
In questo corso, Foucault analizza la nascita del "governo della vita". Il problema che si pone infatti agli albori della modernità è come governare e razionalizzare fenomeni naturali quali la salute, l'igiene, la natalità, la longevità, la "razza" delle popolazioni. Qui si osserva l'emergere del paradigma della "sicurezza" e delle tecnologie di governo destinate a regolamentare i flussi e la mobilità delle popolazioni: cioè quel "disciplinamento della vita" che si impone come correlato indispensabile del "laissez-faire" liberista. Nel procedere del corso, il tema iniziale delle tecnologie della sicurezza lascia il campo all'indagine sulla genesi dello stato moderno e sulle procedure messe in atto per assicurare il "governo degli uomini". Due sono i momenti fondamentali: l'invenzione da parte del cristianesimo di una forma di potere totalmente estranea al mondo greco-romano, che si arroga il compito di guidare gli uomini verso la salvezza dettandone la condotta individuale, e la formazione di una "governamentalità politica", che inscrive la condotta degli individui nell'esercizio di un potere sovrano. Dalla pastorale cristiana alla ragion di stato, allo stato di polizia, secondo un cammino bifronte, insieme individualizzante e totalizzante, che consente allo stato moderno di insediarsi.
Invecchiare è disdicevole, morire inaccettabile. La morte è diventata un pensiero da respingere, la medicina ha il dovere di annientarla. Come un nemico, quello più tremendo. Il senso di sconfitta verso la fine diventa allora insopportabile. Il libro di Marina Sozzi aiuta a toglierci questo peso, a rendere più leggera la vita, ripensando e accettando la morte come un evento naturale, che ci appartiene. Abbiamo "diritto" a morire bene e come vogliamo, ad alleviare il dolore fisico nostro e degli altri, contrastando la paura del distacco, accettando di essere fragili senza soffrirne. Anzi, con la consapevolezza che la ricetta principale della felicità risiede proprio nell'accettazione della fine, che rende unico ogni singolo attimo.
Il volume raccoglie i due scritti più importanti e corposi appartenenti alla prima fase di attività intellettuale del pensatore russo, quando – stando al suo stesso giudizio – “riteneva” ancora di essere un critico letterario. Si tratta peraltro di due testi assai eterogenei, di diversa natura e anche di diversa importanza. Shakespeare e il suo critico Brandes è la prima opera pubblicata da Sv estov in volume autonomo, nel 1898, e la traduzione qui proposta è la prima edizione a livello mondiale in una lingua che non sia l’originale russo. La lettura di Shakespeare risente della recente “scoperta” da parte di Sv estov dell’opera filosofica di Nietzsche, e manifesta un’importante impronta interpretativa tragica, contrastante quando non apertamente polemizzante con la visione del critico danese Brandes. Il valore positivo dell’idea di tragico, incarnato dalla grandezza e dalla dignità morale dei Bruto e dei Coriolano, sarà ben presto soppiantato da una tragicità – sempre su orme nietzschiane – progressivamente più disperata. Una delle prime testimonianze dell’involuzione disperata del tragico è allora proprio l’inedito e incompiuto scritto su Turgenev, abbozzo di testo critico dedicato a Turgenev e Cv echov, il cui contenuto sarebbe confluito in buona parte nella Apoteosi dell’infondatezza di poco posteriore, dove per la prima volta lo shakespeariano “tempo” che è “uscito dai cardini” giunge fino in fondo al suo cammino lasciando il pensiero a una altezza intollerabile per la ragione e per le costruzioni pacificate e onnicomprensive dell’intelletto. Qui nemmeno il riscatto morale troverà più luogo, e come unica via d’uscita rimarrà da quel momento in poi l’invocazione all’Assurdo di Dio e alla contrapposizione Atene-Gerusalemme.
