Esistono gli italiani? Sembra un quesito bizzarro, ma in realtà sull'identità del nostro popolo si sono interrogati da sempre in tanti, con risposte molto diverse, tra l'orgoglio e lo sconforto. Ha ancora senso chiederselo? In un mondo sempre più piatto, più globalizzato, sempre connesso, si può ancora parlare di un carattere italiano? Giorgio Zanchini, giornalista e conduttore di varie trasmissioni della Rai, prova a indagare su questa vecchia questione, interrogando esperti di vari campi e analizzando umori e stato d'animo di ascoltatori e telespettatori del nostro Paese.
L'esperienza personale della guerra, mai rinnegata dal futuro Papa, lo portò in seguito a ripensare il rapporto tra fede e guerra ?no a ridimensionare, dopo Hiroshima, la ragionevolezza della tradizionale dottrina della "guerra giusta". L'esperienza del cappellano Roncalli in guerra fu decisiva nell'elaborazione di una delle encicliche più famose e conosciute.
Il volume traccia la storia della letteratura italiana dai suoi albori sino alla fine del XIV secolo. Pur nella necessaria sintesi, nessun elemento significativo del panorama letterario italiano del Medioevo è stato trascurato, in un racconto storico che non perde mai il contatto con la concretezza dei testi, fatti spesso oggetto di analisi ravvicinata. Anche se concepito come strumento volto a soddisfare le esigenze degli studenti universitari, il testo, in questa terza edizione completamente rivista e aggiornata in base alle più recenti acquisizioni degli studi specialistici, è adatto anche a un pubblico più ampio che sia interessato a una informazione di base.
Non sono più i tempi in cui Togliatti dettava la linea agli storici marxisti, in cui lo scontro tra Craxi e Bobbio produceva un mutamento nella linea politica di un partito, in cui gli intellettuali partecipavano appassionatamente alla vita politica del paese. Ormai non è più neanche il periodo delle fondazioni, dei think tank o degli intellettuali ad personam di una ventina di anni fa. Oggi, semplicemente, politica e cultura hanno ritenuto di poter fare a meno una dell'altra. Perché? E soprattutto, come si è prodotta questa frattura? Un racconto delle tappe attraverso le quali si è arrivati a questa stagione del disamore, del disprezzo per i 'professori' da un lato, dell'inconcludenza e della vanità dall'altra. Un racconto che indaga le ragioni del discredito che ha investito le figure del politico e dell'intellettuale negli ultimi trent'anni; analizza il ruolo che in questo processo hanno avuto i mass media e l'università; riflette sulla dissoluzione di quel nesso tra politica e cultura, cruciale nella storia italiana del pieno Novecento. Un libro che, senza giudizi moralistici, pone al centro una delle questioni più significative del nostro tempo.
Brevi e stimolanti "immersioni" nelle frasi più celebri di Gesù, per scoprirne i significati meno evidenti e come realmente farle nostre. La pagliuzza e la trave, scagliare la prima pietra, porgere l'altra guancia... frasi divenute popolarissime, perché efficaci e di immediata comprensione. Ma è proprio così? Quando le ripetiamo siamo sicuri di citarle a proposito? Quando le meditiamo ci fermiamo al senso più immediato, o andiamo a fondo e scopriamo che in quelle poche parole c'è molto di più?
La ricerca, partendo da una rilettura delle istanze del magistero di papa Francesco e di alcuni recenti documenti ecclesiali, tratteggia il profilo teologico-pastorale del presbitero accompagnatore nel discernimento morale e ne definisce le implicazioni per la formazione presbiterale. Nello specifico, mostrando la valenza teologico-morale del paradigma formativo dell'accompagnamento, lo studio chiarisce gli aspetti che rendono questo ministero una vera diaconia allo Spirito e alla coscienza, al fine di formare ad una soggettività autentica, libera e responsabile, fuori da logiche dirigiste e autoritarie. La prospettiva interdisciplinare che guida il testo, inoltre, permette di entrare nella concretezza del processo di discernimento morale, andando ben oltre una sua mera trattazione speculativa. L'ultimo capitolo, rispondendo all'obiettivo precipuo della ricerca, presenta alcuni criteri utili a strutturare un progetto pedagogico per la formazione presbiterale e teologico-morale che consenta ai pastori di svolgere in maniera efficace e competente questo particolare munus ministeriale. Tra essi emerge la peculiare e originale proposta del Metodo teologico-morale dei vissuti morali personali spendibile sia nella formazione accademica quanto in quella presbiterale (iniziale o permanente).
Alle 10 di sera del 6 ottobre 1938 Mussolini mandò a tutti i membri del Gran Consiglio del fascismo la sua Dichiarazione sulla razza: un testo meditato per settimane, destinato a diventare il riferimento per la politica razzista del regime. Con sua sorpresa, il Gran Consiglio non si limitò ad accoglierlo, ma lo discusse per ben 5 ore, proponendo modifiche su aspetti cruciali. A partire da un documento finalmente emerso nella sua interezza, la copia della Dichiarazione annotata da Italo Balbo, Giorgio Fabre ricostruisce gli interventi di Mussolini e degli altri membri del Consiglio in quella straordinaria circostanza. Emerge come Mussolini cercò di contemperare le varie soluzioni accogliendo o respingendo alcune delle istanze avanzate dai leader fascisti, conoscendo le decisioni prese nel frattempo in Germania, ma mantenendo una certa distanza. Con un'analisi filologica dei documenti nelle diverse stesure, un confronto con le versioni del testo apparse sui vari organi di stampa, italiani e internazionali, le memorie dei protagonisti, nonché alcuni documenti inediti e i principali contributi storiografici sul tema, il libro presenta una lettura originale e ricca di novità testuali e interpretative: in particolare, spiega il successivo destino ministeriale del razzismo fascista.
