
Nel volume è ricostruita la storia di Erasmo da Narni, detto Gattamelata (1370-1447) titolare del celeberrimo monumento equestre innalzato da Donatello nella piazza del Santo a Padova. Erasmo da Narni, di cui da tempo è nota la vicenda quale capitano generale dell'esercito della Serenissima, fu al centro di una rete di relazioni familiari e amicali che coinvolsero nomi illustri dell'Umanesimo veneto e insieme uomo legato ai poteri veneziano e fiorentino. Della casa padovana dove abitò Gattamelata furono frequentatori docenti universitari, francescani del Santo, nobili veneziani. Questa cerchia di frequentazioni, e insieme i forti legami familiari della cerchia dei Gattamelata con i Lion padovani, rendono ragione dell'arrivo di Donatello a Padova, incaricato di eseguire il monumento. La rilettura dei documenti, anche in relazione con l'esecuzione contemporanea dell'altare maggiore nella basilica del Santo, ha permesso di evidenziare talune dinamiche chiarendone alcuni aspetti e rilevando la problematicità di altri. Il testo contiene il documento con l'inventario dei beni del condottiero padovano stilato nel 1467, pubblicato per la prima volta.
La "Camera pietà", meglio nota come la "Camera degli sposi", di Andrea Mantegna nel Castello di San Giorgio ha attascinato nei secoli milioni di spettatori, viandanti, curiosi e accompagnato generazioni di mantovani. Alla luce dei rilievi critici di un noto studioso mantovano, Rodolfo Signorini, due grandi interpreti dell'arte mondiale, Giovanni Reale e Vittorio Sgarbi, si confrontano con il miracolo d'arte di Mantegna, recuperando trame di ispirazioni antiche (Luciano di Samosata) e contaminazioni coeve (Leon Battista Alberti), in un dialogo tra ermeneutica e critica dell'arte, ricerca delle fonti e un mistero ancora attuale. Come ha potuto Andrea Mantegna raffigurare nell'istante di un evento particolare (la comunicazione dell'elezione al soglio cardinalizio di Francesco Gonzaga) tutta una genia di uomini che dal Quattrocento a oggi ancora per miracolo riusciamo a incontrare per le strade di Mantova? Quale patto con l'eterno ha stabilito il pittore nel fissare su quella parete i volti, le espressioni, le smorfie di una materia sempre viva e mai morta?
"Il Guggenheim. L'avanguardia americana 1945-1980" affronta i più importanti sviluppi dell'arte americana durante un'epoca di trasformazione della storia degli Stati Uniti: un periodo segnato da prosperità economica, turbolenze politiche e conflitti internazionali, oltre che da una vivace crescita in ambito culturale. In quanto insigne centro di riferimento per l'arte americana del XX secolo e istituzione storica di New York, negli anni successivi alla seconda guerra mondiale il Solomon R. Guggenheim Museum ha svolto un ruolo imprescindibile nel sostenere le pratiche artistiche d'avanguardia. I saggi contenuti in questo volume offrono una storia critica dell'affermazione degli Stati Uniti come un centro mondiale dell'arte moderna nel periodo postbellico. L'ascesa dell'espressionismo astratto negli anni quaranta ha inaugurato un'era durante la quale proliferarono gli approcci più diversi nella produzione artistica: dall'irriverente entusiasmo della pop art per l'immaginario popolare fino alle meditazioni intellettuali sul significato che caratterizzarono l'arte concettuale negli anni sessanta; dall'estetica scarna del minimalismo alla ricca iconografia del fotorealismo negli anni settanta
Il Barocco e il Rococò sono gli stili della meraviglia, dell'inaspettato, capaci di continue e sorprendenti novità costruttive. La necessità di affermare l'autorità politica e religiosa, minata dai drammatici contrasti che a partire dal Seicento attraversano l'Europa, si traduce in linguaggi architettonici fortemente rappresentativi, tesi ad allestire una rinnovata retorica del potere, perennemente sospesi fra modi classici e invenzione spregiudicata. Il volume racconta la nascita e la sorprendente diffusione dei due stili, e ne delinea gli elementi significativi. Avvalendosi inoltre di un cospicuo apparato di immagini, piante e disegni, descrive i momenti, i temi e i luoghi cruciali delle nuove architetture, di cui si propone come una solida, ineludibile guida: la Roma della Controriforma, la Torino dei Savoia, Napoli e il Meridione, la Francia assolutista, l'Impero russo, l'Inghilterra, il Portogallo e la Spagna, l'Impero asburgico e la Baviera.
