
Il dialogo non è semplicemente una forma di comunicazione; è una messa in gioco dell’umanità della donna e dell’uomo, dentro quella presenza che è l’umano, nel mondo e di fronte al divino.
Martin Buber conduce il lettore dentro una riflessione modernissima sull’arte della parola che attraversa le distanze tra l’io e il tu, alla ricerca di quella tensione unica (ma non univoca), unitaria (ma che salvaguarda la dualità), che appartiene a ciascuno di noi.
E che svela noi a noi stessi, proprio mentre incontriamo l’altro.
L'autore
Martin Buber (1878-1965) è stato un filosofo e teologo ebreo nato a Vienna ed emigrato a Gerusalemme nel 1938. Ha insegnato filosofia della religione ebraica all’Università Johann Wolfgang Goethe di Francoforte sul Meno e antropologia e sociologia all’Università Ebraica di Gerusalemme. Presso le Edizioni San Paolo: Due tipi di fede. Fede ebraica e fede cristiana (19992)
e Il principio dialogico e altri saggi (a cura di Andrea Poma, 2011).
Che senso ha il fatto che siamo un essere con un corpo? Che cosa ha da dire la nostra epoca sul corpo, sulle sue dinamiche? Che relazione ha il corpo con la vita dello "spirito", con la vita dopo la morte? Un tema "difficile" e controverso che provoca il lettore in cerca di risposte. Non una trattazione sistematica ma brevi pensieri, per liberarsi da ideologie preconcette, culti chiusi in se stessi, specificazioni ristrette. Silvano Petrosino accompagna la riflessione del Cardinale sul "dopo morte" e sulla visione cristiana dell'esperienza umana, arricchendola e inquadrandola storicamente. Due autori e generi letterari differenti, che dialogano sul futuro del corpo con lucidità e l'unico intento di aiutare a pensare. Con un'approfondita introduzione di padre Carlo Casalone, presidente della Fondazione Martini, collaboratore per la Sezione scientifica della Pontificia Accademia per la Vita e docente presso la Pontificia Università Gregoriana (Roma). «Vorrei sapere del corpo la parola non detta, che è iscritta in esso, che ne dice il significato e il destino. Perché, se non la comprendiamo, distruggiamo il corpo facendone un assoluto, un idolo, un vuoto a cui sacrificare la vita.»
"Che sensa ha il fatto che siamo un essere con un corpo, che siamo un corpo vivente e pensante? Che cosa ha da dire di nuovo la nostra epoca sul corpo, sulle sue vicende, sulle sue dinamiche? Che relazione ha il corpo con la vita dello 'spirito', con la vita dopo la morte? Molte le domande che lascio affiorare in me, non per trovare una risposta a tutte, bensì per fare riflessioni a voce alta..." (dalla Premessa di Carlo Maria Cardinale Martini)
In questo scritto inedito del 1943, Simone Weil propone un'analisi inquietante dell'impresa coloniale. La filosofa evidenzia le analogie, di metodo e di risultati, fra il colonialismo e il nazismo: entrambi hanno soprattutto praticato, con l'uso sistematico della forza, lo sradicamento culturale e religioso di intere popolazioni.
Un libro per chi intende approfondire la conoscenza di S. Pio da Pietrelcina e meditare sulla sua spiritualita.
"Efeso è ancora addormentata.
Ma laggiù, il tempio di Artemide, nelle sue cento colonne di marmo, scintilla ai primissimi chiarori dell'alba.
L'Oriente si tinge di santità.
E nel cielo, di un bianco battesimale, sotto le Pleiadi, è spuntata la stella del mattino.
Buona giornata, Maria!"
Chi era Bernadette Soubirous, la fanciulla che, nel 1858, ebbe il privilegio di diciotto apparizioni durante le quali la Madonna, definendosi l’Immacolata Concezione, rivelò il suo essere più profondo? Dopo quei fatti, Lourdes, in un crescendo di devozione, è diventata la meta di un incessante pellegrinaggio in cui preghiera e opere di misericordia si intrecciano in modo essenziale. Ma della piccola veggente quasi si perdono le tracce, e la sua breve vita, non appena concluso il compito di comunicare l'evento straordinario di cui ella era stata testimone, appare segnata dal desiderio di scomparire agli occhi del mondo. Ha così inizio un cammino di santità vissuto come impegno a corrispondere al dono straordinario di Dio con il dono totale di sé. Come non riconoscere l’impronta della santità stessa di Maria in questa santità che – senza miracoli e senza carismi particolari – resta quasi un segreto tra l’anima e Dio? Come non vedervi un forte richiamo a corrispondere alla grazia di cui la nostra esistenza sovrabbonda, con una generosità e un abbbandono che soli ci colmano di pace?
Don Tonino riformatore sociale. Del Sud. Anzi, l'ultimo grande riformatore sociale del Mezzogiorno che ha infranto le regole del buon costume episcopale, frantumato le sbarre invisibili dell'esclusione sociale, sovvertito l'ordine dei valori dominanti. Come tutti i grandi riformatori ha misurato la fatica del cambiamento prima sui problemi concreti, strutturali. La casa, la dissocupazione, il disagio, la criminalità, lo sviluppo. La polvere e la strada. E poi le cose che non si toccano, la cultura, le relazioni. Lo scetticismo. Le coscienze. Essere vescovo al Sud è difficile. Don Tonino lo sa. E lo impara, come testimoniano queste pagine nelle quali sono raccolte, per la prima volta riflessioni ancora oggi di straordinaria lucidità sulle più significative esperienze in cui si è imbattuto. Come vescovo.
Il viaggio e l'incontro tra don Tonino Bello e papa Francesco in un immaginario incontro a venticinque anni dalla morte proposto in questo libro rivela come la svolta dell'evangelizzazione ha radici profonde nella profeticità degli scritti del vescovo pugliese che oggi sono proposti con parressia da chi è venuto dalla fine del mondo. Il testo è utile per tutti: per chi s'imbatte nella prima volta nei testi del "don", per chi lo già conosciuto, per la catechesi, per i campi-scuola di giovani, ragazzi e adulti e per tutti coloro non si sono stancati di sognare e di credere che il Vangelo è proprio una bella notizia.
Questo scritto, finora inedito in italiano, potrebbe fungere da guida e da incentivo per chiunque, in quest'epoca di disorientamento del pensiero, si accinga a intraprendere lo studio della filosofia. La domanda di fondo investe le strategie che l'uomo, nel corso della storia, ha messo a punto per "spiegarsi" la realtà. E tale domanda è sollevata a ragion veduta: Florenskij è - caso quasi unico - un pensatore in grado di rievocare la figura dell'intellettuale rinascimentale capace di padroneggiare gli ambiti più svariati della conoscenza. Egli fu fisico, matematico, ingegnere elettrotecnico, ma anche filosofo e teologo, teorico dell'arte e linguista. Ma in tutto questo egli non indulge a sincretismi o tenere conciliazioni; raramente si può assistere a una presa di posizione così severa nei confronti delle pretese verità delle scienze, a un uso di argomenti tanto sottili da anticipare molti temi centrali dell'epistemologia novecentesca. Persino il "discorso comune" (con la sua "ricchezza disordinata" e la sua "vita caotica") pare avere, rispetto al "vuoto ordinato e la morte" delle scienze, maggiori speranze di attingere al vero.