
L’arte cristiana, a partire dal Medioevo, ha rappresentato il Dies irae, il giorno del Giudizio Universale, attingendo alle Scritture, alla teologia e all’immaginazione: Cristo giudice, angeli con le trombe, san Michele con la bilancia, cadaveri che si rianimano, l’inferno con i diavoli e i dannati, il paradiso con i beati. Questo saggio ci aiuta a capire come nel corso dei secoli l’uomo di fede ha immaginato il giorno del Giudizio, proiettando nell’aldilà le paure e le speranze che viveva nell’aldiquà.
Michael Jackson solleva il velo di mistero in un libro autobiografico tanto sincero quanto coraggioso: "Moonwalk". In questo intimo racconto della sua vita pubblica e privata, Michael Jackson ripercorre l'infanzia difficile, ma vissuta con grande allegria, gli anni in cui, insieme ai fratelli, suonava in spettacoli di dilettanti e in sconosciuti locali notturni di Chicago, fino al momento in cui i manager della Motown trasformarono i Jackson 5 in superstar famose in tutto il mondo, con oltre duecento milioni di dischi venduti. Michael ricorda i giorni spensierati della gioventù, in viaggio con i fratelli, e i rapporti a volte difficili con la sua famiglia. Descrive con sincerità ciò che ispira le sue canzoni, i movimenti elettrizzanti del suo modo di ballare e l'impulso irrefrenabile alla creatività che l'hanno reso una delle più grandi star della musica e una leggenda del nostro tempo. In "Moonwalk" Michael Jackson ci parla apertamente dei suoi amici: Diana Ross, Berry Gordy, Quincy Jones, Paul McCartney, Fred Astaire, Marion Brando e Katharine Hepburne e del doloroso isolamento dovuto alla sua celebrità. Racconta del suo primo amore, delle operazioni di chirurgia estetica, della sua carriera eccezionale e di tutte le bizzarre e spesso maligne insinuazioni che hanno circondato la sua vita. Illustrato da fotografie tratte dall'album di famiglia e dai suoi archivi personali, oltre che da un disegno creato appositamente da Michael per questo libro.
«I film, la televisione e i media audiovisivi in generale non si rivolgono soltanto all’occhio. Essi suscitano nel loro spettatore una specifica disposizione percettiva, disposizione che, nel presente lavoro, proponiamo di chiamare “audiovisione”. Un’attività, questa, che non è mai stata considerata nella sua novità: si continua a parlare di “vedere” un film o una trasmissione, trascurando la modificazione introdotta dalla colonna audio. Oppure ci si accontenta di uno schema aggiuntivo, per cui si vedono immagini e si sentono dei suoni, e ciascuna delle due percezioni resterebbe circoscritta nel proprio ambito. Scopo di questo libro è mostrare come in realtà, nella combinazione audiovisiva, una percezione influenzi l’altra e la trasformi. La presente opera è al tempo stesso teorica e pratica perché delinea un metodo di osservazione e di analisi suscettibile di essere applicato ai film, alle trasmissioni televisive e ai video». (M. C.)
L'AUTORE
Michel Chion (1947), scrittore, compositore, autore di film e video, è un teorico dell’ascolto e dell’audiovisione. Ha pubblicato numerose opere dedicate a registi, alla musica concreta, all’ascolto, alla teoria della sceneggiatura, ai mestieri del cinema. Molti suoi saggi sono apparsi sulle pagine dei «Cahiers du cinéma». Presso Lindau sono stati pubblicati Un’Odissea del cinema. Il «2001» di Kubrick; David Lynch e Stanley Kubrick. L’umano, né più né meno.
Il tema di questo libro è "l'empatia estetica", un costrutto teorico che ha avuto uno sviluppo rigoglioso fra Ottocento e Novecento, e che oggi, grazie ai neuroni specchio ("le cellule del cervello più famose di tutte"), è ritornato di grande attualità. Così, per il fascino del prefisso "neuro", l'empatia si è imposta come un fatto scientifico incontrovertibile. Ma lo è? La gioia e la tristezza sono passioni invisibili? La leggerezza e la pesantezza sono qualità dell'oggetto o del soggetto? Passioni e qualità espressive le percepiamo o le empatizziamo? I neuroni specchio sono il correlato neuronale dell'empatia? Quel che senti si incarna nel tuo corpo o nel mio cervello? Sono queste le domande brucianti alle quali l'autrice dà qui risposte limpidamente argomentate.
