Il libretto illustrato presenta la vita di Madre Maria Agostina Lenferna de Laresle, una delle personalità che nell'Ottocento hanno segnato il cammino cristiano della Chiesa dell'Isola Mauritius. Fin da fanciulla incarnò la felice congiunzione tra il cielo e la terra, tra l'umano e il divino, tra il Creatore e la sua creatura. Fondò la Congregazione delle Suore di Carità di Nostra Signora del Buono e Perpetuo soccorso. Fu la madre dei piccoli, l'amica di quanti cercavano una parola di conforto, il sollievo cristiano dei moribondi.
Ostia, 387 d.C.: Monica, la madre di sant'Agostino, ha ormai 56 anni e vive i suoi ultimi istanti di vita. Di fronte alla morte che si avvicina, si lascia trasportare dal flusso dei ricordi. E rivolgendosi all'amato Agostino si racconta: la vita a Tagaste; l'adolescenza dissoluta di Agostino, fonte di costanti preoccupazioni e dolori; il cenacolo intellettuale a Cassiciaco; le preghiere e la sospensione per il travaglio spirituale del figlio alla ricerca della Verità. Così Lucia Tancredi racconta santa Monica. Una biografia romanzata che attraverso la formzione letteraria del racconto in prima persona ripercorre i momenti più significativi di una vita di cui sappiamo molto poco e le cui notizie sono legate soprattutto ai testi agostiniani, in particolare a Le Confessioni. Attraverso una prosa di grande fascino ed eleganza santa Monica si "impone", parla al lettore e si fa conoscere come donna, madre, santa e mistica.
Il paradigma dialogico è un elemento cruciale nell'intera opera di Agostino: intimamente convinto che la disputatio e l'esercizio dialettico dell'interrogazione e della risposta siano il modo più adatto per cercare e trovare la verità che risiede nell' animo umano, egli elabora un paradigma di pensiero vissuto e condiviso che non cotraddistingue soltanto lo specifico genere letterario dei dialoghi giovanili, ma attraversa tutta la produzione della maturità. La funzione maieutica del dialogo non soddisfa del tutto la ricerca: è necessario che la mente, anzichévolgersi fuori di sé, diriga la propria attenzione verso i suoi contenuti più nascosti. Ed ecco che il dialogo in Agostino riaffiora nella forma inedita di un colloquio dell'io con se stesso, con Dio e con gli altri, alimentando ininterrottamente con la sua linfa l'intero pensiero occidentale. Il presente studio intreccia un duplice percorso di approfondimento e di analisi intorno al tema della ricerca filosofica intesa come dialogo, da un lato approfondendo il paradigma agostiniano nelle sue diverse sfaccettature e influenze, dall' altro disegnando un percorso tematico parallelo in cui il confronto con Agostino si colloca sullo sfondo. Nel panorama ricco e articolato che ne risulta, emerge da un lato l'idea.
Una rilettura originale, che "riconsegna" al lettore un Agostino "contemporaneo", più che "moderno", nella concretezza della sua esperienza umana e nei complicati percorsi della sua cosiddetta "conversione". Al di là della distanza dei secoli che ci separano, Agostino ci conduce ad una radicale riscoperta dell'esperienza religiosa, sul filo di alcune immagini, come quella dell'abisso del cuore che "grida" a un altro Abisso onnipresente. L'autrice conduce il lettore a "leggersi" con gli stessi occhi di Agostino, con la sua lucida capacità di introspezione che precorre le intuizioni della psicanalisi. Possiamo così specchiarci nell'autenticità della confessione con cui Agostino si affianca a ciascuno di noi, nello stesso momento in cui parla con Dio. Per quanto riguarda l'educazione e l'insegnamento, l'autrice ci rivela, in questo grande intellettuale della tarda antichità, quello che oggi definiremmo un "professionista riflessivo". Per Agostino, l'attività di insegnamento e la catechesi, con la scoperta del funzionamento degli "ampi penetrali della memoria", costituivano già un'avventura dell'intelligenza e la materia di una raffinata teoria pedagogico-didattica, che ci viene adesso restituita con le parole della nostra esperienza. Infatti, pur nella fondata scientificità del contenuto, lo stile di scrittura, il linguaggio concreto e immediato dell'autrice, permettono una lettura "leggera" anche a un lettore non specialista, purché sia "curioso" dell'umano e interessato ad una "ragione aperta".
