Una serie di meditazioni sulla pastorale offerte dall'U.A.C. (Unione Apostolica del Clero), e destinate a tutti i sacerdoti. Questa serie di meditazioni nasce da lettura spirituale e pastorale insieme della lettera ai Filippesi, al fine di recuperare sempre di più la nostra consapevolezza a riguardo della grandezza del dono ricevuto. Paolo dà ai responsabili di quella comunità delle indicazioni molto importanti, che si rivelano preziose anche per noi, su come affrontare alcuni passaggi delicati della vita comunitaria, che capitano molto spesso un po' in tutte le comunità.
A San Martino le campane della chiesa non suonano più da quando il vescovo ha trasferito don Angelo. Lentamente, tra mille incertezze, alcune donne prendono l'iniziativa per tenere viva la loro tradizione religiosa e la loro comunità, fino all'arrivo di Angelo e Irene. «Ma lo sapete che voi state facendo una cosa bellissima? Diglielo te» e si rivolse ad Angelo «che idea ci siamo fatti». «Ci sembra», aprì finalmente la bocca Angelo, «che siate come i primi cristiani, quelli di duemila anni fa». Un piacevolissimo racconto per riflettere su un tema scottante, il calo delle vocazioni, e sulla partecipazione dei laici «all'opera salvifica della Chiesa». Una narrazione schietta e genuina da cui traspare l'amore di un parroco per la sua gente.
L'autore riflette sul carisma e sulla vocazione del ministero ordinato del presbitero ed offre delle toccanti meditazioni su molti ambiti che riguardano tale ministero, facendosi guidare in particolar modo dall'apostolo Paolo, le cui lettere sono pregne di importanti esortazioni per il ministero e la vita dei presbiteri.
Vittorino Andreaoli, da non credente, ma non ateo, come ama definirsi, compie un viaggio attento e rispettoso fra gli "uomini di Dio" del nostro tempo. Un'inchiesta rigorosa in cui si raccontano la quotidianità, le gioie e le fatiche di tanti sacerdoti di oggi. Storie di preti anonimi, che vivono nelle periferie delle grandi città e nelle parrocchie di montagna. Uomini generosi, talvolta in crisi d'identità, di vocazione, di solitudine. Preti che a volte fanno audience, e altre suscitano scandalo. Preti di cui lo psichiatra si è occupato anche in veste professionale. Sono pagine ricche di umanità, che non tralasciano domande scomode: perché seminari sempre più vuoti? Perché tanti preti stanchi e infelici, che non riescono ad avvicinare la gente, e in particolare i non credenti? L'apparente indifferenza religiosa del nostro tempo nasconde in realtà una forte "domanda di sacro". E tutti, pur ammirando il coraggio di una "scelta estrema" come quella sacerdotale, constatiamo le difficoltà a viverla in rapporto alla modernità e la fatica della Chiesa a rispondere. L'inchiesta contemporanea è impreziosita da una ricca antologia di pagine della letteratura italiana del Novecento dedicate ai preti. Figure nate dalla penna di grandi scrittori, che restano memorabili per approfondire un universo complesso.
Il volume presenta lo stato attuale della teoria e della prassi del metodo multisetting applicato al contesto formativo ecclesiale. Nella prima parte, in una visione sistemica e complessa, vengono messi in relazione i diversi poli di un progetto formativo multisetting: il formatore esterno esperto con competenze psicologiche specialistiche, il committente (vescovo o superiore), i destinatari (seminaristi, clero, religiosi), le esigenze istituzionali della formazione (magistero e ratio formationis), i bisogni e le aspettative dei destinatari, gli obiettivi formativi. Nella seconda parte del volume vengono illustrati alcuni progetti formativi multisetting realizzati, nella loro articolazione metodologica. Il testo invita a prendere atto della necessaria competenza professionale che deve possedere il formatore esterno esperto quando viene invitato a svolgere un ruolo fondamentale nel percorso di formazione ecclesiale.
