
Nato a Montefalco (Perugia) nel 1857, Federico (Righetto) Cionchi, dopo un'infanzia segnata da numerose apparizioni della Madonna, condusse una vita semplice, ordinaria, fatta di piccole cose, fra Roma, Bassano del Grappa e Treviso, dove morì nel 1923.
Si può essere perfetti discepoli del Signore anche attraverso la vita laicale e familiare? Il matrimonio può essere davvero una strada per diventare santi?Gianna Beretta Molla, proclamata santa da Giovanni Paolo II nel 2004, è nota soprattutto per le circostanze eroiche della sua morte: nel corso della sua quarta gravidanza ha infatti preferito rischiare la propria vita, perdendola, pur di far nascere sua figlia.Ma prima acnora di questo suo ultimo gesto eroico Gianna è santa perché, all'interno di una vita assolutamente normale, ha vissuto in assoluta fedeltà al Vangelo e in perfetta coerenza con la sua fede cristiana.`La grandezza di Gianna Beretta Molla consiste nel fatto che ella ha compiuto i nostri stessi passi, ha avuto i nostri problemi e le nostre difficoltà, mostrandoci che, nella normalità, ci si può santificare`, ha scritto di lei il cardinal Martini.Santa per come ha vissuto, quindi, prima che per come è morta: è la sua vita, non la sua morte, a essere esemplare. Gianna Beretta Molla. La santa innamorata è, più che una biografia, una testimonianza di fede vissuta intensamente nel quotidiano da una donna come tante altre. Una donna santa.
Bianca Ernesta Forni nasce a Bonacina di Lecco nel 1944. Entra nel Monastero delle Romite dell'Ordine di Sant'Ambrogio a Bernaga (Perego). Il diario che ci ha lasciato, ci racconta un amore intensissimo verso Dio e verso i fratelli. L'essere monaca non le impedì di sentirsi per "gli altri": missionaria nel cuore della Chiesa e del mondo, sulla via percorsa tempo prima da S. Teresa del Bambin Gesù. Muore nel 1977.
Questo libro, composto da due tomi, è come un puzzle le cui tessere sono ricavate da oltre 90 Quaderni promossi a partire dal 2002 dall'ultimo segretario del cardinale Colombo, monsignor Francantonio Bernasconi. Vi si trovano testimonianze e rievocazioni che sottolineano i molteplici aspetti della ricca personalità di Colombo, che fu arcivescovo di Milano durante la transizione ecclesiale del Concilio Vaticano II. A notizie biografiche poco note, si affiancano approfondimenti sull'indole letteraria del cardinale, che coltivò soprattutto da giovane sacerdote, e temi di attualità sull'applicazione delle novità conciliari, sulle sfide sollecitate dalla stagione del terrorismo, delle campagne inerenti al divorzio, all'aborto, al femminismo. Sono numerosi gli interventi inediti dello stesso Colombo, assieme a voci significative, come quelle di Dionigi Tettamanzi - che ha promosso la presente opera - Carlo Maria Martini, Giacomo Biffi, Inos Biffi, Luigi Negri, Giorgio Rumi, Alberto Chiari, Italo De Feo, Giorgio Torelli e di Eliana Versace.
La religiosità di Ezra Pound (1885-1972) rimane un mistero fitto e largamente inesplorato.
I pochi studiosi che si sono cimentati nella ricerca hanno sottolineato gli elementi esoterici e neopagani presenti nell’infinito cantiere dei Cantos e nella saggistica del poeta statunitense.
Il pionieristico saggio di Andrea Colombo indaga, invece, il vivissimo interesse di Pound anche per il cattolicesimo e illustra i risvolti della sua estetica e del suo pensiero economico, spesso ispirati dalla dottrina sociale della Chiesa, dalla filosofia neoplatonica di Riccardo di San Vittore, di Scoto Eriugena e di Roberto Grossatesta, come da altri pensatori di età patristica e medioevale ingiustamente trascurati. In appendice vengono pubblicati per la prima volta alcuni testi poundiani, fra cui le lettere al diplomatico vaticano monsignor Pietro Pisani e al sacerdote di «Crociata Italica» don Tullio Calcagno.
«Il presente lavoro di Andrea Colombo completa coraggiosamente il mosaico con l’approfondita lettura di testi difficilmente accessibili» (dall’Introduzione di Mary de Rachewiltz).
L'AUTORE
Andrea Colombo vive a Milano, dove lavora come giornalista di Libero. Ha tradotto e curato varie opere di Ezra Pound e di G.K. Chesterton. È autore del saggio Curare l’anima. Itinerari dello spirito (Leonardo Mondadori).
