
Nel profondo nord della Svezia, circondati da un paesaggio di straordinaria bellezza, Wilma e Simon stanno per affrontare l'avventura che attendevano da mesi. Sono giovani e innamorati, intorno a loro la pellicola bianca del gelo si stende sul bosco intanto che si preparano a immergersi nel Vittangijärvi, alla ricerca del relitto di un aereo precipitato molto tempo prima. Ma mentre nuotano sul fondo del lago, qualcuno scioglie la sagola di sicurezza e chiude l'apertura verso la superficie, posandoci sopra una porta di legno. Non avranno scampo. Quando molti mesi dopo il corpo di Wilma viene finalmente alla luce, Rebecka Martinsson, ora procuratore a Kiruna, sa che non è stata una disgrazia. Comincia per lei una nuova indagine nella sua amata terra lappone, che oltre alle meraviglie di una natura primitiva, le offre anche l'ostilità di una popolazione dura e sospettosa. Rebecka e l'ispettrice Anna-Maria Mella intuiscono che è nel passato che vanno cercate le ragioni di un gesto tanto spietato, e sfidano il silenzio di una famiglia che da lunghi anni custodisce un segreto crudele. Con la sua caratteristica ambientazione e forza espressiva, Åsa Larsson, definita dalla critica una «cometa nell'universo del giallo scandinavo», delinea con efficacia una fatale rete di colpe, paura e tradimento, intrecciando sapientemente le vicende della storia al destino e alle scelte dei singoli individui.
Prima della discesa agli inferi della Kolyma, la sterminata distesa di paludi e ghiacci nella Siberia nordorientale dove il regime sovietico portò al massimo livello di efficienza il sistematico annientamento delle sue vittime, Šalamov aveva già avuto modo di sperimentare la durezza della repressione staliniana: arrestato nel 1929 per «propaganda e organizzazione sovversiva», fu infatti condannato a scontare tre anni di lavori forzati in uno dei primi lager sovietici, quello di Višera, nel Nord degli Urali. Al ricordo di quell'esperienza - il primo impatto di uno spirito libero e forte con la spietata realtà politica e sociale del Paese - Šalamov torna in due momenti distinti della sua vita, dopo il ritorno a Mosca da uomo libero. Nel 1961, mentre già sta lavorando ai Racconti della Kolyma, scrive i due frammenti che aprono il volume, La prigione di Butyrki (1929) e Višera: testi incompiuti, eppure fondamentali per introdurre il corpo centrale del libro - quello che nel diario egli definì L'antiromanzo Višera, scritto tra il 1970 e il 1971, ma destinato a vedere la luce solo nel 1989. In queste pagine, che si saldano indissolubilmente ai Racconti della Kolyma e che spesso ne richiamano temi e personaggi tanto da costituirne l'indispensabile preludio, prende via via forma l'epopea negativa dei lager staliniani: la storia della loro nascita, di chi li abitò e di chi li diresse, dell'incrudelirsi delle regole che li trasformarono in un perfetto meccanismo - congegnato «a immagine del mondo» - atto non solo a infliggere sofferenze estreme, ma soprattutto a stravolgere ogni norma etica, distruggendo moralmente tanto le vittime quanto i carnefici: «Che cosa mi ha dato Višera? Tre anni di disillusioni quanto agli amici e di speranze infantili infrante. Un'insolita sicurezza nella mia forza vitale ... solo, senza amici, e senza nessuno che la pensasse come me, sopravvissi a quella prova fisica e morale. Ero saldo sulle mie gambe e la vita non mi faceva paura».
