Il dibattito suscitato nel corso degli ultimi decenni intorno alla visione antropologica di Paolo, lascia emergere alcune questioni di primaria importanza. In particolare, riguardo alla prospettiva di partenza, come pure in merito all'interpretazione della vita nuova in Cristo, con delle inevitabili ripercussioni anche sulla ricerca del fondamento ultimo delle esortazioni etiche dell'Apostolo. L'analisi esegetica di alcuni passi selezionati di Galati (2,14b-21; 3,1-5; 10-14; 26-29; 4,1-7; 5,1-6; 16-25), ha permesso di operare una valutazione critica delle posizioni emerse nel corso degli anni, facendo altresì emergere un tutta evidenza la natura Cristo-logica della visione antropologica di Paolo. Anzitutto riguardo al punto di partenza, laddove la prospettiva Cristo-gonica (che nasce, cioè, da Cristo) viene ulteriormente avvalorata con la definizione della dispositio retorica di Gal 3-4.Inoltre, l'approfondimento del rapporto salvifico tra il credente e Gesù in senso Cristo-morfico (per cui l'esistenza del battezzato viene "trasformata" in quella di Cristo), costituisce anche la base dell'etica cristiana. L'uomo "in Cristo" cammina, infatti, verso la progressiva realizzazione in se stesso della medesima vita di Gesù.
Molte volte l'indagine esegetica ha affrontato la relazione tra il Deutero-Zaccaria e i vangeli della passione. Ha senso affrontare il tema ancora una volta? Certamente no, se questo significa precisare nuovamente la dipendenza genetica dagli oracoli profetici delle tradizioni o delle redazioni evangeliche. Ma se l'obiettivo è invece quello di analizzare il senso e la funzione di questa relazione, allora il campo di lavoro è aperto e affascinante. Il presente studio si concentra cosi sui testi di Zc 9-14 riconosciuti come intertesti di Mt 21-27, per ascoltane le risonanze di significato dentro la comunicazione portata avanti dal primo vangelo. È anche mediante questa relazione intertestuale, infatti, che viene costruito il lettore modello di Matteo. In considerazione di ciò, l'approccio metodologico utilizzato nell'analisi è decisamente innovativo. Esso infatti si muove nell'ambito dell'intertestualità, intendendo quest'ultima però come un preciso strumento pragmatico provveduto dall'autore modello. L'analisi è funzionale ad una sintesi che rilegge complessivamente la strategia intertestuale nella sua funzione comunicativa; essa inserisce in particolare alla comprensione della dinamica teologica del "compimento", nonché ad una ridefinizione che il lettore modello è chiamato ad operare circa il volto del Messia e i tratti caratteristici della comunità radunata intorno a lui.
La parola è lo strumento principe della comunicazione, a maggior ragione quando ci si riferisce alla parola biblica, e proprio alla Sacra Scrittura come evento comunicativo è dedicato questo libro. La parola non solo "dice", ma "fa" qualcosa, perché non lascia, e non vuole lasciare, le cose come stanno, ma agisce per mutarle; per questa ragione l'interpretazione di un testo non può limitarsi al fatto semantico, ma deve tener conto della complessità dei meccanismi e degli agenti implicati nell'interazione comunicativa che si realizza nell'atto di leggere. Se in linguistica la pragmatica è un settore di studi consolidato, nel campo biblico è appena agli inizi; questo volume rappresenta quindi un'opera assolutamente innovativa e pioneristica.
"Chi può narrare le potenti opere del Signore?" (Sal 106,2)
Modelli di intervento di Dio nella storia
XLIII Settimana Biblica Nazionale (Roma, 8-12 settembre 2014)
A cura di Flavio Della Vecchia e Anna Passoni Dell'Acqua
La lectio divina propone una lettura vocazionale degli inizi della lettera agli Efesini. La pagina paolani aiuta a cogliere la grandezza dell'amore di Dio per ogni essere umano. Nella solenne benedizione rivolta al Padre ci sono tutte le tappe del progetto salvifico di Dio e della sua relazione con gli uomini: elezione, predestinazione, mistero pasquale di Cristo, figliolanza adottiva, redenzione, remissione dei peccati, dono dello Spirito Santo, salvezza universale, eredità finale. A questa benedizione seguono il ringraziamento e l'intercessione a favore della Chiesa. In questa pagina l'Apostolo riassume il senso teologico della vicenda umana e la misericordia con cui Dio ha toccato il cuore dell'uomo. La misericordia divina genera la risposta vocazionale illuminando la consapevolezza di essere chiamati a rispondere con fedeltà all'amore del Padre.
L'attività di traduzione ha accompagnato sin dal suo nascere l'annuncio della fede cristiana per favorire la diffusione del testo della Bibbia e assicurare l'accesso alla Parola divina. L'autrice ripercorre questa affascinante esperienza della traduzione della Bibbia non solo nel tempo, ma anche nello spazio, insieme alle riflessioni che essa ha generato nella società civile e nella comunità cristiana.
Il volume presenta i caratteri essenziali della visione politica del mondo biblico, nell'Antico e nel Nuovo Testamento, evidenziando come il paradosso della croce di Cristo costituisca la chiave di volta per il passaggio da una logica di dominio a una logica di servizio.
