
"Non è che tutti gli anni possono ammazzare qualcuno per farvi passare il tempo", sbotta disperato Massimo il barrista. Ma è impossibile sottrarsi al nuovo intrigo in cui stanno per trascinarlo i quattro vecchietti del BarLume: nonno Ampelio, il Rimediotti, il Del Tacca del Comune, Aldo il ristoratore. Dalla vendita sottoprezzo di una villa lussuosa, i pensionati, investigatori per amor di maldicenza, sono arrivati a dedurre l'omicidio del vecchio proprietario, morto, ufficialmente, di un male rapido e inesorabile. Massimo il barrista, ormai in balìa dei vecchietti che stanno abbarbicati tutto il giorno al tavolino sotto l'olmo del suo bar nel paese immaginario e tipico di Pineta, al solito controvoglia trasforma quel fiume di malignità e di battute in una indagine. Il suo lavoro d'intelletto investigativo si risolve grazie a un'intuizione che permette di ristrutturare le informazioni, durante un noioso ricovero ospedaliero: proprio come avviene nei classici del giallo deduttivo. E a questo genere apparterrebbero, data la meccanica dell'intreccio, i romanzi del BarLume, se non fosse per le convincenti innovazioni che vi aggiunge Marco Malvaldi. La situazione comica dei quattro temibili vecchietti che sprecano allegramente le giornate tra battute diatribe e calunnie, le quali fanno da base informativa e controcanto farsesco al mistero. La feroce satira che scioglie nell'acido ogni perbenismo ideologico. La rappresentazione, umoristica e aderente insieme, della realtà della provincia italiana...
Roma "è una città ad anelli: le diverse cerchie di mura; la circolare, che è una staffetta di tram; la tangenziale, che non ha il coraggio di fare tutto il giro e dopo un semicerchio si sfibra in un'infilata di viali; l'anello ferroviario; la linea difensiva formata dai quindici forti ottocenteschi; il Grande raccordo". Ma nessuno è un tondo perfetto come l'O di Roma: un cerchio tracciato puntando l'ago del compasso al centro della città e la punta della matita sul punto esatto della propria casa. Un cammino da seguire a qualunque costo, accompagnato solo da una pallina di gomma, procedendo sempre in senso orario. Una linea che scava e scavalca palazzi e giardini ma anche ville e musei, caserme e teatri, discariche e biblioteche, campi da calcio e conventi, cantieri e ministeri, cimiteri e cinema, studi pischiatrici e aule scolastiche, binari e tunnel e due fiumi. Ciò che si trova esattamente su questa linea - che sia un sepolcro sconosciuto, un precipizio da lasciarci la pelle, la Pietà di Michelangelo, la gabbia delle tigri allo zoo, la Biblioteca nazionale, un giardino zen, o il tetto più alto di Roma - deve venire attraversato. La O diventa così un cerchio magico che si anima di presenze antiche e moderne. Accanto a Rilke, Borges e Leopardi troviamo seminaristi scettici e suore anarchiche, poliziotte sospettose e carabinieri incantevoli, receptionist ignare e segretari filosofi, geometri appassionati e operai noir: tutta una città inattesa perché colta alla sprovvista...
Per settecento anni è rimasto nascosto in un muro dell'abbazia. Poi una scintilla ha scatenato un incendio e il muro è crollato. Stupito, l'abate Menaud sfoglia quel volume impreziosito da disegni di animali e di piante. È scritto in codice, ma le prime parole sono in latino: "Io, Barthomieu, monaco dell'abbazia di Ruac, ho duecentoventi anni. E questa è la mia storia." Per migliaia di anni è rimasto immerso nell'oscurità. Poi un'intuizione ha squarciato le tenebre. Incredulo, l'archeologo Lue Simard cammina in quel grandioso complesso di caverne, interamente decorate con splendidi dipinti rupestri. E arriva all'ultima grotta, la più sorprendente, dove sono raffigurate alcune piante: le stesse riprodotte nell'enigmatico manoscritto medievale... Per un tempo indefinibile è rimasto avvolto nel mistero. È stato custodito da santi e da assassini, è stato una fonte di vita e una ragione di morte. Poi un imprevisto ha rischiato di svelarlo agli occhi del mondo. Spietati, gli abitanti di Ruac non hanno dubbi: i forestieri devono essere fermati. Perché la cosa più importante è difendere il loro segreto. A ogni costo.