Come prima cosa, Federico ha un corpo. Esagerato, ingestibile, deriso a scuola e compatito in famiglia. Un corpo di vent'anni e centocinquanta chili, nato con una fame ancestrale. Di cibo e di altro. Finché quell'appetito incontra lo sguardo di Giulia: ecco che Fede sarà costretto, letteralmente, a sottomettersi a una nuova forma di piacere. "Il paradosso della sopravvivenza" è un romanzo sullo spazio che occupiamo ogni giorno, quasi senza badarci. E insieme una riflessione sotterranea sul potere che lo sguardo altrui esercita sulle nostre scelte. Soprattutto, è la storia di un corpo ingombrante in un mondo ingombrante, a cui corrispondono desideri ingombranti. Lui si chiama Federico Furlan, detto Fede, ma per tutti a Pratonovo è soltanto «il ciccione». In famiglia, a scuola, e poi da adulto, sul lavoro, Fede non può mai dimenticare il peso che si porta addosso, la tenera e inseparabile corazza di carne che lui foraggia costantemente a suon di cibo. Eppure, anche se infelice, Fede si sente invincibile. Il suo medico gli ha illustrato «il paradosso della sopravvivenza», bizzarra teoria clinica secondo cui le persone obese avrebbero un tasso di mortalità inferiore rispetto a quelle normopeso, come se il grasso facesse da scudo alle minacce del mondo. Le cose cambiano quando Fede conosce Giulia, consapevole di essere bellissima e forse ignara di trovarsi pericolosamente vicina all'anoressia. È lei a proporgli un gioco dalle regole spietate. Provate a immaginarli nudi, l'uno di fronte all'altra, lei quasi invisibile e lui che riempie tutto lo spazio: durante i loro incontri Fede ha il divieto assoluto di toccarla, e l'obbligo di mangiare senza sosta tonnellate di cibo. Giulia lo domina, fredda e dispotica, e per difendersi non c'è corazza che tenga. Così, pieno di vergogna, Fede prende l'unica strada che gli resta: quella della fuga. Giorgio Falco ha scritto un romanzo che contiene moltitudini: la desolazione di un paesaggio alpino non troppo dissimile dalle periferie industriali, la reificazione delle emozioni e dei pensieri, il controllo che la pornografia esercita sulle nostre pulsioni, la lotta quotidiana per la sopravvivenza che regala improvvisi lampi di comicità. Grazie a un protagonista che arriva a fagocitare se stesso, Falco ragiona su tutti i corpi - sessualizzati, perfetti, respinti, inadeguati, storpi, desiderati, mortificati, accolti - con cui ogni giorno ciascuno di noi entra in rotta di collisione. «Il mondo è il mio peggior nemico. Io sono il mio nemico».
L'obiettivo del volume è verificare, dati alla mano, l'effettiva esistenza di una cultura audiovisiva nazionale. Tendiamo a dare per scontato che esista realmente un "cinema italiano", rappresentativo di tutto il paese e visto ovunque allo stesso modo. E siamo inclini a pensare che le serie più popolari della televisione generalista abbiano un successo che è anche esteso geograficamente. Ma è davvero così? È mai stato così in passato? Le geografie del consumo audiovisivo in Italia, in particolare quelle dei primi vent'anni del nuovo millennio, qui oggetto di uno studio sistematico, mostrano un altissimo grado di eterogeneità. Il libro interroga i dati di visione regionali dei film in sala - sia italiani sia d'importazione - e quelli dei film trasmessi in televisione e della serialità generalista, alla ricerca degli elementi testuali che producono i maggiori sbilanciamenti di consumo. Indagare le geografie del consumo audiovisivo significa illuminare il potere delle immagini e delle storie, e permette di rivelare il grado di frammentazione dei consumi culturali e della cultura stessa del paese. Perché gli italiani guardano cose tanto diverse? Che cosa si aspettano dal cinema e dalla televisione?
Per Giuseppe Dossetti la politica è stata un impegno esigente e virtuoso, una missione al servizio dei più deboli e bisognosi secondo un’idea di democrazia sostanziale in grado di rendere testimonianza della presenza del cristiano nella storia. Con questa visione ha attraversato da protagonista le vicende del Novecento. Il volume ricostruisce attentamente il suo percorso: dall’avvento del fascismo alla Seconda guerra mondiale e alla Resistenza, durante la quale fu comandante partigiano; dalla Costituente alla militanza nella Democrazia cristiana nel periodo riformistico del centrismo, fino al Concilio ecumenico Vaticano II, dove si spese per una Chiesa impegnata in un rigoroso rinnovamento nel segno della povertà e della pace. Gli anni Novanta lo videro di nuovo attivo in difesa del testo costituzionale, insidiato, soprattutto nella prima parte, da iniziative di riforma improvvisate e pericolose per la tenuta dell’unità nazionale.
È possibile considerare amico un uomo nato 150 anni fa e morto nel 1914? Sì, sappiamo bene che è possibile. Editore e saggista, poeta e filosofo, socialista, dreyfusardo e cristiano, Péguy sfugge ad ogni tipo di conformismo, di ruolo e di durezza ideologica. Approfondimento di sé stesso, fedeltà all'ideale e soprattutto "tesori di grazia incredibili" lo hanno condotto lontano. Attraverso le sue opere, questa vita appassionata e questi tesori di grazia li consegna a noi oggi. Come un amico. Giorgio Bruno risale alle sorgenti di questa amicizia, ricerca i motivi profondi dell'esperienza di Péguy fino al regalo più grande: una poesia che ci parla concretamente di noi e di Dio, un'opera che porta Gesù più vicino al nostro cuore di uomini del XXI secolo.