
Dicembre, Alta Langa piemontese. Sebastiano Guarienti, pilastro della saga farinettiana, ha l'eccentrica idea di suggerire al sindaco di un piccolo paese, un po' per gioco, molto per prenderlo in giro, di organizzare un grandioso ballo di Capodanno in costume nel locale castello assai cadente. Un'insensatezza che il primo cittadino, da grossolano signorotto con le mani in pasta in diversi affari, fa subito sua per accattivarsi il declinante favore della cittadinanza. Tra ex belle donne sfiorite ma ancora appetibili, un nobiluomo che vive da solo in un convento di cinquantotto stanze con un cavallo imbalsamato, una vecchietta in odore di stregoneria (una masca in tutto e per tutto), una giovane charmosa, un altrettanto giovane e fascinoso architetto, e poi formaggiai, parroci, nonne impossibili, muratori romeni di impagabile simpatia, devastanti ragazzini, bande musicali, farmacisti cornuti, maschere improbabili (si segnala un geometra di Mondovì travestito da banana), spesso parlanti in un vero e proprio grammelot vecchio Piemonte, la preparazione del veglione scorre febbrile sotto gli sguardi divertiti di Sebastiano e del maresciallo dei Carabinieri Beppe Buonanno, a loro volta colti entrambi in un'impasse sentimentale dai risvolti inquietanti. Ma, come da copione, la notte di Capodanno, al culmine dell'affollato festone, fra le pareti del castello avviene un sanguinoso omicidio.
È la notte delle elezioni. Bruna - che insegna Scienze Politiche all'università di New York - è stata in tv per commentare i risultati e rientrando a casa dal marito Tom e dai bambini ha una nausea terribile. Ma non a causa del nuovo presidente conservatore e razzista o della solitudine che prova tra le mille luci di Manhattan: ha la nausea perché è incinta del suo amante nero, un suo allievo, che da giorni non risponde al telefono. Comincia così, come un dramma borghese, un romanzo che pagina dopo pagina ci apre gli occhi sul mondo. Conosceremo Bruna, emigrata dall'Italia negli Usa dove ha trovato lavoro e marito ma perduto molte illusioni. Conosceremo Sal e Amanda, i suoceri italoamericani perbenisti e meschini. Minerva, la figlia adolescente di Bruna e Tom, secondo cui "se Dio esistesse non ci sarebbe la guerra in Siria", e Mario, il figlio bambino che abita con disagio il suo corpo maschile. E poi Yunus, lo studente che dedica a Bruna tutto l'amore dei vent'anni e un manoscritto in cui racconta la sua storia di ragazzo nero privato della possibilità di scegliere - e condotto così alla scelta più radicale.
Romanzo storico-teologico su un utopico papato modellato sulla figura di Francesco di Assisi, un libro di grande fascino e di grande letteratura che scalda il cuore del lettore e lo avvince dalla prima all'ultima pagina. Nell'ultimo conclave, ambientato idealmente nel giorno di Natale, a loro insaputa, i cardinali eleggono un semplice prete della diocesi di Genova che assume il nome di Francesco. Nel discorso Urbi et Orbi di fronte al mondo attonito e allo sconcerto ecclesiastico, in piazza San Pietro, Francesco I si spoglia di tutti i suoi averi, abolisce di fatto il Vaticano per restare semplicemente un uomo pellegrino sulle strade del mondo che indica la via del futuro: il ritorno alle sorgenti evangeliche e alle fonti dell"umanità".
"Arturo si era convinto di potere una vita speciale, ma poi non muoveva passi, verso l'ignoto, per paura di una vita vera. Il risultato era una vita fasulla, come quella delle formiche inoperose." E da dieci anni che Arturo non sale su un tram. L'ultima volta che lo ha fatto era un giovane attore di belle speranze e andava a incontrare una ragazza perfetta e misteriosa, con il nome di un'isola, quella leggendaria di Platone: Atlantide. Ma il destino cancella il loro appuntamento e, da lì in poi, niente andrà come doveva andare. Oggi Arturo è un quarantenne tormentato da mille paure. Mentre attorno tutto si muove, lui resta fermo, immobile, come un divano rimasto con la plastica addosso in quelle stanze in cui non si entra per paura di sporcare. Quando sale sul tram 14, che da Porta Maggiore scandisce piano tutta la Prenestina, ha un cappellino in testa per nascondere i pensieri scomodi e nella pancia il peso rumoroso dei rimpianti. E mentre i binari scorrono lenti, in una Roma che si risveglia dall'inverno, e la gente sale e scende, ognuno con la sua storia complicata appesa al braccio come una ventiquattrore, Arturo, che nella sua vita sbagliata ha sempre aspettato troppo, fa i conti con il passato, cercando il coraggio di prenotare la sua fermata. Perché nel posto in cui sta andando c'è forse l'ultima possibilità di ricominciare daccapo, e di prendersi quel futuro bello da cui lui è sempre scappato.