Il sogno di Maya è di diventare una donna audace, coraggiosa, libera. Libera di viaggiare nel lontano Oriente di cui sin da bambina ha sentito raccontare dal padre, professore di storia a Oxford. Durante l'infanzia e l'adolescenza le lettere che il celebre esploratore Richard Francis Burton, il suo idolo incontrastato, le ha inviato da Bombay, dalle spiagge di Goa e dalle montagne azzurre di Nilgiri, da Hyderabad e da Alessandria l'hanno nutrita dell'atmosfera e degli aromi di quei luoghi magici. Ma nell'Inghilterra di fine Ottocento una donna non solo non può sperare di studiare, ma nemmeno di andare alla scoperta di posti così lontani. A meno che non sposi un ufficiale in partenza proprio per l'Arabia... Tuttavia, la vita in Oriente non è come l'aveva sognata. E mai, soprattutto, Maya si sarebbe immaginata che sarebbe stata rapita dai predoni del deserto per ordine del sultano locale. Un'avventura da incubo, in cui però conosce Rashad, il capo dei predoni, un uomo temibile e affascinante che segnerà il suo destino per sempre.
La Maravillosa è un Country Club, quartiere chiuso e controllato da guardiani e severe misure di sicurezza, con campo da golf e lussuose abitazioni: un microcosmo dove sembra sia obbligatoria la serenità, se non proprio la felicità. Ma la vita del prestigioso club viene sconvolta quando, nella sua lussuosa villa, Pedro Chazarreta viene trovato con la gola tagliata e un coltello in mano. Il presunto suicidio, però, suscita dubbi, e un giornale si ostina a voler approfondire la vicenda. Vengono incaricati di indagare Nurit, detta Betibú, scrittrice, considerata la "dama nera" delle lettere argentine, e un giovane cronista inesperto. I due sono affiancati da Jaime Brena, un altro giornalista molto più navigato, ma messo da parte perché considerato anziano; insieme formano un'improbabile ma riuscitissima squadra d'investigazione. Pian piano il mistero si infittisce, i tre scoprono che la morte di Chazarreta è legata ad altre morti, apparentemente accidentali, di alcuni suoi vecchi compagni di scuola, uniti da un oscuro passato e da un orribile crimine. E ora qualcuno sembra essersi preso il disturbo di vendicare quest'antica hybris. Chi si nasconde dietro questa intricata faccenda?
Meditato, scritto e continuamente riscritto da Petrarca per tutta la vita, il "Canzoniere" è insieme la cronaca di una storia d'amore, uno studio spietato del proprio io, l'autobiografìa intellettuale e umana di un uomo ansioso e inquieto che cerca, e mai trova, la sua pace. Ma ogni definizione suona riduttiva per questa raccolta di rime, indiscutibilmente la più importante della nostra letteratura e destinata a fondare, attraverso innumerevoli epigoni, il gusto poetico dell'intera Europa: il "Canzoniere" anticipa, contiene e quasi riassume in sé ogni argomento e tendenza della tradizione poetica occidentale, tanto che parlare di Petrarca ha sempre finito per corrispondere al parlare semplicemente della poesia. Questa edizione, che si distingue per l'esemplare equilibrio tra rigore filologico e attenzione al lettore moderno, presenta un nuovo apparato di commento al testo e di raffronto fra le liriche petrarchesche e la letteratura contemporanea. Annotazioni di Paola Vecchi Galli e Stefano Cremonini.