Il volume si sviluppa come un vero e proprio dialogo, incoraggiato dall’autrice, fra tre maestri del pensiero: sant’Agostino e san Bernardo, due tra i più grandi Padri della tradizione cristiana, e Giacomo Leopardi, illustre poeta e pensatore. Due teologi e autori spirituali, uomini di Chiesa e di cultura, e Leopardi, che progressivamente prende le distanze dalla fede nella quale è stato cresciuto, la provoca con le più alte domande, fino alla più spinosa delle questioni: quella del dolore e dell’infelicità dell’uomo, che sembra contrastare con l’esistenza di un Dio buono e provvidente. Che cosa possono avere in comune, dunque, questi tre autori? Sicuramente i grandi interrogativi: il senso del vivere e del morire, il grande enigma dell’esistenza, «misterio eterno dell’esser nostro», come scrive il poeta di Recanati. E il mistero stesso di Dio, mistero di un Essere, di un Principio, di un Creatore, artefice e Padre, che si ponga in relazione con il mondo, con l’uomo e con il suo soffrire. Di Qualcuno che possa salvare l’uomo, strapparlo dal nulla e dalla morte, dal limite di tutte le cose, revocare la condanna a una vita infelice e priva di senso. Un libro a tre voci, la vicenda personale di Agostino, la profondità spirituale di Bernardo di Chiaravalle, l’intensità vibrante del sentire e del pensare leopardiano, che offrono una quantità smisurata di domande e di risposte preziose.
SONO ANALIZZATI GLII ELEMENTI TENDENZIALI DELLA TEOLOGIA DI DUNS SCOT E VENGONO ESAMINATE ALCUNE TESI SCOTISTE, CON RIFERIMENTO AL PENSIERO DI TOMMASO E ARISTOTELE. EDIZIONE 1996.
Il più autorevole e infaticabile tra i fautori cattolici del Ravvicinamento tra la Chiesa e il popolo ebraico, del superamento definitivo di incomprensioni, diffidenze, ostilità, fondate su credute ragioni religiose che hanno contribuito nel corso dei secoli al nascere dell'infausto fenomeno dell'antisemitismo, offre in questo libro la trama teologica della sua lunga opera e insieme il commento alla Dichiarazione conciliare sulla relazione della Chiesa con le religioni non cristiane; principalmente alla parte che si riferisce agli Ebrei (28 ottobre 1965). È un passo decisivo e irreversibile che la Chiesa ha compiuto, nell'approfondita fedeltà alla verità biblica, riconoscendo e proclamando che non si può parlare di una colpa collettiva del popolo ebraico, nella passione e morte di Cristo: non per tutti gli Ebrei palestinesi o della diaspora allora viventi, e tanto meno per quelli dei secoli successivi fino ai nostri giorni. È la vittoria della fede, nella sua formulazione esatta, purificata, sopra certe rappresentazioni e convinzioni volgari secondo cui il popolo ebraico è oggetto di una riprovazione o ripudio assoluto di Dio, e perciò soggiace a un destino di dannazione, e di persecuzione anche terrena, a giusto motivo. È l'assenso cordiale alla parola paolina secondo cui le "promesse di Dio sono irrevocabili" e perciò il Signore ha sempre cari gli Ebrei e si riserva, entro la fine dei tempi, di integrarli al suo popolo nuovo, che attende la gloria nella sua Parusia.