Nella cultura giuridica della chiesa, e dunque nel codice di diritto canonico, lo stupro e l'abuso sessuale sono considerati trasgressioni del sesto comandamento e mai atto contro un'altra persona. Ma questo comandamento è l'unico del decalogo ad aver cambiato denominazione nel corso della storia: il «non commettere adulterio» delle origini bibliche è divenuto nel XVI secolo «non commettere atti impuri». Anche se si tratta sempre di norme relative al comportamento sessuale, la differenza è importante. L'adulterio è un atto che rompe gli equilibri comunitari e familiari, sconvolgendo le relazioni sociali, mentre gli atti impuri riguardano solo il peccatore, che diventa impuro. L'attenzione quindi si sposta dalle relazioni, danneggiate dalla trasgressione, all'impurità del solo colpevole: ecco perché la chiesa fa molta fatica a occuparsi delle vittime. Del resto, a causa di una concezione sbagliata della sessualità, di tipo solo maschile, nella cultura cattolica si crede che le vittime provino comunque piacere e quindi diventino così complici nella trasgressione. Per affrontare le radici degli abusi bisogna, dunque, ritornare a riflettere sul sesto comandamento.
Se avessimo a disposizione una macchina del tempo e ci trasferissimo nelle strade dell'Atene classica e nei fori di Roma antica, forse il primo suono che udiremmo sarebbe la risata. Il Riso era un dio, per i Greci e i Romani, e il mito racconta che i primi a ridere furono proprio gli dèi. Altro che "abbondare sulla bocca degli stolti", come vuole una massima di origine cristiana: nel mondo antico l'ilarità era una cosa seria. La prima opera di Omero per alcuni fu un poema comico, e ridevano i filosofi come Democrito, gli oratori come Cicerone, gli imperatori come Augusto, gli schiavi come Esopo. Corti, teatri, tribunali, terme, persino latrine e campi di battaglia erano pieni di persone che si sbellicavano. Il volume - attraverso una selezione di testi greci e latini - accompagna alla scoperta dell'umorismo degli antichi, libero e dissacrante, senza riguardi per nulla e per nessuno, fino alla risata finale, quella di Caronte.
Sarebbe un errore considerare l'umiltà una virtù di dettaglio, come se fosse un ornamento prezioso, ma non necessario. Eppure, nonostante sia una caratteristica fondamentale del Figlio di Dio, essa non gode la fama di altre virtù ritenute più eccellenti. In realtà è il terreno sul quale crescono tutte le altre, tanto da poter dire che l'umiltà è la misura della santità. Infatti, se è vero che la carità è la regina di tutte le virtù, è per la presenza dell'umiltà che essa "non si gonfia", rischiando di corrompere se stessa. Il direttore di Radio Maria rileva la messa ai margini di questa virtù da un contesto sociale che esalta l'arroganza e l'arrivismo, ma mette in guardia anche dalla "falsa umiltà", quella di coloro che fanno finta di sminuirsi per fare carriera, per compiacere il potente di turno, per piegarsi servilmente agli interessi altrui e ottenere guadagni personali. Le riflessioni che si snodano nei vari capitoli hanno come scopo quello di portare il lettore nel santuario della propria interiorità, per conoscerne miseria e grandezza, per giungere a uno sguardo di verità su se stessi. L'uomo non è mai così grande come quando riconosce di essere un peccatore, guardando se stesso e gli altri con lo sguardo della compassione. Ma non è mai così in pericolo come quando si crede superiore ai suoi simili e si indurisce nell'incapacità di chiedere perdono. Solo la virtù dell'umiltà è la medicina che consente all'uomo di liberarsi dalla tirannia dell'"io" e di gustare la pace del cuore.
