
Cosa significa pensare? In "Filosofia e memoria", Carlo Sini risponde a questa domanda essenziale con un'opera che è insieme meditazione e racconto. Il pensiero, ci dice Sini, non nasce dal nulla, non inizia da zero: è sempre una risposta a qualcosa che ci ha preceduti. Pensare è ricordare. È questo il nucleo attorno a cui si muove tutto il libro, che intreccia filosofia e memoria non come concetti astratti, ma come esperienze concrete e vissute. La memoria non è un semplice archivio del passato: è il modo in cui ci orientiamo nel mondo, in cui attribuiamo significato a ciò che ci accade. È l'ambiente in cui il pensiero si forma e prende corpo. Non esiste conoscenza senza una memoria condivisa, una lingua appresa, dei gesti ripetuti, una storia in cui siamo già immersi. Il sapere, allora, non è mai disincarnato: nasce dal tempo, dal corpo, dal linguaggio. La filosofia, in questo libro, non è esercizio tecnico o accademico. È una pratica, un'esperienza che riguarda tutti, perché tutti viviamo dentro la memoria. Le idee non vengono mai da fuori, non si impongono dall'alto: affiorano, si sedimentano, si trasmettono, si trasformano. In questo senso, Sini ci mostra come ogni pensiero sia una risposta che prende forma dentro una relazione: con i maestri, con la lingua, con ciò che ci ha toccati. E ricordare non è mai un atto neutro: è scegliere, ordinare, interrogare, dare forma al senso. "Filosofia e memoria" è un libro che descrive il pensiero come gesto vivente, che si compie ogni volta che proviamo a dire qualcosa che conta. È un invito a ripensare l'origine del sapere non come fondazione astratta, ma come sedimentazione di voci, gesti, affetti. Un testo limpido e profondo, che ci ricorda che il pensiero non nasce da un atto solitario, ma da una fedeltà: a ciò che ci ha preceduti, e che ancora oggi ci parla.
Richard Rorty, profondamente legato alla tradizione intellettuale americana, ma anche molto sensibile ai risultati del pensiero esistenzialistico ed ermeneutico europeo, definisce la propria posizione attraversando criticamente la filosofia analitica, che egli discute e, alla fine, "confuta", sia mettendone in luce intime difficoltà e contraddizioni, sia richiamandosi ai contenuti pragmatistici della tradizione americana, in base ai quali diventa chiaro che la filosofia analitica è ancora una versione, la più aggiornata, della concezione metafisica del pensiero. Con nota introduttiva di Diego Marconi e Gianni Vattimo.
"È una storia del pensiero che interessa tutti per la semplice ragione che il pensiero che nasce dal nostro cervello, dal nostro corpo e dagli istinti dai quali siamo animati, è il solo elemento che ci distingue dagli animali. Ma in che modo? E cos'è il pensiero? Il libro pone queste domande insieme a molte altre - sui nostri sentimenti, sulle nostre ideologie, sul modo in cui viviamo e sulle alternative possibili - che si potrebbero dire i 'fondamentali' che caratterizzano la nostra specie." (Eugenio Scalfari, "l'Espresso"). "Una storia della filosofìa che Umberto Eco e Riccardo Fedriga hanno disegnato con ricchezza di dettagli, destinata a chi voglia accostarsi alla materia senza eccessivi timori reverenziali." (Antonio Gnoli, "la Repubblica"). Un viaggio attraverso la storia del pensiero filosofico, dall'antica Grecia al Medioevo. Un viaggio che unisce le idee alla cultura materiale, le forme del ragionare alla società e al modo di vivere, la filosofia alla storia, all'arte, alla scienza.
La globalizzazione dell'economia e delle comunicazioni impone nuove questioni alla cultura e, in particolare, alla filosofia occidentale. La prima è sollecitata a rispondere alla domanda: la pluralità delle culture va 'sistemata' con prospettive multiculturali, oppure queste vanno superate nel più ampio orizzonte dell'intercultura? La filosofia occidentale, da parte sua, deve porsi il problema se continuare a ritenersi l'unica depositaria del pensiero, o riconoscere finalmente che anche altre civiltà hanno prodotto riflessioni degne del nome 'filosofia'; e, se ammette che questo riconoscimento è necessario, come esso deve avvenire? In un senso evolutivo, come ha fatto Hegel? O mediante un semplice confronto comparativo? O attraverso un dialogo radicale? Queste sono alcune delle questioni cruciali alle quali gli scritti che compongono questo volume tentano di dare una prima risposta in modo non puramente descrittivo, ma con un'intenzione propositiva.