In mezzo all’enorme mare degli scritti di Péguy, qual è il punto essenziale? Péguy ha lasciato pagine memorabili di sofferta partecipazione al dramma degli esclusi, di penetrante critica dell’uso ridotto della ragione tipico del «mondo moderno», di veemente ribellione di fronte alla «mistica» rimpicciolita in «politica», di partecipata immedesimazione con passi del Vangelo, di passione per la propria patria: che cosa privilegiare? Péguy ci ha inoltre parlato in modo indimenticabile della «piccola speranza», della nobiltà del «lavoro ben fatto», della grazia che buca le corazze più dure ed è impotente di fronte alle «anime abituate», del padre che è «il più grande avventuriero della storia» e del bambino che è «l’innocenza» che non si recupererà mai più, di Dio quasi imbarazzato di fronte alla libertà umana. Tutto questo ruota attorno al punto infuocato riassunto dalla parola «avvenimento». Péguy, infatti, ci ha aiutato a ricordare che la dinamica dell’avvenimento è essenziale per ogni autentica conoscenza. Alain Finkielkraut lo aveva scritto anni fa e lo ha approfondito nell’intervista che ci ha concesso in occasione della mostra e che pubblichiamo integralmente in questo catalogo. Péguy ci ha anche ridetto, con splendore di parole taglienti, che il cristianesimo stesso è, supremamente, avvenimento e che ridurlo a qualsiasi altra cosa – discorso o morale, organizzazione o devozione, ricordo o utopia – significa immiserirlo fino al punto di soffocarlo.
Tra le numerose ninfee dipinte da Claude Monet la migliore - secondo Charles Péguy (1873-1914) - non sarà l'ultima, frutto di un crescente apprendimento, bensì la prima, figlia dello stupore. Solo lo stupore, infatti, veramente conosce. Il resto è "sistema" rigido, è imporsi del "bell'e fatto", è invecchiamento prodromo della morte. Non è più avvenimento. Con questa rivoluzionaria impostazione Péguy ha guardato il "mondo moderno" denunciandone la forza avvilente, ha combattuto per la "città armoniosa", ha ritrovato la fede di quand'era bambino, ha vissuto da "cristiano della comune specie", ha cantato le meraviglie della "giovane speranza" e la grandiosa avventura di Eva/umanità. Ed è morto in battaglia, perché il rapporto con l'Eterno e con l'Infinito si gioca tutto nella brevità di un tempo e nella carnalità di uno spazio.
Padre Romano Scalfi si è spento il 25 dicembre 2016 all'età di 93 anni. La sua vita è indissolubilmente legata a Russia Cristiana, il centro studi da lui fondato nel 1957 allo scopo di far conoscere in Occidente le ricchezze della tradizione spirituale ortodossa e di sostenere la presenza cristiana in Russia. Tutto questo negli anni della persecuzione comunista e del silenzio indifferente del resto del mondo. Un pioniere dunque, che tra gli altri meriti ebbe quello di essere uno dei maggiori diffusori in Occidente della cultura del dissenso, espressa attraverso il samizdat. Padre Scalfi ha operato instancabilmente fin dagli inizi sul fronte del dialogo ecumenico certo com'era che «le mura delle nostre stupide divisioni, per quanto alte siano, non arrivano fino al cielo». Frutto di questo suo desiderio è stato il centro culturale «Biblioteca dello Spirito» fondato a Mosca una decina di anni fa, un luogo di incontro che coinvolge cattolici e ortodossi, «eredità dello spirito di apertura, fiducia, capacità di rischiare che era proprio di padre Romano, un'autentica prosecuzione del suo carisma» (dalla Prefazione di mons. Paolo Pezzi).
Charles Péguy: scrittore originale e prolifico, uno dei più innovativi pensatori cristiani tra Ottocento e Novecento. Si è schierato apertamente contro le falsità della politica, la presunzione della scienza e degli intellettuali: insomma, contro il vuoto del "mondo moderno". Ha speso la vita nel mettere al centro l'umano, con i suoi dolori, miserie e speranze, donando così una linfa nuova tanto al socialismo della giovinezza quanto alla fede della maturità; per questo, è stato isolato. Oggi la sua figura riconquista il posto che gli compete - anche grazie ad "ammiratori" quali Giovanni Paolo II, don Giussani e von Balthasar - ma resta ancora molto da scoprire. Pigi Colognesi ci propone la prima biografia italiana del grande autore: un'accurata introduzione al suo pensiero e alle sue opere. Il modo migliore per avvicinarsi a una vita che continua a parlare al presente. Prefazione di Davide Rondoni.
