
Un contributo al dibattito attualmente in corso sul problema della distinzione e della relazione tra filosofia e mistica
A distanza di quattordici anni dalla prima pubblicazione in edizione originale, “Il realismo morale e i fondamenti dell’etica” è già divenuto un classico della metaetica e dell’etica normativa analitica. Il testo, che rappresenta la versione più organica e logicamente cogente della prospettiva sostenuta dal cosiddetto ‘realismo morale americano’, sviluppa una teoria esternalistica della motivazione morale, un’epistemologia morale coerentistica, un’ontologia morale di tipo realistico e naturalistico, un’etica normativa improntata a una forma oggettiva di utilitarismo.
Queste tesi vengono argomentate alla luce delle competenze che l’autore possiede nell’ambito di discipline quali l’epistemologia, la filosofia del linguaggio, l’ontologia, la filosofia della mente, la storia della filosofia. Tale poderoso insieme di conoscenze di sfondo rende la lettura del testo coinvolgente e attuale, per la capacità di cogliere in un unico sguardo temi e problemi che solo astrattamente appaiono suddivisi in ambiti disciplinari diversi. L’attualità del volume è testimoniata anche dal ruolo centrale che in esso gioca il tema del naturalismo. Le argomentazioni di Brink a favore di un naturalismo non riduzionistico offrono, per la loro chiarezza e il loro rigore, un contributo importante al dibattito sul naturalismo filosofico, rivolto tanto a coloro che simpatizzano con il naturalismo, quanto a coloro che vi resistono.
David O. Brink è docente alla facoltà di Filosofia dell’Università di San Diego, CA e ha conseguito il dottorato in Filosofia nel 1985 presso la Cornell University. I suoi interessi di ricerca si rivolgono all’etica, in particolare alla metaetica e ai fondamenti della morale, alla filosofia della politica e al diritto. Tra le pubblicazioni più recenti si segnalano: "Common Sense and First Principles in Sidgwick’s Methods", «Social Philosophy & Policy», 11 (1994); "Realism, Naturalism and Moral Semantics", «Social Philosophy & Policy», 18 (2001); "Some Forms and Limits of Consequentialism", in "The Oxford Handbook of Ethical Theory", a cura di D. Copp, Clarendon Press, Oxford 2003.
L’interrogativo che muove l’indagine qui proposta, condotta a molte voci ma espressiva di un disegno unitario, riguarda la pensabilità della libertà nella condizione postmoderna dell’esperienza. Dopo una prima parte esplorativa delle coordinate culturali e antropologiche in cui si collocano prassi e teoria della libertà nell’era della tecnica, la seconda parte inaugura un percorso alla ricerca di un profilo teorico persuasivo della libertà umana, colta nella sua struttura antropologica pluridimensionale, nel suo ‘paradosso’ ontologico-metafisico, nell’enigma tragico della sua defettibilità colpevole e nella sua vocazione teologica. La terza parte torna alle questioni dell’oggi, con un approccio critico e propositivo ad alcuni aspetti problematici rispetto all’idea o alla prassi della libertà. Si tratta di saperi che toccano in modo incisivo la possibilità della libertà, e insieme l’identità soggettiva, come avviene nella sociobiologia, nelle scienze cognitive, nella psicoanalisi. Si tratta poi di condizioni e problemi sociali in cui è in gioco la praticabilità della libertà nel suo esercizio pubblico, come avviene nella nuova organizzazione del lavoro, nelle tecnologie della comunicazione sociale, nelle attuali condizioni di pluralismo culturale e religioso, nel problema dell’educazione. Il risultato dell’indagine è multiplo. Emerge, in primo luogo, una rinnovata consapevolezza della centralità della questione tecnologica, risultando la tecnologia al tempo stesso occasione e insidia per la libertà. In questa condizione culturale epocale è di estrema importanza riscattare la libertà da una concezione astratta, per guadagnarne la pienezza antropologica quale organismo polisenso di scelta, finalità e relazione, e insieme l’unità trascendentale come autodeterminazione. Qui si delinea il problema dell’origine e del significato metafisico della libertà, la cui ricchezza antropologica e verticalità metafisica risultano congiunte e indispensabili per pensare la sua realizzazione storica, là dove si consuma anche il dramma della sua negazione colpevole e l’apertura della prospettiva teologica sulla novità radicale di una Libertà redentrice.
