
Lutero pubblicò la Spiegazione del Padre nostro in tedesco per i semplici laici nel 1519 a partire da una serie di prediche tenute durante la Quaresima del 1517, l'anno delle tesi di Wittenberg, e da un secondo ciclo di meditazioni. Il censore della Santa Inquisizione veneta, che lo lesse anonimo in traduzione italiana, ne parlò con entusiasmo...
Gregorio, di nobile stirpe, quella degli Arsacidi, figlio di guerriero, è un convinto testimone della fede cristiana durante la persecuzione di Diocleziano. Egli è vittima di tutta una serie di torture dalle quali esce vittorioso, e con lui l'intera Armenia e le regioni circostanti. Proprio di queste regioni è il grande evangelizzatore e vescovo, grazie alla sua parola e la sua tenacia nella fede.
Il più consapevole contributo della spiritualità medievale alla teorizzazione dell'idea di amicizia. Aelredeo di Rievaulx (1109-1167) è la figura di maggior spicco del monachesimo cistercerse anglosassone. Educato all'amore per le Lettere, permeato di cultura biblica e agostiniana, discepolo fedele di san Bernardo, Aelredo pone il suo insegnamento sull'amicizia deliberatamente nel solco della tradizione, della quale però non esita a rivisitare in piena libertà i contenuti. Eco delle preoccupazioni spirituali del secolo XII e riflesso dell'animo dell'autore sul quale aveva esercitato una grande influenza la lettura del Laelius de amicitia ciceroniano, il De spiritali amicitia non è pertanto solo lo scritto più espressivo ed elegante dell'abate di Rievaulx ma rappresenta soprattutto il più consapevole contributo della spiritualità medievale alla teorizzazione dell'idea di amicizia.
L’archeologia cristiana è quel settore della scienza che studia le testimonianze dei primi tempi del cristianesimo, concentrandosi sul patrimonio storico determinato dall’evento della fede in Cristo: edifici di culto, monasteri, catacombe, fonti letterarie e quanto contribuisce a conoscere la vita di una communitas che ha vissuto all’insegna del cristianesimo. L’intreccio tra queste testimonianze permette di cogliere una sinergia i cui risvolti denotano orizzonti ampi in ordine alla cultura e a quanto concerne una più attenta conoscenza del passato. Inoltre, la conoscenza di quei dati permette di cogliere elementi specifici che testimoniano una presenza, un pensiero e, spesso, un adattamento di elementi di fede allo specifico contesto locale, evidenziando d’altronde la continuità di linguaggi che certificano modalità di manifestazioni della fede.
Il Pontificium Institutum Altioris Latinitatis ha patrocinato la presente opera nella collana Flumina ex Fontibus: il flumen della cultura classica e cristiana è costituito dalla conoscenza della storia e dei documenti che la certificano; sono queste le fontes cui è doveroso attingere perché l’orizzonte in cui si sviluppa e cresce il patrimonio culturale dell’umanità non dimentichi ciò che sta all’origine o che costituisce l’asse portante di una continuità che talora si interrompe.
La "Lettera dottrinale valentiniana" fu scritta in greco attorno alla metà del II secolo dopo Cristo, ma è giunta a noi tramite Epifanio di Salamina che l'ha riportata nel suo Panarion. Essa rappresenta un vero e proprio caso: è stata fin qui quasi completamente trascurata, pur costituendo uno dei rari documenti in lingua originale relativi allo gnosticismo antico. Lo studio di Giuliano Chiapparini ricostruisce le vicende di questa lettera, ne indaga le caratteristiche e ne analizza i contenuti così da motivare la sua valorizzazione. La lettera si presenta come una rivelazione esoterica di una dottrina gnostica valentiniana molto peculiare. L'anonimo autore illustra con precisione le 'modalità' della manifestazione del sommo dio, riorientando per i propri scopi una terminologia e un bagaglio concettuale derivati dal contesto medioplatonico e soprattutto dagli scritti neotestamentari, in particolare quelli di estrazione paolina. Propone, quindi, una rilettura della dottrina di Valentino, uno dei più noti maestri gnostici del tempo, caratterizzata, pur in un contesto protologico di natura dualistica, dalla tendenza a intendere il divino sommo in maniera molto compatta; in questo modo prende le distanze da altre interpretazioni diffuse fra i seguaci di Tolomeo, continuatore di Valentino, che sembravano inopportunamente accentuare l'ipostatizzazione delle differenti 'modalità' con cui il divino si è voluto mostrare 'senza veli'.
