
"Non esiste uomo che, seppur per un attimo, non sia stato seguace di Platone. Chi può dire di non essersi sentito spuntare le ali dell'anima? Chi non l'ha sentita levarsi verso la contemplazione diretta, immediata di ciò che la grigia coltre di nuvole del quotidiano nasconde alla vista? Chi, grazie all'"eros", non ha toccato profondità della conoscenza alle quali la ragione non ha accesso? Chi non ha visto svelarsi la realtà altra e luminosa dove colui che ha conosciuto l'ispirazione incontra "de visu" gli archetipi eterni delle cose? Chi non ha assistito al crollo, alla caduta del muro invalicabile tra soggetto e oggetto, chi non ha visto l'Io abbandonare i limiti della propria introversione egoistica per respirare a pieni polmoni l'aria rarefatta della conoscenza e fondersi con tutto il creato? E quei 'sogni d'amore meravigliosi, puri, senza nulla di terreno, intessuti di profumo di fiori e luce lunare, con i quali oggi si ottenebrano i giorni della giovinezza e che sono sulle labbra di tutti i poeti di tutte le nazioni colte' non sono forse figli del platonismo?".
Questo scritto, finora inedito in italiano, potrebbe fungere da guida e da incentivo per chiunque, in quest'epoca di disorientamento del pensiero, si accinga a intraprendere lo studio della filosofia. La domanda di fondo investe le strategie che l'uomo, nel corso della storia, ha messo a punto per "spiegarsi" la realtà. E tale domanda è sollevata a ragion veduta: Florenskij è - caso quasi unico - un pensatore in grado di rievocare la figura dell'intellettuale rinascimentale capace di padroneggiare gli ambiti più svariati della conoscenza. Egli fu fisico, matematico, ingegnere elettrotecnico, ma anche filosofo e teologo, teorico dell'arte e linguista. Ma in tutto questo egli non indulge a sincretismi o tenere conciliazioni; raramente si può assistere a una presa di posizione così severa nei confronti delle pretese verità delle scienze, a un uso di argomenti tanto sottili da anticipare molti temi centrali dell'epistemologia novecentesca. Persino il "discorso comune" (con la sua "ricchezza disordinata" e la sua "vita caotica") pare avere, rispetto al "vuoto ordinato e la morte" delle scienze, maggiori speranze di attingere al vero.
Un percorso alle sorgenti del culto e dei suoi ordinamenti, alla scoperta della tragica e salvifica bellezza della liturgia cristiana: questo volume ci fa immergere nella ricchezza misteriosa e sfavillante dei riti della Chiesa orientale, fino al sancta sanctorum del mistero eucaristico. Padre Pavel
ci mostra così ciò che non può essere dimostrato, ma solo contemplato e amato, lasciandoci intravedere nelle fenditure del reale e nelle antinomie della verità l’azzurro dell’eterno. Nella ferma convinzione che «le radici del visibile sono nell’invisibile, i fini dell’intelligibile nell’inintelligibile».
Prete ortodosso, matematico, filosofo, teologo, critico d'arte, scienziato, Pavel A. Florenskij è una personalità eccezionale nel pur eccezionale scenario culturale russo degli inizi del Novecento, l'epoca di Skrjabin e di Kandinskij. Dai numeri, attraverso la musica, la pittura, la filosofia, Florenskij si spinge verso lo "spirito di Dio", cercando costantemente di cogliere nel visibile il riflesso dell'invisibile, della sostanza dell'esistenza spirituale o metafisica. L'opposizione tra visibile e invisibile costituisce uno dei principi che guida il suo pensiero in tutti gli ambiti del sapere. Questo stesso rapporto è al centro della sua riflessione linguistica: la parola va considerata, da una parte, come oggetto della conoscenza e, dall'altra, come l'atto della conoscenza che permette di entrare in contatto con la sostanza significativa della parola. La parola viene dunque concepita come il "frutto del rapporto tra lo spirito della conoscenza e il mondo da conoscere". La forza motrice del seme o la enérgeia della parola conduce la mente al di là della barriera soggettiva e le fa sfiorare il super-reale, la sfera che sta al di là della nostra esperienza immediata. Insieme al dato di realtà, Florenskij coglie della lingua, come della matematica e dell'arte, l'aspetto trascendente e simbolico, alla ricerca di una sintesi e, quindi, di un'ideale "integrità" del sapere. Introduzione di Vjaceslau Vs. Ivanov.
