
Questo volume, coraggioso e provocatorio allo stesso tempo, parte da un dato di fatto: oggi la liturgia è in stato di sofferenza. Dopo l'entusiasmo suscitato dal rinnovamento liturgico conciliare, in questi ultimi anni la liturgia sembra essere lentamente scivolata ai margini degli interessi principali della Chiesa. Il suo ruolo nell'educazione della fede è del tutto irrilevante. In una stagione ecclesiale fortemente caratterizzata dalla volontà di papa Francesco di rinnovare a fondo la Chiesa, si vive un assurdo paradosso: una Chiesa in uscita e una liturgia in ritirata. Ma, notano Enzo Bianchi e Goffredo Boselli, non è possibile pensare a un rinnovamento della Chiesa senza che vi sia al contempo un rinnovamento della vita liturgica. La liturgia è intrinseca alla vita di fede. La Chiesa evangelizza come celebra. Per questo, la vita di fede non può dirsi pienamente cristiana se non è plasmata dalla preghiera della Chiesa. Da qui la necessità di rimettere al centro delle nostre comunità e dell'evangelizzazione la liturgia, perché non c'è cristianesimo senza liturgia e non c'è Chiesa senza liturgia.
Tutti credono in qualcosa, a qualcuno, perché è impossibile vivere altrimenti. Eppure oggi sembra difficile proporre il «credere» oltre un superficiale ottimismo che non richiede autentiche adesioni o cambiamenti e un velato cinismo che riveste tutto di una nota di grigio. La fede del credente come la fede del non credente affrontano insieme questa nebbia, cercando una via che permetta la fiducia come assenso al mondo. Questi due modi di credere possono essere diversi sotto molti aspetti, ma accolgono e combattono la medesima sfida. Il monaco Enzo Bianchi e la filosofa Laura Boella non si sottraggono al confronto e cercano di mostrare come, al di là delle differenze, tutti possono e devono chiedersi quale fede, quale credito vogliono dare alla vita e all'amore. Introduzione di Andrea Decarli.
Lo Spirito, come seme portato dal vento, è presente in tutto ciò che facciamo, pensiamo, viviamo nell’amore; è sempre all’opera, anche se così di rado noi siamo consapevoli della sua azione in noi. La via maestra per accostare le epifanie dello Spirito santo consiste nell’esplorare le tracce lasciate dallo Spirito nella Scrittura. La Bibbia parla dello Spirito attraverso creature o eventi naturali noti all’uomo tanto quanto le figure familiari e quotidiane del padre e del figlio che identificano le altre due persone divine.
1. Introduzione
2. Le immagini bibliche dello Spirito
3. L’annuncio dello Spirito santo nelle Scritture. Lo Spirito creatore
4. L’unzione carismatica. Spirito santo e istituzioni in Israele
5. “Mossi dallo Spirito parlarono i profeti”. Spirito santo e profezia
6. “Dio unse in Spirito santo Gesù”
7. La rivelazione dello Spirito nei vangeli sinottici
8. La rivelazione dello Spirito negli scritti giovannei e negli Atti degli Apostoli
9. Lo Spirito santo nella vita del cristiano: gli scritti paolini
Corso biblico tenuto a Bose, 7-12 agosto 2017
Papa Francesco ha scelto come tema per il prossimo Sinodo ordinario dei vescovi il discernimento, indicandolo come operazione urgente nella vita della chiesa e soprattutto nel processo vocazionale.
Ma quali criteri guidano il discernimento spirituale? Come possiamo esercitare il discernimento a livello personale e comunitario? La capacità di discernimento, di scelta, è propria di ogni uomo, ma il discernimento spirituale è un’operazione che ha come protagonista lo Spirito; è un dono dello Spirito di Dio che si unisce al nostro spirito, e come tale va desiderato e invocato dal cristiano.
1. Introduzione
2. Il discernimento negli scritti dell’Antico Testamento. Le due vie. La profezia
3. “Donami un cuore che ascolta”. I libri storici e sapienziali.
Il discernimento nei vangeli. Discernere i segni dei tempi: Lc 12,54-57
4. Il discernimento comunitario negli Atti degli apostoli
5. Il discernimento comunitario negli scritti paolini
6. Il discernimento, dono dello Spirito santo. Discernere Cristo
7. L’esercizio del discernimento. I sensi implicati nel discernimento.
Il primato della Parola. I frutti del discernimento
8. La coscienza. Il discernimento nell’esortazione apostolica “Amoris laetitia”
Il Padre nostro è la preghiera che Gesù consegna ai suoi discepoli, il modello di ogni preghiera cristiana.
