
Noi siamo il risultato di una serie di imperfezioni che hanno avuto successo. Il nostro cervello e il nostro genoma, due tra i sistemi più complessi che la natura abbia prodotto, sono pieni di imperfezioni. Sono le strutture imperfette a farci capire come funziona l’evoluzione, che non è un ingegnere che ottimizza le sue invenzioni ma un artigiano che fa quel che può e trasforma con fantasia il materiale a disposizione, arrangiandosi e rimaneggiando. Anche la storia naturale che ci ha condotto fin qui è un catalogo di imperfezioni che hanno funzionato, a partire da quella infinitesima deviazione nel vuoto quantistico primordiale da cui nacque l’universo.
Il filosofo della scienza ed evoluzionista Telmo Pievani, tra gli scrittori di scienza italiani più affermati, ritorna con un saggio sorprendente in cui Lucrezio e la scienza del XXI secolo vanno a braccetto. Ripercorrere la storia dell’imperfezione è importante perché oggi una potentissima specie imperfetta domina il pianeta: dunque, comprereste un’auto usata da Homo sapiens?
Dopo Filosofia della montagna Francesco Tomatis prosegue la riflessione sulla dimensione fisica e metafisica, naturale e culturale, economica e spirituale dell’ambiente montano. La montagna è colta in questo saggio denso di riferimenti e spunti come orizzonte e verticalità, ascolto e rifugio, tradizione ed esperienza. Il lettore è condotto passo a passo, come da una guida alpina, attraverso le idee e le esperienze di pensatori, scrittori e artisti che condividono una visione originale: la montagna quale fonte di vita e conoscenza piuttosto che oggetto di sfruttamento e scenario ludico. Senza pretesa di esaustività, l’autore si concentra su un nucleo di questioni: il valore esperienziale del cammino aperto in verticale, l’abitare alpigiano capace di elaborare una raffinata cultura del limite, a contatto con la natura e il suo mistero, la riscoperta della civiltà occitana e dei valori di fraternità e grazia, verità e libertà, non-violenza e laboriosità, coraggio e umiltà, il candore alpino inteso come dimensione alla quale elevarsi, ritornando a valle trasformati. Il percorso argomentativo evoca e ispira un’ascesa, fatta di altrettante tappe di una ricerca personale ma anche comunitaria: non è un caso che l’ambiente montano abbia favorito l’emergere di comunità libere, precorritrici di originali forme di convivenza. Diventa prezioso, oggi più che mai, confrontarsi con “filosofie della montagna” elaborate da alpinisti e pensatori, riflettere su modelli di vita alternativi e rivoluzionari improntati alla cura della natura nella sua ciclica rigenerabilità. Ma anche a una rispettosa costruzione del paesaggio, alla ricerca di benessere e condivisione attraverso l’attingimento della dimensione spirituale essenziale a ogni vita. Un viaggio affascinante che insegna non solo a contemplare la montagna ma ad ascoltarla e viverla.
Nata da una costola della filosofia, la scienza ha percorso un lungo cammino prima di emanciparsi e assumere una propria identità. I suoi successi sono sotto i nostri occhi ogni giorno e si può ben dire che la modernità è segnata dal trionfo della scienza su ogni altro tipo di conoscenza, compresa quella filosofica. Eppure, oggi più che mai, ci accorgiamo di come non si possa fare a meno della filosofia per ragionare e riflettere sulla scienza. Quali sono, se ci sono, i limiti oltre i quali la scienza non è in grado di spingersi nella conoscenza dell'Universo? In che modo la scienza modifica l'ambiente in cui viviamo e quanto è legittimata a farlo? E quali sono le implicazioni etiche di ricerche e trattamenti che indagano sui meccanismi più profondi della vita umana? In termini chiari e accessibili, questo libro tratta temi e problemi filosofici che sono basilari per comprendere la natura e la pratica della scienza: apparenza e realtà, conoscenza e dimostrazione, razionalismo ed empirismo, realismo e antirealismo, metafisica, utopia, intelligenza artificiale e tanto altro ancora.
