È in una tiepida primavera di Seoul, quando le magnolie in fiore parlano di rinnovamento e rinascita, che Han Kang matura l’idea di scrivere un libro sul bianco. Ma solo nel corso di un lungo soggiorno all’estero, mentre vaga per le strade di una città sepolta sotto la neve, il suo progetto comincia a prendere corpo intorno al ricordo della sorella maggiore, morta poche ore dopo la nascita. Narrare la sua storia è un modo di restituirle la vita che non ha avuto, facendole dono di tutte quelle cose bianche, in cui si rivela la «parte di noi che rimane intatta, pulita, indistruttibile a dispetto di tutto». Le prime che Han Kang ci pone sotto gli occhi sono proprio le fasce cucite per la neonata, il camicino che la madre prepara per lei e la bimba stessa, simile a un dolcetto di riso. E bianco sarà tutto ciò che alla sorella la scrittrice offrirà: una zolletta di zucchero, un pugno di sale grosso, il volto della luna, la schiuma delle onde, il respiro che il gelo condensa e rende visibile, la neve - materia «fragile, effimera eppure di una bellezza impetuosa» - e le stelle limpide e fredde della Via Lattea, capaci di «lavare lo sguardo all’istante». Perché la purezza del bianco e il potere curativo delle parole possano lenire il dolore e alleviare la perdita.
Negli anni del suo apprendistato letterario Simenon sfornava a un ritmo forsennato romanzi popolari, molti dei quali ambientati in luoghi esotici a lui del tutto ignoti, con il solo aiuto di un mappamondo e di un'enciclopedia. Il mondo che creava era bello, perché, dichiarerà in seguito, era "artificiale". Un giorno, però, gli viene voglia di vedere com'è fatto davvero, il mondo. Cominciando dall'Africa. Si imbarca quindi, insieme all'inseparabile Tigy, per Il Cairo, da dove raggiunge Assuan; da lì sorvolerà il Sudan, per poi discendere il Congo fino a Kinshasa, e sulla via del ritorno fare scalo a Port-Gentil, Libreville e Conakry. Solo dopo essere rientrato in Francia ricaverà da questo lungo viaggio i reportage qui raccolti nei quali non solo non indulge all'esotismo, ma soprattutto assume un tono di denuncia che a molti, all'epoca, farà storcere il naso. "L'Africa ci manda al diavolo" scrive Simenon "e fa bene!". Quello che ha visto non gli è piaciuto affatto anzi, il più delle volte lo ha profondamente disgustato. Certo, alcuni degli aneddoti che racconta con la verve che gli conosciamo, lo hanno stupito, a momenti anche divertito; e, con quella voracità impudica che è nella sua natura, non ha perso occasione di scattare fotografie (più di settecento). Tuttavia non nasconde in alcun modo il fondo più torbido e atroce della realtà coloniale; né il disprezzo che i bianchi nutrono nei confronti dei neri, né lo sfruttamento e la violenza di cui questi sono vittime né tantomeno il sordido abbrutimento dei coloni stessi, che Simenon descriverà, a caldo, in quel formidabile romanzo che è "Colpo di luna".
"Credo che a ognuno sia dato, per un istante almeno, d’intravedere il piano concepito in cielo e di sapersi incluso, come uno dei nodi del tappeto." Quella con le scritture sacre per Erri De Luca è una frequentazione fitta e di lungo corso. Dal contatto prolungato con le sue pagine nasce questo racconto dell’Antico Testamento per la viva voce dei personaggi che lo popolano. Sono autobiografie folgoranti. Erri De Luca parte dalle prime persone create, Adamo ed Eva - Adàm e Hauà -, per dare via via la voce, in ordine di apparizione, a una scelta moltitudine dei loro discendenti. Ciascuno parla in prima persona, cerca riparo nelle parole a quei fatti, oppure li rivendica, li chiarisce, li precisa. Voci potenti, piene di verità o di carità, di forza contro le avversità, di speranza, di peccati ormai irredimibili: se la presenza del divino è indubbia, è la loro umanità, il loro arbitrio a farli spiccare e a renderli memorabili.