La venuta alla luce di un figlio appare subito agli occhi della madre e del padre come un lieto evento, per il quale esprimere gioia e gratitudine. In fretta però la vita del figlio propone loro anche molti compiti, e impegnativi. In prima battuta il nuovo nato accorda all'avventura della vita un credito spontaneo e incondizionato: esso 'costringe' i genitori stessi a una rinnovata speranza. In seconda battuta, la speranza del figlio appare possibile soltanto a condizione di una sua scelta, che è come una seconda nascita. La prima nascita, dalla carne e dal sangue, non ha bisogno di scelta. Ma la vita da essa inaugurata propone poi momenti di prova, e quindi la necessità di decidere. L'alternativa radicale è tra le due vie: credere alla promessa degli inizi oppure no, esigere le prove. Le condizioni per decidere sono predisposte fin da subito dai genitori stessi, prima ancora di rendersene conto. essi hanno scelto la vita per il figlio e appaiono ai suoi occhi come naturali testimoni della speranza. Ma della speranza essi devono poi rendere ragione, attraverso tutta la loro vita. La domanda del battesimo, che molti genitori oggi ancora rivolgono alla Chiesa, ha obiettivamente questo senso: chiedere un aiuto per iniziare il figlio alla verità del vangelo di Gesù. Queste pagine di Angelini intendono accompagnare i genitori nel loro difficile ma appassionante impegno di consegnare al figlio una speranza, quella che prende avvio sotto il segno del battesimo. Così la loro cura apparirà riflesso della cura che il padre dei cieli non farà mancare nel corso della vita.
Contributi di: P. Bernardo OSB, Benedetta D'Anghera, P. Laurence Freeman OSB, Giovanni Giambalvo Dal Ben, Cecilia Panti, Michela Pereira, Sara Salvadori, José Carlos Santos Paz. La sinergia fra un approccio contemplativo spirituale a Ildegarda di Bingen, Dottore della Chiesa, e alcuni risultati della ricerca più recente sulla sua figura e le sue opere, ha ispirato il ciclo d'incontri, tenuto nel 2019 presso il Centro fiorentino della Comunità Mondiale per la Meditazione Cristiana, da cui prende vita questo volume. L'intenzione che ne sorregge la struttura è di fornire un filo che, attraversando diverse sfaccettature degli scritti e della fama di Ildegarda, ne restituisca l'ispirazione profondamente unitaria e olistica, dalla teologia alla profezia, dalla musica alla medicina, e ne mostri la ricchezza, cui le letture unilaterali date nel corso dei secoli - e talvolta ancora oggi riproposte - non rendono giustizia. L'accostamento di stili di scrittura diversi fa in certo modo da specchio alla diversità delle opere e alla gamma espressiva della stessa Ildegarda, compreso il ciclo iconografico da lei stessa progettato per il primo libro della sua trilogia profetica, Scivias.
La veggente Marie-Julie Jahenny, una semplice contadina bretone, nacque nel 1850 nella Francia postrivoluzionaria. Visse per oltre novant'anni e, secondo i suoi estimatori, per oltre sessant'anni ricevette numerosi messaggi e rivelazioni dal Cielo. Molto conosciuta in Francia, diverse persone la invocano ogni giorno e affermano di avere ricevuto per mezzo di lei favori di ordine temporale ma soprattutto grazie di ordine spirituale. La sua fu una vita costellata da eventi soprannaturali: estasi mistiche, profezie - molte delle quali si sono verificate -, dialoghi con santi e sante nel Cielo, rivelazioni sulla Chiesa, la Francia, l'Italia e il mondo. Le sue visioni apocalittiche annunciano castighi e distruzioni radicali: «La crisi verrà per tutti repentina, i castighi saranno universali e si succederanno uno dopo l'altro senza interruzione». I suoi messaggi profetici sono spesso indicatori dei tempi difficili che si stanno approssimando per la Chiesa cattolica in particolare, che attraverserebbe una fase di decadenza mai vista prima. Marie-Julie avrebbe ricevuto le stigmate in quanto si offrì quale vittima espiatrice per i peccati dell'umanità e riferì di un «matrimonio mistico con Cristo». Durante una delle estasi, la Vergine le chiese la realizzazione di uno scapolare - di cui diede una descrizione precisa - in grado di fornire una protezione speciale. Non sempre compresa, anzi anche osteggiata da una parte del clero, morirà a La Fraudais il 4 marzo 1941. Don Stanzione riporta nel suo testo numerose testimonianze di medici che l'hanno assistita e di laici, sacerdoti e alti prelati con i quali è stata in contatto.
