
José Sánchez del Río nasce il 28 marzo 1913. La sua è una famiglia benestante e stimata da tutti, di dichiarata fede cattolica. L'infanzia di José trascorre nel periodo della violenta Rivoluzione messicana che colpisce l'intero Paese. La famiglia si trasferisce per un po' a Guadalajara. Quando, nel 1926, comincia una terribile persecuzione contro la Chiesa, José, pieno di fede e di zelo cristiano, decide di entrare nel movimento dei "Cristeros" che lottavano per la libertà di religione e per i diritti umani del popolo martoriato. Dopo vari tentativi, andati a vuoto per la sua giovane età, riesce finalmente a farsi accettare: diventa così il portabandiera del gruppo. Durante una battaglia contro le forze federali, José viene catturato e imprigionato a Cotija. Dopo vari tentativi di dissuaderlo dalla sua fede, sempre respinti dal coraggioso ragazzo, José è trasferito a Sahuayo e rinchiuso nella chiesa di San Giacomo, trasformata in stalla dai militari. Condannato a morte, viene prima crudelmente torturato e infine giustiziato nel cimitero del paese, rendendo suprema testimonianza di amore e di fedeltà al Signore, continuando a gridare eroicamente fino alla fine "Viva Cristo Re e la Madonna di Guadalupe!".
La figura di san Luigi Gonzaga (1568-1591) è stata fatta segno di un oleografismo così esasperato da andare via via sfumando i contorni umani fino ad assumere pressoché in toto quelli vertiginosi del mi­stico irraggiungibile. Era necessaria una pu­litura del personaggio «dagli ori e dalle laudi» che sembravano soffocarlo, per re­cu­perarne la freschezza: un lavoro pa­zien­te e appassionato attraverso il quale l’autore di questo «ritratto in piedi» ripropone il santo castiglionese come il vero erede au­to­revole e l’interprete modernissimo della grande tradizione mistica del­l’I­talia e della Spagna post-tridentine. Ne deriva un profilo che per lo snodarsi della ricerca su di una trama di assoluto rigore filologico e per la riproposta di documenti aloisiani anche tra i meno consueti, nonché per l’asciutta scansione cronologica (dall’infanzia alle estreme ore romane, con speciale ri­guar­do agli anni della formazione tra la Cor­te medicea e l’avventura spagnola) può dirsi pienamente «tradizionale», e lascia tut­tavia emergere i tratti di un’umanità, e di una santità, sorprendentemente «nuo­ve».
In occasione di questa seconda edizione aggiornata, impreziosita dalla prefazione di mons. Egidio Caporello, vescovo emerito di Man­­tova, un grato ricordo va al compianto padre Alessandro Scurani S.I., che nel prefare la prima edizione del volume scriveva: «Vo­lendo in­dagare sui movimenti più intimi del santo, che sono anche necessariamente i più segreti e sconosciuti, l’autore istituisce frequenti parallelismi, citando osservazioni e descrizioni di stati interiori da autori che hanno sperimentato analoghe situazioni, specialmente da san­t’A­gostino e da Jose­ma­ría E­scrivá. Con questo procedimento ottiene ta­lora singolari effetti illuminanti delle vie dello spirito in generale e di san Luigi in particolare».
La vita e la dottrina di Veronica sono, infatti, un cibo "disceso dal cielo", tanto sono impregnate di divino; sembrano, infatti, una ruota che gira continuamente sopra un unico perno: Dio. Se è sempre difficile scrivere dei Santi, è pressoché impossibile farlo quando i Santi hanno scritto di se stessi, perché nessuno riuscirà a farlo meglio di loro. Se poi ce n'è di quelli che hanno riempito ventiduemila fogli, come ha fatto S. Veronica Giuliani, usando non solo l'inchiostro, ma anche il proprio sangue e quello di Gesù, è meglio rinunciarci. Tuttavia è lecito tentare: rintracciare e presentare i sentieri percorsi dalla Santa, che sono quelli della grazia e della fede, è come raccogliere le famose molliche di cui voleva cibarsi la povera donna cananea che Gesù incontrò nella Fenicia, e saziarsene.