Pavel Florenskij venne ucciso in un gulag delle isole Solovki, uno dei più terribili luoghi di repressione della dittatura staliniana, nel 1937. Nonostante le lettere venissero sottoposte a rigorosa censura e non vi potesse mai comparire la parola "Dio", l'epistolario di padre Florenskij rappresenta un documento di particolare eccezionalità per il rilievo esistenziale e teoretico. Biografia e pensiero, metafisica ed esistenza, ragione e passione si congiungono intimamente nell'esperienza tragica di un testimone tra i più autentici e radicali del nostro tempo, martire della fede ortodossa in terra russa negli anni del terrore staliniano.
Nella notte del 7 novembre 1916 Pavel Florenskij diede inizio alla raccolta di queste pagine autobiografiche dedicate ai figli. Ma il rapido precipitare degli eventi nella sua patria conferì presto al progetto un'urgenza e un tono del tutto nuovi. Si era affermato il potere politico dei Soviet che non tardò a mostrare i tratti persecutori del totalitarismo, così che padre Pavel si ritrovò a stendere i suoi appunti segnato dal presentimento della propria tragica fine, purtroppo destinata ad avverarsi. Quest'opera dunque costituisce la vera eredità culturale e spirituale lasciata ai figli da parte di quel genio assoluto della mente e dello spirito che fu Pavel Florenskij, filosofo della scienza, fisico, matematico, ingegnere elettrotecnico, epistemologo, ma anche filosofo della religione e teologo, teorico dell'arte e di filosofia del linguaggio, studioso di estetica e semiologia.
«Il mondo prigioniero, prigioniero degli artigli della morte, si dimenava impotente e mesto. E scendevano lacrime di infinita pietà... Scendevano ad una ad una dagli occhi del Padre Celeste, perché Egli amava il mondo come solo Dio può amarlo»
Dopo oltre cinquant’anni di oblio, l’opera di Florenskij è stata progressivamente riscoperta in Russia e in gran parte d’Europa. In questo volume compaiono alcuni scritti inediti tra i più significativi di quelli dedicati alla mistica. Sono scritti che, nella loro pluralità di approccio, testimoniano il suo indomito ardore filosofico e spirituale nel voler riportare il pensiero a esprimere la pienezza della vita. Essi abbracciano le tematiche più importanti della sua vita, quali la spiritualità, la preghiera, l’interpretazione della Bibbia, la dimensione estetica, le icone, la storia spirituale della Russia. Il volume si apre con un ampio e documentato saggio introduttivo di Natalino Valentini, il più insigne studioso italiano dell’opera di Florenskij, con una aggiornata nota bibliografica. Le note ai saggi che compongono il testo sono di Lubomir Zak, professore di teologia fondamentale alla Pontificia Università Lateranense e riconosciuto esperto internazionale dell’opera di Pavel Florenskij.
Pavel Florenskij è stato paragonato più volte a Leonardo da Vinci o a Blaise Pascal per la sua intelligenza straordinaria, in grado di unire le più alte speculazioni metafisiche con la matematica e l’ingegneria, la storia dell’arte e la chimica. Dottore in matematica all’università di Mosca a 22 anni, rifiuta la cattedra universitaria e studia teologia. Si sposa, viene ordinato presbitero ortodosso, ha cinque figli. Docente di filosofia presso l’Accademia Teologica moscovita, svolge un’attività sia filosofico-teologica sia scientifica di primissimo livello, fino a che il potere comunista, mal sopportando che quella intelligenza superiore potesse conciliarsi con l’essere cristiano e prete (Florenskij si presentava agli incontri accademici e scientifici in abito talare) lo rinchiude nel famigerato lager delle isole Solovki all’estremo nord del paese. Dopo anni di prigionia e di lavori forzati, l’8 dicembre 1937 nei pressi di Leningrado, all’età di 55 anni, gli viene tolta la vita mediante fucilazione. Il luogo della sepoltura è rimasto sconosciuto, anche se nel luglio 1997 sono state scoperte delle fosse comuni di prigionieri delle Solovki nelle quali sono probabilmente disperse le sue spoglie.