Durante i primi quarant'anni del Novecento alcuni dei più dotati architetti di sempre hanno cominciato a muovere i primi passi: Auguste Perret, Adolf Loos, Walter Gropius, Frank Lloyd Wright, Le Corbusier, Ludwig Mies van der Rohe, Erich Mendelsohn, Richard Neutra, Alvar Aalto. Il volume racconta uno dei periodi artistici più fertili della storia dell'arte universale, attraverso l'opera delle figure di riferimento dell'architettura del XX secolo. Le nuove tendenze non hanno conosciuto confini e il germe della modernità si è diffuso ignorando ogni limite geografico e politico. La causa di questa rivoluzione è stata una generazione di architetti in perenne ricerca, viaggiatori in un mondo devastato da due conflitti mondiali. L'apparato fotografico, accompagnato da un repertorio di disegni, piante e progetti, sarà una guida per conoscere i nomi, i temi e i luoghi cruciali dell'architettura moderna.
"Questa volta mi occuperò del Caravaggio. Finora, sia me ne mancasse l'agio, sia la mia curiosità non fosse stimolata abbastanza, o forse per la combinazione delle due cause, non mi sono mai dato la pena di entrare in dimestichezza col Caravaggio. Accade, nella vita, di sentir parlare di questa o quella persona che gli amici reputano affascinante, e tuttavia essa non viene a far parte della nostra intima cerchia anche dopo ripetuti incontri. Poi, un caso fortunato dissipa il velo opaco che ci tratteneva dall'approfondire quei rapporti saltuari, e viene il gusto e la voglia di contatti più stretti e di una conoscenza completa. Comincerò con l'esaminare le opere superstiti del nostro pittore. Fino a pochi decenni or sono, la sua personalità di artista era nebulosa come quella di un Leonardo o di un Giorgione prima degli studi morelliani. Qualsiasi tela presentasse, in forti contrasti di luce, volgari e obesi giganti sacrilegamente atteggiati a Cristo o ad apostoli, figure con piumacci, baraonde di uomini e di donne dall'aspetto vizioso e alticcio, giovinastri occupati a giocare ai dadi o a barare alle carte, o più dignitose scene di concerti, veniva senz'altro attribuita a lui. Non così oggi. Il Caravaggio ha cessato d'essere una categoria o una specie, e ha riacquistato una personalità artistica definita quanto quella di Leonardo, o almeno quanto quella di Giorgione. Studierò soltanto i quadri che gli appartengono in modo indiscusso, secondo il giudizio dei più competenti."
"Attraverso la trasposizione dell'oggettività artistica nel campo del fenomenico, la concezione prospettica sbarra ogni accesso per l'arte religiosa alla regione del magico, nel cui ambito l'opera stessa compie il miracolo, e nella regione del dogmatico e del simbolico, nel cui ambito l'opera testimonia, o preannuncia, il miracolo. Ma dischiude per essa una regione completamente nuova, la regione del visionario, nel cui ambito il miracolo diventa un'esperienza immediatamente vissuta dello spettatore, poiché gli eventi soprannaturali irrompono nello spazio visivo apparentemente naturale che gli è proprio e gli permettono così di 'penetrare' realmente la loro essenza soprannaturale; inoltre la concezione prospettica dischiude all'arte religiosa la regione dello psicologico nel senso più alto, nel cui ambito il miracolo avviene ormai nell'anima dell'uomo raffigurato nell'opera d'arte; non soltanto le grandi fantasmagorie del barocco - preparate in ultima analisi dalla Sistina di Raffaello, dall'Apocalisse di Dürer e dalla pala di Isenheim di Grünewald, anzi, se si vuole, già dall'affresco di San Giovanni a Patmos in Santa Croce a Firenze, opera di Giotto -, ma anche le tarde opere di Rembrandt non sarebbero state possibili senza la concezione prospettica dello spazio, la quale, trasformando la realtà in apparenza, sembra ridurre il divino a un mero contenuto della coscienza umana, ma insieme amplia la conoscenza umana..." Con uno scritto di Marisa Dalai Emiliani.