Il ciclo "MACROradici del contemporaneo", che inaugura con la mostra "Cesare Zavattini inedito", rappresenta un ulteriore segnale di vitalità e di attualità delle proposte del MACRO. L'idea è quella di presentare al grande pubblico alcune fondamentali figure della cultura e dell'arte attraverso le quali il legame tra la memoria, la contemporaneità e l'utopia venga felicemente disvelato al visitatore. Zavattini fu tra i pochi a transitare indenne dal neorealismo alla comedia, interpretando perfettamente le più evidenti attitudini italiane e, con esse, le sue contraddizioni. Per questo artista, il fare ed il sapere non erano mai separabili, il che si evince persino dai suoi disegni e dai suoi acquerelli, grazie ai quali riuscì a tessere trame di racconto, e cronache, e atmosfere che ancor oggi rimandano ai luoghi e all'identità di Roma. Catalogo della mostra (Roma, 13 ottobre 2009-10 gennaio 2010).
Lo stato dell'arte della legge Ronchey a 15 anni dalla sua formulazione. E tanti interrogativi. Uno tra tutti: come modernizzare la gestione dei Beni Culturali? "Punto e a capo" offre un quadro aggiornato sugli sviluppi della gestione e valorizzazione dei Beni Culturali, fornendo molti suggerimenti per superare l'impasse normativo-legislativa cui si è arrivati negli ultimi anni: una giungla di norme, certamente in misura superiore alle reali necessità. L'evoluzione del consumo culturale è alla base di una necessaria e urgente modernizzazione dell'offerta e dei servizi culturali. Il libro nasce dall'esigenza di affermare la necessità di una nuova stagione di avanguardia per i Beni Culturali del nostro paese, capace di elaborare modelli di gestione in grado di rispondere ad un mercato esigente, veloce ed effimero. Le utili voci di abbecedario per i musei forniscono un'efficace sintesi su singoli aspetti e problematiche quali la tutela, i servizi aggiuntivi, le concessioni, l'editoria, le mostre e molto altro.
Anche nei periodi di più intensa attività, quando dalla sua penna nascevano opere quali i Pittori moderni o Le pietre di Venezia, John Ruskin dedicava diverse ore al giorno al disegno e alla pittura. Rarissimo esempio di teorico capace di tradurre in pratica artistica i princìpi che enunciava, nell’inverno 1856-1857 decise di acconsentire a suo modo alle richieste di tanti aspiranti allievi, e scrisse Gli elementi del disegno.
Da allora innumerevoli studenti, dilettanti e artisti di fama hanno letto questo manuale con pari ammirazione, e se l’autore proclamò di avervi trasfuso il metodo di Leonardo, Monet non esitò ad affermare che i nove decimi dell’impalcatura teorica dell’Impressionismo erano contenuti nelle sue pagine. Pagine che, presentandosi sotto forma di lettere a uno studente, prendono le mosse dagli «esercizi preliminari» – senza trascurare gli aspetti più pratici (che tipo di pennini da disegno comprare, come stendere le ombreggiature in modo perfettamente uniforme) – per poi affrontare il «disegno dal vero». Ruskin spiega con chiarezza esemplare, ammonisce, incoraggia, ha sempre in serbo il consiglio giusto, e anticipa con intuito infallibile il sorgere delle difficoltà, in un crescendo di complessità cui corrispondono i progressi dello studente-lettore. Finché il maestro giudica sia il momento di introdurlo ai segreti del colore – per dominarli, avverte, non basterebbe l’intera vita –, e quindi all’ultima tappa dell’apprendistato: quella «composizione» che Ruskin tratta in dettaglio enunciandone anzitutto le leggi di preminenza, ripetizione, continuità, curvatura, irradiamento, contrasto, interscambio, coerenza e armonia.
Entriamo così nelle segrete officine della pittura, e soprattutto impariamo a vedere, iniziando a comprendere, finalmente, i segreti dei maestri nascosti nei più minuti dettagli – e ritrovandoci, inevitabilmente, con il prepotente desiderio di cimentarci a nostra volta con matita e carta da disegno.
