
"La decifrazione della mitologia e del rito è una questione che pertiene alla storia della nostra abilità di riconoscere fenomeni di persecuzione. Quello che ci prefiggiamo di raggiungere è un punto al di là dell'ultimo traguardo raggiunto cento anni fa, quando gli ultimi resti del pensiero magico vennero liquidati. In quel momento la nostra cultura raggiunse una soglia oltre la quale tutti i testi mitici e religiosi dell'umanità divengono materiali da demistificare o "decostruire", allo stesso modo dei processi alle streghe e di altre forme di persecuzione collettiva. Sono ormai cinquecento anni che indugiamo su quella soglia, senza mai trovare il coraggio di oltrepassarla. La teoria mimetica del capro espiatorio è il passo oltre quella soglia".
Questo libro raccoglie una serie di interventi che coprono l'arco della produzione teorica di Girard, dagli esordi di "Menzogna romantica e verità romanzesca" fino allo sviluppo compiuto della teoria mimetica, con la riflessione sul capro espiatorio e sul religioso. Attraverso una serie di dialoghi, spesso polemici, con figure di riferimento della cultura otto-novecentesca, in primo luogo francese (Stendhal, Tocqueville, Valéry, Pierre Janet ecc.) o con grandi correnti e esponenti della filosofia europea (Heidegger, il decostruzionismo, Vattimo), Girard tocca tutti i temi che lo hanno reso famoso.
Il ruolo della religione cristiana nel mondo globalizzato e multiculturale, il suo rapporto con la morale, il complesso e delicato confronto tra verità e libertà e tra relativismo e fede, i pericoli e le tensioni di un mondo dove sembrano riaffacciarsi nuove forme di violenza di matrice religiosa. Attorno a questi temi si sta articolando, ormai da qualche anno, anche il dialogo fra due dei più grandi pensatori viventi: l'antropologo francese René Girard e il filosofo italiano Gianni Vattimo, dialogo che sta contribuendo vivacemente alla costruzione di una nuova comprensione di problemi al centro del nostro interesse più profondo. Partendo da presupposti speculativi differenti (l'antropologia cristiana di Girard, e la filosofia heideggeriana di Vattimo), le risposte dei due pensatori sono non di rado contrapposte, ma rimandano anche alla condivisione di alcuni valori, e a un comune atteggiamento di dialogo.
Al contrario dell'antropologia moderna, che va il più lontano possibile, verso le "culture altre", il discorso antropologico di Girard si concentra su ciò che è più vicino e a portata di mano. Girard difatti non pone distinzioni fra le diverse culture, in quanto le ritiene parte di una stessa umanità fatta della medesima stoffa antropologica. Anche per questo non c'è bisogno di nessun "lavoro sul campo", visto che i testi di riferimento si trovano anzitutto all'interno della nostra tradizione culturale: i tragici greci, la Bibbia, Shakespeare, il romanzo moderno. I miti d'origine raccolti in questo volume, una serie di saggi apparsi nel tempo in diverse antologie, approfondiscono e chiariscono l'analisi condotta nelle sue opere maggiori. Il mito ha un ruolo centrale nella teoria girardiana del "capro espiatorio". È il momento finale, di sistematizzazione narrativa del dramma appena compiutosi all'interno della comunità: un processo di trasformazione del presunto colpevole in eroe o dio (sacro in quanto purificato). Insomma, l'ordine culturale umano scaturisce dalla ritualizzazione del sacrificio iniziale, e il mito quindi non è altro che il resoconto di quell'evento fondativo.
Dice Heidegger che ogni vero pensatore pensa un solo pensiero: nel caso di René Girard è quello del «capro espiatorio». In questo saggio egli prende per mano il lettore e, passo per passo, illumina in modo definitivo quel meccanismo della persecuzione e del sacrificio a cui già aveva dedicato La violenza e il sacro. Ed è impossibile sottrarsi alla luce cruda e netta che in queste pagine viene gettata su alcuni temi che per forza ci riguardano tutti. In particolare, colpiranno per la loro radicale novità le interpretazioni di parabole ed episodi dei Vangeli, dove secondo Girard si compie quell'oscillazione decisiva per cui la vittima sacrificale non consente più alla colpa che le viene attribuita, ma diventa l'innocente che come tale si rivendica: così il capro espiatorio si trasforma nell'agnello di Dio.