Settembre 1944. Un ragazzo è fatto prigioniero dai tedeschi durante un rastrellamento. Riesce a fuggire in modo avventuroso dal carcere di Peschiera e si nasconde per un lungo inverno nei boschi sul monte Baldo, dove si fronteggiano tedeschi e partigiani.
La scrittura essenziale e coinvolgente dell’autrice ci restituisce il fascino del racconto che amava ascoltare dalla viva voce dello zio Nello e ci fa rivivere un momento drammatico della nostra storia, rischiarato da gesti di umanità, di solidarietà e di amicizia.
Il Generale, Mario Castelli, è stato alla guida di un'azienda, ha conosciuto l'amore, ha avuto molto dalla vita. Ora non ha più niente. La sua è stata una discesa veloce, inarrestabile, innescata da un imprevedibile tradimento. Dopo la galera, scivolare in basso è stato più facile di quanto potesse immaginare. Ora vive insieme ad altre creature notturne negli anfratti dei senzatetto, dei disperati, dei barboni. Eppure, anche lì, gli uomini e le donne con cui divide la nuova condizione di dropout gli riconoscono la naturale autorevolezza di chi sa come ci si muove nel mondo. Questo continua a essere il suo "teatro" finché la giovane Rita si mette sulle sue tracce: vorrebbe che l'azienda paterna non fosse assorbita da una combinata franco-cinese e sa che il Generale ha le competenze per aiutarla. Bella e lungimirante, Rita conquista la sua fiducia. L'avventura di Mario Castelli torna a muoversi dentro la scena di pescecani, manager assatanati, gelidi manipolatori che lui ben conosce. Sono personaggi vecchi e nuovi, facce diventate maschere e maschere che nascondono altre maschere. è l'occasione per scatenare la buona guerra del riscatto, il miracolo della giustizia.
È una notte qualsiasi quando Sharon Corvino viene trovata uccisa nella sua casa di New York. Nessun segno di effrazione, molteplici ferite al corpo e suo marito, Jeff McKinley, con l'arma del delitto tra le mani. È una notte qualsiasi, ma questo non è un omicidio qualsiasi. No, perché la donna assassinata è la figlia dell'intoccabile John Corvino, un ex boss della mafia ora magnate della finanza, che un affronto del genere non lo può accettare. A difendere il presunto colpevole è Elisabeth Scorsese, avvocato di grido che già qualche anno prima ha dato filo da torcere alla polizia newyorkese. Le forze dell'ordine si buttano sul caso, guidate dal detective della Omicidi Peter Makarov, ma la pressione dei media cresce vorticosa e l'avvocato Scorsese riceve oscure minacce: che sia o meno colpevole, il suo cliente non dovrà essere scagionato. E mentre Makarov indaga sui Corvino e su McKinley, mentre i servizi segreti ricostruiscono le trame di una rete di criminalità che si snoda tra la Russia e il Sudamerica, dove oltre 400 persone hanno perso la vita in quello che sempre meno appare un incidente, la situazione precipita e il sangue comincia a scorrere.
New York. Reduce da un caso in cui ha rischiato la vita, l’avvocato Elisabeth Scorsese accetta di difendere Jonathan Brimley, fondatore di un prestigioso studio di consulenza finanziaria, in una causa contro il governo degli Stati Uniti. Ma il suo cliente muore nel carcere in cui è rinchiuso in attesa di processo: il killer è una donna che sta sfidando i sistemi di sicurezza e le polizie di mezzo mondo. Chi l’ha assoldata e perché? Quando le vittime si moltiplicano, anche il distretto del capitano Hoffman comincia a indagare ma senza il contributo di Peter Makarov, il suo detective migliore, sospeso per un errore del passato. In poco tempo prende vita una trama oscura in cui finanza, politica e servizi segreti sono impegnati in una guerra spietata per il controllo di una nuova risorsa che rivoluzionerà il futuro dell’economia. Ben presto, Elisabeth si rende conto di essere finita in una trappola in cui un’élite senza volto manovra il destino del mondo fin dagli albori della civiltà attraverso la conoscenza. Dalle indagini emergono altre inquietanti verità: sua madre Caterina, una spia data per morta da anni, è viva e sembra avere a che fare con gli eventi che stanno minacciando la sua incolumità…Codice Scriba è un viaggio nelle profondità del potere occulto, dove i confini tra criminalità ed economia si fanno più labili e il bene e il male sono ugualmente pericolosi, in un susseguirsi di colpi di scena che terranno il lettore inchiodato dalla prima all’ultima pagina.
