
Quando Sam Watson, esperto biochimico nonché vecchio amico di famiglia, chiede di poterla incontrare urgentemente in segreto, la giovane e brillante archeologa Dilara Kenner abbandona gli scavi che sta sovrintendendo sulle Ande e lo raggiunge a Los Angeles. Qui Sam le rivela di aver compiuto una scoperta sconvolgente, che ha a che fare con il lavoro del padre di Dilara, un famoso archeologo scomparso tre anni prima senza lasciare traccia. Secondo Sam lo studioso è stato assassinato e il motivo dell’omicidio è legato al ritrovamento del reperto archeologico più importante della storia: l’Arca di Noè. Dilara non ha mai dato credito alle ricerche del padre, ma ora Sam le rivela che l’Arca esiste davvero, che suo padre l’ha rinvenuta e che chi l’ha ucciso vuole sterminare miliardi di persone di lì a otto giorni. Sconvolta, Dilara cerca di saperne di più, ma Sam muore avvelenato proprio durante il loro incontro: prima di spirare, riesce a farle il nome di Tyler Locke e di un misterioso Progetto Oasi. «Devi trovare l’Arca...» la implora. «La ricerca di tuo padre ha dato inizio a tutto.»
A sua volta in pericolo di vita, Dilara riesce a rintracciare Tyler Locke, un ingegnere specializzato in missioni speciali, e a raggiungerlo su una piattaforma petrolifera al largo di Terranova. L’attentato all’elicottero su cui viaggia Dilara, al quale la giovane donna scampa per un soffio, basta a convincere Locke della veridicità del suo racconto e a spingerlo a offrirle il proprio aiuto.
I due hanno solo sette giorni di tempo per ritrovare l’Arca di Noè, capire quale segreto custodisca e stanare gli assassini del padre di Dilara. Una corsa contro il tempo nel tentativo di impedire che un’incredibile follia possa diventare una spaventosa realtà, in grado di spazzar via il genere umano dalla faccia della terra.
Non è raro sentire di bambini che hanno vissuto una breve esistenza, segnati dalla malattia e dalla sofferenza. Ma è senz’altro meno comune che un bambino di tredici anni, consapevole della fine imminente, conforti la madre dicendole: «Non temere, mamma... Se non avessi fatto la cresima, come avrei fatto? Se non avessi ricevuto lo Spirito Santo, come avrei potuto arrivare fino a qui?».
In questa semplice verità sta la grandezza di Luca (1996-2009), la cui breve esistenza è stata un continuo inno alla vita, nella gioia di seguire le gare di MotoGP, mangiarsi la pizza preferita e dormire fino a tardi, come tutti i ragazzini della sua età.
Luca, quel “pezzetto di cielo” – per via degli occhi di un azzurro intenso – che ha testimoniato una fede semplice e matura al tempo stesso, affrontando la malattia con pazienza e spirito di sacrificio, sempre grato a quanti gli sono stati accanto negli anni del dolore, ma soprattutto riconoscente a quel Signore che era certo non lo avrebbe lasciato fino all’incontro definitivo con Lui.
Attraverso i suoi scritti e le pagine del suo diario, legate dal racconto della mamma, una testimonianza commovente, capace di toccare ogni cuore, come già ha fatto con i cuori di campioni del calibro di Pedrosa e Capirossi.
Il libro è tratto da una tragedia realmente accaduta quarant’anni fa, quando una violentissima tromba d’aria uccise trentacinque persone, ne ferì un centinaio e provocò gravi danni nel territorio veneziano. L’autore basa la sua opera sulle vere testimonianze dei superstiti e sugli articoli di giornali dell’epoca, mescolando vicende reali con racconti di fantasia. La tragedia è ricostruita intrecciando le vicende di una famiglia di turisti tedeschi (frutto della fantasia dell’autore) e quelle reali dei soccorritori sottolineando da entrambe le parti le esperienze, le tragedie personali e le sensazioni vissute dalle vittime della catastrofe.
Letteratura di intrattenimento per curiosi e appassionati di storia del territorio.
Dalle «vie del sangue» alle «vie della speranza», Messe di sangue narra l'epopea di una famiglia che, per fuggire alla miseria, decide di emigrare verso São Paulo, alla ricerca di un pezzo di terra da coltivare. Siamo negli anni Trenta, subito dopo il crollo del mercato del caffè: è un periodo segnato da aspri conflitti sociali, da rivoluzioni e controrivoluzioni, attraversato da profeti dell'apocalisse come il beato Estêvao e da banditi efferati come il cangaçeiro Lucas Avoredo. Ma a dominare è la terra, dispensatrice di vita e di morte.
Amado rivive questo dramma collettivo, destinato a sfociare in un bagno di sangue insieme politico e rituale, con una grande attenzione alla sensibilità popolare, ai miti e al folklore: la sua scrittura è pervasa dal pathos animistico e dalla venatura immaginosa che caratterizzano i suoi capolavori.
