
Il legame tra teoria musicale e conoscenza scientifica si presenta nel suo sviluppo storico come un affascinante dialogo tra due saperi che nel corso dei secoli si consolidano separatamente, ma nello stesso tempo si collegano in modo sempre più stretto. Questo dialogo, questa invenzione a due voci, si trasforma poi gradualmente in una polifonia a quattro voci, perché intervengono anche altri due ambiti a lungo esclusi dalla relazione tra musica e scienza: il mondo della musica suonata, cantata, danzata e il mondo della liuteria, della creazione e del perfezionamento degli strumenti musicali. Gli incontri e gli scontri tra queste quattro voci sono l'oggetto del libro.
Da Tiziano a Balla, da Goya a Gauguin, da Toulouse-Lautrec a Andy Warhol: i cento cani più belli, amabili, teneri, appassionati, fedeli compagni di giochi e avventure. Chi ammira lo sguardo languido o intelligente di Fido, gli scatti poderosi, la linea elegante, i buffi atteggiamenti, scoprirà in queste splendide opere di artisti di tutti i tempi e paesi che il cane non è solo il nostro migliore amico, ma anche uno dei soggetti preferiti nella storia dell'arte. E anche della letteratura. Brani di autori accompagnano infatti, con ironia o malizia, riconoscenza o amore, i cani più celebri della pittura e della grafica.
Le strade e le piazze costituiscono la sfera collettiva del nostro vivere la città, piccola o capitale che sia. Di queste strade, e soprattutto di queste piazze, è urgente riesumare la nozione, sia per tentare di porre rimedio alle "malefatte" del passato sia per non riprodurle in avvenire. Tassello fondamentale di questo programma è una precisa cognizione del significato delle piazze nella dimensione simbolica della città. Se oggi si tende a riconoscere una piazza soltanto nel suo aspetto materiale - uno spazio racchiuso da una cortina di case -, in realtà ogni singola piazza progettata e costruita nel passato aveva un suo significato, e proprio la familiarità con tale significato le rendeva riconoscibili a tutti i cittadini. In questo saggio Marco Romano si propone di evocare il senso originario delle varie piazze comparse nel corso del tempo: la piazza principale, quella del mercato, il prato della fiera, la piazza conventuale, quella della chiesa, quella dello Stato, la piazza monumentale, lo square, la piazza nazionale. Un compito non facile, perché a quello iniziale si sovrappongono nei secoli molti altri significati. Pertanto il libro non segue il filo rigoroso di una storia, ma diventa un dialogo incessante tra presente e passato, tra testo e immagini, alle quali è affidato il compito di evocare, come semplice traccia, ciascuno di questi sensi stratificati.
Il cinema è non solo presenza ricorrente nella narrativa di Roth, ma anche oggetto di splendidi feuilleton e recensioni - nell'insieme un centinaio di interventi, compresi per lo più fra il 1919 e l'inizio degli anni Trenta, di cui si offre qui una ampia e rappresentativa scelta. Appassionato di Buster Keaton, capace di liquidare il sentimentalismo di un'epoca intera, cultore di documentari e film etnologici, Roth sa essere sferzante come pochi e non risparmia perfidi strali a osannati registi, si chiamino Lang o Ejzenstejn né, ovviamente, ai più turgidi colossal: come "Messalina", contraddistinto da "una noia colossale", sicché, egli confessa, "abbiamo il nostro bel daffare a tenerci svegli. Ci sentiamo stanchi come dopo una festa di matrimonio o un banchetto funebre durati giorni e giorni". Quando visita i set, poi, è un grandioso, rutilante bestiario che si offre al suo sguardo implacabile: registi onnipotenti, operatori pedanti, comici presenzialisti, ricchi produttori, dive irresistibili e tiranniche che si scelgono ruoli cuciti sul loro corpo: senza che di quel corpo "il povero sceneggiatore abbia potuto cogliere anche un solo barlume". Ma quel che più conta è forse l'attenzione, acutissima e preveggente, rivolta sin dai primi testi alla capacità del cinema di creare simulacri: i meravigliosi prodigi dello schermo significano per Roth che la realtà, così ingannevolmente imitata, non era poi tanto difficile da imitare...
