giobbe non spera di avere risposte alle sue domande, ma di vedere Dio, di incontrarlo, perché questo vuol dire trovare le risposte. Continuare a cercare le risposte a livello razionale non porterà a una soluzione, la vera risposta è nell’ordine esistenziale, non nell’ordine teoretico o filosofico. Finché non vedrà Dio non avrà risposte, ma quando vedrà Dio le domande cadranno».
Sommario
La fragilità e la morte nella Bibbia. Una ricognizione sul tema e sulla sua interpretazione. La storia di Giobbe. Uno sguardo complessivo al libro. La prima parte (Gb 1–2). La prima protesta di Giobbe. I discorsi degli amici. Le risposte di Giobbe. La speranza di Giobbe. I discorsi di Dio (Gb 38,1–42,6). L’epilogo (Gb 42,7-17).
Note sull'autore
Grazia Papola, suora orsolina di san Carlo, insegna alla Facoltà Teologica di Milano e all’Istituto di Scienze Religiose San Pietro Martire di Verona. Ha conseguito la Licenza in Sacra Scrittura al Pontificio Istituto Biblico e il dottorato in Teologia Biblica alla Pontificia Università Gregoriana.
Frutto dell’antica sapienza spirituale custodita nell’Eremo di Camaldoii, il volume introduce alla lectio divina Sulla Scrittura, mezzo indispensabile per far propria la Parola di Dio traducendola in esperienza di vita. Infatti, occorre "ruminare" la Parola, stare su di essa, sostare con pazienza per avere il tempo di gustarne il sapore, anzi, i diversi sapori che piano piano, a ogni successiva lettura, vengono riconosciuti, ricercati, attesi (dalla Prefazione).
Il testo del Cantico dei cantici nella versione coi commenti e le note della Bibbia di Gerusalemme viene proposto in un'edizione cartonata, molto adatta anche a essere regalata a parenti e amici, assieme ai confetti, come ricordo di matrimonio.
Il volume raccoglie alcune tessere nel mosaico gioioso" delle lettere paoline, alla ricerca dello spirito del suo autore. " L'uomo e nato per la gioia: per questo suo fondamento naturale, la gioia non poteva non essere parte essenziale del messaggio biblico e in particolare di san Paolo, il secondo fondatore del cristianesimo". Il volumetto raccoglie alcune tessere del mosaico della hgioia disseminate nelle lettere paoline, con lo scopo di far conoscere maggiormente l'Apostolo dei Gentili ed essere come lui "collaboratori della gioia altrui", in particolare dei deboli. "