
L’uomo postmoderno emerge al crocevia di tecnica, religione e politica. Incontrando la persona, la tecnica rimedia ai mali che ne minacciano la salute, non a quelli derivanti dalla sua volontà di potenza. La politica, che per Platone è la ‘tecnica regia’, è necessaria per con-vivere. Si profila oggi un rapporto positivo fra vita civile e religione dopo la lunga privatizzazione di quest’ultima. Impegnata in nuove urgenze (laicità, nichilismo giuridico, libertà religiosa), la teologia politica non è liquidata, né la persona è antiquata, ma da educare: un compito che deve fare i conti con un annoso deficit educativo in Occidente. La tensione pedagogica sviluppatasi nella prima metà del ‘900 è stata dissipata e attende una ripresa.
"L'uomo plasma se stesso" di Georg Christoph Lichtenberg, originale e brillante scrittore del XVIII secolo, riunisce aforismi e pensieri di materia etico-filosofica e socio-antropologica pensati alla stregua di «uno specchio in cui possiate guardare voi stessi e non come un occhialino con cui guardare gli altri». Con ironia e a tratti fine sarcasmo, in queste pagine sono presi di mira e smascherati gli pseudo-intellettuali e le diverse forme di moralismo, le libertà presunte tali, le finte virtù e le false verità; si tratta inoltre del rapporto tra ragione e creatività, di coscienza critica e di differenti e possibili visioni del mondo.
Nella dimensione relazionale della sessualità si trova una chiave fondamentale per capire sia la complessa storia dei rapporti fra uomini e donne, sia i drastici cambiamenti che negli ultimi decenni si sono prodotti nel mondo del lavoro, nella vita in famiglia, nella politica e nella cultura, dove gli uomini e le donne sono diventati ugualmente attivi. Ma l'uguaglianza stabilita al livello delle attività significa forse che le differenze non abbiano nessun tipo di valore personale o sociale? Appoggiandosi sui recenti dati della ricerca psicologica e sociologica, Antonio Malo mette in luce come né le concezioni naturalistiche della sessualità, contrarie a ogni tipo di cambiamento, né quelle postmoderne, che pretendono di de-costruire i sessi, i generi e anche la famiglia, sono in grado di dare una risposta soddisfacente a questa domanda. Egli propone allora di ripensare la sessualità umana da un punto di vista analogico rispetto a quella dei mammiferi più evoluti, senza però cadere in una sorta di biologismo. L'autore evidenzia infatti che qualsiasi tipo di separazione tra sesso e genere equivale a un'astrazione (che presenta come reale qualcosa che esiste solo nella nostra mente) da cui derivano lo stereotipo e l'ideologia. La sessualità umana è invece, una struttura complessa e articolata. Non riguarda solo il sesso corporeo e sociale, ma include anche molti altri aspetti finora poco studiati, come la tendenza sessuata, il desiderio, l'innamoramento, la reciprocità nell'amore, le relazioni d'identificazione e differenziazione nella coppia e nella famiglia, ossia la genealogia, la generazione e l'inter-generazione. Ne consegue che un'identità matura richiede di integrare tutti questi elementi, per migliorare - come uomo o come donna - la qualità delle relazioni umane.
Il compendio dei due volumi del trattato antropologico di Sabino Palumbieri, "L'uomo, questa meraviglia" e "L'uomo, questo paradosso", è il frutto di numerose istanze che si sono delineate nel corso di questi ultimi anni, in svariate sedi accademiche e in numerosi laboratori culturali non soltanto italiani, ma di respiro europeo ed extraeuropeo. L'esigenza di compattare una materia tanto affascinante quanto complessa circa il discorso filosofico sull'uomo nasce dall'urgenza sempre più cogente di rispondere alla grande domanda: "chi è l'uomo?". La piattaforma dalla quale è indispensabile decollare alla volta degli itinerari della bio-etica, delle applicazioni tecno-scientifiche, degli indirizzi macro-economici, delle gestioni socio-politiche, poggia sull'uomo e sul suo mistero. L'uomo, come meraviglia, a ragione della sua multidimensionale struttura metafisica. L'uomo, come paradosso, in forza della compresenza di contrari che lo connotano nello sforzo, lungo i sentieri del tempo e della storia, di "farsi uomo". Un percorso affascinante, che conduce progressivamente il lettore dall'esplorazione della struttura dell'essere umano, sino alla descrizione del suo essere in una condizione che non si delinea come contraddizione dell'esistenza, ma resistenza e stimolo costruttivo alla costruzione del sé.