«Il mio intento in questo libro non è la critica letteraria né la biografia ... Voglio soltanto, e in maniera del tutto personale, passare in rassegna i tipi di scrittura che mi hanno influenzato nel corso del mio lavoro. Ho detto scrittura, ma intendo più precisamente visione, modo di guardare e di sentire». Con questo intento Naipaul ci fa da guida in un viaggio illuminante, il suo viaggio: dalla natia Trinidad («un puntino sul mappamondo») agli ambienti letterari della Londra anni Cinquanta, dall'India (ancestrale «terra del mito» e desolante paradigma di modernità incompiuta) alla Cartagine di Polibio e di Flaubert, e alla Roma di Cicerone e di Virgilio. In questo modo la scrittura, che è sempre «prodotto di una specifica visione storica e culturale », permette di esplorare il tempo oltre che lo spazio - e di affiancare Derek Walcott a un materassaio analfabeta, Nirad Chaudhuri e Anthony Powell a un politicante con velleità letterarie (« lo Stalin di Trinidad»), Gandhi a Giulio Cesare. E durante il viaggio ogni incontro si rivela decisivo: per una inesausta ricerca di precisione, per il nitore dell'espressione, e soprattutto per una percezione originale del mondo.
Si dà arie da gangster, Petit - Louis. Fa lo sbruffone. Ma è solo una mezza cartuccia. Al massimo può fare il palo, o distrarre i turisti sfaccendati con le sue prodezze di giocatore di bocce, mentre altri, i gangster veri, rapinano l'ufficio postale di Le Lavandou. E non sa neanche resistere alla tentazione di lasciar intendere alla matura signora che quella notte se lo porta nella sua camera d'albergo che sì, con quel colpo lui c'entra qualcosa. La signora, del resto, che si è presentata come contessa d'Orval, è fasulla quanto lui: è una ex cocotte che si fa mantenere da un piccolo industriale di provincia. Della sedicente contessa Petit - Louis diventerà l'amante: vitto, alloggio e qualche regalino di un certo valore gli fanno comodo per un po', anche perché deve starsene nascosto. Un giorno però la signora verrà trovata morta, con il cranio fracassato, e Petit - Louis sarà arrestato con l'accusa di omicidio. Tutte le apparenze sono contro di lui, e il suo passato da teppistello gioca a suo sfavore. Eppure, costretto a subire un processo che si rivela una farsa, a confrontarsi con una giustizia simile a «una macchina mostruosa», una specie di «immensa macchina tritatutto», quello che finora è stato solo un piccolo, fatuo malavitoso inizia a vivere «la sua vera vita, la vita secondo il suo Destino». E questo, come accade al Frank di La neve era sporca o al Kees Popinga dell'Uomo che guardava passare i treni, o allo stesso signor Hire, gli conferirà una intensità, una statura, una tragicità in qualche modo eroiche.
Alice è una bambina obbligata dal padre a frequentare la scuola di sci. È una mattina di nebbia fitta, lei non ha voglia, il latte della colazione le pesa sullo stomaco. Persa nella nebbia, staccata dai compagni, se la fa addosso. Umiliata, cerca di scendere, ma finisce fuori pista spezzandosi una gamba. La lasciamo sulla neve credendo che morirà assiderata. Invece si salva, ma resterà zoppa e, soprattutto, segnata per sempre. Mattia è un bambino molto intelligente, ma ha una gemella, Michela, ritardata. La presenza di Michela umilia Mattia di fronte ai suoi compagni e, per questo, la prima volta che un compagno di classe li invita entrambi alla sua festa, Mattia abbandona Michela nel parco, con la promessa che lei lo aspetterà. Mattia non ritroverà più Michela. In quel parco, Michela si perde per sempre. Le vite di Alice e di Mattia, due esistenze segnate, si incroceranno. Diventeranno, Alice e Mattia, adolescenti, giovani, adulti.
Karl scopre presto che suo fratello non è come gli altri bambini. All’età di due anni, invece di progredire, Noah inizia a perdere anche le poche abilità fino ad allora acquisite. Smette di gattonare. Dimentica le poche parole apprese. Si chiude in un mondo parallelo, unico abitante di un pianeta lontano, rifuggendo dal contatto con le altre persone. Quando giunge la diagnosi di autismo la famiglia è già tutta concentrata su questo figlio “diverso”. Una memoir commovente, onirica, lucidamente onesta, di grande empatia. La storia sorprendente e ricca di colpi di scena di due solitudini. E di una famiglia.
