Il volume raccoglie gran parte degli scritti minori del prof. Tabet, ma rappresenta solo una piccolissima parte della sua produzione. È stata fatta una selezione, tentando di tratteggiare nel modo più fedele possibile la ricca varietà del suo pensiero, che percorre tutto l'Antico e il Nuovo Testamento. Il libro è diviso in tre parti: una generale di ermeneutica biblica e altre due dedicate agli scritti sull'Antico e il Nuovo Testamento. In tal modo, pensiamo di offrire un degno contributo al grande percorso di ricerca del nostro caro professore. Il volume potrebbe di fatto essere considerato un'altra Introduzione alla Sacra Scrittura del professor Tabet.
Le prime parole dell'Ecclesiaste - il libro sapienziale dell'Antico Testamento, redatto da un ignoto autore del III secolo a. C. e da alcuni interpreti attribuito a Salomone stesso - sono note a tutti: "Vanità delle vanità, tutto è vanità". Queste parole hanno fatto dell'anonimo autore il modello universale dello scettico, che dubita di tutto e non crede in nulla, e del testo una scheggia di incomprensibile nichilismo nel corpo stesso delle Sacre Scritture. Come si giustifica la presenza di quest'opera nel complesso dei libri che compongono la Bibbia? Perché è stata accolta nel Canone? Alla contraddittorietà della presenza e dell'insegnamento dell'Ecclesiaste molti hanno cercato di dare una risposta, perlopiù cercando di minimizzare, ridimensionare, limitare le dure constatazioni contenute nel testo. Partendo dalle stesse domande ma senza ritrarsi di fronte alla contraddittorietà del testo, anche Jacques Ellul - il noto teologo protestate e critico della società tecnologica - si è cimentato nell'analisi e nel commento di quest'opera. Ma nel suo caso il testo ha trovato un autore estremamente simpatetico, a cui l'Ecclesiaste ha offerto l'estro per alcune notevoli pagine su scetticismo e fede, nichilismo e speranza, fugacità e saggezza. Pagine superate solo dalle sconcertanti considerazioni sul denaro, il lavoro e la felicità che l'autore ha saputo trarre da questo antico testo dagli insegnamenti sempre attuali.
Due prostitute si presentano al cospetto del re affinché giudichi chi è la vera madre di un bambino conteso da entrambe. La storia è intricata: le due donne vivono nella stessa casa, hanno partorito quasi negli stessi giorni, ma uno dei due neonati, morto improvvisamente, sarebbe stato sostituito con l'altro. Il sovrano ascolta le accuse, poi gioca d'astuzia ed elabora uno stratagemma: al fine di accontentare tutti, la sentenza prevede di tagliare con una spada il bambino in due parti. Il crudele verdetto si propone in realtà di smascherare la menzogna e di svelare i sentimenti autentici delle due donne. E così puntualmente accade che la vera madre si riconosca dal fatto di rinunciare a ogni rivendicazione purché il figlio non venga messo a morte. La storia biblica, narrata nel Primo libro dei Re e scelta per illustrare la sapienza di Salomone all'inizio del suo regno, ha almeno una ventina di versioni nella letteratura del folclore universale e in racconti dell'India e della Cina.
La parte della Bibbia conosciuta come «Gli Scritti» (Ketuvim in ebraico) raccoglie libri e tradizioni sapienziali risalenti all’epoca persiana o al primo periodo ellenista. I testi, frutto di una società patriarcale che definisce le persone a partire dal loro status socio-economico, dal sesso o dall’età, riproducono perlopiù la piramide sociale del patriarcato, ma all’interno di un ampio ventaglio di rapporti di genere dove si incontrano numerose figure femminili.
Per questo motivo emergono differenziate interpretazioni che fanno emergere le voci delle donne in polemica con le posizioni...
Età di lettura: da 8 anni.
Per quanto le tre Lettere cattoliche commentate in questo volume non siano tra gli scritti più considerati del Nuovo Testamento, esse conservano e trasmettono con singolare efficacia l'evangelo primitivo, che fu vissuto e annunciato al mondo dalle Chiesa dei primi discepoli di Gerusalemme. La memoria riconoscente di quella della Chiesa, composta esclusivamente da giudei, che fu madre di tutte le Chiese, costituisce ancora l'incentivo doveroso e fecondo per ogni futura evangelizzazione. A partire da Gerusalemme, la lettura spirituale della Lettera di Giacomo, della Lettera di Giuda e della Seconda lettera di Pietro interpella la missione delle nostre Chiese di oggi e trasmette un'eredità sempre creativa alle Chiese di domani.