Quando riconoscerete chiaramente la Sua voce che parla al cuore, la vostra vita non sarà più la stessa. Potrete riflettere su come lo Spirito Santo vuole guidarvi a: essere trasformati nelle emozioni e nel carattere discernere la guida, le benedizioni e la protezione di Dio ricevere l'eredità messa da parte per voi come figli di Dio realizzare la volontà di Dio per la vostra vita. Lo spirito Santo è vicinissimo - che dono meraviglioso! Com'è confortante poter camminare nella potenza e nella presenza dello Spirito Santo in ogni ambito della vita.
Società intelligente o stupidità di massa? Che forma prenderà il mondo che ci aspetta? Davanti a noi una scelta di civiltà. Dopo la pandemia, la guerra in Europa. I due ultimi shock globali dovrebbero convincerci che la stagione della globalizzazione sta definitivamente tramontando. Siamo ormai oltre la modernità liquida, costretti ad affrontare gli esiti di un virus che non si lascia debellare e allo stesso tempo spinti a ripensare il futuro, nel quadro del paradigma tecnico-scientifico e del delicato processo di costruzione di un nuovo ordine mondiale. L'epoca nuova - quella della supersocietà - è caratterizzata da una vita individuale e collettiva sempre più dipendente dalla tecnologia, dall'intreccio inestricabile tra azione umana ed ecosistema, e dal rapporto sempre più stretto tra soggettività - nelle sue componenti anche psichiche e biologiche - e organizzazione sociale. E domani? Dove ci condurranno sostenibilità e digitalizzazione, i due grandi protagonisti della nostra quotidianità? Verso un mondo distopico, centralizzato e burocratizzato, o verso la società dell'intelligenza diffusa dove la libertà potrà ancora essere l'elemento cardine per tenere insieme sviluppo economico e democrazia?
Custodia in ecopelle per Bibbia di Gerusalemme.
Colore nero.
La custodia è per la bibbia di gerusalemme in tela rossa
https://www.libreriacoletti.it/libro/LA-BIBBIA-DI-GERUSALEMME-2009-TELA-ROSSA-NUOVO-TESTO-CEI/9788810820315
NB l'immagine comprende la Bibbia solo a scopo illustrativo.
La confezione contiene la sola custodia; la Bibbia non è inclusa.
«Ho deciso di scrivere questa lettera perché vorrei che ogni vecchio, uomo o donna, fosse consapevole della straordinarietà di aver raggiunto questa fase della vita.» L'ultimo capitolo della nostra esistenza, come l'ultimo capitolo di un libro, è spesso anche il più interessante. E per spiegarlo Vittorino Andreoli utilizza una lettera diretta e appassionata. Una lettera che accompagna a prendere consapevolezza del proprio corpo e della propria mente, scoprendo le funzioni e le possibilità della senectus, come la chiamavano elegantemente i latini. A che cosa serve avere memoria di numeri, nomi o dettagli geografici quando si passa da un teatro operativo a uno fatto di sentimenti e di elaborazioni del pensiero? A una certa età serve piuttosto una memoria storica e sintetica. Più della precisione e della rapidità immediate conta rivivere e raccontare il passato non dentro la nostalgia, ma come fonte per disegnare meglio il presente e il futuro. È errato anzitutto credere che il tema attorno a cui ruota l'esistenza del vecchio sia la morte. Occorre invece che la società si convinca che egli ha bisogno di essere utile, di avere un senso proprio nel presente. Solo così si possono rimettere al centro il desiderio e le caratteristiche degli anziani, evitando loro il dolore dell'esclusione e dell'abbandono.