La formazione dell'identità europea è caratterizzata, secondo Mattéi, dalla nascita di uno sguardo che si distanzia dal proprio oggetto e, declinandosi all'infinito, permette di illuminare e preservare la verità di quanto osserva, anche dell'"altro" più remoto. Tracciare la storia della nascita di tale sguardo, a partire dall'incrocio fra mito, letteratura e filosofia, significa stabilire la specificità di quello che è l'unico elemento in grado di definire propriamente l'identità europea. Senza rinnegare le radici stesse da cui è nata l'Europa, Jean-François Mattéi cerca di "tenere la rotta" di una valorizzazione della cultura europea che renda giustizia alla sua storia mediterranea, ai contributi originari del mito e della religione, del pensiero artistico e filosofico, ma, soprattutto, alla dimensione della trascendenza, costitutiva di ogni esperienza artistica, spirituale e teoretica. Come già mostrava Walter Benjamin, senza di essa, ai cittadini europei pare essere rimasta solo la possibilità di muoversi nel mondo dell'economia e delle merci come automi dallo "sguardo vuoto".
Lo Stato sovrano creato all’inizio dell’età moderna non risulta più capace di proteggere noi e tanto meno le generazioni future dal pericolo di una guerra nucleare e dagli effetti del riscaldamento globale, le uniche due sfide veramente globali che chiudono la modernità – ma in modo ben diverso da quel che credono i ‘postmoderni’. La politica si trova ormai dinanzi al compito di lavorare per la sopravvivenza della civiltà materiale che rende possibile la vita del genere umano – e non semplicemente per la sicurezza dei singoli Stati. Ci riuscirà o fallirà? Furio Cerutti ricostruisce qui la genesi storica di quelle minacce letali sorte dalle attività stesse degli uomini e s’interroga sul significato profondo del nostro rapporto con i posteri, la vera chiave per capire se siamo tenuti o meno a fare sacrifici a loro beneficio. Rinuncia invece a fornire ricette di immediata – e caduca – spendibilità politica, preferendo penetrare con sguardo analitico i problemi normativi e istituzionali che soggiacciono alle sfide globali. Questo libro «audace» (Andrew Gamble, recensione dell’originale inglese su «The Political Quarterly»), «rigoroso e ben costruito» (Giacomo Marramao su «Iride») è amaro nel dar nome al male che gli esseri umani hanno fatto e rischiano di fare a se stessi, ma rifugge dal catastrofismo e dai toni predicatori, attestandosi su un discorso insieme filosofico e scientifico che include la scienza politica, la strategia nucleare e la climatologia. «Un libro impegnativo, ma non difficile», come ha scritto un altro recensore, Luca Fonnesu, grazie alla limpidezza delle argomentazioni e alla loro ricca illustrazione empirica.
Gli autori
Furio Cerutti è professore di Filosofia politica all’Università di Firenze e membro della rete europea d’eccellenza «Garnet». Ha recentemente curato il quaderno speciale di «Science and Engineering Ethics» dedicato a Risk and Responsibility e il volume The Search for a European Identity: Values, Policies and Legitimacy of the European Union (2008, con S. Lucarelli). L’edizione originale inglese di questo libro è stata pubblicata nel 2007 negli Stati Uniti.
L'autore confuta la tesi che Dio sia solo una proiezione dell'uomo.
Il ventunesimo secolo si caratterizza in particolar modo per qualcosa che nella storia dell'umanità non era mai stato in dubbio: l'origine dell'uomo. E il venir meno di questa certezza investe, per la sua enorme portata, sia la sfera più intima sia lo spazio politico, producendo ricadute che impongono scelte pubbliche e che, per questo, hanno la forza di condizionare l'agenda delle priorità politiche, generando inedite conflittualità e linee di frattura non scontate.