"Non basta fare il bene, bisogna farlo bene.
La carità è come un unguento prezioso che attira le anime.
Le opere di Dio hanno il loro momento; e la Sua Provvidenza le compie soltanto allora e non prima né dopo. […] Attendiamo pazientemente, ma agiamo; e, per così dire, affrettiamoci lentamente.
Dio ama i poveri e di conseguenza ama coloro che amano i poveri; perché quando si ama molto una persona si sente affetto anche per i suoi amici e per coloro che la servono.
Lasciamo fare a nostro Signore: è la sua opera. E come gli è piaciuto cominciarla, siamo certi che la porterà a compimento nel modo che vorrà […] abbiate molto coraggio, confidate in nostro Signore."
(da "Lampi di luce" di san Vincenzo de' Paoli)
Giacomo fra i Dodici, è uno di quelli che ha avuto modo di vivere l'esperienza straordinaria del contatto con Gesù per tutto il tempo della sua predicazione. È uno di quelli che lo ha conosciuto bene perché lo ha seguito dall'inizio, da quando il Signore l'ha chiamato. Anche lui è un passionale e il suo carattere lo spinge all'impegno: è un precipitoso! Gesù a volte deve frenare il suo entusiasmo, calmare il suo ardore. (dall'Introduzione)
Un antico e straordinario documento redatto a Bergamo nel Duecento da un impareggiabile “cronista” dell’epoca, è al centro di una vera e propria “inchiesta” su colei che è ritenuta la prima santa della Chiesa di Bergamo. “Santa Grata e il suo Monastero in Bergamo Alta” è il titolo n. 500 della popolarissima “collana blu”, autentico fenomeno editoriale di Velar e Elledici, incentrato su pubblicazioni che presentano biografie di santi, beati di tutte le epoche.
Scritto da Roberto Alborghetti che aveva firmato anche la biografia “Sant’Alessandro Martire e patrono della terra di Bergamo”, già ristampata – il testo ricostruisce, come in una sorta di indagine giornalistica, la vicenda di Santa Grata, considerata la “compatrona” della Diocesi di Bergamo. Grata è colei che, giunta sul luogo della decapitazione del vessillifero della Legione Tebana, ne raccoglie le spoglie e le porta alla sepoltura. Con questo semplice e devoto gesto, la nobildonna Grata entra a pieno titolo nella storia della cristianità bergamasca. La sua vicenda e la sua testimonianza sono giunte fino a noi trasmesse da antichi luoghi di culto (la chiesa di Santa Maria Vecchia, il monastero benedettino di Santa Grata in Columnellis, la chiesa parrocchiale di Santa Grata Inter Vites), da immagini (si pensi agli affreschi duecenteschi custoditi nello stesso cenobio benedettino), da documenti storici (le diverse versioni delle Passiones) e da due opere fondamentali della storiografia: il Liber Pergaminus di Mosè del Brolo e il Legendario del Beato Pinamonte da Brembate.
I santi sono persone che sfuggono alla mentalità della loro epoca, perché sono contemporanee dell’avvenire. In altre parole sono sempre attuali. Ecco una delle ragioni per cui viene pubblicata ancora una nuova biografia di San Daniele Comboni, canonizzato il 5 ottobre 2003. Scritta dal versatile Graziano Pesenti, non è voluminosa ed è di facile lettura. Va all’essenziale senza ridurre o tradire la portata dell’esperienza e del messaggio di San Daniele Comboni. A più di 150 anni dal “Piano per la Rigenerazione dell’Africa con l’Africa” la proposta di San Daniele Comboni non ha perso in attualità. È ancora l’ora dell’Africa, l’ora della missione. L’augurio è che questa biografia trovi molti lettori che diventino autentici animatori missionari ovunque siano e qualunque cosa facciano. E se possibile seguano San Daniele Comboni come missionari. Che questa “vita di Comboni” renda più missionaria la nostra.