In che cosa il messaggio di Gesù è ancora attuale per i credenti e i non credenti nella nostra società moderna e laica? È questa la domanda alla quale il cardinale Gianfranco Ravasi e il filosofo Luc Ferry cercano di dare una risposta, affrontando uno dopo l'altro i principali snodi del pensiero cristiano. Laico e agnostico, ma convinto che i Vangeli racchiudano una ricchezza di pensiero e di saggezza che va ben oltre la cerchia dei fedeli, Luc Ferry cerca di approfondire quanto del loro contenuto un non credente può oggi accettare, e identifica tale terreno nel nucleo intorno al quale il messaggio cristico si incentra, ossia l'amore nelle sue varie accezioni, eros, philia e agape. Il nodo irrisolto per il non credente rimane però il rapporto tra fede e ragione. E proprio a partire da questo tema si sviluppa l'analisi del cardinale Gianfranco Ravasi, per il quale il discorso teologico autentico deve saper procedere in equilibrio su un difficilissimo crinale, in bilico fra due abissi: l'approccio riduttivo, unicamente razionale e storico da un lato, e un misticismo irrazionalista che sfiora il fondamentalismo dall'altro. Ciò che egli propone per districarsi fra questi due estremi e un nuovo canale di conoscenza, riassumibile nella formula "credere e comprendere", ossia credere prima, per poter capire poi. Il libro si chiude con un confronto serrato tra il cardinale e il filosofo, che tocca temi di etica nevralgici per la società e il mondo attuali.
"Scrittori di Scrittura" è un progetto che presenta al pubblico le opere di alcuni autori che si sono cimentati nella riscrittura di un brano biblico secondo la propria sensibilità. Ogni volume è corredato della breve introduzione esegetica di un biblista e della traduzione del testo originale dall'ebraico o dal greco. In questo volume Gian Luca Favetto descrive il passaggio di crescita e di consapevolezza di una ragazzina che si intreccia con la memoria della creazione del mondo. Impaginò il cielo e la terra come creature, le immaginò magazzinò in sé entrambe come fossero una e poi le disegnò fuori di sé sdoppiandole, poiché era stanco di essere tutto, ed essendo tutto essere niente, tutto e niente, nulla e troppo...
Nella Scrittura, la Parola di Dio si trasmette con la parola umana. In essa Dio fa dono di se stesso: ci offre la sua verità in un modo totalmente divino e totalmente umano insieme. La realtà dell'ispirazione riguarda il piano di salvezza di Dio, è segno della sua fedeltà ed è per questo fortemente legata alla Rivelazione. Proprio alla luce della Rivelazione, possiamo capire il senso della Scrittura nella sua verità e interpretarla con lo stesso spirito con il quale è stata scritta.
La Bibbia riporta molte preghiere, racconta di uomini che pregano e insegna a pregare. Tutto questo è normale: la preghiera fa parte di ogni esperienza religiosa. L'originalità biblica sta allora nel "come" e nel "perché". La preghiera biblica, prima che un parlare a Dio, è un ascolto della sua Parola. La Bibbia è ricca anche di uomini che si pongono "davanti al loro Dio" e con lui parlano, riflettono, discutono. Nelle pagine bibliche troviamo le nostre domande poste con una forza e una lucidità che da soli non sapremmo raggiungere. Non sempre troviamo nella Bibbia l'immediata risposta alle nostre domande. Sempre troviamo, però, la giusta direzione in cui porle. Don Bruno, con la consueta chiarezza e lucidità, offre una densa carrellata sulle forme e gli stili della preghiera biblica, che trova in Gesù il vertice e il modello.
Il grande impulso che lo studio dell'ebraico biblico ha avuto in questi anni, in ambito accademico ma anche a livello pastorale, rende ragione dell'esigenza di proporre una nuova edizione de "Il Libro di Giona. Analisi del testo ebraico e del racconto", come già accaduto in precedenza per il volume di M. Pazzini e A. Niccacci "Il Rotolo di Rut. Analisi del testo ebraico" (Edizioni Terra Santa, 2008). Gli autori affrontano la novella di Giona (48 versetti distribuiti in quattro capitoli) con lo stesso orientamento usato per l'analisi del Rotolo di Rut. Le tre parti che compongono il volume sono opera di Alviero Niccacci (analisi sintattica, capp. 1 e 3), Massimo Pazzini (analisi morfologica, cap. 2) e Roberto Tadiello (analisi narratologica, cap. 4). L'approccio narratologico permette una lettura del testo di tipo "teatrale", con una trama che si snoda in diverse scene suddivise, a loro volta, in quadri narrativi. Il volume è destinato non solo agli studenti di ebraico che abbiano una base elementare della lingua ma anche agli amanti della Scrittura nelle lingue originali.
Se, da una parte, l'Italia è la patria indiscussa del melodramma, dall'altra non si può dire caratterizzata da una vitalità biblica paragonabile a quella dei paesi nord-europei (i paesi della Riforma), proprio per la sua peculiare storia della Chiesa contraddistinta, dopo il concilio di Trento, dalla centralità dei sacramenti rispetto alla Parola. Bibbia e melodramma tuttavia si incontrano, in un processo di secolarizzazione e contaminazione, attraverso la storia sacra piuttosto che direttamente nelle Scritture, dando frutto per esempio nella tradizione ottocentesca dell'oratorio, composizione drammatica che ruota attorno a un soggetto sacro. Sul filo rosso di questi incroci si snodano i quattro contributi qui raccolti: l'eredità di figure e temi biblici (l'oppresso Israele, l'esilio, la terra promessa) risplende nella rappresentazione artistica italiana e in due opere - le sole di ispirazione biblica - sempre in repertorio, il "Mosè" di Rossini e il "Nabucco" di Verdi.