Mack è un uomo alla deriva, sconvolto dalla perdita di una figlia. Un giorno trova tra la posta un biglietto misterioso: qualcuno che si firma Pa, nomignolo con cui la moglie di Mack si rivolge a Dio, lo invita a recarsi "al rifugio", il luogo in cui la piccola Missy ha trovato la morte, uccisa da un maniaco. Mack è chiamato a fare i conti con un passato che non lo abbandona e con quella sofferenza che ha silenziosamente scavato un solco tra lui e Dio. Con il ritmo di un thriller e la magia di una favola, "Il rifugio" commuove e insegna che il dolore è spesso una strada per arrivare a se stessi.
Odissea: è il titolo del poema epico forse più noto e amato della nostra civiltà ed è anche il termine a cui si ricorre per definire un'esperienza travagliata e, in taluni casi, la vita tout court. Perché soltanto al titolo di quest'opera concediamo di essere sinonimo di vita? Ulisse è un eroe nuovo: avrebbe la possibilità di diventare immortale rimanendo con la bellissima Calipso, ma vuole tornare a Itaca da Penelope e Telemaco, e compiere il proprio destino mortale, paradossale destino di gioia. Proprio perdendo tutto, persino la propria identità, da re a mendicante, rinasce grazie a chi lo sa riconoscere e amare. Se Achille è l'eroe che sovrasta il mondo, Ulisse ne è invece sovrastato. Il suo multiforme ingegno scaturisce dalla necessità di difendersi dai colpi della storia. La sua è una vicenda di resistenza, che culmina nei dieci anni necessari per tornare a casa, dopo i dieci trascorsi a combattere una guerra non sua: a quanti è accaduto qualcosa di simile? E quanto abbiamo sofferto, quanti compagni abbiamo perduto, quante volte abbiamo fatto naufragio, prima di capire che l'unica cura per l'invincibile nostalgia di futuro che ci affliggeva era tornare nella nostra Itaca, non quella del passato ma quella ancora da fare rimanendo fedeli al nostro destino? Alessandro D'Avenia ripercorre i ventiquattro canti del poema come un'arte di vivere, e lo fa risplendere di tutta la sua luce. Ci accompagna attraverso l'opera come studioso di Lettere classiche che l'ha eletta a suo principale ambito d'interesse, come insegnante che da anni ne promuove la lettura integrale ad alta voce, come intellettuale abilissimo nell'interpretare lo spirito del tempo. E nel raccontarci le peripezie di Ulisse vi ritrova la propria esperienza personale e il percorso di ogni uomo verso il proprio originale compimento esistenziale. Se abbiamo perso la gioia della nostra odissea, rileggere l'Odissea è il modo migliore per "fare ritorno". Allora resistere non è rimanere fermi, ma ri-esistere: nascere. Questa è l'arte di essere mortali.
Giuseppe Tomasi di Lampedusa (Palermo 1896 - Roma 1957) e Alessandra Wolff-Stomersee (Nizza 1894 - Palermo 1982), due aristocratici visceralmente legati a punti distanti ed appartati della civiltà europea, raccontano, attraverso documenti ed immagini, la propria vita e quella delle loro terre. Le immagini percorrono i mondi scomparsi: la vita di un giovin signore a Palermo e nel feudo agli inizi del secolo; il castello di Stomersee in Lettonia; i balli a Palermo nel 1929, l'anno della crisi americana; l'Europa tra le due guerre. Poi le distruzioni e la rinascita degli affetti nell'"impancarsi", secondo la terminologia di Tomasi di Lampedusa, a maestri della nuova generazione, insieme all'emergere di una straordinaria capacità da parte di Giuseppe Tomasi di trasmettere la propria esperienza vitale nel romanzo italiano più venduto del secolo. Sul finire degli anni Cinquanta un tuffo nell'allora intatto mondo dei "santi" Tomasi a Palma di Montechiaro, un angolo ignoto e affatto suggestivo della temperie controriformista nella lontana Sicilia. In ultimo il male implacabile, che progressivamente traspare nel volto dello scrittore fra il 1956 ed il 1957: una documentazione con cui la fotografia precorre quel che apparirà di lì a poco evidente; le ultime lettere, infine, e la morte del principe.
