
Valter, cronista, una mattina inizia a sanguinare dal naso e dalle orecchie davanti agli occhi inorriditi dei colleghi, poi sviene. L’epatite, lo stesso male che ha già ucciso suo padre, è ormai in stato avanzato: solo un trapianto può scongiurare la morte. La vita di Valter è stata un addestramento al dolore, alla malattia, alla degenza ospedaliera, e ora più che mai lo mette davanti alla metamorfosi del corpo, alla perdita di intimità per l’invasione di macchinari e visite, e a un supplizio fisico che continua anche dopo il trapianto. Eppure, questo attraversamento del dolore diventa una strada verso la salvezza, la risurrezione. Il percorso che lo conduce a una vera e propria rinascita. Solo chi prova un dolore estremo può riconoscere il proprio dolore dentro il dolore di tutti, e trovare una via verso la gioia.
Per anni, Sergio Bambarén ha girato il mondo in cerca di una serenità all'apparenza irraggiungibile, spinto dal vento irrequieto del suo animo. Poi, proprio quando crede di aver finalmente conquistato l'equilibrio da sempre desiderato, ecco che arriva un figlio a sconvolgere ogni sua certezza. Quando stringe tra le braccia il piccolo Daniel per la prima volta si rende conto di non aver mai nemmeno immaginato le straordinarie implicazioni della paternità. Sopraffatto dalle emozioni, decide di prendere in mano carta e penna per scrivere una lunga lettera al figlio, in cui possano trovare sfogo tutte le parole che gli affollano la mente. E si mette completamente a nudo, raccontando pagine della sua esistenza che non ha mai condiviso con nessuno: la sua infanzia in Perù, il primo amore, la passione per il mare. Svela i suoi sogni più intimi, le ambizioni più nascoste, le speranze più segrete. Con onestà, rievoca anche le paure, gli errori, e le lezioni imparate a caro prezzo. Il risultato è il dono più prezioso che un padre possa fare al suo bambino: una mappa per affrontare il viaggio più importante, quello verso la felicità. Gli unici bagagli indispensabili sono l'ottimismo, coraggio e tanta voglia di libertà. Rimanendo fedele allo stile semplice e poetico che lo ha reso celebre, l'autore de Il delfino parla per la prima volta della meravigliosa esperienza che gli ha cambiato la vita, regalandoci un messaggio d'amore intenso e dolcissimo, che va dritto al cuore.
Alice ha lavorato sodo per raggiungere i suoi obiettivi e ora, a quasi cinquant’anni, sente di avercela finalmente fatta.
Dopo anni di studio, di notti in bianco e libri di psicologia, ha coronato il suo sogno, è una scienziata di grido, insegna a Harvard e viene chiamata dalle più prestigiose università per tenere conferenze. E poi c’è il suo più grande orgoglio, la famiglia: il marito John, un brillante esperto di chimica, che non riesce a trovare gli occhiali neppure quando li indossa, e i loro figli, Anna, Tom e Lydia, tutti e tre realizzati, anche se ognuno a modo suo.
All’improvviso, però, tutto cambia. All’inizio sono solo piccole dimenticanze: una parola sulla punta della lingua che non riesce a ricordare, il numero di uova nella ricetta del pudding natalizio, quello che prepara fin da bambina. E poi un giorno, dopo il giro di jogging quotidiano, Alice si ritrova in una piazza che è sicura di conoscere ma che non sa dove si trovi. Si è persa, a pochi metri da casa.
Qui comincia il suo viaggio tra le corsie d’ospedale, a caccia del male che sta cancellando i suoi ricordi. Quando le viene diagnosticata una forma presenile di Alzheimer, tutto ciò in cui Alice ha sempre creduto pare sgretolarsi. E anche la sua famiglia, che l’aveva sempre considerata un pilastro indistruttibile, perde ogni certezza e fatica ad accettare la nuova Alice, che in certi momenti è quella di sempre, ma che in altri sembra una sconosciuta, fragile e indifesa. Insieme dovranno affrontare il dolore. Insieme si scopriranno diversi e impareranno ad amarsi in un modo nuovo.