Attraverso la domanda: “Venga il tuo Regno” (Mt 6,10), chiediamo che il regno di Dio si manifesti e raggiunga il suo compimento; la sua signoria nelle nostre vite è azione di salvezza e di liberazione dalla schiavitù degli idoli falsi. Il regno di Dio è già presente nella nostra storia, ma in modo ancora incompiuto, come un seme. C’è spazio per la domanda e il desiderio: che il Signore faccia nuove tutte le cose (Ap 21,5). Il cristiano, come pellegrino in cammino verso un cielo nuovo e una terra nuova, coltiva in sé questo desiderio del Regno: è dono che investe la nostra responsabilità di accoglierlo nella vita quotidiana.
Il nostro Dio è un Dio solo dei giusti o anche dei peccatori? Dio attende che i peccatori si convertano e facciano ritorno a lui, oppure va lui stesso a cercarli, nella situazione di peccato in cui si trovano? L’amore di Dio va meritato o è amore gratuito che vuole raggiungere tutti? Queste non sono domande periferiche, perché da esse dipende l’immagine, il volto del nostro Dio. Gesù con la sua vita fatta di azioni, comportamenti, sentimenti, parole ha narrato l’amore folle di Dio per l’umanità. L’amore di Dio è grazia perché è un amore che Dio prova per l’uomo mentre l’uomo è peccatore, mentre è suo nemico, mentre lo nega e lo bestemmia; è un amore scandaloso che Gesù ha rivelato con la sua vita offerta a Dio e spesa per gli uomini, fino all’estremo dono di sé sulla croce.
Ritiro di Quaresima predicato da fr. Enzo Bianchi a Bose il 1 marzo 2015.
Cosa significa amare Dio? Come possiamo rispondere all’amore di Dio per noi? La Scrittura ci dà la testimonianza di un Dio che è amore e che ci ama in modo preveniente e incondizionato; il suo amore interpella la fede e impegna totalmente l’uomo.
Ma l’amore di Dio non va disgiunto dall’amore per il prossimo. L’amore è il fine della vita cristiana, il comandamento nuovo, definitivo che Gesù ci ha lasciato. Amare il prossimo significa ricercare il bene dell’altro, operare a favore dell’altro; è un cammino che non si nutre di idealismi, ma avviene attraverso gesti e atteggiamenti vissuti nel quotidiano e che costituiscono una grammatica umana dell’amore.
Il CD contiene la registrazione del ciclo di incontri “L’amore di Dio e del prossimo” tenuto da fr. Enzo Bianchi a Bose in occasione delle due giornate di primavera e del corso estivo 2011. Le meditazioni “Amerai il tuo prossimo come te stesso” e “Una grammatica dell’amore umano” sono disponibili su richiesta anche in formato CD audio.
Nessuna povertà ci è estranea. Nasciamo nella nudità, viviamo nella precarietà, moriamo nella solitudine. L’uomo è radicalmente povero, sempre bisognoso dell’altro.
I testi dell’Antico Testamento dipingono il povero con i volti degli orfani e delle vedove, degli stranieri, degli schiavi e dei malati. Figure diverse, ma tutte accomunate dalla consapevolezza di un bisogno che solo Dio può colmare. Sono questi poveri a insegnare a Israele ad attendere il Messia, il re giusto e liberatore. Ma la Bibbia rivela anche un Dio che è dalla parte dei poveri, che ascolta il loro grido anche quando non ha voce, e che li ama più di ogni altro. È questo stesso Dio che in Gesù si fa povero, fino ad assumere la condizione di schiavo. Gesù ha incontrato i poveri e si è messo alla scuola del loro magistero di umanità. A noi è chiesto di seguirne le tracce, perché la comunione è il cuore del cristianesimo.
Il cristianesimo non è innanzitutto dottrina, morale, esecuzione di riti, ma incontro con la persona concreta e reale che è stato l’uomo Gesù Cristo, incontro che riempie di gioia il cuore e la vita del discepolo. Nell’Evangelii gaudium, “La gioia del Vangelo”, papa Francesco auspica per la chiesa una “conversione pastorale” che significa: “uscire”, per andare verso gli altri, raggiungerli là dove sono, senza giudicare le loro qualità di fede o morali; non voler stare al centro o al di sopra degli altri, ma chinarsi umilmente ai loro piedi per lavarli, averne cura, servirli.