Tra le sue opere finora apparse in traduzione italiana: La colonna e il fondamento della verità (Rusconi 1974), Le porte regali (Adelphi 1977), Lo spazio e il tempo nell’arte (Adelphi 1995), Il significato dell’idealismo (Rusconi 1999), Non dimenticatemi (Mondadori 2000), Ai miei figli (Mondadori 2003).
Questa importante opera di Florenskij - tradotta qui per la prima volta dal russo in italiano da Claudia Zonghetti - scritta nel 1906, ancora studente al terzo anno dell’Accademia Teologica di Mosca, non è mai stata attentamente esaminata, né quanto alle questioni ecclesiologiche qui trattate, né quanto al suo significato in relazione alle successive opere teologiche di padre Pavel. Si tratta di un vero e proprio “trattato” che, a oltre un secolo dalla sua stesura, mantiene intatto il suo interesse, svelando un tesoro della riflessione ecclesiologica ancora sconosciuto per la cultura teologica europea. La preziosità dell’opera non risiede soltanto nelle acute e geniali intuizioni giovanili di Florenskij, ma anche nella sorprendente anticipazione di alcune questioni cruciali del rinnovamento ecclesiologico del secolo XX. Inoltre, trovano qui una loro degna anticipazione alcuni temi portanti del pensiero florenskijano.
Pavel Florenskij è stato paragonato più volte a Leonardo da Vinci o a Blaise Pascal per la sua intelligenza straordinaria, in grado di unire le più alte speculazioni metafisiche con la matematica e l’ingegneria, la storia dell’arte e la chimica. Dottore in matematica all’università di Mosca a 22 anni, rifiuta la cattedra universitaria e studia teologia. Si sposa, viene ordinato presbitero ortodosso, ha cinque figli. Docente di filosofia presso l’Accademia Teologica moscovita, svolge un’attività sia filosofico-teologica sia scientifica di primissimo livello, fino a che il potere comunista, mal sopportando che quella intelligenza superiore potesse conciliarsi con l’essere cristiano e prete (Florenskij si presentava agli incontri accademici e scientifici in abito talare) lo rinchiude nel famigerato lager delle isole Solovki all’estremo nord del paese. Dopo anni di prigionia e di lavori forzati, l’8 dicembre 1937 nei pressi di Leningrado, all’età di 55 anni, gli viene tolta la vita mediante fucilazione. Il luogo della sepoltura è rimasto sconosciuto, anche se nel luglio 1997 sono state scoperte delle fosse comuni di prigionieri delle Solovki nelle quali sono probabilmente disperse le sue spoglie. Tra le sue opere finora apparse in traduzione italiana: La colonna e il fondamento della verità (Rusconi 1974), Le porte regali (Adelphi 1977), Lo spazio e il tempo nell’arte (Adelphi 1995), Il significato dell’idealismo (Rusconi 1999), Non dimenticatemi (Mondadori 2000), Ai miei figli (Mondadori 2003). Per San Paolo: La mistica e l’anima russa (2006).
Dopo le tenebre dell’ideologia e del totalitarismo stalinista che hanno travagliato il XX secolo, spezzando anche la vita di Florenskij e oscurandone l’opera per oltre settant'anni, oggi questa finalmente riappare nella sua integrità e in tutto il suo vigore sorgivo.
I dodici capitoli dei quali si compone, concepiti come lettere a un amico, ancora oggi stupiscono non solo per la vastità e complessità di conoscenza, per il coraggioso tentativo di far interagire tra loro i diversi saperi e le molteplici forme e possibilità della ragione, ma soprattutto per la profondità dello sguardo rivolto verso gli abissi dell’umano, nell’agonica ricerca di una luce di salvezza, di un’autentica sapienza d’amore.
Destinatari
Religiosi e studiosi.