Con l’intenzione di dare vita a un’iniziativa che faccia conoscere in Italia la ricchezza della multiforme tradizione religiosa russa e la condizione di persecuzione in cui vivono i cristiani russi soggetti al potere sovietico, padre Romano Scalfi fonda nel 1957 Russia Cristiana, prendendo contatto con coloro che vede già interessati, monsignor Enrico Galbiati, il grande studioso di cristianesimo orientale e don Luigi Giussani che lo invita a tenere le sue riunioni settimanali sulla Russia nella sede milanese di Gioventù Studentesca.
Già a partire dagli anni sessanta Scalfi e i suoi giovani avviano contatti diretti con la realtà dell’URSS. È questo un capitolo reso insieme avventuroso e drammatico dalla durezza delle condizioni imposte dal potere sovietico, ma che consente a quelli di Russia Cristiana di conoscere, fra i primi in Italia, il fenomeno del samizdat, l’editoria clandestina, ed entrare in contatto con gli esponenti del dissenso, in particolare quello religioso.L’attività culturale ed editoriale di Russia Cristiana nel nostro Paese si è ampliata nel corso del tempo e fa capo a una Fondazione che, oltre alla rivista «La nuova Europa» e una casa editrice, promuove convegni, pellegrinaggi e la scuola iconografica di Seriate (Bergamo).
Pigi (Pierluigi) Colognesi è nato nel 1957. Ha fatto parte della redazione del mensile di Comunione e Liberazione «CL-Litterae Communionis», di cui è stato direttore dal 1989 al 1993. Ha poi lavorato per tre anni con padre Romano Scalfi, dedicandosi in particolare alla rivista «La Nuova Europa», alle edizioni de La Casa di Matriona e alle iniziative della Fondazione Russia Cristiana. Collabora con le pagine culturali di diversi quotidiani e riviste.
Gennaio 1960. Un ragazzo cammina per strada. È uscito da scuola. A casa, ad aspettarlo, la madre operaia, il padre invalido. La povertà e la dignità nella luce di una fede semplice e pura. Il ragazzo non torna a casa, va all'oratorio. Virginio ha scoperto la vocazione. Autunno 1962. In seminario, lo studio, i giochi. La vitalità dell'adolescenza stride col rigore delle regole. La forza della fede vince su tutto. Giugno 1969. Prete, il primo incarico, in Bovisa, quartiere operaio nella periferia di Milano, disagio sociale e voglia di riscatto. Voglia di protestare e di abbattere le porte dell'indifferenza. Don Virginio è in prima fila. Aprile 1981. Tre giorni in un monastero a fianco del cardinale Martini, immerso nel suo sguardo colmo di attesa e di fiducia. La nuova spinta, a partire ancora una volta dagli ultimi. Poi la direzione della Caritas ambrosiana. Infine la realizzazione di Casa della carità. "Non per me solo" offre al lettore l'esperienza di vita di un sacerdote che ha fatto una scelta, che rinnova ogni giorno. Mettersi a servizio degli altri. Disabili, donne maltrattate, senza tetto, rom, migranti. Questo libro dà voce a tutti gli esclusi dalla società a cui la vita di don Virginio si è intimamente legata, fino all'ultimo approdo in Casa della carità, la casa di accoglienza voluta da Carlo Maria Martini e presto diventata faro di umanità solidale nella nebbia della metropoli milanese.
"La mia sofferenza di questi giorni: capire la gravità della crisi, vedere come uscirne con uno slancio di solidarietà maggiore... se il Signore vuole!" Luglio 2013. La crisi economica incalza Casa della carità, generando timori e incertezze negli ospiti, negli operatori, nei volontari. Don Virginio cerca una risposta alla disperazione che si diffonde. Chiama i collaboratori a un confronto serrato e li coinvolge in un progetto di cambiamento e di ripresa, che viene esteso alla partecipazione della cittadinanza. Inizia così l'avventura estiva in cui Casa della carità, oltre ai suoi frequentatori abituali - donne, bambini, anziani, uomini poveri tra i più poveri -, si aprirà a chiunque sia disponibile a un'esperienza comune di riflessione, anche nelle forme della convivialità e dell'intrattenimento teatrale e musicale. Un modo collettivo di dirsi "Regaliamoci speranza". Come contrappunto, nel silenzio della cappella, don Virginio registra il diario di quelle ore, in cui riversa preoccupazioni, ragionamenti e aspettative. Invoca e sfida con ostinazione la Provvidenza. Si scontra e si riconcilia con la propria fede, non smette di interrogarla. Il percorso interiore della sua personale avventura estiva è testimoniato senza reticenze e provoca la coscienza di chi oggi subisce le difficoltà, di chi le causa, o di chi, con la propria indifferenza, le lascia perdurare.