«Ave, rosa sine spina»: così un inno dell’XI secolo saluta la Madre di Dio. Poesia, mistica e arte da secoli associano Maria ai fiori, in un intreccio straordinario di simboli che questo saggio aiuta a conoscere in tutta la loro ricchezza.
Un libro d'arte minor sulla simbologia dei fiori legati alla figura della Madonna
Il significato mistico e teologico dei fiori, utile anche a chi si occupa di decorazioni floreali
Un vero erbario illustrato
Un'idea originale per accompagnare il mese di maggio
Nel 1941, a 72 anni, convalescente dopo una complessa operazione chirurgica, Henri Matisse rilasciò una lunga intervista al critico Pierre Courthion. Numerosi e appassionanti gli argomenti trattati dal maestro: i suoi primi anni a Parigi come allievo di Gustave Moreau; i suoi rapporti con Renoir, Cézanne e Pissarro; le sue collaborazioni con Diaghilev e i Balletti russi; i viaggi; le riflessioni sulla sua opera e sul suo modo di concepire e vivere l'arte. Tuttavia, davanti alle bozze che Courthion e l'editore Albert Skira infine gli sottoposero, Matisse ritirò il suo consenso alla pubblicazione, giudicando i contenuti troppo privati; l'intervista andò così smarrita per oltre settant'anni. Grazie agli eredi Matisse e al J.P. Getty Trust, viene oggi pubblicata per la prima volta in traduzione italiana presso lo stesso editore che l'aveva commissionata: una sorta di testamento spirituale di Matisse, una confessione informale nella quale il grande artista racconta in prima persona la sua idea di pittura, la sua estetica del colore, le tappe del suo itinerario nell'arte.
Milioni di dischi venduti, megatour negli stadi e una popolarità a livello mondiale sono solo gli sviluppi di una storia che parte da molto lontano e, inizialmente, addirittura fuori dalla madre patria. Nessun libro dedicato ai Genesis aveva ancora affrontato accuratamente e con la devozione del fan accanito uno dei passaggi cruciali della loro carriera, ovvero le loro prime, movimentate tournée nel nostro paese. Questo volume colma la lacuna offrendo un resoconto dettagliato di tutti i concerti italiani dei Genesis degli anni Settanta, arricchito dai contributi forniti dalla stessa band, dai loro staff e da testimoni dell’epoca. Il libro è corredato da un apparato iconografico senza precedenti, proveniente dalla collezione dell’autore e da celebri professionisti del settore come Armando Gallo, Carlo Massarini e Roberto Masotti, rendendolo opera unica nella pur vasta bibliografia genesiana.
Il volume esce in occasione del restauro del bassorilievo raffigurante Gesù in orazione conservato presso l'Orto del Getsemani a Gerusalemme, opera di Giovanni Ferrari detto il Torretti. A distanza di quasi un secolo dall'episodio che lo danneggiò, il Custode di Terra Santa ha autorizzato il recupero di questo capolavoro di arte neoclassica, affidando i lavori al noto laboratorio fiorentino diretto da Andrea e Tommaso Fedeli. Il restauro, unitamente alla pubblicazione del volume, è stata un'occasione per avviare uno studio su Giovanni Ferrari e sulla famiglia Torretto - Giuseppe Torretto (1661-1743), Giuseppe Bernardi detto il Torrettino (1694-1774) e Giovanni Ferrari detto il Torretti (1744-1826) -, oltre che per compiere un viaggio nel panorama artistico della Serenissima tra XVII e XIX secolo. Una stirpe di artisti veneti, quella dei Torretto, purtroppo fino ad ora non abbastanza valorizzati dagli studi storico-artistici, e ricordati prevalentemente per essere stati tra i maestri del celebre Antonio Canova più che per la loro attività professionale.
