
Dai giorni della sua breve vita fino ad oggi i versi di Puskin non hanno mai abbandonato la memoria della Russia. Tradurre Puskin è stato sempre considerato una prova durissima e della più alta importanza, come se dalla conoscenza di questo poeta dipendesse la conoscenza di tutta una civiltà letteraria. I poemi e le liriche raccolti in questo volume delineano un panorama di tutta la sua produzione poetica dal 1815 al 1837.
"Nelle tante liriche delle diverse raccolte, alcune inedite, il lettore si chiederà il perchè del titolo. Così i versi dipingono, scolpiscono forti stati d'animo, traducono sentimenti, intuizioni, vibrazioni, passione sublimate in ritmiche immagini armoniose."
Un testo poetico accompagnato da disegni: un invito a guardarsi dentro, a riesaminare le proprie energie e le proprie possibilità attraverso la conoscenza dei segni zodiacali, ponte tra conscio e inconscio per condurci dentro noi stessi.
La poesia, al suo primo scatto, nasce per celebrare il divino. È una scala per ascendere tra le bestie celesti; è un agguato, la trama - fatale, fatata - per imporre la museruola alla divinità. Tra Orfeo che incanta il re degli inferi e Giovanni che a Patmos vede angeli, draghi e micidiali cavalieri; tra le visioni degli sciamani siberiani e le preghiere ad Ammone, una continuità è ben salda. La poesia è il codice che dissigilla i cieli e solletica gli dèi, li intima a svelarsi in forma di pioggia, rivelazione, luce. Parola che fiammeggia, quella qui antologizzata, da sussurrare con il cuore teso a stendardo. Dai versi di Milarepa a quelli di Boris Pasternak, da Giovanni della Croce a Ikkyû e 'Attâr il rapporto con il divino è declinato in ogni aspetto: a volte si conforma in amore nuziale e in conforto, altre in accesa gelosia, altre ancora in accusa. Nulla limita il dire del poeta: il linguaggio - sublime combustibile, tra obbedienza e ribellione - dà voce all'onnipotente nella sua gloria e nella sua erranza tra gli orrori del mondo. A volte, il dio ha un corpo glorioso, la vigoria di una belva, altre il volto del "buon pastore", del servo che conosce ogni patire; la poesia, sempre, è strategia di battaglia, un'infinita caccia reale. Effimeri! Con una Lettera ai poeti di papa Francesco.
Il volume indaga la struttura poetica e la ricca simbologia che servono da supporto al salmista per descrivere situazioni di vita, atteggiamenti interiori, esperienze umane drammatiche e altissime tensioni religiose.L'analisi del linguaggio poetico, le parole e le figure, la costruzione dei periodi e i piani prospettici consentono di fare emergere l'organizzazione interna dei poemi e la loro unità, mentre l'approfondimento del ricco repertorio dei simboli religiosi permette di esaminare il vasto patrimonio di ogni comunità orante.I salmi, infatti, sono soprattutto preghiera, espressioni poetiche di intense esperienze religiose.
Un paio di decenni fa Iosif Brodskij ebbe a scrivere di Walcott: «Per quasi quarant’anni, senza sosta, i suoi versi pulsanti e inesorabili sono arrivati nella lingua inglese come onde di marea, coagulandosi in un arcipelago di poesie senza il quale la mappa della letteratura moderna assomiglierebbe, di fatto, a una carta da parati». Un arcipelago al quale, da allora, non hanno mai smesso di aggiungersi nuove isole, ma le cui coordinate sono rimaste immutate: dalle promesse giovanili di In una notte verde – imparare «a soffrire in giambici accurati», «lodare finché amore duri, i vivi e i morti bruni» – alle riflessioni sull’arte e sulla vecchiaia del Prodigo. Una dedizione totale alla poesia e una preoccupazione per la condizione umana nate dalla volontà di rimanere fedele a un’epifania precoce – magistralmente narrata nel poema autobiografico Un’altra vita – che, alla maniera di Dante, ha segnato e continua a segnare il corso di un’intera esistenza. Ripercorrere l’avventura letteraria di Walcott significa assistere al dispiegarsi di un dono poetico capace, come forse nessun altro ai nostri giorni, di coniugare il lampo lirico dell’istante «in cui ogni sfaccettatura» è «còlta in un cristallo di ambiguità» con il gesto aperto e impersonale dell’epica. Il risultato, sulla pagina, è un’opera di straordinaria versatilità formale, magnificenza linguistica e precisione metaforica, costantemente illuminata da una compassione ampia, come nei grandi poeti di ogni tempo.
A dare notorietà al grande autore piemontese furono alcune delle sue opere in prosa, rimaste tra i capolavori della letteratura italiana di tutti i tempi: da "Cristo si è fermato a Eboli" a "L'orologio". Ma come ha dimostrato la pubblicazione delle sue opere saggistiche, Levi fu artista eclettico e instancabile pensatore, che passava con estrema scioltezza dalla pagina alla tela, dal dibattito pubblico ai versi. La scrittura poetica infatti attraversa l'intero arco della vita di Carlo Levi, ed è strettamente intrecciata alla sua opera di prosatore e alla multiforme attività di pittore, politico e intellettuale. Egli stesso ne era ben consapevole, se nel 1963 scriveva a Giulio Einaudi: "II "Cristo si è fermato a Eboli" fu dapprima esperienza, e pittura e poesia, e poi teoria e gioia di verità... per diventare infine e apertamente racconto". Questo volume raccoglie in edizione integrale i suoi principali testi poetici, alcuni dei quali solo episodicamente apparsi su riviste o cataloghi di mostre o in antologie incomplete e filologicamente inadeguate. Si tratta di un materiale che, seppur talora disuguale negli esiti lirici, è tuttavia imponente per vastità e interesse e restituisce un tassello importante per la conoscenza dell'opera leviana, rivelandone un aspetto rimasto sempre in ombra.
Se ne ignorano l'autore, l'esatto periodo di composizione e persino il titolo preciso: un fitto mistero avvolge questo poemetto, accrescendone il fascino lungo i secoli. In un'opera che condensa i punti caratteristici della cultura tardo medioevale, si narra dell'amore del poeta per una donna di grande bellezza, attorno al quale si sviluppano innumerevoli digressioni: le proprietà nascoste delle pietre preziose, le descrizioni mirabolanti del palazzo in cui vive l'amata, gli affreschi delle sue stanze. Dopo che l'amante si dichiara sottomesso ai voleri di lei, viene rivelata la natura allegorica della vicenda: la donna è l'intelligenza umana, il palazzo e la corte sono il corpo e l'anima.