Inghilterra, Norwich. Il vento agita l'erba alta in cima alla collina. Tra le rovine di un'antica villa romana, appena portata alla luce dagli scavi, scintilla qualcosa di bianco. Ruth Galloway, archeologa forense, conosce bene quello scintillio. Si tratta di ossa. Appartengono a un piccolo scheletro umano. Ossa sorprendentemente simili a quelle che sono appena emerse durante la demolizione dell'orfanotrofio vittoriano della città vecchia. C'è un legame tra i due scheletri? Da quanto tempo la terra custodisce quei resti? Solo Ruth, esperta nella datazione di ossa antiche, è in grado di capirlo. Non è la prima volta che la donna, che ha quasi quarant'anni e vive sola insieme al suo gatto, si trova di fronte a macabri ritrovamenti di questo tipo. Ma questa volta il caso è ancora più complicato. C'è una sola persona in grado di aiutarla a trovare la verità: Harry Nelson, ispettore della Omicidi e sua vecchia conoscenza.
L'interrogatorio serrato al vecchio direttore dell'orfanotrofio, un sacerdote cattolico, rivela una sconvolgente verità: quarant'anni prima due bambini sono misteriosamente scomparsi, senza lasciare alcuna traccia. Il caso fu debitamente insabbiato. Appartengono a loro i due scheletri? Solo le ossa possono dirlo. Ruth lo sa bene: le ossa non mentono mai. Ma deve agire in fretta, perché mentre le prove si accumulano, si fa sempre più chiaro che qualcuno sta facendo di tutto per sviarla, spaventandola a morte...
Un thriller dalla trama avvincente che vede come protagonista una delle eroine più originali e vere degli ultimi anni. Poco dopo l'uscita, La casa dei corpi sepolti ha incantato la stampa e ha colpito il cuore più importante, quello dei lettori. Un romanzo intrigante, fitto di misteri e verità oscure, che affondano le loro radici nelle profondità più inaccessibili dell'animo umano.
Theophilos, greco e agnostico, è preoccupato per il figlio Loukas, seguace del Cristo e, deciso a riportarlo a casa, si imbarca per un lungo viaggio. Medico, profondamente legato alla ragione come criterio guida della sua vita,Theophilos lascia Creta, in cui vive, per andare a verificare di persona cosa si dice del Cristo, delle sue teorie e di quello che sta succedendo. Nonostante le indagini, non viene a capo di nulla: convinto che Loukas si sia lasciato irretire da una nuova religione, torna a Creta per rendersi conto che in realtà è lui a essere prigioniero, prigioniero della “ragione”.
Attraverso conflitti tra nazioni, mito e verità, bene e male,Theophilos compie un percorso interiore in una dimensione spirituale che non immaginava di possedere. Il lettore, catapultato tra antiche civiltà romana, giudaica e greca incontra, insieme al protagonista, i primi cristiani, uomini che hanno creduto da subito che Cristo fosse il Messia. Sebbene Theophilos sia un uomo del suo tempo, non è difficile immedesimarsi in lui, in questa storia che parla del misterioso rapporto tra fede e ragione e del potere dell’amore sopra la morte.
Destinatari
Per un libro per tutti.
Autore
Michael d. o’Brien nasce a Ottawa (Canada) nel 1948. Pittore autodidatta e scrittore, ha pubblicato numerosi saggi dedicati alla fede e la cultura in periodici internazionali. Ha scritto numerosi libri, soprattutto la serie di romanzi in sei parti Children of the Last Days pubblicata da Ignatius Press (San Francisco). Per le Edizioni San Paolo ha pubblicato nel 2008 Il nemico, Il libraio e nel 2009 L’isola del mondo. Il suo sito web è raggiungibile all’indirizzo sito web www.studiobrien.com.
Tokyo, 1948. Anno del Ratto. Portatore di malattia, il topo governa la città occupata due volte: dalle truppe del generale americano Mac Arthur, insediato dopo la resa giapponese, e da fantasmi inquieti.
Tokyo. Un altro anno del Ratto. Uno scrittore corre ansimando nella notte, gli occhiali rotti, i pantaloni infangati. Fra le sue braccia gli appunti di un libro che non vuole farsi scrivere. Sta correndo verso la Porta Nera. Lì forse troverà la verità. Lì forse capirà chi è il falso medico che nel 1948 ha avvelenato e ucciso i dodici dipendenti della Banca Teikoku.
Tokyo ha scelto il suo colpevole. Ma la città è occupata, posseduta, la verità nascosta. Per scoprirla, lo scrittore partecipa a una seduta spiritica: dodici candele vengono spente, una per ciascuno spirito. Le voci delle vittime, della polizia, degli occupanti americani si contaminano, si intrecciano in un serrato rituale esorcistico. Fra i deliri dei testimoni, dove nessuno dice la verità e quando la dice ne mistifi ca un’altra, s’insinua lo spettro della Guerra Batteriologica, l’eredità degli atroci esperimenti sui tronchi, le cavie umane dell’Unità 731 deliberatamente infettate dalla peste.