Nell'autunno del 1869, Orta è un borgo tranquillo e forse intorpidito, solo con un fremito di animosità verso i forestieri. Ci vive Enrico Costa, detto il Francesino, ultimo figlio di una famiglia proprietaria squassata dalla disgrazia; vi soggiorna Dostoevskij, in cerca di un riparo dall'assillo dei creditori; vi scorrono le esistenze immutabili di tanti, ciascuno con la smorfia tipica del volto che svela a tutti carattere e destino, ciascuno tormentato da qualcosa di indicibile. Perché qui, cinquantasei anni prima, è avvenuto un macabro delitto, di quelli germinati nel torbido di una famiglia e nell'odio di famiglie tra loro. Teodoro Costa, bisnonno di Enrico, è stato ucciso con feroce violenza. Facilmente, la giustizia ha trovato il colpevole nel figlio Demetrio, ghigliottinato dopo un rapido processo. Tornato dalla Francia, Enrico il Francesino non è mai stato ben accolto in paese. Poeta e scrittore, ha sempre avuto il desiderio di scrutare nell'oscurità intorno alla storia dei suoi avi. Inoltre, un rasoio e un messaggio cifrato ritrovati per caso, gli sembrano una combinazione troppo azzardata per non essere un messaggio. Il suo itinerario di verità e di liberazione s'incontra con la curiosità intellettuale di Dostoevskij, che invece è motivato dalll'interrogarsi sulla colpa e sull'odio alla base della sua ricerca spirituale. Lentamente, si apre il velo della storia segreta, che è storia di tante vite che portano il proprio tributo di dolore, ingiustizia e vendetta.
Non piegato dalla sofferenza del suo corpo, Giuliano Fantechi ci mostra una via misteriosa e allo stesso tempo unica per continuare a sognare e a combattere contro i nostri draghi, contro i nostri demoni, contro le nostre malattie, perché smettere di sognare e di sperare è già un po' morire. Queste favole ci insegnano il valore dei sentimenti, dell'amore per gli altri e prima ancora per se stessi, ci guidano nella riflessione e nella comprensione di ciò che siamo e riescono a far emergere il bambino dimenticato. Quel bambino anela la nostra attenzione e le nostre cure, poiché tutti siamo stati bambini e tutti portiamo ancora magnifica, dentro di noi, la gemma di quella purezza.
"In questo libro racconto i primi tre mesi di vita con mio figlio, fra incubatrici, fili, sonde e luci artificiali. Un bimbo prematuro e inatteso. È lì che si è deciso cosa sarebbe stato della sua e della mia vita. Se una disgrazia o un'avventura. Francesco è nato con la sindrome di Down. Davanti al vetro della neonatologia ho cominciato un lungo, appassionato, rabbioso dialogo con lui, "colpevole" di non corrispondere alle mie aspettative. Prima di lui, ero un uomo di "velocità". Ottenevo successi facilmente. Consideravo il dolore l'espressione materiale della sconfitta e dell'infelicità. Attraverso di lui ho capito tante cose. Le sue iniziali difficoltà mi hanno aperto il cuore e insegnato la modestia e il rispetto per ogni creatura. Intendo dire che, se io ho messo al mondo mio figlio, lui per certo, attraverso la prova che ha accompagnato la sua nascita, mi ha rimesso nel mondo della vita. Una vita lenta ma senza paura. L'unica vita che ha un senso vivere, per quanto banale tutto questo possa apparire ai più. E grazie a lui ho capito forse la cosa fondamentale: che la sindrome di Down non è una malattia, ma una particolare condizione genetica. Diventare padre di una fragilità mi ha obbligato a un cambiamento. Sono stato costretto ad appropriarmi di una ricchezza d'umanità che non mi sarà mai più tolta".