Questo dramma in versi di Michele Di Martino, concepito con la consulenza teologica dei carmelitani Antonio M. Sicari e Fabio Silvestri, vuole offrire al lettore un'ulteriore e originale opportunità di conoscenza di Teresa d'Avila. Nel contesto scenico la protagonista ha un interlocutore diverso fino alla sesta dimora del castello: con ognuno di essi parla degli ostacoli per il suo cammino e in ogni stanza, insieme a loro, trova la "chiave" per il passaggio successivo, fino ad arrivare al centro del castello, dove l'interlocutore è il Signore, il volto di Dio che si rivela.
La visione agostiniana del Cristo totale vanta studi considerevoli. L'autore va oltre i limiti degli studi precedenti per dare un suo contributo rilevante e solido alla conoscenza di questo aspetto della cristologia e dell'ecclesiologia dell'Ipponate; per la cura nella citazione delle opere di Agostino, per la conoscenza della letteratura secondaria, per l'intuito teologico, il senso ecclesiale e la capacità di sistematizzazione.
Liber, quem auctor in usura discipulorum conscripsit, singulis narrationibus collocutores inducit qui, curo linguam Latinam adhibeant perpolitam, vivam, fluentem, non modo tirones grammatica facile erudiunt, sed eos quoque, qui iato validas adepti sint sermonis cognitiones, ad altiores provehunt dicendi gradus, duna multa sermocinando proferunt de potioribus monumentis per saecula asservatis, quae Romae sunt, una curo viis quibus Quirites, eximii ipsarum exstructores, utebantur ad imperii regiones et provincias petendas. Agilis rerum descriptarum sfilus, qui sermo Latinus vere hodiemus dici potest, una cum docto ipsarum contextu, alumnis, in iisdem legendis, partim vero suadet maiorem ingenii communionem, ut ita dicam, inter peculiarem Urbis naturam, qua vivunt
quaque litterarum studiis dant operam, partim autem per archaeologicorum ruderum vestigia, hic descripta, eos aptis notitiis comitatur ad inquirenda aedificia, sacras aedes, loca memoratu digna, quae ad hominum vitam sive privatam, sive publicam, aut ad cultum humanitatis olim spectarunt et, quadam ex parte, hodie quoque spectant, minime, praeterea, neglectis exquisitioribus artium operibus, aut rebus notae alicuius, quae praeclaram Romae historiam informant ab eius ortu usque ad nostram aetatem.
Hoc modo, aduilescentes vel diligentem linguae subtilitatem discunt, vel argumenta varium genus, vel technicas ipsas definitiones quae, e. g., ad architecturam pertinent necnon ad lexicon sculptorum et pictorum, quorum fabriles rerum appellationes raro leguntur rariusque explicantur in operibus ab antiquis scriptoribus exaratis. His omnibus additur accurata scribendi facilitas qua singulae sententiae effictae sunt una cum frequentibus verborum quorundam interpretationibus, Italico sermone propositis, quas auctor inter sententiarum membra opportune inseruit, id est, post voces singulas, aut peculiares ab eo electas locutiones intellectu difficiliores, accentibus quoque adiunctis, quibus non pauca vocabula muniuntur, quotienscumque eorum pronuntiatus magis arduus legentibus videri potest.