Il volume raccoglie tre saggi di Italo Mancini (1925 -1993), tra i filosofi più significativi del Novecento italiano, passato dalle ricerche di ontologia fondamentale all’elaborazione di una filosofia della religione intesa come ermeneutica della rivelazione e come epistemologia teologica (o coscienza critica della teologia). Un intenso e rigoroso itinerario, che ha avuto una lunga gestazione, del quale non sempre si sono colte le molteplici implicazioni teoretiche, metodologiche e spirituali nel mondo della cultura e in quello della fede. La preziosità di questi tre scritti del grande filosofo urbinate, da tempo non più reperibili, risiede anzitutto nel portare alla luce alcuni aspetti fondamentali e ancora poco conosciuti della sua ricca riflessione: da una sintetica e densa trattazione dell’ermeneutica nel suo sviluppo storico recente, all’approdo ad una originale strutturazione della medesima che offre alla filosofia la possibilità di interpretare la religione senza dissolverla, ma rispettandone la sua essenza rivelativa, portando in evidenza il tema della prassi, «dell’efficacia pratica come momento della verità della religione». In questa prospettiva si colloca l’intervento finale dedicato alla questione, tuttora viva, della demitizzazione biblica, con particolare riferimento alla celebre proposta esegetica di Rudolf Bultmann, della quale Mancini ne chiarisce la portata, ma anche i limiti, sottolineando il pericolo di una dottrina minata da un irrimediabile riduzionismo di una fede senza dogmi da credere, leggi da osservare, riti da compiere, futuro da costruire.
Un dialogo, lineare e intenso, tra un grande filosofo e un teologo sul punto nodale del rapporto tra filosofia e fede.
DESCRIZIONE: Un intellettuale, un educatore, si riconosce attraverso gli autori più amati – assiduamente letti. Autori che disegnano una linea di pensiero, un modello pedagogico, morale. Classici nel senso che ad essi costantemente ritorniamo per meglio formulare le nostre domande essenziali. Ai suoi “maggiori” Matteo Perrini ha dedicato la vita, e negli ultimi giorni aveva ultimato l’insonne confronto con Socrate, Seneca, Agostino, Erasmo, Thomas More, Bergson. A ciascuno ha consacrato, nei lunghi anni del suo insegnamento, una monografia o una traduzione, quasi fossero ricerche in preparazione di questo libro. Un testo dal titolo programmatico: Filosofia e coscienza. Come se nella tradizione occidentale si potesse rintracciare un filo rosso rappresentato dalla coscienza, sia essa la psyché greca, la conscientia latina o la syneídesis cristiana. Consapevole delle ineliminabili differenze, Perrini ha cercato di mostrare in quale modo nella tradizione dell’agostinismo, che fa della coscienza l’orizzonte di senso della vita terrena, fosse confluita l’istanza socratica – e stoica, con Seneca – della responsabilità dell’uomo verso se stesso in quanto responsabilità per gli altri. Responsabilità, da respondeo: ottemperare alla chiamata dell’altro – il daimònion, il prossimo o, per chi crede, il Dio trascendente.
COMMENTO: Una riflessione su filosofia e coscienza attraverso la rilettura di alcuni classici: Socrate, Seneca, Agostino, Erasmo, Tommaso Moro, Henri Bergson.
MATTEO PERRINI (1925-2007), per decenni insegnante di filosofia nei licei di Brescia e fondatore della Cooperativa Cattolico-democratica di Cultura, ha curato per La Scuola l’edizione di classici più volte ristampati: Confessioni di Agostino (1977), A Diogneto (1985), Le due fonti della morale e della religione di Bergson (1996), Ritratti di Thomas More di Erasmo da Rotterdam (2000); inoltre ha pubblicato Seneca. L’immagine della vita (La Nuova Italia 1998) e, in collaborazione con P. Miquel, Le preghiere dell’umanità (Queriniana 1993). Ha collaborato a riviste («Humanitas», «Pedagogia e Vita», «Studium», «Nuova Secondaria») e quotidiani («L’Osservatore Romano», «Giornale di Brescia»).
Questo volume raccoglie i contributi presentati al Convegno dell'ADIF (Associazione Docenti Italiani di Filosofia), tenutosi a Cividale del Friuli nel 2003. Il tema generale riguarda la riflessione del rapporto tra estetica e arte. Una molteplicità di aspetti lo rendono ricco di interesse e rispondente a vari interrogativi ed esigenze che oggi si affacciano nel mondo culturale. All'estetica appartiene la dimensione ispiratrice e intuitiva del bello; all'arte appartengono il momento della formazione dell'opera e del suo godimento: lo svolgersi di questo rapporto dà vita a sempre nuove espressioni che sollecitano la riflessione filosofica a indagare il senso dell'esperienza artistica.