Dall'inizio dell'epoca moderna l'antichità classica è apparsa come la matrice storica della nostra civiltà e si è continuamente rinnovato lo sforzo di studiarne la fisionomia, di prendere coscienza dei suoi valori. In particolare, dalla fine del Settecento in poi, più ancora che dalla civiltà romana, i migliori ingegni sono stati attratti dal mondo greco. Oggi non possiamo più credere alla civiltà greca come a un modello extra-storico di perfezione, al quale dovremmo tentare di adeguarci: conosciamo i limiti di quella civiltà e sappiamo che l'umanità, nel suo tormento e nel suo lineare cammino, è andata oltre, ma tuttora è impossibile comprendere pienamente le istituzioni politiche, le espressioni artistiche e culturali, le varie visioni della vita odierna, senza rintracciarne le origini nella grecità classica ed ellenistica. Con questa sua opera Pohlenz ha messo a disposizione dei lettori una sintesi che consente di comprendere nella sua interezza l'umanità dei Greci antichi: l'autore fa rivivere l'uomo greco come individuo e come elemento della comunità, nella sua attività creativa di filosofo, di scienziato e di artista, nei suoi rapporti con la divinità e nella sua vita quotidiana.
Pratica Filosofica è una delle formule per indicare varie, innovative, attività filosofiche per non specialisti (Café Philo, "vacanze" e "ritiri" filosofici, seminari e conversazioni, "consulenza filosofica") che, negli ultimi anni, hanno cercato di rispondere al crescente interesse che la filosofia ha suscitato nell'opinione pubblica. Ma qual è il futuro di queste "pratiche"? Per rispondere è necessario capire quale sia, parafrasando Nietzsche, l'utilità e il danno della filosofia per la vita, ma anche in che misura la filosofia, proprio per la sua inattualità, si faccia sempre più necessaria nel mondo di oggi. Temi che vengono qui affrontati, con leggerezza e ironia, in due saggi e un divertito dialogo, nei quali vengono descritti alcuni dei tratti meno ovvi della filosofia ed è messa in luce la sua spesso trascurata importanza per la vita quotidiana degli uomini. Di tutti gli uomini, anche e soprattutto di quelli "non specialisti" in filosofia ai quali la Pratica Filosofica e questo stesso libro si rivolgono.
L’antropologia è oggi al centro del dibattito filosofico. Questioni come quelle dell’unità dell’uomo, della corporeità umana nel suo rapporto con la coscienza, vengono continuamente riprese e discusse. Il presente volume offre, in una sua prima parte, una lucida e densa illustrazione delle più importanti prospettive antropologiche moderne, da Cartesio, La Mettrie, Kant, su su fino a Kierkegaard, Marx, Freud, Nietzsche, Husserl, Heidegger, Sartre, Ryle e altri pensatori ancora. In una seconda parte, l’autrice mostra come la concezione classica dell’uomo, lungi dall’essere ormai solo oggetto da museo, offra la possibilità di superare i monismi riduttivi, o i dualismi esasperati in cui sono insabbiate tante concezioni moderne. La prospettiva difesa dall’autrice consente peraltro di inserire in una visione di insieme coerente anche gli elementi di verità che talune analisi antropologiche contemporanee pur possiedono.
