
Un'opera che affianca alla storia del pensiero occidentale quella altrettanto ricca ma meno esplorata delle culture non europee, presentando i contributi dei maggiori studiosi della filosofia islamica, del mondo ebraico, della tradizione latino-americana, del continente africano, dell'India, dell'Estremo Oriente e del Pacifico. Vero e proprio atlante del pensiero, questo libro offre uno strumento rigoroso ma accessibile per il dialogo interculturale che il mondo contemporaneo ci obbliga ad affrontare: risalendo alle radici delle più significative tradizioni culturali, restituisce tutta la ricchezza della trama di corrispondenze che ha dato forma al pensiero umano come lo conosciamo oggi.
«Lo studio di Kierkegaard fu da me vissuto sin dall'inizio come una necessaria integrazione della mia formazione metafisica, volta ai temi costitutivi dell'essere: temi che, per se stessi, sarebbero privi di senso se non fossero percorsi partendo dalla carne viva dell'esistenza e solo per ritornare nel suo cuore cercandone senso e destino». Virgilio Melchiorre raccoglie qui in un'unica opera i contributi che ha dedicato al pensiero di Søren Kierkegaard dal 1953 fino a oggi. Venti scritti che, mediante un'accurata ricognizione storico-teoretica del dettato kierkegaardiano, ne analizzano i diversi aspetti - estetico, etico, teologico - senza tralasciarne la valenza critica rispetto alle categorie di un idealismo oramai al tramonto. Attraversando oltre mezzo secolo di ricezione italiana del filosofo danese, il volume è a un tempo occasione e testimonianza: occasione, per chiunque intenda comprendere e approfondire il pensiero di Kierkegaard, di accedere a testi ancora fondamentali e ormai difficilmente reperibili; testimonianza di un percorso di ricerca e di riflessione rigoroso, di alto valore etico e teoretico, caratterizzato dalla tenace attenzione alla struttura ontologica dell'essere umano e alla trascendenza metafisica del suo fondamento nella loro inscindibile unione.
Esiste il libero arbitrio? Secondo molti scienziati e filosofi, le nostre decisioni sono determinate nel cervello prima di affiorare alla coscienza, e per questo sfuggono al nostro controllo. Analogamente, secondo parecchi psicologi sociali, le situazioni in cui ci troviamo predeterminano in modo meccanico le nostre scelte. Ma la scienza ha davvero confutato il libero arbitrio? Secondo Alfred R. Mele - noto filosofo americano con grandi competenze di psicologia e neuroscienze -, in realtà, le prove scientifiche non sono affatto così univoche. In questo breve libro, che si rivolge soprattutto ai non specialisti, Mele spiega perché non c'è ragione di pensare che il libero arbitrio sia soltanto un'illusione.
Quattro dialoghi che invitano a riflettere sul senso della vita, un alternarsi di voci che difendono la propria idea su Dio, sul mondo e sulla libertà o meno dell'uomo. Si presenta così questo testo di Mendelsshn, pubblicato nel 1755 in pieno clima illuminista, che nasce dall'intento di intervenire sulla "questione spinoziana", di difendere i diritti della filosofia e di riabilitare quella tedesca dalle accuse francesi di astrattezza e pedanteria. L'autore celebra la capacità della metafisica tedesca di mostrare la verità delle idee di Dio, di Provvidenza e di anima.
