
Agrigento, 21 settembre 1990.
Il giudice Rosario Livatino muore sotto i colpi di arma da fuoco di due sciai mafiosi. Le sue ultime parole sono: "Cosa vi ho fatto, picciotti?" In questa domanda si rivela un uomo giusto, giusto sino alla fine.
Roma, 18 settembre 2015.
Politici, religiosi e operatori della giustizia so riuniscono al Convegno "25 anni dopo. Rosario Livatino: diritto, etica, fede".
Quella che emerge dagli Atti è la testimonianza di un uomo straordinario, di un giudice integerrimo, di un cristiano vero.
Il 21 settembre 1990 un commando di killer mafiosi intercetta un giovane magistrato che sta per recarsi, come ogni mattina, al suo ufficio di Agrigento su una modesta utilitaria, senza scorta, e lo assassina. La sua unica "colpa": aver teorizzato, e praticato, la funzione di giudice come mite, ma inflessibile, custode della legalità democratica. La sua vicenda è stata raccontata più volte in articoli, libri, sceneggiati televisivi e anche in un film. Qui, per la prima volta, ne viene proposta una lettura teologica che inserisce la figura e l'opera del magistrato nel contesto storico-culturale del Concilio Vaticano II e, coerentemente, ne evidenzia i caratteri paradigmatici del battezzato, maturo spiritualmente, responsabile civicamente, impegnato sino al dono della propria vita nella testimonianza dei valori evangelici. L'Autore si basa sui documenti originari sia di Livatino sia di quanti lo hanno conosciuto e ne hanno narrato la personalità, lo stile, i gesti. La monografia, pur redatta con severi criteri scientifici, è impregnata da un sincero afflato di ammirazione e si direbbe di affetto nei confronti di Livatino, tanto più amabile in quanto rappresentato, senza retorica agiografica, anche nei suoi momenti di incertezza e di apprensione.
Rosario Livatino, giovanissimo magistrato siciliano, morì il 21 settembre del 1990, ucciso dalla criminalità organizzata mentre percorreva con la propria automobile, privo di scorta, la principale via di comunicazione tra Agrigento e Caltanissetta. Solo da questo momento, caduto in terra, l’evangelica immagine del chicco di grano, raccontata nel Vangelo di Giovanni, inizia a portare frutto: «In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto» (12,24). L’esperienza di fede cristiana e la vita di Rosario Livatino – come lui stesso riportava nelle sue agendine, con una abbreviazione (S.T.D.) – furono vissute con l’evidente consapevolezza di ritrovarsi – a casa come nell’aula di un tribunale – Sub Tutela Dei, sotto lo sguardo di Dio!
Autore
Michelangelo NASCA ha studiato presso la Pontificia Facoltà Teologica di Sicilia «San Giovanni Evangelista». Insegnante di religione, docente di teologia dogmatica presso la Scuola teologica di base «San Luca Evangelista» di Palermo. Giornalista vaticanista collabora con «Vatican Insider» (La Stampa) e «Korazym.org». È direttore della rivista «Theofilos» e presidente provinciale dell’Unione cattolica stampa italiana. Per le Edizioni Messaggero Padova ha già pubblicato Pino Puglisi (2015).
Rosario Livatino: un giovane, un giudice, un cristiano. Non un santo a tutti i costi, non un superuomo, ma un uomo come mille altri. Innamorato della vita, della giustizia, della verità. Eroe per caso nella terra dei limoni e dei carretti, della lupara e del tritolo mafioso. Uno dei cosiddetti "giudici ragazzini" chiamati a fronteggiare "Cosa nostra". L'Italia lo conobbe dalle pagine dei giornali soltanto all'indomani della sua morte, avvenuta il 21 settembre 1990, mentre percorreva la statale 640 per recarsi al lavoro presso il Tribunale di Agrigento. Dopo il barbaro assassinio, la sua figura ha cominciato a distinguersi nell'immaginario di chi vive nell'Italia di oggi ma ne sogna una diversa. Un servitore dello Stato. "Un martire della giustizia e, indirettamente, anche della fede?", come ha detto di lui Giovanni Paolo II ad Agrigento il 9 maggio del 1993. Quello tracciato da Maria di Lorenzo è un ritratto semplice e veritiero: di un testimone dei nostri tempi.