Il documento mette a fuoco il cammino che la comunità cristiana deve fare per incontrare con coraggio la società di oggi, e ha chiaramente i tratti di una provocazione: vuole scuotere e generare un mutamento del vivere della chiesa e dei cristiani in mezzo all’umanità.
Quale figura di cristiano può emergere senza la conoscenza di Gesù Cristo e della sua umanità esemplare? Come può il cristianesimo, senza la spinta vitale del Vangelo, non ridursi a un fatto rituale e culturale o addirittura folkloristico? Enzo Bianchi ha intrapreso un percorso di fede e di vita personale e insieme comunitario per il quale è essenziale la lettura e la comprensione del Vangelo, il testo che il Concilio Vaticano II ha ridato in mano ai cattolici e attraverso il quale il cristiano può nutrire la sua fede e la sua capacità di testimoniarla. Il Vangelo di Marco è quello che più si interroga sulla figura di Gesù: si può definire per molti versi un racconto teologico, un testo attraversato da tensioni narrative, contrasti, chiaroscuri in cui, invece che le parole di Gesù, parlano i fatti, gli eventi, la storia. Il priore di Bose ci accompagna attraverso queste pagine, e ci svela, sgombrando il campo da pericolosi equivoci, cosa vuol dire davvero “prendere la croce”: non certo accettare la sofferenza incondizionatamente né vivere nella paura, ma smettere di ritenersi misura di ogni cosa e abbandonarsi con fiducia alla fede e alla vita.
ENZO BIANCHI (Castel Boglione, AT, 1943) dopo gli studi alla facoltà di Economia e Commercio dell’Università di Torino, alla fine del 1965 si è recato a Bose, dando inizio alla comunità monastica di cui oggi è priore. Opinionista de “La Stampa”, “Avvenire” e “la Repubblica”, ha pubblicato numerosi libri tra cui, con Einaudi, Insieme. La differenza cristiana. Per un’etica condivisa. L’altro siamo noi (2006) Il pane di ieri (2008) e Ogni cosa alla sua stagione (2010).
La lettura dei vangeli è per gran parte dei cristiani prevalentemente liturgica. Ci siamo dimenticati che i vangeli sono anzitutto un grande racconto della vita di Cristo e che solo leggendoli in questa prospettiva essi potranno liberare il loro messaggio e illuminare la nostra concreta esperienza esistenziale. In particolare ciò che caratterizza il vangelo di Marco analizzato in queste pagine è l'eccezionale tensione che lo percorre: è un testo costruito a incastro, una struttura in cui due episodi possono ricevere luce l'uno dall'altro, con brevi e incalzanti unità narrative, in cui Gesù è continuamente in movimento, inafferrabile nella sua identità, non racchiudibile in schemi classici e spiazzante per il lettore. Con il suo commento puntuale e illuminante Enzo Bianchi ci svela come il messaggio universale del vangelo possa divenire per ciascuno un'intensa occasione di confronto con la propria storia.
La laicità come spazio etico in cui tutte le religioni possano essere capite e rispettate. L'ascolto dello straniero come premessa per immaginare la pace. Costruire un mondo differente da quello della sorda intolleranza richiede un lungo cammino. È necessario partire ora.
È ancora possibile una chiesa che sia presidio di autentico umanesimo, spazio di dialogo e di recupero di principî condivisi, luogo di confronto tra etiche e atteggiamenti individuali e sociali diversi? E la laicità dello stato sa essere l'ambito in cui tutti, anche gli stranieri, si possono sentire accolti, capiti e rispettati nella loro diversità di cultura e religione? Una grande sfida attende oggi la nostra società complessa: la quotidiana lotta contro il ritorno della barbarie e la scomparsa di principî condivisi e fecondi di senso. Queste riflessioni accolgono gli stimoli che vengono da eventi ordinari, ma vorrebbero aiutare a «pensare in grande», a cogliere nel frammento qualcosa del tutto, a ridare dignità e ampiezza di visione a prospettive troppo spesso tentate di ripiegarsi su un angusto cortile.