
Le relazioni internazionali continuano ad essere una lotta per la potenza tra attori indipendenti in uno stato di anarchia. Ciò frustra il raggiungimento degli scopi supremi dell'azione politica tra cui l'abolizione della guerra e la garanzia della pace. La conferma viene da un'analisi della geopolitica attuale: i rapporti internazionali si trovano in una situazione di pericolo prodotta da un disordine mondiale che ha rialzato la testa. Vi è una via di uscita da questa situazione? Kant, Maritain e l'enciclica "Pacem in terris" si sono posti questo interrogativo. Il volume esamina le loro soluzioni per comprendere quale strada sia da percorrere per giungere ad un'autorità politica mondiale garante della pace, ed il ruolo che il personalismo può svolgere.
La filosofia come non ve l'hanno mai mostrata. Divertente e irriverente e, incredibile a dirsi, perfino comprensibile e utile. Rende conto di tutte le correnti, sintetizza le intuizioni più brillanti in un pensiero stupendo, suggerisce le applicazioni pratiche di ogni teoria, propone una colonna sonora per ciascuna riflessione filosofica, invita a sperimentare il valore di mercato delle diverse dottrine. Dall'Età dei Lumi ai contemporanei, da Cartesio a Popper, da Voltaire ad Heidegger, questa è la storia non autorizzata di cinque secoli di pensiero filosofico. Per scoprire tutto quello che c'è sotto.
Nella nostra esperienza il presente è l'istante che separa ciò che non esiste più da ciò che non esiste ancora e il suo continuo movimento scandisce il passaggio irreversibile del tempo. Secondo Einstein e Gödel, tuttavia, le due teorie della relatività riducono il presente a un'illusione, e a parere di Boltzmann e molti altri fisici la differenza tra passato e futuro non può essere colta dalle leggi naturali. Come spiegare allora la nostra esperienza del tempo?
Tra le opere minori giunte sotto il nome di Aristotele (e oggi di discussa autenticità), la "Fisiognomica" tratta della corrispondenza tra i caratteri degli uomini e gli attributi somatici esterni del viso e del corpo; per esempio, gli occhi grandi e sporgenti indicano un carattere intemperante, lo sguardo denota sempre una disposizione d'animo, o più in generale i temperamenti interni corrispondono al rossore, al pallore, alla scurezza o all'ittero del viso. Nella prima parte, lo scritto si concentra sulla fisiognomica umana, mentre nella seconda l'analisi è estesa anche agli animali. A partire da questo scritto e nel corso della sua lunga storia, la fisiognomica come disciplina è stata sempre connotata da un'ambivalenza teorica essenziale: quella di essere una "quasi scienza", a metà tra divinazione e razionalità, tra mantica e medicina, una disciplina che da un lato affonda le sue radici nel sapere di tutti e nella superstizione, e dall'altro si propone un rigore scientifico-metodologico e si fonda su postulati precisi, quali il rapporto di interdipendenza tra caratteristiche fisiche e psichiche e la corrispondenza biunivoca tra segno sensibile e relativa affezione interna. La traduzione, con introduzione, note e apparati è a cura di Maria Fernanda Ferrini, docente di Letteratura greca all'Università di Macerata. Il testo greco a fronte è quello di 1. Bekker (Berolini 1831), di cui viene conservata la numerazione delle pagine e delle linee.
A cura di Francesco Paparella
Il Liber sex principiorum, presentato per la prima volta in traduzione italiana, è un’opera breve di scuola abelardiana, attribuita inizialmente a Gilberto Porretano e oggi generalmente considerata spuria dalla critica moderna; lo scritto risale con ogni probabilità alla prima metà del XII secolo e, nonostante lo stile oscuro e la complessità dei temi trattati, ha goduto di una certa fortuna nel Medioevo, giacché colmava una lacuna nelle auctoritates per lo studio della logica; divenne infatti parte integrante dei curricula di logica, alla pari dell’Isagoge di Porfirio e degli scritti di Boezio, tanto da essere commentato da Alberto Magno e discusso da Dante Alighieri. Ancora nel XVII secolo, il commentario conimbricense alla logica aristotelica lo considera testo importante e persino Leibniz ne riprende alcune dottrine nella sua Monadologia. I sei princìpi di cui tratta il libello sono le sei categorie aristoteliche “minori” che determinano la forma, che Aristotele aveva lasciato pressoché non analizzate nelle sue Categorie: azione, patire, quando, dove, posizione e avere (le tre “maggiori”, non prese in esame dal libello, sono naturalmente la quantità, la qualità e la relazione). Una volta terminata l’analisi intorno alle suddette categorie “minori”, viene proposta un’articolata riflessione sui concetti di più o meno, ovvero di maggiore e minore, collegati alla crescita e alla diminuzione.