Con la sua scrittura accurata, Marilynne Robinson ha trasformato la letteratura in uno spazio sacro, dove la parola diventa casa dell’Invisibile e la narrazione strumento di grazia. In questo saggio Maria Nisii svela come l’autrice di Gilead, seguita e amata da moltissimi lettori anche in Italia, abbia ridisegnato i confini fra teologia e narrazione facendo della scrittura un atto liturgico. Attraverso un’analisi critica rigorosa e appassionata, che spazia in maniera completa dai romanzi ai saggi, emergono le radici calviniste di una visione artistica unica, capace di tradurre il mistero divino in personaggi affascinanti e in storie di ordinaria redenzione. Il lettore intraprenderà un viaggio nella poetica robinsoniana, dove ogni gesto - per quanto apparentemente banale, come un bagno in un fiume, una lettera paterna, un silenzio - riscatta il senso del vivere e rivela l’Eterno nel frammento. Queste pagine sono una bussola letteraria e teologica, utile tanto a lettori curiosi quanto a studiosi appassionati. Un’indagine originale e necessaria che li accompagna a scoprire, tra le pieghe del racconto, una delle voci più profonde del nostro tempo, che fa suo il sovvertimento evangelico dell’ordine costituito e trasforma il dubbio in bellezza e la solitudine in comunione.
Da quattro anni Gabriele Bilancini non tornava a casa. Casa è il quartiere Tuscolano a Roma, dove è nato e vissuto insieme ai genitori, la sorella e una compagnia di amici inseparabili. Oggi Gabriele abita a Milano ed è tra i dieci designer emergenti più quotati al mondo. È uno che ce l'ha fatta: l'esempio perfetto di come si possa essere artefici della propria sorte. A credere in lui e a lanciarlo è stato Franco Zardi in persona, un guru del design mondiale, che ha riconosciuto in Gabriele la grazia del talento. Da quel momento, la sua vita si è trasformata, ha preso a correre a un ritmo frenetico alimentandosi di adrenalina e soddisfazioni, non ultima l'incontro e l'amore con Camilla, la figlia di Zardi. E ora, dopo quattro anni, torna. A casa tutto è rimasto identico, a partire dalla vita dei suoi amici, come se il tempo non fosse trascorso, stesse abitudini, stesse giornate - al posto della scuola il lavoro - che si concludono ai tavolini del bar del sor Antonio. L'abbraccio in cui lo avvolge il suo passato è la cosa più dolce e al contempo soffocante che potesse ricevere e lo costringe a prendere atto della frattura che lo abita. "Si vergogna della sua famiglia, della terra che lo ha allattato. Nel mondo che frequenta ora, quello dei ricchi, la nasconde come si nasconde un peccato. Da una parte le sue origini, dall'altra Milano e il suo presente di alto rango." Quella che ha spinto Gabriele a disegnare è una passione vera, bruciante, su cui lui ha puntato tutto, uscendone vincitore. Eppure, una volta realizzato, il sogno non dà la felicità attesa. Cura poetica della lingua e potenza dei sentimenti si distillano con stupefacente limpidezza in un romanzo dal ritmo velocissimo. Mencarelli ci offre il quadro appassionante, la tranche de vie, di un quartiere della periferia romana che potrebbe essere una qualsiasi periferia, concreta ed esistenziale, in cui il protagonista coltiva un desiderio di esprimersi che non si appaga mai, un bisogno di appartenenza che non sa come incarnarsi.
Ci sono libri che danno pura gioia. È quel che capita con il romanzo di Larsson: ci ritroviamo adulti a leggere una storia di pirati con lo stesso gusto dell'infanzia, riscoprendo quella capacità di sognare che ci davano i porti affollati di vascelli, le taverne fumose, i tesori, gli arrembaggi, le tempeste improvvise e le insidie delle bonacce. Chi racconta in prima persona è Long John Silver, il terribile pirata con una gamba sola dell'"Isola del Tesoro", fatto sparire da Stevenson nel nulla per riapparirci ora vivo e ricco nel 1742 in Madagascar, intento a scrivere le sue memorie. E non è solo a quell'"e poi"? che ci veniva sempre da chiedere alla fine delle storie che risponde Larsson, è al prima, al durante, al dietro.