Il libro svolge una lettura critica del liberalismo morale americano. Sono le idee di coloro che si autopresentano come liberal e che propongono un'ideologia che concepisce la libertà individuale come un assoluto. Essa comporta affermare che ogni persona deve essere autonoma nelle proprie scelte, senza che la comunità - che si tratti della propria famiglia, della società civile, dei corpi intermedi o della stessa Chiesa - possa indicarle un valore ultimo. Nel quadro di tali teorie liberal, la sola esistenza di un valore ultimo costituirebbe una minaccia alla libertà individuale. La relazione tra legislazione e vita virtuosa è stata oggetto di studi per molti secoli, in particolare dalla tradizione di pensiero che fa capo a Aristotele e a San Tommaso d'Aquino. Essa è stata raccolta dalla Dottrina Sociale della Chiesa e da molti studiosi tra quanti hanno intrapreso una lettura critica del liberalismo morale vigente ai nostri giorni. Il nostro studio prende come punto di riferimento gli insegnamenti della Dottrina Sociale della Chiesa, con il desiderio di riflettere per favorire l'esistenza di una società veramente libera. In definitiva, si può dire che esiste anche un liberalismo buono e conveniente per un cristiano, quello che si intende come principio antiassolutista e anticollettivista. Allo stesso tempo, non ci è possibile ignorare che il liberalismo, in senso filosofico forte, può assumere la forma di principio antidogmatico. Se la Chiesa, giustamente, condanna il liberalismo in quanto principio religioso antidogmatico, ciò non significa che la concezione cristiana dell'uomo e della società favorisca l'assolutismo illiberale.
Che cosa è l'estetica? La tesi di Christoph Menke è che non sono gli oggetti a costituire l'estetica. L'estetica non parte dai "dati estetici". È piuttosto l'estetica che deve porre in essere o "costituire" l'ambito degli oggetti cosiddetti "estetici". Il libro ricostruisce proprio come l'estetica abbia costituito i suoi oggetti nel XVIII secolo, nella riflessione di Baumgarten e di Kant e, soprattutto, come nel costituire i suoi oggetti abbia finito per trasformare i termini fondamentali della filosofia, inaugurando la filosofia moderna vera e propria.
Due grandi capi militari e politici, l'instancabile lottatore contro la schiavitù e il campione della promozione dell'aborto che poi ne diventa il più strenuo oppositore. Perché riparlare di queste storie, entro il contesto della saggezza? Le grandi personalità, da un lato, sono sempre un modello e motivo d'ispirazione, ma, dall'altro, appaiono come figure troppo lontane dalla nostra realtà, sia per quel che concerne la posizione o le capacità personali che per le condizioni sociali: non abbiamo il compito di salvare la patria, di lottare contro la schiavitù o di abrogare le leggi del paese più potente del mondo. Questo piccolo volume si riferisce alla portata delle sfide - cioè affrontare gli elefanti - e alla nostra capacità di superare noi stessi di fronte a tali obiettivi, quindi non intende essere la vetrina di una grandezza che debba semplicemente essere ammirata dai comuni mortali. Non è neanche uno studio sulla leadership dei potenti o delle personalità singolari. Si tratta invece di uno spunto e uno sprone a riflettere su una capacità comune a tutti, cioè la virtù della prudenza e su alcune delle sue relazioni con le nostre abilità conoscitive ed emozionali. Lo studio di fatti come questi con una prospettiva filosofica sarebbe sterile, se non ci portasse a rivedere le nostre priorità nel contesto personale di oggi. Aristotele rimproverava a Platone che non studiamo etica per sapere cosa è il bene, ma per essere buoni...