Introduzione alla lettura di Del Noce, questo volume si segnala per una rigorosa ricerca critica, sostanziata dallo studio diretto dell'intero complesso della pur sterminata produzione delnociana ed insieme da una sagace capacità di valorizzazione di tutto il complesso, anch'esso vastissimo della letteratura su Del Noce.
Autoritarismo, fanatismo, catastrofismo, terrorismo. Questi sono solo alcuni dei volti di un'imponente reazione anti-illuminista che caratterizza, e spesso domina, il racconto del nostro presente. Di fronte all'attuale crisi di civiltà, la risposta sembra contemplare soltanto due vie d'uscita: condanna o salvezza. Ma ciò che si nasconde dietro questa divisione manichea è in realtà una resa: la nostra rinuncia alla libertà, vale a dire a migliorare insieme le nostre condizioni di vita. Perché crediamo in questi racconti apocalittici? Quali paure e quale opportunismo li alimentano? In questo agile pamphlet, la filosofa Marina Garcés teorizza un nuovo illuminismo radicale, un atteggiamento che sia in grado di contrastare le facili credulità del nostro tempo e di opporsi alle conseguenti forme di oppressione. Prefazione di Michela Murgia.
Che cosa succederebbe se di punto in bianco decidessimo di conoscere noi stessi al modo degli antichi Greci? E se per farlo ci scegliessimo per maestri Pitagora e Parmenide, Epitteto e Pirrone, Epicuro e Diogene? Potremmo scoprire che le scuole dell'antichità non hanno mai chiuso davvero - non finché penseremo alla felicità come a un destino da conquistarci. Attraverso la cronaca di sei settimane «filosofiche», ciascuna vissuta nel rispetto dei precetti di una diversa scuola, Ilaria Gaspari ci guida in un insolito esperimento esistenziale, a tratti serissimo, a tratti esilarante. Scopriremo così che piegandosi alle regole astruse del pitagorismo si può correggere la pigrizia patologica, mentre i paradossi di Zenone mettono a nudo certe strane contraddizioni nel modo in cui siamo abituati a considerare il ritmo della vita. E se essere epicurei non è così piacevole come sembra, il cinismo può regalare gioie inaspettate. Un esercizio di filosofia pratica che ci insegnerà a sentirci padroni dell'attimo che fugge.
Può un robot riuscire a leggere i segnali sociali umani e rispondere in modo convincente? Può comunicare attraverso le emozioni? Uno dei settori emergenti dell’intelligenza artificiale, la robotica sociale, sta trasferendo queste domande dalla science-fiction alla ricerca teorica e applicativa. I robot prodotti da questa disciplina sono macchine ideate per interagire con gli umani in modi socialmente significativi, ricoprendo ruoli quali il mediatore educativo, l’assistente ad personam o l’aiuto-infermiere. Paul Dumouchel e Luisa Damiano propongono un’esplorazione filosofica delle frontiere odierne della robotica sociale, mettendone in luce i presupposti teorici e gli sviluppi sperimentali che aprono nuove strade per pensare la mente, la socialità e l’emozionalità umane. Percorrendo queste direttrici, gli autori entrano nel dibattito delle scienze della mente e dell’intelligenza artificiale, sviluppando un approccio innovativo alle sfide etiche imposte dal progetto di farci affiancare da partner sociali artificiali.
Recitare il De profundis sulla metafisica moderna - antirealistica, logicistica, dialettica, totalizzante - ed esplorare le virtualità della filosofia dell'essere sono i cammini che questo volume percorre, intrecciando riflessione teoretica e riflessione storiografica, e dando voce ad autori come Aristotele, Tommaso d'Aquino, Hegel, Gentile, Maritain, Heidegger, Bontadini, Balbo, Severino. La metafisica moderna si conclude con uno scacco che non coinvolge la filosofia dell'essere: questa può rilanciare il suo discorso sull'ente, il nulla, il divenire, la causalità, il cominciamento fatto dall'essere invece che dal pensiero, la trascendenza, la creazione e il nichilismo.
Il tema è universale. Forse non c’è tema più universale di questo: che cosa significa per noi umani nascere.