Due sconosciute davanti a una vetrina di via Condotti. Basta uno sguardo perché un anno intero scorra nella mente di Vittoria. E come a un animale in pericolo, l'istinto le suggerisce un passo che solo una persona tenace come lei può osare. In un attimo ha deciso: la splendida donna che le sta accanto, Laura, anzi, Lalli, come la chiamava suo marito Alberto nei suoi teneri sms, deve diventarle amica. Avvicinarla con l'inganno, inventandosi una falsa identità, sarà la sua rivincita di moglie ferita, la chiave d'accesso alla verità su quel tradimento. E un modo per riaffermare la sovranità sul suo regno, di cui è sempre stata regina. Nessuno può toglierle ciò per cui ha lottato sin da ragazzina: un marito ricco, i suoi due meravigliosi figli, Eleonora e Matteo, baciati dalla fortuna e protetti da ogni male. E soprattutto la posizione che ha conquistato fuggendo da Squinzano, il paesino pugliese in cui è nata, e cancellando con un colpo di spugna il mondo di miserie dove è cresciuta. Ma questa volta non tutto andrà secondo i suoi piani. Sarà, infatti, proprio Laura, inconsapevolmente, a disegnare sul volto di Vittoria tratti del tutto nuovi e inaspettati, perché c'è un dolore più grande del tradimento, un dolore che può stravolgere un'intera esistenza. Eppure la donna a cui Catena Fiorello ha dato vita in questo suo nuovo romanzo troverà la forza di distruggere le sue certezze e di guardare oltre l'apparenza...
Non esiste riparo dal vento della Storia. Così, nei primi anni del Novecento, neppure l'Isola delle Formiche, piccolo lembo di terra bagnato dal Mediterraneo, è immune dagli sconvolgimenti che il tramonto dell'Impero ottomano porta con sé. Abbandonata in seguito all'esodo coatto della popolazione greca, l'Isola offre agli occhi del giovane ufficiale turco Poyraz Musa un paesaggio immobile e meraviglioso. Ma tra gli orti rigogliosi e le spiagge deserte si aggira un fantasma silenzioso. È poco più di un'ombra, eppure la sua presenza pervade ogni angolo dell'Isola. Perché per Vassilis, ultimo greco rimasto, è una questione di vita o di morte: ha giurato di uccidere chiunque oserà calpestare la terra dei propri avi, e ora che il suo nemico ha finalmente un volto, è pronto a ingaggiare con l'invasore una ossessiva, implacabile caccia all'uomo. Ma il tragico passato dei due trasformerà il conflitto in un commovente incontro tra sopravvissuti. In "Guarda l'Eufrate rosso di sangue" Yashar Kemal rivisita un capitolo dimenticato della storia turca celebrandone passioni e contraddizioni.
Alessandra ha diciassette anni quando la sua mamma muore dopo una lunga malattia. Rimasta sola con la nonna, torna a scuola decisa a respingere le attenzioni dei compagni che sente estranei, impegnata com'è nella manutenzione del suo dolore. Per questo cambia banco e prende posto vicino a Gabriele detto Zero, la nullità della classe: desidera solo essere ignorata dagli altri, come succede a lui. Ma Zero è più interessante di quanto sembra. Ha una gran passione e un vero talento per il disegno; nella sua apparente noncuranza è attento e sensibile; è lui a soccorrere Ale sbucando inaspettato al suo fianco quando lei ha bisogno di aiuto. Piano piano un sentimento indefinibile prende forma tra le pareti della classe e la spiaggia d'inverno, grigi fondali di una storia semplice e complicata insieme: perché Alessandra è tanto lucida nel rivisitare il ricordo della madre quanto confusa nel prendere le misure di se stessa e di ciò che prova. E Gabriele è abilissimo a sparire proprio quando lei scopre di volerlo vicino. E la voce di Ale, ruvida nel dare conto del presente, dolcissima nell'evocare il passato, a raccontarci la storia di una perdita, una storia di scuola, una goffa, incerta storia d'amore. "Il mio inverno a Zerolandia" è tutto questo. E dimostra che la somma di due zeri non è zero, ma molto, molto di più.