Abraham Maslow (1908-1970) y Carl Rogers (1902-1987) insuflaron un espíritu renovador a la psicología del siglo XX. Su apertura a cuestiones de tipo filosófico y la profundización en el sentido de la vida humana los llevaron a ser protagonistas de la llamada “tercera fuerza” de investigación en psicología, es decir, la psicología humanista, cuando se abría una brecha importante en el debate dominado por el conductismo y el psicoanálisis. En sus escritos y en la manera de difundir sus ideas en distintos ambientes profesionales –docencia universitaria, colaboración con agencias gubernamentales, redes empresariales, instituciones educativas y religiosas– se desvelaba una psicología cercana a las inquietudes personales y una confianza inédita en las capacidades de los seres humanos normales. Una psicología al servicio de la potenciación de los individuos estándar, con un fuerte énfasis en la responsabilidad personal, contrastaba con la tradición de una psicología terapéutica o centrada en el estudio de comportamientos estereotipados, donde contaba más con la ciencia del especialista que los recursos de la persona. Las preguntas radicales sobre el sentido de la vida humana adquirieron matices particulares después de los dos grandes conflictos mundiales del siglo pasado. Rogers y Maslow interceptaron las ideas de los intelectuales de las dos costas del Atlántico Norte de ese periodo para ampliar el radio de influencia de la psicología, entrando en la arena moral y filosófica. La influencia que han tenido en vastos planes de investigación y en la puesta en marcha de programas formativos de distintos niveles hace que sigan siendo punto de referencia en las ciencias del comportamiento. En este breve estudio trato de resaltar la influencia de su labor y abrir una amplia ventana a las raíces filosóficas de su pensamiento.
Juan Andrés Mercado (Ciudad de México, 1967) es catedrático de Ética aplicada de la Universidad Pontificia de la Santa Cruz (Roma). A sus trabajos doctorales sobre la inducción aristotélica y la creencia en David Hume han seguido estudios sobre Elizabeth Anscombe, las tesis clásicas sobre las virtudes, y las relaciones entre la emotividad y la razón. Ha sido director de estudios de la Facultad de filosofía de la Universidad la Santa Cruz y director de la revista Acta Philosophica. Cofundador y subdirector del centro de investigación Markets, Culture and Ethics (2008-2016), tuvo a su cargo las colecciones MCE Books y MCE Notebooks. A partir de 2013 ha promovido actividades y publicaciones basadas en la antropología filosófica, tendiendo puentes con la psicología, la neurociencia, y la educación. Promueve con Francisco Fernández Labastida, Philosophica. Enciclopedia filosófica on line (www.philosophica.info). Ha impartido numerosos seminarios para profesionales de distintas empresas y colabora con IPADE Business School y la Universidad Panamericana.
L'energia della speranza è un potente catalizzatore che si manifesta attraverso le emozioni, la forza di volontà e la vibrazione delle nostre aspirazioni più elevate. Sentire che siamo in grado di realizzare progetti audaci e ambiziosi è il motore che ci spinge a plasmare gioiosamente i nostri programmi di vita, lasciando una impronta duratura. Non stiamo parlando della speranza sovrannaturale del cristianesimo, dove la certezza si basa sull'ausilio divino. Invece, esploriamo le idee di Leonardo Polo sulla speranza a livello umano, attraverso una lente filosofica che offre una solida base per dialogare con la psicologia contemporanea. Qui, la speranza come emozione positiva si collega alla visione aristotelica e tomistica della passione che ci dà il coraggio di osare. Polo dichiara audacemente che la speranza è più di una semplice inclinazione; è la tendenza umana elevata a virtù. Questa virtù diventa il tessuto connettivo della nostra esistenza, proiettandoci verso il futuro senza compromettere la speranza teologale. La visione di Polo ci spinge a considerare la speranza come un elemento fondamentale, un vero e proprio telaio che supporta la nostra vita. In questa cornice, la speranza non è solo un sentimento, ma una forza costruttiva che ci guida attraverso l'incertezza e ci spinge a realizzare le nostre aspirazioni più profonde. La sua presenza ci invita a guardare al futuro con un senso di fiducia, intraprendenza e connessione con gli altri. Questo studio offre validi spunti per integrare i paradossi della speranza antica, che poggia sulla tensione tra l'illusione e il benessere fugace che ci offre. In quel contesto, il destino è più potente di noi, e l'ultima parola del vaso di Pandora non fa che mantenere una luce effimera e ingannevole nella nostra precarietà esistenziale. Secondo Polo, la speranza è un ingrediente imprescindibile per una vita che si dona, che cresce collaborando con gli altri e sviluppando la propria libertà. Il futuro diventa così un compito collettivo che ci fa crescere come persone.