«Il primo e forse il più radicale fallimento della nostra cultura è il fatto di prendere avvio dall'essere umano in quanto tale. Ora, questo nostro essere non corrisponde a un essere vivente, ma a un'idea o a un'entità costruita»
Non ci sviluppiamo dalle radici come una pianta, e non siamo neppure autosufficienti come Dio. Così, siamo gli unici viventi che mancano di un’origine, e ne vanno sempre alla ricerca. Privi di un «essere» originariamente identificabile, dobbiamo assumerci la responsabilità della nostra esistenza e del nostro destino. Come? «In primo luogo, coltivando il nostro respiro, una risorsa che troppo passivamente abbiamo attribuito a un Dio estraneo alla nostra esistenza terrena, sebbene il respiro sia ciò che ci permette non solo di vivere autonomamente, ma anche di trascendere la mera sopravvivenza, di superare il livello della mera vitalità, così da essere in grado di portare a compimento un’esistenza umana. Incaricarci di incarnare la nostra appartenenza sessuata è il secondo elemento che ci rende capaci di adempiere la nostra esistenza naturale, pur trascendendola». La sessuazione compensa l’assenza di radici attraverso la spinta all’unione tra due esseri: «Dove prima non c’era nulla tra loro, se non l’aria, a partire dalla loro attrazione e dalla loro capacità di assumere il negativo della loro differenza nasce il germe di un nuovo essere umano e di un mondo in cui possiamo davvero dimorare». La potenza di pensiero di Luce Irigaray si muove con «con passi di colomba» – direbbe Nietzsche – e vince ogni scetticismo circa l’arditezza di un compito di trasformazione che riparta dall’istanza incondizionata della vita in sé, e non dagli «assoluti sovrasensibili che troppo spesso sono il risultato della nostra incapacità di vivere».
«L’ermeneutica ha scelto come piste preferenziali, sin dalle sue stesse origini, la ricerca della verita?, la sua interpretazione e comprensione nel corso della storia umana, la sua possibile comunicabilita?, la sua portata umanizzante prismata in un universo che non si e? solamente declinato e risolto in un ambito prettamente teoretico, ma e? restato anche indissolubilmente legato a quella sfera di certo ardua della ricerca sapienziale, che e? l’operazione morale tipica della speculazione della filosofia pratica. Il lavoro imponente che dunque l’ermeneutica ha governato nel corso del tempo, e? stato quello di tentare di coniugare l’orizzonte teoretico-speculativo con quello schiettamente incarnato dell’ortoprassi, senza perdere mai di vista il fondamento che rende la scienza ermeneutica della tradizione gia? antica coincidentemente scienza filosofica, vale a dire amore e conoscenza della verita?. Questo filo che vede avvitati insieme la dimensione teoretica con quella pratica, e che ha sin dalla sua genesi caratterizzato la storia dell’ermeneutica veritativa, e? rinvenibile stabilmente nella pluridecennale ricerca aggiornata di Gaspare Mura, la cui opera rappresenta uno dei casi piu? significativamente approdati di sintesi del fondamento della scienza ermeneutica veritativamente impostata, nella declinazione drammatica, per usare un termine caro a Platone, della speculazione stessa, con le analisi delle implicazioni pratiche tipiche dell’azione e della scelta umana.» Dalla Introduzione di Cristiana Freni.
Biografia
Gaspare Mura è Professore Ordinario Emerito di filosofia della Pontificia Università Urbaniana, dove ha ricoperto le cattedre di Storia della filosofia antica, Filosofia della religione, Ermeneutica filosofica, ed è stato Direttore dell’Istituto Superiore per lo Studio dell’Ateismo, dell’Urbaniana University Press e della rivista di Filosofia e Teologia “Euntes Docete”. È stato docente di Ermeneutica filosofica presso le Pontificie Università Lateranense e della S. Croce e dal 1993 al 2013 Consultore del Pontificio Consiglio della Cultura. Ha al suo attivo oltre 100 pubblicazioni dedicate alla filosofia ermeneutica, alla filosofia della religione ed allo studio del fenomeno religioso. I 4 volumi degli Scripta Hermeneutica, ordinati per tematiche: ermeneutica veritativa, filosofia pratica, religione e teologia, interpretazioni storiche, si articoleranno in modo da comporre un quadro organico del pensiero dell’Autore, suggerendo le ricche potenzialità dell’«ermeneutica veritativa».