Lo chiamano “il nido degli angeli” perché è un istituto che accoglie bambini senza famiglia. Mario è uno di loro, ha dodici anni ed è solo al mondo. Quando vi arriva, ha già alle spalle una lunga esperienza di brefotrofi e collegi, ma spera di trovare finalmente calore umano e affetto. Tanto più che la direttrice, una ex suora che gode fama di donna caritatevole, afferma di voler essere per i suoi sfortunati ospiti «la mamma che non hanno mai avuto».
La realtà è ben diversa. Quello che Maria Diletta Pagliuca dirige con spietata crudeltà è un vero e proprio inferno in cui i bambini devono fare i conti con la fame, il freddo, i maltrattamenti, le più infami punizioni corporali. Eppure la luce della speranza non si spegne, alimentata da gesti semplici e quotidiani.
Mario riesce perfino a trovare un amico, Francesco. Insieme condividono piccole gioie e grandi sofferenze, ma una notte Francesco scompare e a Mario non resta che sperare che sia riuscito a realizzare il suo sogno di fuga.
Molti anni dopo, i lavori di demolizione di quel luogo di dolore riaprono la ferita che non si era mai rimarginata. E Mario deve affrontare di nuovo i fantasmi della sua infanzia rubata.
Con lo sguardo del cuore, detto anche interiore, si impara qualcosa di grande per la prima volta. Può trattarsi di una illuminazione improvvisa, oppure di un lungo percorso spirituale. Ma quando accade, ecco che la vita, da quel momento, cambia radicalmente, rivelando ricchezze inaspettate. Lo sguardo del cuore è la meta di tutte le tradizioni spirituali dell’Oriente e dell’Occidente e consiste in una introspezione che nasce nell’individuo ma è stimolata dagli eventi e dalle persone intorno a noi che ci portano a sospendere gli schemi, predisponendoci a una visione del mondo e della vita spontanea e immediata, aldilà di ogni razionalità, studio o preparazione. Si tratta solo di imparare a “sentire” questo nuovo sguardo, e a viverlo. Le storie qui raccolte al sufismo, al buddhismo, al taoismo, e ad altre correnti orientali. Il lettore è libero di leggerle nell’ordine che preferisce, seguendo le sue esigenze o inclinazioni. Sono cinquanta ma, in fondo, si tratta di una stessa storia raccontata in modi diversi. Lette in momenti diversi della vita, sembreranno indicare percorsi e soluzioni diverse, secondo le esigenze del momento. Il non detto è l’essenziale. Sono storie che trasformano: questo è il loro pregio. Si spera che il lettore coltivi lo sguardo del cuore nel sentiero o nel modo più congeniale. Scoprirà che lo ha assaporato altre volte.
A quindici anni, Mariam non è mai stata a Herat. Dalla sua kolba di legno in cima alla collina, osserva i minareti in lontananza e attende con ansia l'arrivo del giovedì, il giorno in cui il padre le fa visita e le parla di poeti e giardini meravigliosi, di razzi che atterrano sulla luna e dei film che proietta nel suo cinema. Mariam vorrebbe avere le ali per raggiungere la casa di Herat, dove il padre non la porterà mai perché lei è una harami, una bastarda, e sarebbe un'umiliazione per le sue tre mogli e i dieci figli legittimi ospitarla sotto lo stesso tetto. Vorrebbe anche andare a scuola, ma sarebbe inutile, le dice sua madre, come lucidare una sputacchiera. L'unica cosa che deve imparare è la sopportazione. Laila è nata a Kabul la notte della rivoluzione, nell'aprile del 1978. Aveva solo due anni quando i suoi fratelli si sono arruolati nella jihad. Per questo, il giorno del funerale, le è difficile piangere. Per Laila, il vero fratello è Tariq, il bambino dei vicini, che ha perso una gamba su una mina antiuomo ma sa difenderla dai dispetti dei coetanei; il compagno di giochi che le insegna le parolacce in pashto e ogni sera le da la buonanotte con segnali luminosi dalla finestra. Mariam e Laila non potrebbero essere più diverse, ma la guerra le farà incontrare in modo imprevedibile. Dall'intreccio di due destini, una storia indimenticabile che ripercorre la Storia di un paese in cerca di pace, dove l'amicizia e l'amore sembrano ancora l'unica salvezza.
