
Quella di Gesù è la crocifissione di un giusto, come avrebbe per primo riconosciuto il centurione sotto il patibolo. Chi ne sia il responsabile, il sinedrio o Pilato o entrambi, è da sempre dibattuto.
Se al primo può ascriversi l’accanimento con cui i suoi membri sostengono la colpevolezza di Gesù per violazione delle norme a protezione della maiestas del popolo romano e del principe, al governatore della Giudea va imputata l’inosservanza di regole basilari del diritto alle quali si sarebbe dovuto attenere.
L’autore lo spiega nel corso di un’indagine seria, appassionante e originale, che ricostruisce una pagina fondamentale della storia soffermandosi su alcuni degli aspetti meno esplorati delle ultime ore della vita di Gesù.
L'opera segue la struttura dell'anno liturgico e raccoglie, in un unico volume, gli interventi settimanali distribuiti nei tre anni del ciclo festivo. Si tratta di interventi brevissimi, essenziali che hanno come obiettivo una sintesi del messaggio di ogni domenica. Come lo stesso autore sottolinea, in qualche caso si tratta di un commento che riesce a rispondere alle domande che la Parola suscita; in qualche caso invece il commento ha solo lo scopo di provocare, di aprire a domande ulteriori. Un commento utile a chi desidera entrare nel tesoro della Bibbia con uno spirito di semplicità e libertà, ma per questo risulta molto utile anche a chi è preposto, nella comunità, a spiegare la parola di Dio e a renderla parola incarnata.
Negli ultimi anni allo schema tradizionale che faceva della storia del primo cristianesimo un processo lineare ed inequivocabile, fondato su un suo sviluppo regolare e quasi necessario, si è sostituita l’esigenza di guardare a tale sviluppo come ad un processo complesso, di cui aspetto fondamentale è la coesistenza di forme e modalità diverse di conservare, rielaborare e tramandare la memoria di Gesù. La convinzione che il Vangelo, inteso quale forma letteraria, fosse l’esito naturale al finire della prima generazione dei seguaci di Gesù ha rappresentato per lungo tempo il presupposto ermeneutico attraverso cui leggere l’intera storia delle tradizioni su Gesù. Tale esito non solo non è dato sin dalle origini, ma trascura – se non addirittura cancella – la dimensione prevalentemente orale della storia del primo cristianesimo. È in un quadro completamente nuovo che deve porsi la nascita del vangelo e il confronto con altre coesistenti tradizioni su Gesù.
Il libro si interroga su quello che accadde prima che emergesse in via esclusiva l’opzione scritturistica e si affermasse la forma-Vangelo, facendo luce sulle modalità, in cui nella prima storia cristiana furono trasmessi gli insegnamenti, le parole e le azioni di Gesù, sul Sitz im Leben delle diverse tradizioni e sul dibattito che intorno ad esse andò sviluppandosi.
Una indispensabile ricostruzione storica e geografica per comprendere le origini del cristianesimo. Viene magistralmente ricostruita, per i primi due secoli dell'era cristiana, la vita di Antiochia, terza città dell'Impero e capitale della provincia di Siria, e di Efeso, sede del celebre tempio di Artemide e capitale della provincia d'Asia. Si tratta di due città di primaria importanza nel Mediterraneo orientale, entrambe determinanti per lo sviluppo e la diffusione del cristianesimo. Attraverso l'analisi del loro sviluppo e delle loro trasformazioni sarà possibile osservare i processi che portarono all'affermazione del cristianesimo e cogliere le dinamiche politiche, sociali, economiche e culturali entro cui i seguaci di Gesù costruirono e definirono la propria identità cristiana.