Deo spingeva il carrello lungo l’ottantanovesima strada. C’erano volte in cui si sentiva schiacciato dalla magnificenza dei palazzi di quella zona di New York. Schiacciato e umiliato. Gli ricordavano che era solo e del tutto fuori posto. Altre volte invece non badava né agli edifici né alle persone, vedeva passare in rassegna la sua famiglia, invece. Il sorriso timido di sua madre, e il fratello maggiore Antoine. Ma poi la mente faceva un brutto giro e si ritrovava a guardare attraverso la finestra di una capanna con il tetto bruciato. La famiglia a terra, senza vita. Se li immaginava, Antoine, la madre, la sorella, i fratellini, il padre, la nonna, giacere nella polvere. E realizzava allora di avere le guance bagnate, di stare piangendo davanti a tutti attaccato al suo carrello sul marciapiede. Forse era per il suo nome che si era salvato. Deogratias, il nome che sua madre gli aveva dato alla nascita quando erano entrambi sopravvissuti al parto. I nomi sono importanti in Burundi. Come chiamarsi tutsi, come lui, o hutu. Era fuggito da quell’orrore, aveva dovuto lasciare gli studi di medicina e aveva fatto a piedi chilometri su chilometri.
Quando sbarca in America, Deo ha duecento dollari in tasca, nessuna conoscenza, nessun posto dove andare. Per anni la sua casa è il Central Park, impara l’inglese sfogliando i dizionari nelle librerie, fa i lavori più umili, condivide il poco che ha con i compagni di strada. Però non si rassegna. Lotta per costruirsi, un pezzo dopo l’altro, una nuova vita, per diventare medico. E infine per tornare là dove tutto è iniziato, alle radici dell’odio, per scendere, finalmente, a patti con i ricordi, per portare un po’ della speranza che è riuscito a conquistare.
Per Isabella Bossi Fedrigotti la scrittura è sempre stata una «scorciatoia segreta» per indagare a fondo i legami familiari, svelando le tensioni e i veleni ipocritamente nascosti in molti inferni domestici. In questo libro, la sua scorciatoia segreta l’ha condotta ancora più in fondo, lì dove abitualmente regna il silenzio dell’incomprensione e del dolore. L’ha portata a raccontare storie di figli dimenticati e lasciati soli da genitori fragili, frustrati o semplicemente egoisti.
La sua attenta compassione ci inchioda commossi al racconto di queste piccole vite difficili segnate dalla solitudine: Lorenzo – con i suoi «non voglio» gridati e le sue instancabili domande – che, sconfitto e domato, finisce con lo spegnere la sua energia e la sua curiosità diventando un adolescente silenzioso, assente e indifferente. Annalisa, intoccabile e irraggiungibile, innamorata del suo corpo senza carne. Paolina, bambina soave che finisce a vivere per strada, infagottata, sporca e arrabbiata. Pietro, che scappa continuamente di casa per sottrarsi alla triste giostra della famiglia allargata. Francesco e la sua trascinante vitalità prosciugata da videogiochi e film porno.
Dopo aver letto queste storie sarà davvero difficile farsi cogliere impreparati dalla solitudine dei nostri figli.
Questo libro raccoglie l'opera narrativa di uno tra i maggiori scrittori del Novecento, colui che più di ogni altro ha dato voce alle inquietudini dell'uomo moderno. America (iniziato nel 1910 e pubblicato nel 1927), Il processo (scritto tra il 1914 e il 1915, pubblicato nel 1924), e Il castello (scritto nel 1922 e pubblicato nel 1926) sono ormai tra i più celebri romanzi della letteratura moderna, in cui ritorna, pur sotto differenti trame, il tema dell'angoscia per una persecuzione assurda e incomprensibile. Lo sguardo appassionato e acuto e l'intelligenza profonda del giovane Franz svelano e rendono altissima letteratura le contraddizioni, i drammi, la violenza e la stupidità nascosti sotto le apparenze del reale. Un posto di rilievo nell'opera di Kafka spetta anche ai racconti, molti dei quali, come La metamorfosi, Nella colonia penale, Il messaggio imperiale, sono veri capolavori. Completano il volume le raccolte di aforismi, pensieri, appunti, alcune pubblicate nella forma voluta dall'autore (come le Considerazioni), altre curate dopo la sua morte dall'amico Max Brod.
Le opere qui raccolte del grande scrittore russo sono pietre miliari e imprescindibili punti di riferimento per gli amanti della letteratura; sono dei classici: quindi, secondo la definizione di Calvino, hanno sempre qualcosa di nuovo da dire, al lettore di cento anni fa come a quello contemporaneo; a chi vi si accosta per la prima volta, a chi vuole riscoprirne la bellezza con l’ennesima lettura. Sono scorrevoli e mozzafiato come thriller, eppure raggiungono profondità filosofiche.