Il volume nasce con la volontà di offrire un approccio non convenzionale ad un tema oggi sempre più importante: il territorio. L'autrice parte da una analisi lucida dell'evoluzione che nel nostro Paese hanno avuto le politiche di sviluppo territoriale troppo spesso incentrate sull'edilizia, mettendone in luce disequilibri, manchevolezze, sprechi, convenienze. Per riaffermare la necessità di una rinnovata attenzione all'armonia ed alla bellezza dei nostri spazi urbani, capace di ricollegarsi alla grande tradizione dell'economia civile cui si rifà la logica della cooperazione.
In perfetta contemporaneità con l'Elogio della follia di Erasmo da Rotterdam, a Milano Leonardo da Vinci cominciava a disegnare i suoi studi di teste deformi, di espressioni facciali portate al parossismo, di fisionomie caricate e grottesche. È un corpus imponente di disegni che hanno avuto in passato una larghissima fortuna e sono stati spesso interpretati, erroneamente, come caricature ispirate da gusto per la bizzarria. Ma già nel 1584 Giovan Paolo Lomazzo nel suo Trattato della Pittura notava che Leonardo "ben dimostrò quanto perfettamente intendesse i moti, che l'animo suol cagionare nei corpi", e proprio con questi disegni il genio leonardesco ricercava le relazioni fra i "moti dell'animo" e le loro manifestazioni sui tratti somatici di un viso. Le suggestioni della fisiognomica classica e medioevale, che da Plinio ad Alberto Magno aveva teorizzato una corrispondenza fra l'aspetto di un uomo e il suo carattere, e il contatto con il realismo artistico dell'area lombarda, che spinse il maestro a intraprendere studi di anatomia, dettero a queste teorie una concretezza del tutto originale e una complessità modernamente problematica: i disegni che ne nacquero gettarono le basi di una fisiognomica intesa come scienza e di una pittura vista come specchio dell'anima. Quasi in solitudine, ma interpretando gli sparsi disagi del suo tempo di crisi, l'autore del Cenacolo arriva a un passo dalla scoperta di un continente sconosciuto: il continente dell'Inconscio.
Nella storia universale del teatro un ruolo tutt'altro che marginale va riconosciuto alle pratiche sceniche messe in atto nel Centro e Sud America dai padri missionari nel corso della loro azione evangelizzatrice svolta nell'età coloniale. Ciò soprattutto in relazione alle dinamiche attuative rispondenti a necessità di persuasione e comunicazione. Gli stessi sincretismi, al di là delle valenze etno-antropologiche, vanno visti come apporti originali alla pratica teatrale, legittimamente riconducibili a princìpi fondamentali del fare teatro. È quanto i padri francescani (nella prima stagione della colonizzazione) e i gesuiti (successivamente) seppero mettere in atto con modalità diverse, ricorrendo anche alla partecipazione attiva degli indios, dei quali seppero valorizzare cultura e tradizioni, oltre che le doti artistiche, in particolare nel campo della musica e della danza. All'opera di questi uomini, rimasti in buona parte nell'anonimato, il volume rivolge quell'attenzione utile a meglio comprendere molteplici significati dell'arte scenica, in un contesto estraneo alla visione eurocentrica del teatro borghese.
Da Coppola a Martin Scorsese, da Steven Spielberg a George Lucas, dai fratelli Coen a Tarantino e Wes Anderson. Un percorso attraverso le trasformazioni, i protagonisti, i film - come "Taxi Driver", "Le iene," "La 25 ora", "Harry ti presento Sally", "Eyes Wide Shut", "Matrix" - che individua le questioni chiave del cinema americano contemporaneo, dalla fine degli anni Sessanta ai giorni nostri.