
Prefazione di Gianni Baget Bozzo
GLI AUTORI
Fabrizio Gualco nasce ad Alessandria il 5 dicembre 1968. Laureato in Pedagogia nel 1996, nel 2000 consegue il titolo di Dottore di ricerca in Filosofia, Storia della filosofia, Estetica presso l’Università di Genova.
Dal 1996 al 2000 ha collaborato agli insegnamenti di Filosofia Teoretica e di Metodologia e critica dello spettacolo presso la Facoltà di Scienze della Formazione di Genova. Dal 2001 collabora con l’ufficio nazionale della Struttura Formazione di Forza Italia. Tra le sue pubblicazioni ricordiamo il saggio “Bellezza e mistero. La proposta estetico-teologica di H. U. von Balthasar”, Colors, Genova 2000.
Alcune dei temi filosoficamente, e non solo filosoficamente, più urgenti, quali la questione della verità, la laicità e la democrazia, il pluralismo religioso e i nuovi ateismi, le condizioni e i limiti della libertà umana, vengono qui affrontati con un metodo ermeneutico dotato di una forte impronta speculativa. Il libro è perciò anche una difesa di un modello molto distante dalla vulgata ermeneutica: esso mostra come il pensiero ermeneutico si debba radicare in una concezione non relativistica della verità e nell'affermazione di un originario pensato come libertà. A questo pensiero dell'originario viene qui tentato un nuovo approccio attraverso l'idea kierkegaardiana della coscienza come rapporto che si rapporta a se stesso.
Percorsi dell'esperienza raccoglie sette studi sull'esperienza umana che l'autore interpreta in una prospettiva spirituale fondamentale - intesa in termini filosofici e non dogmatici o religiosi. L'esperienza spirituale costituisce la preoccupazione comune che attraversa e unifica gli studi ed è al cuore dei "percorsi" proposti, fino al confronto con l'esperienza digitale contemporanea. In definitiva, lo spirituale nell'uomo coincide con la sua più profonda umanità (che l'autore chiama "dimensione" umana, del sottotitolo): e cioè. con l'esperienza radicale del suo essere affidato a se stesso in modo unico e irripetibile, gratuito e imponderabile. Tale esperienza si compie nel presente di ogni istante e di ogni situazione, coincidendo con l'apertura dell'uomo al/del mondo a cui appartiene. Nell'esperienza appare dominante l'idea del viaggio e dell'uscire fuori (ex) attraversando i pericoli e i rischi connessi (per-): ciò che rinvia a una comprensione dell'uomo (homo viator) impegnato in un cammino mai definitivamente compiuto o realizzato e sempre in fieri. L'uomo è un inizio capace di dare inizio: l'inizio di una libertà (H. Arendt) capace a sua volta di dare inizio alla storia. Per questo motivo, Abramo e Ulisse rappresentano due figure archetipiche su cui la riflessione del libro si sofferma a più riprese. In quanto essere dell'esperienza, l'uomo diventa umano attraverso le esperienze che compie: è necessario assumere e attraversare l'esperienza affinché l'umanità si realizzi.
In edizione economica, la traduzione italiana dell'opera più importante di sant'Anselmo d'Aosta. Cur Deus homo ("Perché Dio [si è fatto] uomo", o "Perché un Dio uomo") è il titolo di un saggio di teologia che il monaco e filosofo Anselmo scrisse nel 1098. Il testo è considerato da alcuni addirittura il più importante e impegnativo sul piano dottrinale della produzione di Anselmo. Redatto in forma dialogica (tra Anselmo e Bosone) e articolato in due libri di diversa lunghezza, il Cur Deus homo è storicamente legato alla dottrina della sostituzione o soddisfazione vicaria: la salvezza dell'umanità è resa possibile dall'offerta libera che il Cristo, Dio-uomo, fa di se stesso al Padre per pagare il debito contratto dall'uomo con il peccato d'origine.
"Perché non sono cristiano" affronta con spregiudicata libertà di pensiero un argomento di grande interesse: il sentimento religioso. Russel, pensatore ateo per eccellenza, analizza con semplicità e chiarezza di esposizioni origini, valori e significati della religione cristiana. Un testo imprescindibile per credenti e non credenti, uno dei "classici" più letti di Russell.
Alva Noë affronta il problema della coscienza proponendo una soluzione sorprendente: abbandonare il paradigma che da duecento anni confina la mente all’interno del cervello.