Alla costante ricerca di un equilibrio finale e definitivo tra il bene e il male, l’autore ci regala pagine di grande impatto emotivo, dove il passo dei protagonisti è segnato dal dolore e dal sentimento di perenne inadeguatezza sociale, culturale o esistenziale. I suoi personaggi, densi di una vita interiore quasi tangibile, si esprimono con l’urlo della rivolta all’ingiustizia, o con i racconti sussurrati degli umili, con i monologhi dell’intelligenza lucida che vuole approdare alla verità, ma si perde alla fine nel buio del dubbio, nel ritmo lento e contraddittorio, o precipitoso e violento delle azioni e del pensiero. I suoi romanzi sono costruiti dalle anime nere, i “cattivi” agiscono e tessono le trame della storia, raccontata con scrittura indagatrice, impietosa, incalzante; tutto finirebbe nel baratro della distruzione e dell’autodistruzione, se non splendesse oltre il tunnel una luce: lo sguardo luminoso del principe Myškin, o l’introspezione dolorosa di Raskòlnikov. Raggi di sole nella tempesta, consentono all’autore non rassicuranti certezze, ma almeno la possibilità di domandarsi: si può sperare?
Siamo in Tennessee durante gli anni della Grande Depressione. Un orfano di cinque anni viene affidato ai nonni Cherokee. Da oggi vivrà sui monti, nella loro capanna tra i boschi. Da oggi il suo nome sarà Piccolo Albero. Grazie a loro, e agli amici che incontrerà, scoprirà i segreti della natura e della vita.
Pubblicato per la prima volta nel 1976, Piccolo Albero fu un successo immediato, che conquistò rapidamente oltre un milione di lettori; ripubblicato nel 1991, dopo la morte dell’autore, vinse il premio ABBY come libro preferito dai librai americani, andò a occupare il primo posto nella classifica del New York Times e conquistò altri milioni di lettori, divenendo un vero e proprio classico della letteratura americana.
“La luce del Nord” è il monumentale romanzo storico dell’autrice americana Donna Gillespie, primo libro di una serie ambientata all’epoca dello scontro tra l’impero romano e le popolazioni germaniche. L’autrice, attraverso descrizioni vivide e dettagliate degli usi e dei costumi dei due popoli, dei complotti politici e delle strategie belliche romane in contrapposizione alle superstizioni e alle magie dei clan germanici, tesse la storia di due destini fatalmente incrociati da sacri amuleti, e conferisce a quell’epoca un fascino del tutto nuovo.
«Le conoscenze dell’autrice riguardo la vita sociale, politica e religiosa delle tribù germaniche e degli antichi romani, e la sua intuizione di come la storia sappia trasformare in mito le azioni umane ancorano La luce del Nord alla realtà… e tengono il lettore con il fiato sospeso…»
San Francisco Chronicle
«Uno spaccato intrigante di vita vissuta e conflitti politici, ma soprattutto di religione e analisi psicologica».
Publishers Weekly
«Un romanzo monumentale che la Gillespie è in grado di rendere sempre più intrigante ed emozionante».
The Washington Post Book World
Trama
Nel giorno della sua nascita, Auriane riceve da una sacerdotessa un misterioso amuleto e la profezia di una vita di gloria e di sventure. Figlia di un capo germanico, Auriane assiste agli orrori indicibili perpetrati da invasori spietati contro la sua tribù, e decide di consacrarsi alla vendetta. La fama delle sue mirabili gesta giungerà fino a Roma, alle orecchie del famoso statista Marco Giuliano, che al collo porta un amuleto identico e il cui destino si intreccerà presto con quello di Auriane…
Un avvincente romanzo storico ambientato all’epoca dello scontro tra l’impero romano e le popolazioni germaniche, in cui, con continui colpi di scena, si intrecciano battaglie, passioni e riti pagani.
L’autrice
A otto anni Donna Gillespie chiese come regalo di Natale un libro di archeologia: da allora è appassionata di storia e civiltà antiche. Durante le approfondite ricerche per La luce del Nord, si è immersa nel mondo della cultura romana e delle tribù germaniche leggendo qualsiasi libro riuscisse a scovare in materia. Vive a San Francisco e ha intrapreso la carriera letteraria dopo essersi occupata di fotografia e belle arti. La luce del Nord è il suo primo romanzo (1994), di cui nel 2006 è uscito il seguito, Lady of the Light. Sta scrivendo il terzo libro della serie.