L’opera è curata da Francesco Paparella, docente allo IULM di Milano e studioso attento del pensiero alto-medievale, che per Bompiani nel 2004 ha già tradotto i Tria opuscula di Proclo; il testo latino a fronte è ripreso dall’edizione critica di Lorenzo Minio-Paluello.
Nel 1870 a soli ventisei anni Nietzsche scrive La visione del mondo dionisiaca. In queste pagine non destinate alla pubblicazione appronta la quinta scenica che sotterraneamente lo accompagnerà per tutta la vita: il rapporto conflittuale tra gli impulsi “generatori” della cultura umana, o almeno greca e poi europea, ossia la lotta tra l’apollineo e il dionisiaco. Il pensiero tragico di Nietzsche si forma intorno a questa lotta e il capolavoro giovanile pubblicato di lì a poco, La nascita della tragedia dallo spirito della musica, ha come nucleo proprio La visione del mondo dionisiaca. Qui è compresa con chiarezza l’irruzione epocale di quello strapotere proveniente dall’Oriente e della contromossa che l’Occidente ha adottato per non soccombere e per germogliare. Nel paesaggio bucolico della valle alpina di Maderanertal, vicino al Lago di Lucerna, Nietzsche può comporre il suo scritto, spinto dall’ingenuo proposito di un “rinascimento” tedesco ma anche dall’impellente necessità di una “rivoluzione” dionisiaca.
Il volume è curato, introdotto e tradotto da Tommaso Scappini, dottorando in filosofia all’Università di Vercelli con una tesi sul tema della violenza in Nietzsche. Studioso di ermeneutica e di estetica, insegna storia e filosofia nei licei.
Le domande fondamentali (Qual è il senso dell’esistenza? Perché il male e la sofferenza?...) – e, in un certo senso, anche le risposte – sono presenti, per natura, all’intelligenza di ogni uomo, sono la sostanza della religione che, perciò, accomuna tutti gli uomini, al di là delle religioni particolari. L’autore affronta il carattere razionale e quindi specificamente umano della religione, la quale si rivela così strumento di «dialogo tra uomini e popoli alla ricerca di soluzioni ragionevoli per la realizzazione del bene comune».
Prefazione di Ferdinando Adornato
Quarant'anni dopo il libro di Sciascia, il mistero della scomparsa di Ettore Majorana, avvenuta il 25 marzo 1938, è rimasto immutato. Com'è possibile che il più promettente e geniale fra i fisici riuniti intorno a Enrico Fermi sia sparito senza lasciare traccia? Sciascia aveva ipotizzato che la decisione di scomparire e di abbandonare la fisica fosse stata presa da Majorana nel momento in cui si era reso precocemente conto che le ricerche di Fermi avrebbero portato alla bomba atomica, ma la sua ipotesi è stata sempre smentita dai fisici. Agamben in questo libro affaccia un'altra e più persuasiva ipotesi. Analizzando attentamente un articolo postumo di Majorana sul "Valore delle leggi statistiche nella fisica e nelle scienze sociali", che dimostra che nella fisica quantica la realtà deve dissolversi nella probabilità, Agamben suggerisce che Majorana, scomparendo senza lasciare tracce, ha fatto della sua persona la cifra stessa dello statuto del reale nell'universo probabilistico della fisica contemporanea e ha posto alla scienza una domanda che aspetta ancora la sua risposta: che cos'è reale?
Nella cultura occidentale, principio, creazione e comando sono strettamente intrecciati. L’arché, l’origine, è sempre già anche il comando, l’inizio è sempre anche il principio – il «principe» – che governa e comanda. Questo è vero tanto in teologia, dove Dio non solo crea il mondo, ma lo governa e non cessa di governarlo attraverso una creazione continua, quanto nella tradizione filosofica e politica, in cui principio e creazione, comando e volontà formano insieme un dispositivo strategico senza il quale l’edificio della nostra società crollerebbe.
I cinque scritti qui raccolti cercano di disinnescare questo dispositivo attraverso una paziente indagine archeologica dei concetti di opera (Archeologia dell’opera d’arte), creazione (Che cos’è l’atto di creazione), comando e volontà (Che cos’è un comando). Il territorio dell’arché viene percorso ed esplorato in ogni senso alla ricerca di una via di uscita an-archica. Finché, nel testo che chiude il libro (Il capitalismo come religione), l’anarchia appare come il centro segreto del potere, che si tratta di portare alla luce, perché un pensiero che abbia deposto tanto il principio che il suo comando diventi possibile.

