
"Storia di una capinera" è il primo romanzo di Verga. Pubblicato nel 1871 e scritto due anni prima, tramite una forma epistolare dominata alla perfezione ci tuffa nel cuore pulsante di un'anima prigioniera. Maria, una ragazza costretta dal padre a chiudersi in convento in assenza di qualsiasi vocazione, trova il modo durante una fugace vacanza in campagna di intrattenere con l'amica Marianna una corrispondenza che diviene per lei l'unico modo di dar sfogo ai suoi molti turbamenti. Respirando finalmente un'aria non compressa all'interno delle mura del convento, Maria scopre l'esistenza di un mondo più ampio, più inebriante, più vivo. E, soprattutto, scopre l'esistenza e l'essenza dell'amore, un sentimento che, costretto a nuotare controcorrente, la sconvolgerà per sempre. Prefazione di Federico De Roberto.
Storia di una capinera narra la vicenda di una giovane donna, poco più di una ragazzina, investita da un vortice di obblighi e passioni. Gli obblighi sono quelli di una vita monacale impostale fin dalla più tenera età e della scelta di una clausura spesso subita con arrendevolezza. Le passioni sono quelle tipiche degli innamoramenti giovanili, le scintille che, se mortificate, possono diventare fuochi e incendi vigorosi. Verga sceglie come voce narrante proprio la protagonista che, in questo romanzo epistolare, rivela in un linguaggio leggero la situazione di tormento e scandalo, il vero e proprio dramma interiore che la stringe come in una morsa mortale.
L'autore
Giovanni Verga nacque a Catania da una famiglia agiata nel 1840. Lasciati gli studi per intraprendere la carriera di scrittore, pubblicò il primo romanzo, Una peccatrice, nel 1866. Ben presto
si allontanò dalla Sicilia trasferendosi prima a Firenze e poi a Milano, e fu nella città toscana che vide la luce Storia di una capinera (1870). Assiduo frequentatore dei salotti letterari più in voga, dagli anni ottanta si dedicò alla poetica verista, ispirata dal naturalismo francese e, soprattutto, dall’opera di Zola: nel 1880 pubblicò la raccolta
Vita nei campi, seguita da I Malavoglia (1881) e Mastro-don Gesualdo (1889). Verga si dedicò anche al teatro e, negli ultimi anni della sua vita, al cinema, mentre la sua produzione letteraria si fece, in vecchiaia, sempre più rada
"Storia di una capinera" è un romanzo scritto in forma epistolare che narra la vicenda di una fanciulla destinata dalla matrigna alla monacazione. Per un breve periodo la giovane lascia il convento e raggiunge la famiglia in campagna, ove conoscerà le gioie della vita ed anche l'amore; ma la felicità dura poco ed una serie di sventure si abbatteranno sulla ragazza. Con quest'opera Verga raggiunse una notevole popolarità, dovuta all'accuratezza con cui egli si documentò sui conventi e sul folklore siciliano: questo testimonia l'interesse per il "vero" che sarà al centro dei romanzi maggiori.
"Nel mare ci sono i coccodrilli. Storia vera di Enaiatollah Akbari " - bestseller amato e letto in tutto il mondo - termina nel 2008, quando Enaiat parla al telefono con la madre per la prima volta dopo il lungo e avventuroso viaggio che dall'Afghanistan l'ha condotto in Italia, a Torino. Ma cosa è successo alla sua famiglia prima di quella telefonata? In quali modi è rimasta coinvolta dalla "guerra al terrore" iniziata nel 2001? E com'è cambiata la loro vita e quella di Enaiat da quando si sono ritrovati fino a oggi, al 2020? Ora che non è più un bambino, ma con la stessa voce calda che abbiamo imparato ad amare, Enaiat ci accompagna attraverso la vita sua e non solo, lungo un pezzo di storia che riguarda tutti. Il rapporto a distanza con la madre; la violenza del fondamentalismo; l'amore e le amicizie italiane; il ritorno in Pakistan; un secondo ritorno in Italia; una nuova casa; un dolore lancinante, e la gioia enorme, inattesa dell'incontro con Fazila. Con leggerezza Fabio Geda torna a raccontare una storia pura, delicata e più che mai necessaria, in cui il dolore della perdita si mescola all'ingenua commozione di chi sopravvive. Una storia vera, che ci ricorda come su tutto vinca la solidità degli affetti, la persistenza della nostalgia e del desiderio, capace di superare le distanze.
Questa "Storia di Troia" è un volgarizzamento in prosa del francese "Roman de Troie" di Benoît de Saint-Maure. Dell'autore di questa traduzione, Binduccio dello Scelto, si sa soltanto che fu senese: ma la sua opera ebbe una fortuna e una diffusione larghissima. Essa divenne così, in secoli in cui i versi in greco di Omero erano ignoti anche a letterati come Dante e Petrarca, uno dei più noti veicoli di diffusione della cultura antica, piegata però al gusto moderno. Il racconto della guerra di Troia occupa solo una ridotta parte del libro, che dedica invece largo spazio, tra una battaglia e l'altra, alle storie d'amore e alle digressioni di carattere mitologico. Il volume è corredato da ampie note di commento e da un glossario dei termini più desueti.
Neve Corona Menin, l'unica bambina nata nel gelido inverno del 1919, è una creatura speciale. Tutti lo capiscono quando, con il semplice tocco della sua mano, alcuni compaesani in punto di morte guariscono miracolosamente. In effetti Neve altro non è che la parte buona della strega Melissa - guardiana di un raccapricciante inferno di ghiaccio -, tornata sulla Terra per riparare i torti commessi in vita. Il padre di Neve però non tarda a vedere in questo dono misterioso un'occasione per arricchirsi e organizza insieme ad altri cinici compari una serie di finti miracoli, che attirano schiere di malati pronti a pagare pur di ottenere la grazia dalla piccola santa e innescano una spirale inarrestabile di ricatti, violenza e delitti...