Con "Schiume", terzo volume della trilogia Sfere, Peter Sloterdijk completa il tentativo di elaborare un nuovo racconto filosofico delle culture umane. Il concetto di sfera rimanda alla tesi chiave dell'autore, per la quale la vita è una questione di forma. Dopo "Bolle", che sviluppa la teoria dell'intimità, e "Globi", che indaga l'età della metafisica alla luce della filosofia europea classica, "Schiume" elabora una teoria filosofica dell'epoca contemporanea che osserva la vita nel suo sviluppo multifocale. L'immagine della schiuma consente di riconquistare il pluralismo delle invenzioni e delle costruzioni di mondi, e offre una metafora con cui descrivere e interpretare l'individualismo moderno e i suoi paradossi. Nel far questo, Sloterdijk attinge a fonti molto diverse, dalla biologia all'architettura, dalla filosofia ai modelli politici e sociali prevalenti, con l'obiettivo di scandagliare le radici di quella che la tradizione sociologica chiama "società".
Il secondo volume della trilogia "Sfere" indaga le dinamiche di passaggio dalle microsfere (bolle) alle macrosfere (globi): sotto i riflettori sono Dio e il mondo, e con essi tutte le figure "macrosferologiche", di natura sia politica sia metafisica, che hanno dato vita a costruzioni simboliche e istituzionali di grandi dimensioni. Sloterdijk traccia un itinerario che, partendo dalle città mesopotamiche, arriva fino alle società contemporanee, interpretando tali costruzioni come dispositivi "immunitari" mediante i quali i collettivi umani erigono difese contro l'insensatezza e l'esteriorità del mondo. Il volume si chiude con un'ampia teoria della globalizzazione, presentata come un monito contro le semplificazioni imperanti nel dibattito contemporaneo: è impossibile comprendere la globalizzazione terrestre moderna, sostiene Sloterdijk, ignorando il fatto che è stata preceduta dalle globalizzazioni metafisiche di matematici, filosofi e teologi, a partire da quella che ha dato vita, con la figura del cosmo, alla prima geometrizzazione filosofica dell'universo.
La trilogia "Sfere", opera maggiore di Peter Sloterdijk, propone una storia filosofica delle culture umane attraverso una figura, la sfera, che rappresenta il cuore del progetto di razionalizzazione dell'immagine del mondo e dell'uomo nella filosofia classica. Le sfere al centro del progetto indicano più di semplici figure geometriche. La capacità di creare forme sferiche implica sin dalle origini della civiltà umana la possibilità di accedere a costruzioni di senso capaci di orientare l'intera esperienza dell'uomo, nella dimensione dell'intimità e in quella definita dagli orizzonti della civilizzazione. In tale prospettiva, "Sfere" esprime il tentativo di definire una visione della storia umana e della condizione contemporanea a partire da una teoria dello spazio animato. Il primo volume, "Bolle", elabora una filosofia dell'intimità, contrapponendo all'immagine autosufficiente dell'individuo il concetto di diade originaria. Si presenta, in questo modo, come un esperimento "micro-sferologico", teso a decifrare i piccoli mondi del vincolo di coppia o della partecipazione simbiotica, ovvero a disegnare figure di animazione che, pur non potendo avere forma sferica in termini geometrici, sono assimilate a sfere metaforiche, cioè appunto a bolle. Con un saggio introduttivo di Bruno Accarino.
Le città possono essere costruite sulla roccia. Niente può essere costruito sulle bugie che oggi ci diciamo. Ma viviamo rintanati nella Città Irreale, e questo libro è una critica alle sue mura che non reggono, alle sue torri che si inclinano e scricchiolano, alle sue porte che né si aprono, né si chiudono.
Quasi tutto il nostro parlare su questioni sociali è insensato. Approcciamo queste discussioni con la mentalità dell’inserzionista, del venditore ambulante, del politico. «Sarete come Dio», disse il serpente (Gen 3,5). Perciò la battaglia dei nostri giorni è teologica, che lo si voglia ammettere o meno.
Un tour tra le macerie di una cultura che ha smarrito il senso della realtà, da una sessualità liquida alla cancel culture, le pagine di Esolen sono la fotografia della città irreale. Ma il suo è anche un percorso di ricostruzione e un rilancio della Città di Dio.
Una lettura obbligatoria per tutti coloro che cercano il sentiero della verità in un mondo impazzito.