In breve
"E tutto è di nuovo come prima. Allora si alza, mi tende la mano e dice: 'Torniamo a casa, Gretel'. E io lo seguo. Seguo Ulisse Bernardini, mio padre, sangue mio". Mancano pochi giorni alla fine della pena per rapina a mano armata e omicidio, quando Ulisse Bernardini riceve una lettera; è di sua figlia Gretel, una ragazza di vent’anni che non ha mai conosciuto e che ora gli chiede di poterlo andare a trovare in carcere...
Il libro
Mancano pochi giorni alla fine della pena per rapina a mano armata e omicidio, quando Ulisse Bernardini riceve una lettera; è di sua figlia Gretel, una ragazza di vent’anni che non ha mai conosciuto e che ora gli chiede di poterlo andare a trovare in carcere.
Ulisse è stato un bandito, un rapinatore di banche, affascinante, intelligente, amante della bella vita, ma adesso non vede alcun futuro davanti a sé.
Padre e figlia si incontrano. C’è dell’imbarazzo. C’è dell’emozione. Lei rompe il ghiaccio e invita il padre a un viaggio verso Sud. A bordo di una Panda, lungo le strade che tagliano l’Italia in verticale, i due imparano faticosamente a conoscersi finché Gretel mette Ulisse davanti a un dilemma atroce.
Romanzo on the road, romanzo di sentimenti, romanzo di valori che si ritrovano, Sangue mio è una storia che vuole colpire al cuore. E ci riesce.
Ho creato io questo mondo e lo posso cambiare
e migliorare ogni volta che lo desidero.
Dopo aver accumulato dodicimila ore di volo e pilotato ogni tipo di aereo, Jamie Forbes sente di avere abbastanza esperienza e umiltà per diventare istruttore. Un mattino di settembre, durante un volo, intercetta il disperato SOS di una donna: Maria è a bordo di un piccolo velivolo ma il pilota, suo marito, ha avuto un malore. Con voce dolce e decisa, Jamie la convince via radio a comportarsi come il comandante di un volo di linea, riuscendo a guidarla in un insperato atterraggio di fortuna. Maria si convince di essere stata ipnotizzata dalle parole del pilota, proprio come trent’anni prima l’illusionista Blacksmyth aveva ipnotizzato Jamie… Con la limpida semplicità di sempre, Richard Bach racconta una storia illuminante, di sogni e illusioni, speranza e voglia di libertà. Come il gabbiano Jonathan Livingston, tutti, se lo desiderano, possono imparare a volare.
Richard Bach (1936), scrittore e pilota d’aereo, ha conquistato un’immensa popolarità con Il gabbiano Jonathan Livingston, uno dei più grandi successi editoriali di tutti i tempi. È autore di molti altri romanzi e racconti, tra cui ricordiamo Illusioni, Uno, Le ali del tempo e La magia del volo, tutti disponibili in BUR.
In tanta narrativa di cartapesta che affligge le patrie lettere,
Cordelli spicca per il suo fascino ispido,
per la sua forte identità scevra da compromessi.
Enzo Golino, “la Repubblica”
“Le mie passeggiate, Procida, il cane, il passato tremendo e il passato remoto, Costanza, la cartolina, i critici, il rimuginare. Ce n’è abba stanza per ricominciare. Ma si può trovare del ridicolo in tutto ciò. Del resto sarebbe sorprendente se non fosse così. Si comincia con una visione, un’euforia. L’incipit è sempre paradossale.” Inizia così Le forze in campo, con un “incipit paradossale” che sembra contenere delle scuse anticipate per non aver saputo vincere la ten tazione di narrare un’estate romana indigesta e torrida, immersa nell’atmosfera stordente della capitale negli anni Settanta. Nello stralunato diario di un boxeur in pensione, riciclatosi istruttore di tennis e nuoto presso un circolo sportivo all’Acqua Acetosa, la storia si avvolge attorno a una galleria di personaggi eccentrici e intriganti. Tra lezioni, pettegolezzi, invidie e svogliate passioni amorose, Le forze in campo, scritto da Franco Cordelli nel 1979, rimane un esempio di scrittura raffinata che si sposa con il piacere della lettura.
Franco Cordelli, scrittore e critico teatrale e letterario, ha esordito nel 1973 con il romanzo Procida, ripubblicato da Rizzoli nel 2006 in una versione interamente riscritta. Tra le sue opere ricordiamo Pinkerton (1986), Un inchino a terra (1999), Il duca di Mantova (2004) e il suo ultimo libro, La marea umana (Rizzoli 2010). Collabora con il “Corriere della Sera”.