Tutta la breve vita di Santa Gertrude si svolse nel monastero di Helfta, nell’antica Sassonia, in quella parte che oggi corrisponde alla zona nord-est della Germania centrale. Il messaggio di Santa Gertrude continua ad essere vissuto e trasmesso: gli Ordini benedettino e cistercense si adoperano perché la santa sia fatta conoscere come nel passato e possa di nuovo influenzare e promuovere una vita autenticamente cristiana. Questa monaca è una luce che ci guida nel nostro cammino: ci conduce all’interno di noi stessi, ci fa scoprire il nostro cuore e il cuore di Cristo che abitano l’uno nell’altro nel ritmo della liturgia, della preghiera e della lectio divina, nella coscienza della nostra debolezza e nell’incrollabile fiducia nella misericordia e nella “supplenza” del Verbo incarnato, che intercede e supplisce per noi. Ci insegna la lode di Dio, uno e trino, l’amore fraterno, l’amore per la Chiesa e per l’umanità, lo zelo per la diffusione del Vangelo della misericordia.
Ad Alessandria d'Egitto, alla fine del III secolo, si diffuse la fama della giovane Caterina, di nobile famiglia cristiana, testimone coraggiosa della sua fede. Dopo aver trionfato in un pubblico dibattito con vari pensatori pagani, voluto dall'imperatore, venne martirizzata per il suo amore a Cristo.
La liquefazione periodica del sangue di san Gennaro non è ufficialmente riconosciuta come miracolosa dalla Chiesa cattolica, che più cautamente ora parla di prodigio. Ma il fenomeno è stato per secoli chiamato miracolo in testi liturgici approvati dall'autorità ecclesiastica e in discorsi di vescovi, cardinali, papi e santi. L'Inquisizione ha inoltre sottoposto a formali processi coloro che lo hanno attribuito a cause naturali. La questione del riconoscimento ufficiale, se ha un senso per gli ultimi cinquant'anni, ne ha dunque tanto meno quanto più ci si spinga indietro nel tempo. Perché quel mutare in determinate circostanze fu di fatto considerato un miracolo ed è questo ciò che interessa allo storico. Come si può però far storia naturale di qualcosa che per definizione supera l'ordine del creato? La ricostruzione che qui si abbozza non si interroga sul miracolo in sé, bensì sulla cultura che lo ha identificato come tale. Obiettivo di questo lavoro è infatti ripercorrere in chiave antropologica gli sforzi compiuti da uomini e donne del passato per concettualizzare un fenomeno complesso e sfuggevole. Il miracolo di san Gennaro assurge cosi a punto di osservazione privilegiato da cui ripercorrere non solo la storia di Napoli, ma anche e soprattutto l'evoluzione della mentalità di chi, persino in terre assai lontane, con quell'appuntamento periodico si è nel tempo confrontato. E consente di delineare una storia della meraviglia e della sua funzione conoscitiva.
"Il Redentore del mondo, che, innalzato sulla croce, aveva stabilito di attirare tutto a sé, in modo meraviglioso attirò a sé la venerabile sua serva Marghertita M. Alacoque, affinché essa, penetrando fin dentro il suo Cuore, gustasse, alla stessa sorgente, la dolcezza dell'infinito amore e la spandesse in mezzo agli uomini. Fu così che la venerabile Margherita fece scorrere come un fiume, su tutta la terra, quelle dolcissime acque che aveva attinto dal Costato aperto di Cristo, con l'unico e ardente desiderio di ammirare i cuori degli uomini purificarsi in questo oceano di acque vive e veder nascere nei loro cuori una sorgente zampillante fino alla vita eterna" (Pio IX nel Decreto di beatificazione del 24 giugno 1864)
Tre apostoli, tre luoghi eminenti della regione Campania. I tre apostoli e i tre luoghi sono uniti da una relazione speciale: il patrocinio degli uni e la devozione degli altri. Gli apostoli, Andrea, Bartolomeo e Matteo, sono insigni per la loro dedizione a Cristo. I luoghi sono celebri per storia, arte e fede, e rispondono al nome di Amalfi, Benevento e Salerno.