Primi anni Ottanta. Un giovane cronista di "nera" cerca di sopravvivere nella Palermo della mattanza mafiosa utilizzando le sole armi che ha a disposizione: l'amore e il sesso. Le sue giornate sono in equilibrio tra sangue pubblico delitti, indagini, scoop - e sentimenti privati - conquiste rapinose, notti di musica, letture. Intorno a lui si dipanano quattro storie crudeli che lo condurranno ai confini di un mondo fatto di violenza, speranze frustrate, illusioni: un mafioso che non vuole diventare killer; una modella impreparata all'urto della vita; un padre immerso nell'odio; una figlia in cerca del proprio onore. Quattro storie che agli occhi del protagonista, "occhi di sonno" per via delle tante notti perse, diventano "canti" di una città disperata e seducente, dove si combatte una battaglia antica di buona e mala carne. Nello sguardo del narratore c'è l'innocenza di una generazione cresciuta, suo malgrado, durante una guerra, ma che continua a vivere il sogno di una vita libera.
"La famiglia vuota" è il ritratto composito e corale della quotidianità di uomini e donne di oggi che vivono lasciando indietro, a volte sbadatamente, a volte volontariamente, persone, volti, momenti, pezzi di vita che, improvvisamente, ritornano come punture di un ago invisibile a risvegliare la nostalgia, la rabbia, il dolore, l'amore. Nei racconti che compongono questo libro il passato non è mai passato. Il passato riprende sempre vita, il passato supera i personaggi in avanti e chiede loro di avanzare ancora qualche passo. Il passato è profezia, promessa, seme. Così, una stenografa di successo, torna nella sua Dublino - grande protagonista del libro - incontra la seconda moglie del suo grande amore, ora scomparso, lasciato in una notte di ira; o un professore di letteratura vola da New York per incontrare un'ultima volta sua madre in una corsa contro il tempo per chiederle perdono della sua assenza; o un giovane immigrato pakistano alla ricerca di stabilità in una città estranea; un riottoso e superbo sceneggiatore e romanziere di successo viene brutalmente convocato da ciò che pensava di essersi risolutamente lasciato alle spalle; un attivista di sinistra torna in Spagna dall'esilio londinese per trovare tutto cambiato.
Ci sono prosatori che proprio nelle lettere raggiungono una sorta di perfezione assoluta: riuscendo, nel breve volgere di una frase, a toccare vertici di bellezza e di intensità. Che la Campo sia uno di essi lo hanno dimostrato le "Lettere a Mita" e "Caro Bul": e ne è una conferma questo terzo pannello dell'epistolario, che raccoglie le lettere scritte agli amici del periodo fiorentino (e ad alcuni altri che a questi si riallacciano). Nel 1956 Cristina è costretta ad abbandonare Firenze per Roma; e gli anni romani saranno costantemente segnati dal ricordo struggente di quel giardino incantato che era la cerchia degli "amici d'infanzia": Piero Draghi, Anna Bonetti, Giorgio Orelli, Mario Luzi. A tutti loro scrive dal suo "esilio" parole di nostalgico affetto ("C'è con voialtri, nell'aria, odore di latte"), ma il più rimpianto è senza dubbio Gianfranco Draghi, quel Gian che guarda ai suoi stessi "fari" (i più luminosi: Hofmannsthal e Simone Weil), lo scrittore e il poeta di cui ammira sia la personalità sia l'opera, l'amico che "conosce sempre, sottilmente, il disegno del tempo, e trova la parola magica da incidervi". A lui una Cristina ancora dolente per una pena d'amore chiede di assicurarle "che la felicità esiste", ma anche di impegnarsi a favore di Danilo Dolci; con lui parla di Roma, che va scoprendo con meraviglia, delle sue letture, dei suoi momenti bui e dell'importanza della loro amicizia nella sua vita.