"Di sicuro questa non è figlia di contadini" esclama il contadino Jacopo allorché gli viene affidata la trovatella Matilde Sofiri: e subito la delicatezza dell'aspetto e la sorte infelice di lei gli ispirano un sentimento che non ha mai provato nemmeno per i figli veri. Ma la bambina non resterà con lui a lungo: per sottrargliela viene ideato un tortuoso inganno, che dura un'estate e ha al suo centro l'interminabile esecuzione di un ritratto: e l'epilogo, lieto e doloroso insieme, sarà segnato dall'apparizione di una carrozza nera e oro da cui sporge, simile ad un artiglio, una mano guantata di donna.
Questa è la favola di Sepúlveda, autore indimenticabile di Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare e di molti altri romanzi, ed è essa stessa la storia della sua vita raccontata a un gatto. Nato in un bel giorno di primavera in un albergo nella terra ai confini del mondo, Luis, detto Lucho, comincia il suo racconto dai nonni e dall'infanzia a Santiago, per poi ricordare il primo amore e l'incontro con Carmen Yáñez, sua compagna della vita. Il gatto lo ascolta parlare dell'entusiasmo per l'elezione di un presidente chiamato Allende e del tragico golpe che lo costringerà all'esilio, della lunga esperienza in Amazzonia accanto agli indios shuar, fino all'arrivo ad Amburgo, dove, in una realtà tutta nuova, inventerà la favola della gabbianella per far addormentare i suoi tre bambini. Una vita avventurosa, generosa e intensissima, 'incandescente' come dice lui stesso, narrata come una favola dolce e forte - così d'altronde era lui - da Ilide Carmignani, sua traduttrice e amica. Una favola sì, ma un esemplare atto di restituzione, monumento a uno scrittore e all'amore verso la letteratura che crea legami: libro composito fatto di stratificazioni, libro dentro libro, narrazione dentro narrazione, scrittore dentro scrittore, traduttore dentro traduttore. L'autrice, forte di un'intimità di carta con il narratore cileno, ha riversato con grazia in questo libro tutto l'affetto verso Sepúlveda trovando una forma, un'architettura e una voce tutta sua e perfettamente intonata a quella dello scrittore. Perché chi traduce è come se mettesse i piedi nelle orme dell'altro. Come scrive Carmen Yáñez, Sepúlveda 'attraverso il genere della favola, creando personaggi ispirati dalla grandissima intesa che aveva con la natura e con gli animali, ha esaltato i valori di cui era fatto per passare all'umanità i concetti etici della diversità, dell'uguaglianza, del rispetto dell'altro e della solidarietà. La sua posizione personale di uomo e di cittadino del mondo. Era quella la miniera della sua immaginazione'. All'immaginazione e alle favole di Luis Sepúlveda, anche a quella della sua vita, rimarremo quindi sempre legati. «Un giorno di tanto tempo fa bussò alla nostra porta un umano grande e grosso, con barba, baffi e capelli neri. Somigliava straordinariamente a Zorba, un mio vecchio amico, come gli umani somigliano sempre al loro gatto o al loro cane. Non aveva gli artigli lunghi come un cerino, ma il sorriso invisibile era lo stesso. Capii allora con emozione che era il famoso Luis Sepúlveda, l'intrepido marinaio che a bordo di minuscoli gommoni arcobaleno bloccava le petroliere che tentavano di sversare la peste nera in mare ,il coraggioso giornalista che svergognava i colpevoli sui giornali, lo scrittore che dava voce alle creature che non avevano voce, insomma l'umano più famoso e più amato dai gabbiani e dai gatti del porto di Amburgo e di tutti i porti dove miagolano gatti e volano gabbiani». Età di lettura: da 8 anni.
La Colonia è un lembo di terra ai confini della galassia. I suoi abitanti, pochi, nel deserto e lontani dal mare, sono costretti a vivere secondo princìpi ferrei. Tutto è regolato da un fantasmagorico potere, invisibile, globale e realissimo, quello della Federazione. Sui giorni e le ore dei coloni aleggia un clima plumbeo talvolta interrotto dai rari e improvvisi quanto fugaci arrivi di un circo. Due divieti assoluti vigono sui coloni: non possono far uso di tabacco e utilizzare petrolio. A spezzare questo clima, a infrangere le due proibizioni, pensano tre bambini in fuga e una donna curiosa e vagheggiante di nostalgia per suo padre. Basterà poco per risvegliare l'ingegnosità, la brama di conquista e di progresso - in realtà mai sopiti del tutto - dei coloni, e il loro desiderio di ribellione. Antonio Pennacchi torna al romanzo con uno sguardo sul futuro che si abbatte impietoso sul nostro presente dimesso e depresso, per lanciare un grido di speranza; e riesce ad animare un mondo fantastico, popolandolo di personaggi indimenticabili, malinconici, sognatori, burberi, eccessivi, sempre e comunque troppo umani: dall'intellettuale Karel all'inventore Foost, dal reverendo Jacob alla flessuosa Ursula, da Erika che ha un marito in cerca di miniere perdute a Sophie, che dal marito è stata abbandonata. "Storia di Karel" ha tutta la sensibilità romantica di Antonio Pennacchi, impiantata in un mondo che rende omaggio ai grandi autori della fantascienza, e non solo.