Cosa sappiamo della Giudea della prima metà del I secolo? Sicuramente molto. I Vangeli e le opere di Flavio Giuseppe forniscono una mole di informazioni unica per la storia antica. Eppure l'importanza che questi anni hanno assunto per la storia successiva ha spesso spinto ad ingigantire gli avvenimenti accaduti in questo arco di tempo o a guardarli attraverso la lente deformante della storia degli effetti, o, peggio, ad isolarli rispetto al più ampio contesto imperiale romano. L'enorme visibilità che Gesù ha dato a quanti sono entrati con lui in contatto - farisei, scribi, sommi sacerdoti, Ponzio Pilato... - ha fatto perdere di vista la reale dimensione storica di queste figure, il loro effettivo ruolo politico-sociale e i poteri concreti di cui disponevano. E così, in modo quasi paradossale, il contesto politico e sociale con cui Gesù entra in contatto nella brevissima parentesi del suo operato pubblico è stato elevato a immagine dell'intero giudaismo del I secolo. L'intento di questo volume è quello di restituire alla dinamica della storia quel periodo fondamentale che va dal 4 a.C., anno in cui muore Erode, al 44 d.C., quando finisce la breve esperienza di Agrippa I, ultimo re nella storia di Israele: sono anni densi e complessi in cui Roma proverà, per scelta di Augusto, a rinunciare all'appoggio di un re-vassallo e a imporre, non senza esitazioni, errori e ripensamenti, il proprio controllo sulla regione.
Dal secondo dopoguerra in poi non poche sono state le accuse di antigiudaismo mosse ai testi del Nuovo Testamento, in particolare al Vangelo di Giovanni. Ciò è dipeso da una mutata sensibilità nell’approccio alle questioni inerenti i rapporti tra ebraismo e cristianesimo, che ha retroproiettato interrogativi spinosi ai primi secoli dell’era cristiana. Si è pertanto resa indispensabile in ambito esegetico e storiografico una riflessione critica sul modo in cui si ricostruiscono le strutture sociopolitiche e religiose del giudaismo del I secolo e alla luce del quale si interpreta nel Quarto Vangelo la relazione conflittuale tra Gesù e i “giudei”, opportunamente collocati nei tempi e nei luoghi costitutivi della loro identità religiosa. Non è un caso, infatti, che tra i sentieri attualmente più battuti della ricerca sul vangelo giovanneo ci sia l’indagine dei profondi legami che esso manifesta con il suo milieu giudaico. Ma come e perché nasce il Quarto Vangelo? Esso è riducibile ad un riflesso della situazione della chiesa giovannea alla fine del I secolo, che rispecchierebbe l’ormai consumata rottura tra comunità cristiana e sinagoga? Oppure il testo può offrire anche elementi utili alla ricostruzione storica del rapporto tra Gesù e i suoi contemporanei? Come possono lavorare insieme esegesi, indagine storica e riflessione teologica per ricostruire tempi, luoghi e protagonisti del Quarto Vangelo? A tali interrogativi il volume “Giovanni e il giudaismo”, grazie ai contributi di insigni studiosi – incontratisi a Napoli presso la sezione san Luigi della Pontifica Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale – vuole dare risposta, guidando il lettore alla scoperta sia della ricchezza di temi che il Vangelo di Giovanni offre sia della complessità e pluralità dei campi di ricerca contemporanei, ancora poco recepiti in ambito italiano.
Che relazione può esserci tra i vangeli e la poesia? Dei quattro vangeli canonici sono state fatte innumerevoli analisi, ma manca in sostanza una lettura che faccia leva sulle risonanze poetiche dei testi e che tenga conto della modernità del XXI secolo in cui viviamo. Questo volume nasce dall'idea che la sensibilità poetica aiuta a meglio comprendere e interpretare le narrazioni, le parole e i gesti di Gesù e dei personaggi che lo circondano: vengono proposte al riguardo numerose esemplificazioni e suggestioni tratte dai testi di ciascuno degli evangelisti. L'approccio che viene adottato nel libro è descrittivo e aperto a chiunque - credente o meno - abbia intenzione di considerare le narrazioni evangeliche alla luce e con gli strumenti della poesia. Il volume intende porsi, poi, in modo sinergico rispetto agli apporti teologici, esegetici e pastorali correnti, nella fiducia che la poesia riesca a illuminare prospettive che sfuggono ad altre esplorazioni. Il percorso proposto dall'autore si snoda attraverso tre focalizzazioni: l'ambiente naturale e la terra di Palestina, teatro della predicazione itinerante di Gesù sulla buona novella; i personaggi che accompagnano l'incarnazione e la vita pubblica del Nazareno, tra i quali spicca Maria, la madre; la trama degli eventi, che si conclude con la Passione e Resurrezione. Il punto di arrivo della ricerca mette in luce elementi che ci avvicinano al volto poetico di Gesù di Nazaret: tra essi assume una rilevanza speciale l'elogio dei fiori di campo riportato dagli evangelisti Matteo e Luca.