Questo libro presenta la figura del giudice siciliano Rosario Livatino (1952-1990), oggi Servo di Dio. Lavora al Tribunale di Agrigento prima come sostituto procuratore per oltre dieci anni, poi come giudice a latere. Con capitoli brevi e forma narrativo-discorsiva, vengono delineate l'infanzia del giudice, la sua formazione umana e di studi, la sua vita professionale, infine la sua morte, appena trentasettenne, per mano di sicari della mafia. A dare maggiore spessore contribuiscono i passi tratti dalle agende che il giudice aggiornava ogni giorno dal 1978 e la ricostruzione dell'agguato, tramite le sentenze dei processuali. L'opera, inoltre, approfondisce la fede cristiana di Livatino. Nella seconda parte sono riportate le uniche due relazioni che il giudice tenne in pubblico. La prima è il suo testamento spirituale sul ruolo del giudice. La seconda è il manifesto del suo impegno di magistrato credente.
La beatificazione del giudice Rosario Livatino è un evento straordinario per la Chiesa e per tutta la società civile italiana. Questo libro, agile e profondo, ci fa comprendere come la testimonianza di Livatino può incidere sulla vita quotidiana di ognuno di noi. Da leggere, tutto d’un fiato.
Il 9 maggio 2021, la beatificazione di Rosario Livatino ha elevato questo credente, come si usa dire, all'onore degli altari. Toni Mira ha compiuto un ampio lavoro di indagine intorno alla figura dell'uomo, del cittadino, del servitore dello Stato, per offrirci la possibilità di un incontro faccia a faccia con un personaggio che è un altissimo esempio di valore civile e che scuote le coscienze di tutti noi ben più di quanto farebbe un "santo da immaginetta-. Livatino in preghiera, sì, Livatino guidato da un fortissimo senso della giustizia e della misericordia divine... ma soprattutto Livatino professionista, magistrato competente, concentrato e abile. L'uomo di legge che guadagna sul campo rispetto e autorevolezza. L'uomo scomodo per le mafie e forza trainante nel contrasto alla malavita. Un incontro vivo, emozionante e istruttivo, reso possibile dall'ascolto di molti testimoni: colleghi, collaboratori nelle indagini, persone informate sui fatti. Al termine del percorso vengono pubblicati integralmente tre discorsi di Livatino (uno dei quali inedito) che, in circostanze e su temi diversi, ci fanno scoprire la sua voce, il suo pensiero, i suoi ideali. " Un uomo che ancora, nell'esempio e nella memoria, vive-. Dalla Prefazione di don Luigi Ciotti.
Agende non scritte. Un titolo insolito per narrare l'esistenza di un giovane, Rosario Angelo Livatino, per il quale sembra sia stato detto tutto quello che si poteva dire. Eppure, quasi a smentire la sensazione di «sapere già come va a finire», questo libretto ci sorprende, a contatto con una vicenda così riservata, silenziosa, trasparente e pulita. I giorni di Rosario Livatino (1952-1990) scorrono tra le mani di chi legge, in maniera asciutta, essenziale, diretta. Con sensibilità, equilibrio e decoro. Mancano i toni enfatizzanti di certe agiografie. Non ci sono forzature, nulla che occorra dimostrare. Le parole - frasi, citazioni, pezzi di repertorio, stralci di giornale, testimonianze - calzano a puntino, al momento giusto. E raccontano l'evento, straordinario nella sua normalità, di un'esistenza abbracciata e custodita dal Divino: «Sub tutela Dei». Invito alla lettura di Madre Eleonora Francesca Alongi. Prefazione di Francesco Lucrezi. Postfazione di Pasquale Giustiniani.