In un villaggio prossimo alla città costiera di Putian, nella Cina meridionale, all’inizio del XX secolo, Yong Sheng è figlio di un cesellatore e carpentiere che fabbrica fischietti per colombe addomesticate. Gli abitanti adorano questi fischietti che, legati alle penne degli uccelli, fanno sentire meravigliose sinfonie girando sopra le case. Andato a pensione presso un pastore americano, il giovane Yong Sheng, che segue gli insegnamenti di sua figlia Mary, istitutrice della scuola cristiana, ritiene di essere a sua volta chiamato a una vocazione di pastore. È così che, pur continuando a svolgere il proprio lavoro di costruttore di fischietti, Yong Sheng diviene il primo pastore cinese della città. Dopo gli studi di teologia e varie peripezie, torna a svolgere il proprio ministero nella sua città natale. Ma tutto crolla con l’avvento della Repubblica popolare, con la quale comincia per lui e per tanti altri Cinesi un’epoca di tormenti, che culmineranno con la Rivoluzione culturale. Grazie al suo meraviglioso talento di narratore, Dai Sijie riscrive la sorprendente storia di suo nonno, uno dei primi pastori cristiani in Cina.
"Ne abbiamo vissuti di inferni, in questi anni: il Covid, la guerra, la delusione della politica... Più di tutti ne hanno sofferto i ragazzi, i giovani, che all'alba della vita si trovano di fronte un orizzonte nero - anche perché troppo spesso hanno davanti adulti che sanno solo lamentarsi e maledire, che non sanno più testimoniare una letizia, non hanno più ragioni sufficienti per sperare. Così, abbiamo pensato di proporre a loro, ai ragazzi e ai giovani, ma anche agli adulti che con i ragazzi condividono la fatica della vita, questa versione della Divina Commedia. Perché anche ai tempi di Dante c'era l'inferno: c'erano le epidemie, le guerre, le ingiustizie... Ma Dante dall'inferno è uscito. Ha attraversato tutto il male del mondo, lo ha guardato in faccia, ne ha condiviso il dolore; ma poi ne è uscito. Per questo vale la pena di leggere la sua opera oggi, anche e forse soprattutto per un ragazzo: perché ci dice che, per quanto buio sia l'inferno, si può uscirne; per quanto brutto sia il male che ci affligge, si può sempre uscire "a riveder le stelle". Basta un adulto come Virgilio, basta una compagnia umana certa della meta." (Franco Nembrini) Età di lettura: da 11 anni.
La vita di ciascuno di noi è stata attraversata dall'amore, con le sue luci e le sue ombre: i primi innamoramenti acerbi, le illusioni che fanno volare e poi cadere, le ferite che lasciano segni, le relazioni tiepide che anestetizzano più che accendere. Con uno sguardo insieme ironico e intimo, Massimo Gramellini intreccia memorie personali, dialoghi con amici, divorzi, perdite e rinascite, regalandoci una storia che tocca i temi universali dell'affettività: il possesso e l'attaccamento, il tradimento e la gelosia. Ne nasce un viaggio interiore che oscilla tra il desiderio di un amore assoluto, capace di trasformare e scuotere, e la paura di farsi male; tra la sete di sentirsi vivi e la tentazione di rifugiarsi in legami solo rassicuranti. In questo percorso, grazie anche al fondamentale incontro con Platone e i miti greci, il racconto diventa una storia di educazione sentimentale e di crescita esistenziale e spirituale: la storia di tutti noi, che aneliamo all'amore, ci disperiamo per amore e a volte vi rinunciamo, senza mai afferrarne del tutto la natura sfuggente di vero, intimo bisogno che coincide col sogno più profondo che alberga in tutti noi. Un sogno talmente grande che ci lascia ogni volta incantati, travolti o spaventati dalla sua immensità. L'amore è il perché è la storia di un sogno, e di un risveglio.