Gli autori
Pavel Aleksandrovi Florenskij nasce il 9 gennaio del 1882 in Azerbaidžan. Laureatosi in matematica e fisica all’Università di Mosca, rinuncia alla carriera universitaria per dedicarsi allo studio della filosofia e iscriversi all’Accademia Teologica di Mosca ove completa gli studi nel 1908. Si sposa con Anna Giacintova e nel 1911 viene consacrato sacerdote nella Chiesa ortodossa. Dopo la rivoluzione del 1917 sceglie di restare in Russia. Accusato di attività controrivoluzionaria è condannato all’esilio e rilasciato dopo tre mesi. Arrestato nuovamente nel 1933 viene condannato a dieci anni di lavori forzati. Dopo cinque anni di gulag, a seguito di una sentenza speciale della trojka, Florenskij viene fucilato l’8 dicembre 1937 a Levašovo, nei pressi di Leningrado. Le Edizioni San Paolo hanno avviato la pubblicazione delle sue principali opere di carattere teologico e spirituale e sono già apparsi i volumi: "La mistica e l’anima russa" (2006); "Il concetto di Chiesa nella Sacra Scrittura" (2008).
Natalino Valentini, laureato in filosofia, ha conseguito il dottorato di ricerca in etica e antropologia filosofica orientale, specializzandosi poi nel pensiero filosofico russo e in teologia ortodossa. Attualmente è direttore dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose “Alberto Marvelli” di Rimini. È docente di Storia del pensiero teologico ortodosso alla Facoltà di sociologia dell’Università agli Studi di Urbino.
«L'amicizia è la visione di sé con gli occhi dell'altro», e in questo riconoscersi, nella condivisione totale della gioia e del dolore dell'esistenza, incomincia la rivelazione della Verità. Per Pavel A. Florenskij - il filosofo che ha saputo unire la poesia e la scienza nella fede - l'amicizia è la più elevata forma di conoscenza. Una conoscenza che si attua nell'azione, che vive di fedeltà assoluta e che rappresenta, sulla Terra, l'emanazione della forza di Dio che ama. L'amicizia è l'undicesima delle dodici lettere contenute nel trattato "La colonna e il fondamento della verità", uscito per la prima volta nel 1914 e summa del pensiero del filosofo russo. La scelta della forma epistolare non è un espediente retorico, ma una necessità profonda nella quale il vissuto di Florenskij e la sua riflessione teoretica si riflettono l'uno nell'altra. Il "tu" a cui sono rivolte le lettere è infatti il cognato Sergej S. Troickij, morto tragicamente anni prima. Tutto il resto, nella sua ricchezza enciclopedica e nei suoi vertici di lirismo, è allora anche il frammento di un dialogo ininterrotto con l'amico perduto, eppure per sempre presente.
Questo saggio è la prima traduzione mondiale di un testo di Pavel Florenskij risalente al 1922 e fortunosamente riemerso in Russia in anni recentissimi. Nato nel 1882, fucilato nel 1937 dopo essere stato deportato nell’estremo Nord della Russia, Florenskij è una soggiogante figura di mistico, filosofo, matematico e teologo, quale poteva apparire soltanto in quella prodiga fioritura di genialità che si ebbe in Russia nei primi anni di questo secolo. Chi poté conoscerlo ha testimoniato dell’immenso potere che aveva la sua persona. Per decenni i suoi scritti furono, per molti russi, una leggenda – e inappagato il desiderio di ritrovarli. Oggi, a poco a poco, e per vie traverse, essi ricominciano a filtrare, in Russia e in Occidente.
Il mondo della pittura di icone, che Florenskij ci svela in queste pagine, rimarrebbe per sempre incomprensibile se lo si avvicinasse con i consueti strumenti della critica d’arte. Esente dalla prospettiva, incompatibile con la concezione della pittura dominante in Occidente dal Rinascimento in poi, l’icona presuppone una metafisica delle immagini e della luce. Ed è a questa metafisica che Florenskij ci introduce, scendendo poi in analisi storiche acutissime, che svariano dalla pittura fiamminga alle tecniche della preparazione dei colori, dalle forme dei panneggi al significato dell’oro e al nesso fra le icone e la liturgia della Chiesa orientale. Accompagnati da questa guida incomparabile, possiamo così finalmente varcare le «porte regali» dell’iconòstasi, «confine fra il mondo visibile e il mondo invisibile», luogo dove si manifesta una pittura sublime, in cui le cose sono «prodotti della luce».