E le pagine del libro che non voleva farsi scrivere ora non sono più bianche. Eppure lo scrittore non trova pace perché, sì, i personaggi fi nalmente sono suoi, ma sue sono anche le lacrime, sua è la sofferenza del Giappone.
È la condanna dello scrittore quella che David Peace racconta nel secondo volume della Trilogia di Tokyo. La sua partecipazione al dolore di un paese spezzato dalla guerra. È l’omaggio ai racconti di Akutagawa e al cinema di Kurosawa, ma anche al buio di 1984. Una storia in cui nulla è risparmiato, nessuno è risparmiato. Un libro che fa trattenere il respiro come se fosse morto il mondo intero.
India, fine anni Sessanta: Ammu, figlia di un alto funzionario, lascia il marito, alcolizzato e violento, per tornarsene a casa con i suoi due figli. Ma, secondo la tradizione indiana, una donna divorziata è priva di qualsiasi posizione riconosciuta. Se poi questa donna commette l’inaccettabile errore di innamorarsi di un paria, un «intoccabile», per lei non vi sarà più comprensione, né perdono. Attraverso gli occhi dei due bambini, Estha e Rahel, Il dio delle piccole cose ci racconta una grande storia d’amore che entra in conflitto con le convenzioni; ci mostra un Paese, dilaniato fra tradizione e modernità, dove esistono ancora gli intoccabili e leggi non scritte continuano a governare la vita di una donna; ci fa entrare in un mondo fatto di piccoli eventi, di cose ordinarie che sembrano di nessuna importanza, ma che sono cariche di un significato più profondo e in cui sembra rispecchiarsi una verità universale.
Poco prima del '68 scoppia uno scandalo che mette in subbuglio la principale banca della città: i vertici dell'Istituto, i giudici, gli impiegati, i funzionari, i dirigenti dell'esattoria e i loro clienti, gli amici, i parenti, si trasformano in attori di una vicenda paradossale nella quale i buoni diventano i cattivi, le vittime i carnefici, i colpevoli gli innocenti e alla fin fine tutti sono irrimediabilmente complici. Questo mondo alla rovescia rivela contraddizioni e magagne di una società che, mentre conquista il benessere, ha perso il ben dell'intelletto e ogni senso morale, ogni discernimento. In una sequenza di casi raccapriccianti ricostruita con feroce sarcasmo.
Una domanda, uno schiaffo, la maledizione pronunciata nei confronti della madre da un bambino di nove anni. È l’episodio taciuto ne I miei luoghi oscuri, il libro in cui James Ellroy riapriva il caso dell’omicidio tuttora irrisolto di Geneva Hilliker. Jean la rossa, assassinata tre mesi dopo che suo figlio ne aveva invocato la morte. Episodio cruciale dal punto di vista umano ma anche letterario, vero e proprio innesco per la vocazione narrativa che già covava nei pensieri contorti del piccolo Ellroy. “Ero un Ellroy allora. Adesso sono un Hilliker.” Questa trasformazione radicale, conversione a una visione matriarcale del mondo, suggella il rapporto con le donne che scandisce la vita di James Ellroy fin dall’infanzia: “fiamma inestinguibile”, ricerca mistica e affannoso inseguimento, caccia famelica e insieme innocente. Volti che si affastellano, si confondono, si sovrappongono nella loro unicità. Volti scorti attraverso le finestre delle case, per le strade di una Los Angeles “caliginosa e tersa” o sui marciapiedi di Manhattan, volti evocati in solitudine, al buio. Intrecci narrativi che si sviluppano e oscillano spasmodicamente tra vita reale e pagina scritta, tra storia e Storia. Ellroy si confessa in pubblico. Non fa sconti a se stesso, stavolta non tace nulla. Mette a nudo tutte le proprie ossessioni, paure, contraddizioni, perversioni. Riconosce la propria arrogante megalomania e la capacità di sfruttare il passato, si proclama romantico destrorso e trova in Beethoven un fragoroso alter ego. Fa ammenda per gli errori commessi e il dolore procurato. Salda il debito verso tutte le donne della sua vita, da Jean all’ultima delle prostitute rimorchiate sul Sunset Strip. Caccia alle donne può essere considerato un ‘memoir di formazione’, il racconto di un avvicinamento alla maturità durato oltre cinquant’anni. Percorso accidentato, convulso e frenetico come il ritmo della prosa ellroyana, costellato da eccessi e successi, cani parlanti e dipendenze, due matrimoni, un esaurimento nervoso, fetide stamberghe, notti all’addiaccio e case da sogno. “Parole vertiginose” e silenzi roboanti. Invisibilità e umori corporei. Fino alla consapevolezza che la vita reale non è la trama di un noir in bianco e nero.