
L' opera vuole dar conto del complesso rapporto che da sempre lega il cinema alla storia. Attraverso le riflessioni di studiosi, il modo di costruire il racconto per immagini, le testimonianze di protagonisti (Rosi, Monicelli, Pirro, Guerra, Sordi, P. Taviani, Martone, ecc.) si esamina come la storia ha preso forma sullo schermo.
Il lavoro progettuale e artigianale di Gian Lorenzo Bernini (1598-1680) nel campo dello spettacolo è studiato per la prima volta in maniera organica in questo volume. Oltre che scenografo, scenotecnico e apparatore di feste, Bernini fu anche attore, scrittore di teatro, capocomico, perfino committente e, negli ultimi anni, impresario di commedie per musica. Praticò dunque tutti i mestieri della scena. I ricchissimi repertori di immagini e documenti della festa, le fonti relative ai grandi spettacoli barberiniani e le cronache delle commedie trovarono in Bernini un protagonista che, sul crinale di un gioco affascinante e pericoloso, valendosi di uno straordinario e multiforme talento e anche di un innegabile carisma personale, pare divertirsi a sfidare le più alte personalità di governo (anche i nipoti del papa e perfino il papa), mettendo in discussione ogni convenzione di genere e ogni regola precostituita.
"Riaccendere i riflettori su Ermanno Wolf-Ferrari (1876-1948) è un'operazione utile e soprattutto giusta. Con qualche sporadica e benemerita eccezione, la sua produzione lirica è praticamente scomparsa dalle scene, almeno dagli anni Cinquanta. Quanto alle opere strumentali, solo qualche compagnia discografica alla ricerca di rarità rende possibile l'ascolto di pagine immancabilmente accattivanti, spesso poetiche, sempre di squisita fattura ma condannate per iniqua sorte a giacere mute negli scaffali degli archivi musicali. Wolf-Ferrari fu invece un protagonista della vita musicale europea e internazionale nella prima metà del Novecento; la sua musica venne diretta dalle più importanti bacchette, in testa Toscanini e De Sabata. Un libro su Wolf-Ferrari mancava e ora, finalmente, c'è. Si tratta di un'operazione utile e soprattutto giusta che sana una ferita, oltraggiosa per la cultura musicale italiana." (Dalla prefazione di Alberto Batisti).
Ritornare al tempo dei grandi maestri della musica, ecco quello cui vuole stimolare questo libro. Si può fare commento musicale in senso strettamente tecnico, e spesso pedante, o in stile letterario compiaciuto con dovizia di aggettivazioni, arbitrario. Ma chi ama davvero la musica deve fare capire agli altri il senso storico di una pagina musicale e il valore anche umano della interpretazione, guardando sì avanti, ma soprattutto indietro, ai grandi maestri per i quali quelle note furono composte. Pietre di paragone. Critiche musicali, descrizioni di interpreti, programmi di concerti, pubblicati per lo più sui due quotidiani di Ferrara, su riviste o sul web, tutto attira il lettore all'arte musicale violinistica come era, per l'interprete e l'ascoltatore di oggi.
Leone Sinigaglia (1868-1944), compositore del primo Novecento completamente trascurato, viene riproposto e ricordato per il suo molteplice grande valore in questa monografia, la prima a lui dedicata in Italia. Come scriveva Antonio Capri nella sua "Storia della Musica", Ermanno Wolf-Ferrari sta a Mozart come Sinigaglia sta alla grande musica romantica mitteleuropea di Brahms, Goldmark, tutti da lui conosciuti e frequentati. I grandi direttori d'orchestra della prima metà del Novecento non si sono mai dimenticati né dell'uno né dell'altro, a partire da Arturo Toscanini che ne offriva interpretazioni frequenti nei suoi concerti, in Europa e in America. La figura di Sinigaglia è qui tratteggiata nel contesto della sua formazione di musicista e anche di espertissimo scalatore di vette.
Un viaggio nel sacro dell’Est Europa, tra il Baltico, il Mar Nero, Il Caspio e il Mediterraneo, alle frontiere della spiritualità orientale, in bilico fra cristianesimo, islam ed ebraismo.
“In queste terre - dice Monika Bulaj - sotto le ceneri languiva l’infanzia d’Europa, il nostro oblio e le nostre paure, la storia si confondeva con il mito, il vero con l’irreale e le ombre di quelli spazzati dalla Shoah e dei deportati si mischiavano ai presenti. Mi sono spinta un po’ alla volta, sempre più a Est, seguendo i canti. Ho viaggiato tra i vecchi credenti della Polonia e i rom della Macedonia, gli armeni della Romania e i lemki polacchi, tra gli hutzuli ucraini e i tartari bielorussi, tra gli aleviti della Albania e gli Udini del Caucaso.”
Un dietro le quinte che documenta la preparazione del film, restituisce le suggestioni delle splendide location, racconta il rapporto tra i suoi protagonisti. Il nuovo film di Nanni Moretti raccontato attraverso le foto di Philippe Antonello. "La mia collaborazione con Nanni Moretti inizia nel 2006 con il film : "Il Caimano", esperienza che si rivelò di grande insegnamento. Per il suo nuovo progetto Habemus Papam, oltre a riprendere le scene girate, ho cerato di raccontare fotograficamente il rapporto tra un regista e il suo protagonista. Questo libro è un tentativo di raccontare l'incontro di due grandi personalità Moretti e Piccoli, ma non solo; spero che sia anche un racconto visivo del percorso intimo e faticoso che un regista fa nell'arco dei mesi di lavorazione".