L'arte moderna ha utilizzato e assorbito l'intero assortimento dei colori messi in commercio dall'industria chimica, da quelli artificiali in tubetto ai coloranti industriali. Attraverso i colori si è misurata con gli oggetti, le materie e i materiali ordinari, tentando di darne una resa estetica. Negli anni centrali della seconda metà del Novecento sì è assistito a una significativa compresenza tra la nuova astrazione americana - e dunque la pittura pura in un'espressione assoluta - e l'arte povera italiana, ovvero la libera manipolazione dei materiali e degli elementi naturali. In entrambi i casi il risultato è stato quello di una vistosa inflazione coloristica, una vera 'pancromia' che riflette la chiassosità multicolore della metropoli, eletta a orizzonte di riferimento dall'arte odierna. Alberto Boatto rilegge le svolte e le rivoluzioni, il meglio dell'arte odierna in chiave coloristica e propone al lettore una serie di itinerari attraverso le opere dei più grandi artisti contemporanei.
La voce è il mezzo privilegiato con il quale l'uomo si esprime, in modo particolare quando intende comunicare ad altri i propri sentimenti, in tal caso la parola cantata amplifica questo strumento e ne potenzia gli effetti. Per manifestare la propria religiosità, impetrare grazie e accattivarsi la benevolenza della divinità, e delle persone, ma anche per farsi reciprocamente coraggio nel rivendicare diritti inalienabili, gli uomini non hanno esitato ad affidare i loro messaggi alla poesia accompagnata dalla musica. Questo si è verificato dai tempi più antichi e perdura fino ai nostri giorni. Nella presente pubblicazione si cerca di dare una giustificazione a tale tendenza specificamente umana, facendo ricorso a testimoni illustri. Nel testo molte pagine sono dedicate a musicisti e poeti fautori di questa svolta epocale, accanto a filosofi, letterati e patrioti, che non hanno esitato a mettere a repentaglio la propria vita per un ideale.
La Sala Bologna è uno degli spazi più inaccessibili e affascinanti del Palazzo Apostolico in Vaticano, stretta com'è tra gli appartamenti privati del pontefice e gli ambienti della Segreteria di Stato. Destinata in origine ad essere una sala da pranzo papale, fu costruita e decorata in occasione del Giubileo del 1575 per volontà del papa bolognese Gregorio XIII, Ugo Boncompagni. Il grandioso spazio interno è ancor oggi affrescato dalle monumentali mappe terrestri e celesti che furono realizzate per dare corpo a un ambizioso programma celebrativo del pontificato gregoriano. Tra queste spicca la mappa della città di Bologna, che è anche la più grande rappresentazione di città dipinta del Rinascimento. Questo libro presenta l'architettura e la decorazione della sala papale in tutta la sua magnificenza, mentre un gruppo di specialisti di fama internazionale affronta in chiave storico-critica i diversi aspetti di questo splendido ciclo di affreschi che anticipa di cinque anni la più nota Galleria delle Carte geografiche del Belvedere vaticano, costituendone il diretto antecedente. La documentazione visiva è il risultato della campagna di rilevamenti fotografici e tridimensionali eseguiti da Factum Arte per la realizzazione del facsimile della grande mappa di Bologna nella sala vaticana installato nel Museo della Storia di Bologna in Palazzo Pepoli.
I saggi raccolti in questo volume ruotano intorno al tema della iconografia e della rappresentazione simbolica delle istituzioni caritative fra Medioevo ed Età Moderna. Attraverso le immagini le istituzioni presidiano luoghi, evocano attività e sottendono programmi etico-religiosi. Lo sfaccettato fenomeno della solidarietà viene così illuminato concentrandosi non sulla dimensione istituzionale ma sulla presentazione visiva dei progetti caritatevoli, sulla raffigurazione di situazioni da riparare e di uomini e donne da sostenere. Miniature, sculture, architetture hanno da un lato dato volto e identità a istituzioni nate per sostenere e realizzare specifiche "opere di bene" (dalla liberazione dei prigionieri alla dotazione delle fanciulle povere), da un altro hanno cercato di catturare l'attenzione e il consenso degli spettatori, per convincerli a fare il bene. Si tratta di operazioni niente affatto scontate e che richiedevano e richiedono il ricorso a una comunicazione efficace e originale, coinvolgente e commovente, a rafforzamento di promesse, o di minacce, rese più allettanti o terribili e comunque convincenti da elementi estetici che oggi in qualche caso ammiriamo senza sapere che erano parole di un discorso complesso, volto a motivare alla partecipazione alla vita comunitaria a partire dalla condivisione delle necessità dei meno privilegiati.