Il lavoro intende proporsi quale contributo finalizzato, anzitutto, ad un approccio critico nei confronti del messaggio escatologico quale esso traspare maggiormente dalla tradizione sinottica. All'interno di questa analisi e, se possibile, in vista di un suo ulteriore arricchimento in chiave ermeneutica, il presente saggio intende chiarire uno degli aspetti antropologici ad esso più intimamente connessi: quello, cioè, della vigilanza. In tale ottica, gli interrogatici cui si cercherà di offrire una risposta lungo le pagine del volume saranno essenzialmente due: in vista di quale evento è importante, per il discepolo, vegliare secondo l'accezione evangelica? Come concepire, a livello di impegno personale, un simile atteggiamento? Sulla base di tali premesse la ricerca si concentrerà poi in maniera specifica sugli apporti concettuali conseguenti all'analisi esegetico-strutturale della parabola matteana delle dieci vergini (Mt 25,1-13), intorno alla quale si rivolgerà la più diretta e motivata attenzione dell'opera. Questo testo, proprio del primo fra gli evangelisti canonici, pone in scena un duplice atteggiamento, rivelato e giudicato dalla fine; la presenza o l'assenza delle ragazze nel momento definitivo ("la porta fu chiusa", v. 10) dell'arrivo dello sposo esprime l'atteggiamento di fondo di accoglienza o di rifiuto che, fin dall'inizio, era nel loro cuore, poiché fin dal v. 2 Matteo può parlare di "stolte" e di "sagge".
L'uscita dall'Egitto è l'evento in assoluto più importante della storia antica d'Israele, quello che si è impresso con più forza nella sua memoria collettiva. A questa memoria l'autore fa fede nell'avvicinarsi al testo dell'Esodo, al di là delle circostanze storiche più o meno probabili o delle prove archeologiche che si possono addurre. L'Esodo, infatti, può essere letto anche senza ricorrere all'ipotesi documentaria. Una lettura forse più ingenua dal punto di vista scientifico, ma secondo l'autore più efficace sul piano esistenziale. Il suo obiettivo è infatti una lettura dell'Esodo (limitata ad alcuni passi) volutamente semplice, secondo le modalità dell'esegesi pre-moderna e la pratica degli antichi commentatori, sia ebrei che cristiani.
Una questione centrale e poco approfondita del dialogo ebraico-cristiano risiede in un orientamento teologico-dottrinale di potente rilievo e di lunghissima durata storica: la tendenza più o meno marcata, ma spesso inconsapevole, della Chiesa a porsi come sostituto di Israele nelle prerogative peculiari del popolo ebraico sotto il profilo teologico. Un fenomeno tanto ampio quanto trascurato o, ancora più spesso, ignorato: al punto che lo stesso lessico concettuale teologico mostra di conoscere soltanto un tipo di sostituzione, quella vicaria del Figlio, in ambito cristologico. La questione teologica e storico-politica suscitata dalla pretesa cristiana di essere il Verus Israel non è presente nel dibattito pubblico e accademico, e al contempo si assiste a una sua sorprendente rimozione nell'ambito dello stesso dialogo ebraico-cristiano, anche da parte ebraica. Così, se da un lato oggi il pensiero teologico cristiano accredita l'acquisito superamento dell'idea stessa di sostituzione della Chiesa a Israele, dall'altro il linguaggio teologico ed ecclesiale la ripropone continuamente anche in documenti ufficiali di quello stesso magistero che pratica una relazione con l'ebraismo di segno opposto a quello antigiudaico storico.
Intendiamo a rispondere all'appello di Papa Francesco che invita tutti i battezzati a vivere un rapporto autentico e personale con Gesù Cristo che, al di là delle formule di preghiera, coinvolga tutta la persona in un dialogo che parte dalla vita e si traduce nella vita (cf. EG 262). La sfida consiste nel mettersi dinanzi alla Parola di Dio, farsi interpellare da essa e attingere la verità sulla missionarie della preghiera perché, trasfigurati dalla Parola e vivificati da essa, possiamo comunicare la sua novità. Offriamo queste pagine alla riflessione di quanti sanno per esperienza che la preghiera è necessaria per mantenere vivo l'ardore missionario, poiché soltanto la gioia dell'incontro con Dio riempie il cuore e fa sì che si viva in uno stato permanente di missione su questa terra.
Giovanni Scoto, detto l'Eriugena (sec. IX), è senza dubbio uno dei pensatori più profondi e audaci dell'Alto Medioevo, capace di unire fides e ratio, tradizione latina e tradizione greca, Bibbia e arti liberali, in un'unica e armonica costruzione filosofico-teologica. In essa l'interpretazione della Scrittura gioca un ruolo centrale e costituisce il più difficile e importante campo d'azione della ragione umana. I significati del testo biblico sono infiniti, come innumerevoli sono le sfumature di colore che si ammirano in una sola penna di pavone, perché infinita è la ricchezza di Colui che nella Scrittura si rivela nascondendosi. Il volume introduce il lettore all'ermeneutica biblica di Giovanni Scoto, presentandone il contesto culturale, la dottrina e la pratica.