Ideo, haec scriptorum collectanea, cum antiquis tum recentioribus fontibus innixa, sibi proponunt ut non modo Lyceorum alumni, sed etiam Athenaeorum auditores, funditus percipiant quanti momenti sit praeterita novisse, ad praesentia, quae vivendo experiuntur, subtilius interpretanda, siquidem litterarum Latinarum hereditatem, cum Romanorurn historia coniunctam, ad ipsorum necessitates traducere etiamnunc haud exigui lucri sit.
M.P.
Studio sul "De Trinitate" di Ilario di Poities: col suo carattere speculativo e il suo ampio respiro teologico, il testo dimostra quanto Ilario sapesse sollevarsi al di sopra della polemica per una ricerca volta all'approfondimento delle verità della fede e per una risposta il più possibile esauriente al problema religioso del suo tempo.
La preghiera cristiana per eccellenza, nell'ormai classico commento del grande scrittore alessandrino. L'alessandrino Origene è uno dei più originali Padri della Chiesa di lingua greca. Tra i suoi numerosissimi scritti figura anche il celebre Commento al Padre Nostro, nel quel l'Autore si propone di "considerare quanta potenza racchiuda la preghiera suggerita dal Signore", come egli stesso dichiara programmaticamente nell'incipit. Un testo nel quale Origene dispiega tutta la sua finissima sapienza esegetica e manifesta il suo pensiero. In particolare trova piena espressione il suo ottimismo pastorale che prevede la salvezza finale di tutti: "Il peccatore, infatti, dovunque si trovi, è terra in cui in qualche modo si trasformerà se non si pente; chi invece fa la volontà di Dio e non trasgredisce le spirituali leggi di salvezza, è cielo".
Il pensiero di Agostino percorre il tempo ed esplora tematiche quanto mai attuali. Agostino ha vissuto in un’epoca caratterizzata da drammatici conflitti religiosi che, pur nella evidente distanza storica, presenta elementi comuni con la nostra. L’Ipponate si è interrogato sulle radici di tali conflitti e sulla possibilità di elaborare un metodo per la loro composizione. Il volume contributi rileggono, nella prima parte i rapporti di Agostino con il manicheismo con ricchezza straordinaria di documentazione riguardo alle fonti del manicheismo al tempo di Agostino e il vissuto autobiografico. Seguono alcuni approfondimenti specifici. Nella seconda parte si riapre il dossier della dolorosa polemica con i donatisti, esplorandone un momento cruciale nella conferenza di Cartagine del 411. Attraverso l’esame approfondito di due prospettive conflittuali – così diverse e insieme così interconnesse – è possibile cogliere la riflessione di Agostino, sullo sfondo di una società attraversata da spinte disgregatrici e da pulsioni tribalistiche, abbandonata a se stessa da una politica inerme.
Quando Taziano decise di convertirsi al cristianesimo egli era un apprezzato intellettuale, membro di una ristretta cerchia di uomini di cultura stimati e riconosciuti dal corpo sociale. Divenuto cristiano, allievo di Giustino di Roma, egli ne fu in qualche modo l'erede, impegnandosi intensamente nella difesa della propria fede, all'epoca derisa intellettualmente e sanzionata giuridicamente. Nel suo "Ai greci" Taziano compone un appassionato discorso rivolto a quanti si professavano assertori dell'ellenismo, inteso come patrimonio culturale prima ancora che come deposito religioso e mitologico: ribaltando i ruoli di imputato e di accusatore, egli mostra come, sotto ogni punto di vista, le Scritture e la tradizione di cui i cristiani erano custodi fedeli fossero superiori rispetto a quell'intera e millenaria cultura che aveva plasmato il mondo classico greco-romano. L'"Ai greci", qui proposto in un'accuratissima edizione, è un testo provocatorio, a tratti volutamente spigoloso: in esso si legge chiaramente la determinazione e la sicurezza di una professione di fede che vuole essere riconosciuta e che rivendica la propria dignità su un piano innanzi tutto razionale e culturale. Essere cristiani, per Taziano, non significa soltanto "credere"; vuol dire innanzi tutto "conoscere", "sapere" e "pensare".