Da migliaia di anni l'uomo scruta il cielo alla ricerca di segni per conoscere il destino: nel continuo ruotare del firmamento, circa sette secoli prima di Cristo gli astronomi assiri ed egizi hanno fissato una sequenza di dodici costellazioni, che si alternano nel corso dell'anno. I segni zodiacali, abbinati da questo momento ad altrettante "figure", dovrebbero determinare il carattere delle persone, permettere di prevedere eventi, suggerire azioni nella vita di tutti i giorni o nei grandi avvenimenti della storia. Non c'è da stupirsi se l'immagine dello zodiaco e del suo influsso sia fortemente presente nel corso della storia dell'arte, soprattutto in alcuni momenti molto caratteristici, combinandosi con riti magici e misteriosi. In modo esplicito o implicito, il riferimento ai segni astrali caratterizza opere di grande suggestione: dall'archeologia al Medioevo, dall'intero corso del Rinascimento all'età barocca. Il volume prevede un saggio introduttivo generale sulla storia e sulla fortuna iconografica dello zodiaco, seguito da capitoli che presentano uno per uno i dodici segni, così come sono stati raffigurati nell'arte, e nei loro contenuti simbolici.
A oltre trent'anni di distanza, viene riproposta al pubblico l'esemplare edizione che Giovanni Previtali ed Evelina Borea dedicarono alle "Vite" di Bellori (1672): torna così a essere udibile la voce più alta della storiografia artistica dell'Europa secentesca. La postfazione di Tomaso Montanari ricompone la personalità intellettuale di Bellori, proponendo nuove chiavi di lettura della genesi, della struttura e degli scopi dell'opera. Attraverso le "Vite", Bellori voleva dimostrare a un'embrionale opinione pubblica internazionale che la storia delle immagini e degli artisti era parte costitutiva della storia della cultura europea. Con Bellori la storia dell'arte e la cultura visiva vengono promosse al rango di cultura valida in sé, non più bisognosa di legittimazione letteraria. La riforma di Annibale Carracci e la sua riconsiderazione storico-critica del Cinquecento italiano avevano costruito in artisti e intellettuali la coscienza della dignità e dell'autonomia della cultura figurativa. Forte di questa consapevolezza, Bellori dimostra una straordinaria aderenza alle opere d'arte e, grazie a un lessico rinnovato e complesso, riesce a dar conto di un nuovo linguaggio e di una nuova epoca stilistica segnando così una tappa fondamentale nel processo che da Vasari a Lanzi costruisce una storia dell'arte italiana.
Sin dagli albori della stagione figurativa le donne costituiscono una presenza continua nell'opera d'arte, che le ha rappresentate in una miriade di situazioni diverse. Il repertorio di figure e immagini muliebri è sterminato, così come infinite appaiono le declinazioni della femminilità. Obiettivo dell'opera non è tanto quello di raccogliere un catalogo di immagini di donne in diversi periodi storici, quanto di analizzare come l'opera d'arte abbia raffigurato il femminile e di come le donne si siano raprpesentate attraverso il linguaggio artistico.
Il pensiero iconologico attraversa tutto il XX secolo, trovando in Germania e poi in Inghilterra e negli Stati Uniti i luoghi di affermazione e di diffusione. Il percorso di questa tradizione di studi segue le vicende accademiche, scientifiche e personali dei protagonisti: Aby Warburg, Fritz Saxl, Erwin Panofsky, Edgar Wind, Rudolf Wittkower e il viennese Ernst Gombrich. In questo libro, nuova edizione di un testo ormai "classico" del settore, l'autrice esamina con sguardo critico lo sviluppo dell'iconologia che trova, dopo la metà del Novecento, esiti e connessioni con altre discipline, dalla semiotica alla psicanalisi, alla psicologia della percezione, alla storia sociale, all'antropologia. Alla luce degli attuali interessi per l'immagine e per la cultura visiva l'iconologia è al centro del dibattito sul rapporto fra immagine e opera d'arte, fra capolavoro e immagine documentaria, fra visività e espressione significante e patetica, fra tradizione e anacronismo, fra immagine e testi, fra linguaggi visivi e linguaggi verbali, poetici e musicali, introducendo, nel superamento dei confini disciplinari e geografici, un'accezione antropologica dell'immagine, all'interno del dibattito attuale sull'"iconic turn", e aprendo al multiculturalismo, alla multimedialità e alle neuroscienze.