Noë difende l’idea per cui, piuttosto che qualcosa che accade dentro di noi, la coscienza è qualcosa che noi facciamo, è definita dal nostro interagire con il mondo che ci circonda. Un testo provocatorio, che costringerà a riconsiderare la natura della coscienza e, più in generale, la natura della relazione mente-mondo.
L'autore
Alva Noë è professore di Filosofia all’Università della California a Berkeley, dove è anche membro dell’Institute of Cognitive and Brain Science.
"In questo libro, Markus Gabriel prende sul serio la risposta che a metà del secolo scorso il filosofo americano Willard Van Orman Quine aveva dato all'interrogativo ontologico 'che cosa c'è?'. 'C'è tutto'. Per Gabriel tutto esiste allo stesso modo, dagli atomi a Sherlock Holmes, e l'unica cosa che non esiste è il mondo, perché non c'è un campo di senso capace di accoglierlo al suo interno. Gabriel può dire 'tutto è reale, purché non lo si prenda per più di quello che è'. L'esistenza non si riduce dunque agli oggetti naturali, ma viene a comprendere un catalogo più rigoglioso dell'enciclopedia cinese di Borges, fatto di unicorni, fate, tasse, notizie giornalistiche e così via..." (Maurizio Ferraris)
«Perché esiste qualcosa, anziché niente?». Perché, nonostante tutti i nostro sforzi, nonostante la buona volontà e la meccanica, indomabile esistenza, continuiamo a distruggere noi stessi? Domande cui un patafisico non può emersi dal rispondere, perché forse, a nostra insaputa, questo accanimento su noi stessi può essere la più grande opera d'arte mai creata, la più estrema mai concepita da qualunque specie vivente di qualunque pianeta.
Una conseguenza dell'invenzione della scrittura fu che alcuni non si limitarono a leggere quanto era stato scritto in precedenza, ma si accinsero a loro volta a scrivere sugli scritti di altri. E' attraverso questa dinamica costante che un certo numero di opere si è guadagnato lo statuto di "classici". Ma quali sono le ragioni che hanno indotto schiere di autori a occuparsi di interpretare, confutare o rafforzare i classici? E soprattutto: che senso ha oggi avvicinarsi alla lettura di testi filosofici che possono avere origine in un passato culturalmente e cronologicamente anche molto lontano? Il volume ripercorre alcuni momenti centrali del dibattito svoltosi fra Otto e Novecento sui classici e sul processo della loro mediazione. Dopo aver sottoposto a una serrata critica gli argomenti pro e contro ciascun uso possibile dei testi canonici della tradizione, l'autore individua proprio nella loro "alterità" culturale il contributo più efficace che essi sono tuttora in grado di fornire in termini di ricchezza e libertà della conoscenza.
Giuseppe Cambiano insegna Storia della filosofia antica nella Scuola Normale Superiore di Pisa. Fra i suoi libri: "Polis. Un modello per la cultura europea" (Laterza, 2000), "Figure, macchine, sogni. Studi sulla scienza antica" (Ed. di Storia e Letteratura, 2006). E' anche autore del fortunato manuale "Storia della filosofia antica" (Laterza, nuova ed. 2009).
Non sappiamo perché e come l'Homo sapiens abbia sviluppato la capacità di costruire storie. Possiamo però ipotizzare come presumibilmente siano andate le cose. Cioè come un ominide abbia sviluppato la facoltà di narrare storie e come queste lo abbiano avvantaggiato tra tutte le specie. Si tratta dunque di studiare la narrazione, la fiction e la letteratura nel contesto della teoria dell'evoluzione e delle scienze cognitive, prendendo le mosse dalle recenti acquisizioni dell'archeologia cognitiva che mettono in relazione la produzione di utensili e lo sviluppo di capacità narrative. Si comprende così che la narrazione ha un ruolo decisivo nella costituzione del Sé e delle sue protesi esterne, come da tempo sostengono i teorici della mente estesa e della cognizione incarnata. Questo studio si inserisce nel quadro più ampio di una teoria biopoetica della narrazione e di un'antropologia filosofica che non trascura il bios rispetto allo spirito. Per questo, categorie fondamentali come la compensazione e l'esonero possono essere rilette in chiave evoluzionistica e fornire alcune spiegazioni del comportamento narrativo dell'Homo sapiens: il riequilibrio dei suoi deficit funzionali ed esistenziali e il contenimento dell'ansia.
Una intensa riflessione sul dilagare della violenza nel mondo d’oggi: violenza politica, sociale, morale, religiosa. - Le radici morali e filosofiche della violenza viste come assolutizzazione della volontà dei soggetti, contro le norme morali e civili della convivenza.