Il libro racconta di un monaco che vive la sua notte della fede, e lo scambio epistolare che intrattiene con una cara confidente, per restituire allo sguardo dell'anima la parte mancante: la consolazione e il senso. Cosa accade nel segreto di un'anima sacerdotale quando Dio sembra nascondersi alla sua vista? Colui che - per scelta volontaria e definitiva - gli ha consegnato la vita, si scopre d'un tratto abbandonato e condannato ad un lungo esilio esistenziale, costretto a percorrere sentieri fino ad allora inesplorati. Chi potrà consolare un cuore che geme in un muto grido di liberazione? Padre Anselmo tesse la sua preghiera di invocazione con dell'inchiostro nero sulla carta, alla ricerca di una presenza amica che possa colmare il suo silenzio inabitato. Incontrerà le parole colme di fede dell'Abbadessa Veronica che, con i suoi richiami materni, riuscirà a cingere il dolore dell'uomo ed a condurlo, in maniera inattesa, verso il risveglio della sua coscienza.
Si è soliti pensare che i carismi siano monopolio delle religiose e dei religiosi, ma, secondo papa Francesco, essi «non sono un patrimonio chiuso consegnato a una istituzione o a un gruppo perché lo custodisca», bensì doni dello Spirito dati alle persone, integrate nel corpo ecclesiale e attratte «verso il centro che è Cristo». Di questi doni sono dunque destinatari tutti i cristiani e nella Chiesa la maggior parte dei carismi che hanno dato vita a istituti di vita consacrata provengono da laici e laiche, a partire da san Francesco e san Domenico. Il carisma, infatti, non indica innanzitutto una funzione. Il termine deriva da charis, cioè grazia, carezza di Dio, che fa dono alla libertà del singolo di alcune spinte interiori. Aprirsi a un carisma significa dunque accettare di custodire e alimentare ciò che già si ha e diventare ciò che potenzialmente già si è.
Oggi alcuni, per essere fedeli alla lettera al Nuovo Testamento, si rifiutano di parlare di ordinazione «sacerdotale» e parlano esclusivamente di ordinazione «presbiterale», pensando che la santità dei sacerdoti debba essere una santità pastorale e non una santità sacerdotale. Questa fedeltà letterale non tiene conto della cristologia sacerdotale, così com’è preparata in diversi scritti del Nuovo Testamento e così com’è magistralmente esposta nella Lettera agli Ebrei che, alla luce del mistero pasquale, ci fa comprendere come Cristo non è soltanto «il buon pastore» ma è nello stesso tempo «sommo sacerdote», titolo che meglio esprime l’aspetto essenziale dell’opera di Cristo che non si è accontentato di pascere le sue pecore ma le ha condotte a Dio.
Il card. Albert Vanhoye, gesuita francese, dottore in scienza biblica, è professore emerito di esegesi del Nuovo Testamento al Pontificio Istituto Biblico di Roma, dove ha insegnato sin dal 1963. È stato a lungo membro della Pontificia Commissione Biblica (1984-2001) e ne ha diretto i lavori dal 1990 al 2001. Ha pubblicato numerosi articoli e libri di esegesi scientifica, nonché di spiritualità. Nelle edizioni dell’Apostolato della Preghiera ha pubblicato: Le letture bibliche delle domeniche (3 voll. – anni A, B, C –, 2003, 2004, 2005); Mistero di Cristo e vita del cristiano (2004); Vivere nella nuova alleanza (2a ed., 1966); Messa, vita offerta (2007); Accogliere l’amore che viene da Dio (2008); e nel 2009 una serie di opuscoli: Gesù modello di preghiera; La preghiera di Gesù nella Lettera agli Ebrei; Il mistero del Natale; La spiritualità sacerdotale dell’Eucaristia; Il cuore sacerdotale di Gesù; Voi siete corpo di Cristo.