La Prima Lettera dell'apostolo Giovanni è uno scritto straordinario, uno dei più ricchi dopo i Vangeli. Uno scritto che tocca sul vivo la nostra vita cristiana e fa "bruciare". Sant'Agostino diceva: «Non parla quasi d'altro che dell'amore. Chi ha nel suo intimo capacità di ascolto vi dovrà prestare orecchio con gioia». Le riflessioni di questo volume sono semplici e insieme profonde perché nate dalla preghiera e dalla convinzione che per comprendere a fondo lo scritto giovanneo non basta leggerlo: bisogna assimilarlo nella contemplazione.
Geremia è una delle figure più affascinanti dell'Antico Testamento. La passione che affiora dai suoi oracoli e la tragicità della sua vicenda personale hanno una profondità e un fascino del tutto singolari. In un momento storico estremamente difficile, quello che precede e segue l'esilio degli ebrei nel 587 a.C., il profeta è chiamato a raffigurare nella sua carne, come sulle due facce di una stessa medaglia, la sofferenza del popolo e quella di Dio. Compreso fino in fondo nel ministero profetico, egli evoca Giobbe o il Servo sofferente di Isaia, ma appare soprattutto un typos del Cristo: per l'impeto della sua predicazione, per la ruvidità della sua sofferenza, soprattutto per la singolarità del celibato a cui è chiamato. Il cliché che da sempre ha dominato l'ambito esegetico è quello del profeta "oratore", mentre gli studi sui gesti profetici si sono finora concentrati sulla storicità, sul rapporto con alcune manifestazioni affini del mondo antico (la magia, il teatro di strada e il pantomimo) e sulla matrice retorico-persuasiva. Eppure i gesti simbolici non sono elementi secondari del ministero profetico o semplici visualizzazioni figurative, ma complessi eventi comunicativi che convocano simultaneamente tre registri espressivi: quello gestuale, quello narrativo e quello simbolico. La scelta di Geremia 16,1-9 come campione d'esame ha due motivi principali: si tratta di una pericope poco studiata nel panorama esegetico e costituisce un passaggio esemplare...
Parlare di «Gesù e la creazione può sembrare audace, per alcuni versi temerario, e richiederebbe di ripercorrere interamente i quattro Vangeli canonici. Stranamente, tuttavia, l‘argomento è stato oggetto di insufficiente attenzione in ambito biblico. E' più: facile incrociare la tematica in testi di cristologia che in uno studio esegetico. Laddove se ne parla, l'interesse si concentra quasi sempre sul rapporto Cristo-creazione, ma quasi mai sul Gesù storico e sui racconti evangelici. La stessa enciclica Laudato si’ di papa Francesco, che ha per tema il creato e la sua custodia, dedica a Gesù e la creazione una sola pagina. L’obiettivo di questo studio è mostrare come l'ambito della creazione e dell’ecologia, al centro dell’attenzione mediatica nel mondo contemporaneo, non sia per nulla assente nell‘insegnamento e nella prassi di Gesù. Sebbene egli non tratti direttamente l'argomento ecologico, ciò che mette in scena nel suo insegnamento è un mondo in cui l‘uomo conosce i ritmi del creato, ne rispetta le leggi, se ne prende cura, lo custodisce con dignità. Il mondo che Gesù racconta ha una dimensione altamente ecologica, poiché in esso uomo e natura appaiono in una perfetta comunione e in una reciproca integrazione. LORENZO GASPARRO, licenza al Pontificio Istituto Biblico di Roma e dottorato in Scienze bibliche all’Ecole Biblique et Archéologique Francaise di Gerusalemme, e docente alla Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale, Sezione San Luigi, a Napoli. Tra le sue pubblicazioni: Simbolo e narrazione in Marco (AnBib 198,2012), La parola, il gesto e il segno. Le azioni simboliche di Geremia e dei profeti (EDB 2015) e la curatela degli scritti di L. Di Pinto Scegliere la vita. Fondamenti biblici della teologia morale (Il Pozzo di Giacobbe 2020).