«Fede che diviene prassi di giustizia e che perciò fa del bene al prossimo: ecco le caratteristiche spirituali di Rosario Angelo Livatino. Egli pensava, fin da laureato in diritto, al modo migliore di svolgere il ruolo di giudice. Soffriva molto nelle pronunce penali nei confronti degli imputati, perché constatava come la libertà, male interpretata, avesse infranto la regola della giustizia. E nello stesso momento in cui doveva giudicare secondo legge, si poneva da cristiano il problema del perdono. Compiendo quotidianamente un atto di affidamento totale e generoso a Dio, egli è un luminoso punto di riferimento per gli uomini e le donne di oggi e di domani, soprattutto per i giovani che, tuttora, vengono irretiti dalle sirene mafiose per una vita di violenza, di corruzione, di sopraffazione e di morte» (dalla Presentazione di papa Francesco). Saggi di: Vincenzo Bertolone, Gaetano Di Palma, Gianpaolo Iacobini, Giuseppe Pignatone, Pasquale Giustiniani, Fabio Luca, Marchese Ragona.
Un libro pieno di speranza: la storia dei fratelli Gravina, tre vulcani della gioia. Affetti da una malattia invalidante affrontano morte chiamandola "la nostra festa".
24 marzo 2013. Domenica delle Palme. Nella solennità della sua prima omelia, papa Francesco non pronuncia parole tratte da un raffinato discorso teologico, né citazioni di un dottore della Chiesa. Con tutta la commozione del momento afferma: «Ho ricevuto il primo annuncio cristiano da una donna: mia nonna! È bellissimo questo: il primo annuncio in casa, con la famiglia!» La figura di nonna Rosa è stata quella che più di tutte ha avuto influenza nella vita di papa Bergoglio. Una donna fortissima, che ha attraversato infinite avversità, sempre sostenuta da una fede incrollabile e dalla convinzione che «fare del bene è il miglior modo per sentirsi davvero bene». Incontriamo Rosa la Luchadora una mattina, l'ultima della sua vita, sotto al cielo plumbeo di Buenos Aires. Siamo lì per raccogliere il suo addio e seguire, lungo il sentiero dei suoi ricordi, la storia di un'esistenza che ha attraversato due secoli e l'oceano, ed è stata testimone di incredibili accadimenti. Luci, tenebre e colpi di scena come nel copione di un film. La verità storica, accuratamente cercata, si mischia in questo romanzo al filo di un racconto che riannoda tante vite, tante speranze, tante illusioni. Tutti quei sogni, inseguiti con il rischio dell'estremo pericolo da uomini e donne che, in ogni tempo, non si sono rassegnati, aspirando con un'eterna partenza a un futuro migliore.
Un giovane israeliano, un giovane palestinese e una ragazza libanese; una giovane armena e un ragazzo originario dell'Azerbaigian. Giovani di oggi, la cui storia è chiamata a fare i conti con un'eredità di guerra e ostilità. Come potranno superare l'odio reciproco che ne ha segnato l'infanzia e l'adolescenza, che ha abitato le rispettive famiglie, che si è diffuso nei loro popoli di appartenenza? Sembra una sfida impossibile al cospetto di conflitti che durano da generazioni. Eppure... Questi giovani hanno scelto di incontrarsi a Rondine e di provare a cambiare l'eredità della guerra. «Scoprire la persona nel proprio nemico» è infatti la scommessa dell'Associazione Rondine Cittadella della Pace. Il suo obiettivo è quello di contribuire a un pianeta privo di scontri armati, diffondendo la propria metodologia affinché ogni persona abbia gli strumenti, in ogni contesto, per gestire i conflitti in modo positivo. Rondine parte proprio da chi la storia sembra aver condannato a essere nemici, li chiama a convivere due anni, impegnandosi in un percorso che assume il conflitto per trasformarlo creativamente. In questo libro Ibrahim, Noam, Sarah, Maria e Agha si raccontano, condividendo le loro storie, svelando se stessi e spiegando come a Rondine queste storie si siano incontrate. Qui, da nemici che erano, sono diventati uomini e donne impegnati insieme per la pace nel mondo, a cominciare dalle loro stesse società. Dall'intreccio di fatti e riflessioni, scopriamo così cos'è il "Metodo Rondine", sorto per abbandonare la categoria culturale del "nemico" e rigenerare l'umano.