Nel saggio intitolato "L'uomo e la tecnica", frutto di una conferenza del 1931, Oswald Spengler è stato il primo a porre una domanda nuova e fondamentale per la filosofia: "Che significa tecnica? Quale è il suo senso nella storia, quale il suo valore nella vita dell'uomo, quale il suo posto morale o metafisico?". In anticipo su Heidegger, che inizierà la sua interrogazione sulla 'questione della tecnica' a partire dal dopoguerra - e in anticipo anche su quella autentica 'bibbia' della riflessione sulla tecnica che è l'Operaio di Ernst Jünger (1932) - Spengler è il primo ad accostare, in linea con le ardite sperimentazioni musicali di quegli anni, due elementi pericolosamente dissonanti, filosofia e tecnica, o più precisamente, come si esprime nel testo citato, tecnica e metafisica.
La nostra epoca, forse come nessun'altra in precedenza, ha saputo modulare il nesso "uomo-parola" in una ricca e continua "variazione sul tema": la filosofia del linguaggio e l'ermeneutica, la "parola poetica" e la "retorica della parola", l'"ontologia della parola" e la riscoperta del suo valore simbolico e "iconico", sono solo alcuni dei percorsi tracciati da un pensiero, quello contemporaneo, che trova proprio nella "svolta linguistica" il suo significativo contrassegno.Il presente volume, intende essere l'occasione per riflettere su tale nesso attraverso il confronto tra il "pensiero dialogico" e alcune prospettive filosofiche contemporanee.Il pensiero dialogico esige il ripensamento della soggettività in relazione alla parola e al tempo: solo nell'apertura responsoriale a colui che di volta in volta e in modo sempre nuovo mi sta di fronte, può costituirsi un'autentica ragione in dialogo, una ragione per l'altro la quale, secondo l'insegnamento evangelico, accetti la propria indigenza e sappia essere non violenta, mite e povera.
L'uomo e la filosofia, opera postuma di Petr Wust, sembra essere il più significativo contributo dell'itinerario teoretico del pensatore di Colonia. Ad essa non si può muovere quell'accusa di fideismo che era stata, invece, rivolta al testo più noto Incertezza e rischio. Il progresso della nuova prospettiva consiste nella scoperta della reflexio e della devotio. Lungi dall'opporsi l'un l'altra esse, nella speculazione del filosofo tedesco, si “co-appartengono”, generando una permanente e vitale dialettica.
Enrico Piscione, allievo a Perugia di Armando Rigobello, ha conseguito nel 1973 il diploma di specializzazione nella ricerca filosofica all'Università “La Sapienza” di Roma. Insegna Storia della Filosofia all'Istituto Superiore di Scienze Religiose “San Luca” di Catania ed è docente di Logica all'Istituto Teologico “San Paolo” della stessa città. Fra i suoi contributi si segnalano: Antropologia e Apologetica in Gabriel Marcel (Reggio Emilia 1980); Amicizia ed Amore. Dal pensiero antico al Medio Evo cristiano (Catania 1990); Giustizia e legge. Modelli filosofici della dimensione giuridica da Platone a Tommaso D'Aquino (Catania 1993). Nelle nostre collane ha curato il volume di Gabriel Marcel Fede e realtà. Osservazioni sull'irreligione contemporanea.
Mario Tamburino, germanista, si è laureato all'Università di Catania sostenendo una tesi con Giuseppe Dolei su Rainer Maria Rilke. Ha approfondito i suoi studi in Germania con Hermann Kunisch, già allievo di Guardini presso l'Università Cattolica di Eichstatt, avvalendosi di una borsa di studio offertagli dal Rettore Nikolaus Labkowitz. Insegna lingua inglese negli Istituti superiori della provincia di Ragusa. Fra le sue opere figurano: Il tema dell'angelo nelle Elegie duinesi di R.M. Rilke (Catania 1990), Wilde e le gonne dell'infinito (Ragusa 2009) e la prima traduzione italiana di un'ampia scelta del volume Eine Untersuchung über den Staat di Edith Stein (Napoli 1984).