Francesco Botturi, ordinario di Filosofia morale presso l’Università Cattolica di Milano, si è occupato di antropologia nella prospettiva della filosofia della storia, dapprima nell’ambito della filosofia francese contemporanea (“Struttura e soggettività. Saggio su Bachelard e Althusser”, Milano 1976), poi in G.B. Vico (“La sapienza della storia. G.B. Vico e la filosofia pratica”, Milano 1991), e dal punto di vista teoretico (“Per una filosofia dell’esperienza storica”, Milano 1986). Recentemente ha orientato la sua ricerca in campo antropologico-etico, con numerosi saggi, tra cui “Libertà e formazione morale” (2000), “Princìpi morali ed assoluti etici” (2001), “Pluralismo culturale e unità politica nella globalizzazione postmoderna” (2001), “Pluralismo sociale e sistema della libertà” (2002), “Scissione dell’esperienza e identità antropologica” (2002), “Il bene della relazione e i beni della persona” (2002).
Un agile volumetto che introduce, con un linguaggio piano ma rigoroso, i temi più importanti della filosofia della scienza generale. Tenendo conto delle posizioni più recenti, sono affrontati i nodi principali dell'epistemologia contemporanea: il significato, l'osservazione, la scoperta, la misura, il controllo, la spiegazione, le leggi scientifiche, i livelli di realtà, il rapporto tra scienza e filosofia. È un testo che si offre come via d'accesso per chi vuole conoscere lo stato attuale del dibattito epistemologico, ma anche per chi desidera avere gli strumenti critici per capire struttura e valore della scienza contemporanea.
Ultima, grande e incompiuta opera filosofica di Merleau Ponty, "Il visibile e l'invisibile" uscì postuma nel 1964. Le "note di lavoro" che lo arricchiscono (e che in questa edizione italiana si avvalgono di un utile indice tematico) consentono di congliere un orizzonte filosofico che, con il passare degli anni, ha sempre più richiamato l'interesse degli studiosi, non solo del mondo filosofico ma anche di coloro che hanno a che fare con la visibilità e l'immagine.
Modernissimo nella sua ansia di conciliare la propria filosofia di vita con la pratica quotidiana di un'esistenza di uomo pubblico in anni difficili e inquieti della Roma imperiale (I secolo d.C., con i regni di Caligola, Claudio, Nerone), Seneca non è soltanto il più grande filosofo latino, ma è tuttora uno dei più letti e amati perché il suo pensiero si rivolge, come pochi altri, agli uomini e alle donne di oggi, esprimendo i problemi, le angosce, le incertezze del mondo contemporaneo. La sua non è una filosofia astratta, teorica, ma una scienza di vita, una scuola di saggezza per aiutare a raggiungere equilibrio e felicità: penetrante analisi della psiche umana da cui si trae un'autentica cura dei mali dell'anima.
Pubblicata nel 1720, l'opera segue numerosi saggi dell'autore, quasi tutti di argomento matematico e un trattato di logica. Con la Metafisica tedesca Wolff impose all'epoca la sua tematica, e ciò giustifica la peculiare posizione storica e teoretica del filosofo nell'ambito dell'Illuminismo tedesco. Dopo di lui, non solo Mendelssohn e Kant, ma anche Hegel, Bolzano, Brentano, Husserl e altri, sia pure in contesti diversi e con differenti impostazioni e soluzioni, avrebbero continuato a porre al centro della loro attenzione l'ontologia liberata dalla forma sillogistica e matematica conferitale da Wolff.