Per "comprendere l'incomprensibile del XX secolo" - i milioni di morti delle due guerre mondiali e lo sterminio del popolo ebraico nei campi nazisti serve, a giudizio di Michel Serres, un modello "antropologico e tragico" come quello elaborato da René Girard. Esso è incentrato sul carattere mimetico, cioè imitativo, del desiderio - un processo da cui derivano sia la trasmissione del sapere sia la violenza - e sul nesso che lega in modo inscindibile il sacro alla logica arcaica del sacrificio e al ruolo del "capro espiatorio". Sul filo che interseca il tragico e la pietà si svolge il discorso con il quale Serres accoglie l'amico Girard tra gli eletti dell'Accademia di Francia. Girard, a sua volta, secondo la tradizione della storica istituzione, fa il suo esordio ricordando il suo immediato predecessore defunto. È il domenicano Ambroise-Marie Carré, celebre predicatore che negli anni della guerra aveva svolto un ruolo importante nella resistenza ai nazisti. Girard si sofferma sul dramma spirituale che ha accompagnato la sua vita: una profonda e intensa esperienza mistica, avvenuta alla precoce età di quattordici anni, orienta tutte le sue scelte ma, nonostante le attese, non si ripeterà più generando un irrequieto senso di fallimento personale. A padre Carré serve tempo per comprendere che l'ambizione e l'orgoglio rischiano di travolgere la grazia e per convertire il suo progetto di santità in una resa alla misericordia divina.
Il ruolo della religione cristiana nel mondo globalizzato e multiculturale, il suo rapporto con la morale, il complesso e delicato confronto tra verità e libertà e tra relativismo e fede, i pericoli e le tensioni di un mondo dove sembrano riaffacciarsi forme di violenza di matrice religiosa. Attorno a questi temi si sta articolando, ormai da qualche anno, anche il dialogo fra due dei più importanti pensatori viventi: l'antropologo francese René Girard e il filosofo italiano Gianni Vattimo. Partendo da presupposti speculativi differenti (l'antropologia cristiana di Girard e la filosofia heideggeriana di Vattimo), le risposte dei due interlocutori sono non di rado contrapposte, ma rimandano anche alla condivisione di alcuni valori, e a un comune atteggiamento di dialogo. Il testo, a cura di Pierpaolo Antonello, presenta al grande pubblico la trascrizione di tre conferenze che hanno visto i due autori confrontarsi sui punti più radicali del loro pensiero.
Biografia di Edit Stein.
"Ebrea, filosofa, cristiana, religiosa, martire": così la definiva Giovanni Paolo II nel proclamarla beata nel 1987. Definizione precisa e insieme concisa. Edith, una delle donne più rappresentative della nostra epoca, percorre in 51 anni di vita molte strade e compie importanti esperienze sia culturali che religiose.
«Un sussidio chiaro, chiaro ed incisivo, che riassume gli aspetti spirituali e pastorali più rilevanti dell’Amoris laetitia, ed è anche finalizzato ad accompagnare, in modo efficace, le famiglie nell’arduo cammino di fede». La Prefazione è di Mons. Vincenzo Paglia.
Gianfranco Girotti, vescovo dell’Ordine dei Frati Minori Conventuali, di cui è stato Procuratore e Assistente Generale, è laureato in Utroque Jure, licenziato in Teologia, diplomato in Avvocatura della rota Romana. Docente di Diritto Canonico presso le Pontificie Università Lateranense e Urbaniana, è autore di varie pubblicazioni di carattere giuridico e pastorale.
Dieci buone regole che papa Francesco ci offre per essere comunicatori di Misericordia. Indicazioni che valgono per tutti, non solo per i giornalisti o i comunicatori professionisti. Un piccolo contributo di riflessione, suscitata da papa Francesco, per una comunicazione che metta al centro la persona e che abbia il coraggio di farsi prossima a tutti.