Gregorio Caccialupi tira le somme della sua lunga, intensa vita. I primi ricordi risalgono agli anni Trenta e sono legati al Polesine, la terra della sua infanzia, segnata da miseria, malattie, fatica. La tubercolosi che colpisce Isola - la madre, bellissima ma in qualche modo estranea all'aspra realtà di quei luoghi - imprime una brusca svolta al suo destino. È adolescente quando decide di lasciare il suo paese sul delta del Po per andare in America in cerca di fortuna. Intraprendente e affascinante, diventa uomo collezionando successi, sconfitte e una serie di donne che cercano invano di conquistare il suo cuore: Florencia, il primo amore, Nostalgia, la moglie, Erminia, l'ultima passione. Nel frattempo per tutti lui è diventato Mister Gregory: ricco proprietario di una catena di grandi alberghi italiani, è un personaggio influente, e temuto. Finché un giorno, per colpa di un investimento sbagliato, perde tutto il suo patrimonio. Il sipario sembra chiudersi su un tramonto maliconico. Invece, accade qualcosa - un incontro inaspettato, una sorprendente rivelazione - e Mister Gregory, ormai anziano, riacciuffa le redini della propria vita per andare incontro a una nuova avventura. Ancora una volta, Sveva Casati Modignani appassiona e coinvolge i lettori con una storia sontuosa e avvincente che spazia dall'Italia all'America lungo quasi un secolo. Protagonista incontrastato, per una volta, un uomo: complesso, tenero e burbero, affascinante e sfuggente, ma sempre irresistibile...
Che cosa succede in una famiglia quando nasce un figlio handicappato, come si evolvono le paure, le speranze, l'angoscia, le normali esperienze di tutti i giorni. Come reagiscono i familiari, gli amici, i medici, "la gente", e il padre, la madre, il fratello. I bambini disabili, come suggerisce il titolo, nascono due volte: la prima li vede impreparati al mondo, la seconda è una rinascita affidata all'amore e alla intelligenza degli altri. Coloro che nascono con un handicap devono conquistarsi giorno per giorno, più degli altri il proprio diritto alla felicità. Il libro è un romanzo coraggioso e anticonformista che alterna a pagine tese, drammatiche e commoventi altre eccentriche o decisamente comiche.
Un romanzo-verità sulla tormentata vita del poeta Dino Campana (Marradi 1885 - manicomio di Castel Pulci 1932). Frutto di un lungo e accurato lavoro di ricerca, l'appassionato libro di Vassalli illumina l'esemplarità di un destino tragico e ristabilisce alcune verità biografiche su un poeta maledetto la cui gloria postuma va crescendo. Questa vita di un reietto allucinato, in contrasto perenne con la cultura del suo tempo, riafferma la propensione dell'opera di Vassalli a occuparsi di eresie culturali e storiche (i futuristi de L'alcova elettrica, la strega de La chimera), non per indulgere in sterili ricostruzioni storico-biografiche, ma per sottolinearne la sorprendente attualità e verità. «Ma se Dino Campana non fosse esistito io ugualmente avrei scritto questa storia e avrei inventato quest'uomo meraviglioso e "mostruoso", ne sono assolutamente certo. L'avrei inventato cosí ».
Il racconto Natale a Marradi, che chiude questa nuova edizione del volume, rende completa e definitiva l'indagine di Vassalli.