Cristiana Freni è docente stabilizzata nella cattedra di Filosofia del Linguaggio della Facoltà di Filosofia, e nella cattedra di Estetica presso l’Università Pontificia Salesiana (UPS). Visiting Professor per le cattedre di Antropologia Sistematica e Antropologia Empirica presso l’Accademia Alfonsiana, Istituto Superiore di Teologia morale, della Pontificia Università Lateranense. Visiting Professor di Antropologia filosofica presso la Scuola Internazionale di Medicina Omeopatica Hanemanniana. Membro direttivo di diverse riviste scientifiche, fa parte di molte associazioni culturali con cui collabora per la programmazione e la realizzazione di iniziative a sfondo nazionale ed internazionale. Ha al suo attivo svariati studi.
Anziani considerati ormai 'vecchi', fuori dal ciclo produttivo e soprattutto da quello del consumo. Giovani che non hanno più il diritto di essere giovani, ma sono inseriti da subito nella giostra delle competenze da acquisire, dei risultati da conseguire, con l'imperativo di essere 'imprenditori di se stessi'. Fragilità umane di tutti noi che vengono stigmatizzate come intoppi nella realizzazione di una felicità del qui e ora, col risultato di impregnarci di angoscia e paura del futuro. Non è lo scenario distopico di un libro di fantascienza, ma il panorama della nostra situazione attuale. Come ci siamo arrivati? Quando abbiamo abdicato alla nostra irriducibilità a una modellizzazione meccanica? Perché abbiamo accettato di diventare un mero 'bilancio di competenze' governato da un algoritmo ottimista, e perché ci siamo lasciati convincere che saremo migliori e più felici se ci lasceremo 'aumentare' dalle macchine? Ma soprattutto: c'è una via di resistenza a tutto questo? Miguel Benasayag, che da sempre si muove all'incrocio tra psicanalisi, biologia e filosofia e che per il suo essere un resistente ha anche pagato un prezzo personale, come racconta più volte in questo libro, raccoglie l'appello di una società impaurita e le propone una scommessa per un futuro diverso: un futuro di persone singolari, ricche delle proprie diversità, delle proprie qualità e incrinature, che vivono in relazione tra loro. Solo accettando di andare al di là del semplice 'funzionamento' della macchina e riguadagnando invece la complessità piena di senso dell'umano, si può tornare a considerare senza angoscia la morte come parte dell'esperienza sapida della vita, a guardare la fragilità del corpo e delle emozioni come ricchezza della relazione con gli altri. E recuperare così uno sguardo aperto verso un futuro che sia sempre meno un risultato e sempre più un cammino, a volte facile e a volte difficile come la vita vera.
La contemporanea società globalizzata è paragonabile all’antica Babilonia che seppe dominare su molti popoli senza sconvolgere le loro tradizioni ma sottoponendoli a un solenne giuramento di fedeltà alla sua autorità con gli obblighi scali che ne derivavano. Una situazione che vediamo oggi con l’europeismo fiscale e monetario e l’affermarsi di un pensiero unico finalizzato ad un irreligioso conformismo di massa.
Note sull'autore
Francesco di Maria è nato a Cosenza nel 1949, dove ha vissuto e lavorato, in qualità di docente liceale di filosofia e storia fino al 2006. Ha pubblicato numerosi volumi filosofici: su Antonio Banfi, Piero Martinetti, Federigo Enriques, su pensatori europei quali Francesco Bacone, Karl Marx, Sigmund Freud, Edmund Husserl, Emmanuel Mounier, Cornelius Castoriadis. Un esito consistente del suo nuovo corso religioso e filosofico è rappresenta-to, oltre che da questa opera, da un ponderoso volume su Maria di Nazaret, intitolato Maria combattente di Dio (BookSprint, 2018).